Spritz goes global

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Nella mia vita di uomo del Nordest ho approcciato i primi spritz quando non avevo nemmeno l'età per il motorino.

Mi sono riconosciuto ben presto nel partito del "Rosso Campari", accettando di buon grado anche l'"Arancio Aperol".

Nella seconda metà degli anni '80, con caparbietà cercavo di insegnare l'arte della spruzzatura tra Olona e Lambro, e poi successivamente le incursioni in ogni dove per diffondere il Sacro Spirito. Potete comprendere l'orgoglio del mio fegato nel vedere oggi la globalizzazione della Sacra bevanda.

 

Ricordo una mitica discussione al Blue Wave dalle parti di Burgau (Algarve). Siamo a fine prima decade del XXX millennio post Christum natum.

In un improbabile portoghese mi affannavo a precisare che il concetto di "spritz" prevede l'inversione dell'ordine naturale dei Cocktail e Long Drinks: dalla maggiore gradazione alla minore gradazione, dalla temperatura ambiente al freddo, ovvero gli scientifici principi di fluidodinamica che soccorrono il bartender nella corretta preparazione delle bevande.

Due recenti articoli sul New York Times e su El Pais riaprono il tema. Lo spritz è un buon cocktail o è una maialata?

La bevanda spritza storia, ripercorriamola.

Il termine è di origine tedesca, sembra appurato che l'uso di correggere i vini veneti (allora piuttosto rudi) con acqua e qualche correttivo sia entrato in uso comune durante il periodo di appartenenza della Serenissima all'Impero asburgico. Siamo nel XIX secolo.

L'epicentro della sprizzatura è tra il Brenta e la Laguna veneta, ma si riscontrano tracce via via decrescenti sino a Brescia, e Ferrara, nel nord dello Stato della Chiesa, di fatto sotto influenza austriaca.

Abbiamo uno standard per Venezia, Padova, Trieste, Treviso, Udine e Brescia (il "Pirlo").

Nel 1919 (quindi siamo al centenario) viene presentato alla Fiera di Padova l' Aperol come ideale correzione nello Spritz. 

Ironia della storia: oggi Aperol è un marchio di Campari SpA, l'attuale main competitor.

E ricordate: stir gently, never shake!