Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: D.L. 34/2020 - Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia (cd. Decreto Rilancio) Volume II - Articoli 119-266
Riferimenti: AC N.2500/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 295/Volume II
Data: 22/05/2020
Organi della Camera: V Bilancio

 

 

 

Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia
(cd. “Decreto Rilancio”)

 

Volume II - Articoli 119-266

22 maggio 2020

Parte I – Schede di lettura

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 256 Volume II

 

 

 

Servizio Studi

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Progetti di legge n. 295 Volume II

 

 

 

Parte II – Profili di carattere finanziario

 

 

Servizio Bilancio dello Stato - Verifica delle quantificazioni n. 215

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Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

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INDICE VOLUME II

 

Titolo VI – Misure fiscali

Articolo 119 (Ecobonus, sismabonus, fotovoltaico e colonnine elettriche) 11

Articolo 120 (Credito d'imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro)  18

Articolo 121 (Trasformazione delle detrazioni fiscali in sconto sul corrispettivo dovuto e in credito d’imposta cedibile). 21

Articolo 122 (Cessione dei crediti d’imposta riconosciuti da provvedimenti emanati per fronteggiare l’emergenza). 25

Articolo 123 (Soppressione delle clausole di salvaguardia in materia di IVA e accisa)  27

Articolo 124 (IVA beni necessari per il contenimento dell'emergenza sanitaria)  30

Articolo 125 (Credito d'imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro)  32

Articolo 126 (Proroga dei termini di ripresa della riscossione dei versamenti sospesi)  35

Articolo 127 (Proroga dei termini di ripresa della riscossione per i soggetti di cui agli articoli 61 e 62 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27). 38

Articolo 128 (Salvaguardia del credito di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del TUIR, ovvero del trattamento integrativo di cui all'articolo 1 della legge 2 aprile 2020, n. 21)  41

Articolo 129 (Acconto accisa sul gas naturale e sull’energia elettrica). 44

Articolo 130 (Differimento di alcuni adempimenti in materia di accisa). 46

Articolo 131 (Rimessione in termini per i versamenti in materia di accisa). 52

Articolo 132 (Pagamento dell’accisa sui prodotti energetici) 54

Articolo 133 (Differimento sugar tax e plastic tax). 56

Articolo 134 (IVAFE per i soggetti diversi dalle persone fisiche). 58

Articolo 135 (Disposizioni in materia di giustizia tributaria e contributo unificato) 60

Articolo 136 (Incentivi per gli investimenti nell'economia reale). 64


 

Articolo 137 (Proroga della rideterminazione del costo d’acquisto dei terreni e delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati). 69

Articolo 138 (Allineamento TARI e IMU con il bilancio di previsione 2020). 71

Articolo 139 (Rafforzamento delle attività di promozione dell’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti). 73

Articolo 140 (Memorizzazione e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri)  76

Articolo 141 (Lotteria dei corrispettivi). 79

Articolo 142 (Rinvio precompilata IVA). 80

Articolo 143 (Rinvio della procedura automatizzata di liquidazione dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche). 82

Articolo 144 (Rimessione in termini e sospensione versamenti avvisi bonari) 84

Articolo 145 (Sospensione compensazione tra credito d’imposta e debito iscritto a ruolo)  87

Articolo 146 (Indennità requisizione strutture alberghiere) 88

Articolo 147 (Incremento crediti compensabili tramite modello F24).. 90

Articolo 148 (Modifiche alla disciplina degli ISA). 92

Articolo 149 (Sospensione dei versamenti da accertamento con adesione, conciliazione, rettifica e liquidazione e da recupero dei crediti d’imposta). 95

Articolo 150 (Ripetizione dell’indebito su prestazioni previdenziali e retribuzioni) 99

Articolo 151 (Differimento sospensione licenze, autorizzazioni e iscrizione ad albi e ordini professionali). 101

Articolo 152 (Sospensioni dei pignoramenti su stipendi e pensioni). 103

Articolo 153 (Sospensione delle verifiche inadempienze beneficiari P.A.).. 105

Articolo 154 (Proroga del periodo di sospensione delle attività dell'agente della riscossione)  107

Articolo 155 (Integrazione del contributo a favore di Agenzia delle entrate-Riscossione per il triennio 2020-2022). 110

Articolo 156 (Accelerazione delle procedure di riparto del cinque per mille per l’esercizio finanziario 2019). 112

Articolo 157 (Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali). 117

Articolo 158 (Cumulabilità della sospensione dei termini processuali e della sospensione nell'ambito del procedimento di accertamento con adesione). 121

Articolo 159 (Ampliamento della platea dei contribuenti che si avvalgono del modello 730)  123

Articolo 160 (Iscrizione al catasto edilizio urbano dei fabbricati rurali ubicati nei comuni colpiti dal sisma 2016 e 2017). 126

Articolo 161  (Proroga del pagamento dei diritti doganali). 128

Articolo 162 (Rateizzazione del debito di accisa). 130

Articolo 163 (Proroga in materia di tabacchi). 132

Articolo 164 (Valorizzazione del patrimonio immobiliare). 134

Titolo VII – Disposizioni per la tutela del risparmio nel settore creditizio

Capo I -  Garanzia dello Stato su passività di nuova emissione

Articoli 165-167 (Garanzia dello Stato su passività di nuova emissione). 137

Capo II -  Regime di sostegno pubblico per l'ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni

Articoli 168-175 (Regime di sostegno pubblico per l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni). 146

Titolo VIII – Misure di settore

Capo I -  Misure per il turismo e la cultura

Articolo 176 (Tax credit vacanze). 155

Articolo 177 (Esenzioni IMU per il settore turistico). 159

Articolo 178 (Fondo turismo). 161

Articolo 179 (Promozione turistica in Italia). 169

Articolo 180 (Ristoro ai Comuni per la riduzione di gettito dell’imposta di soggiorno e altre disposizioni in materia). 175

Articolo 181 (Sostegno delle imprese di pubblico esercizio). 179

Articolo 182 (Ulteriori misure di sostegno per il settore turistico) 184

Articolo 183, commi 1 e 12 (Incremento dei Fondi emergenze spettacolo, cinema, audiovisivo) 187


 

Articolo 183, commi 2, 3 e 12 (Misure di sostegno a favore di istituti e luoghi della cultura, nonché di imprese e istituzioni culturali). 190

Articolo 183, commi 4, 5 e 6 (Fondo unico per lo spettacolo). 192

Articolo 183, comma 7 (Interventi per il cinema e l’audiovisivo). 197

Articolo 183, comma 8 (Capitale italiana della cultura 2021). 200

Articolo 183, commi 9 e 12 (Art-bonus). 202

Articolo 183, commi 10 e 12 (Piattaforma digitale per fruizione patrimonio culturale e spettacoli). 204

Articolo 183, comma 11 (Rimborso dei titoli di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura). 205

Articolo 184 (Fondo cultura). 208

Articolo 185 (Disposizioni relative al pagamento dei crediti dell’IMAIE in liquidazione)  215

Capo II -  Misure per l'editoria

Articolo 186 (Credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari). 221

Articolo 187 (Regime di forfettizzazione delle rese dei giornali) 224

Articolo 188 (Credito d’imposta per l’acquisto della carta dei giornali). 226

Articolo 189 (Bonus una tantum edicole). 230

Articolo 190 (Credito d’imposta per le testate edite in formato digitale). 233

Articolo 191 (Procedura straordinaria semplificata per il pagamento dei contributi diretti ad alcune imprese editoriali). 236

Articolo 192 (Misure per il riequilibrio finanziario dell’INPGI e sospensione della norma sul commissariamento). 238

Articolo 193 (Contribuzione figurativa per giornalisti ammessi a cassa integrazione in deroga) 240

Articolo 194 (Proroga degli affidamenti dei servizi di informazione primaria)  241

Articolo 195 (Fondo emergenze emittenti locali ). 242

Capo III -  Misure per le infrastrutture e i trasporti

Articolo 196 (Interventi a favore delle imprese ferroviarie). 243

Articolo 197 (Ferrobonus e Marebonus). 248

Articolo 198 (Istituzione Fondo compensazione danni trasporto aereo ). 250

 

Articolo 199 (Disposizioni in materia di lavoro portuale e di trasporti marittimi)  252

Articolo 200 (Disposizioni in materia di trasporto pubblico locale). 263

Articolo 201 (Incremento del Fondo salva-opere). 272

Articolo 202 (Trasporto aereo). 276

Articolo 203 (Trattamento economico minimo per il personale del trasporto aereo)  284

Articolo 204 (Incremento dotazione del Fondo di solidarietà per il settore aereo)  288

Articolo 205 (Disposizioni urgenti in materia di collegamento marittimo in regime di servizio pubblico con le isole maggiori e minori). 290

Articolo 206 (Interventi urgenti per il ripristino e la messa in sicurezza della tratta autostradale A24 e A25 a seguito degli eventi sismici del 2009, 2016 e 2017). 294

Articolo 207 (Disposizioni urgenti per la liquidità delle imprese appaltatrici)  304

Articolo 208 (Disposizioni per il rilancio del trasporto ferroviario). 307

Articolo 209 (Misure a tutela del personale e dell’utenza dei servizi di motorizzazione e del personale dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche). 311

Articolo 210 (Disposizioni in materia di autotrasporto). 313

Articolo 211, commi 1 e 4 (Misure per la funzionalità del Corpo delle Capitanerie di Porto e per il sostegno di sinergie produttive nei comprensori militari). 319

Articolo 211, commi 2 e 3 (Convenzione Difesa Servizi Spa per infrastrutture industriali e logistiche militari). 321

Articolo 212 (Rinnovo parco mezzi destinato ai servizi di trasporto pubblico urbano nel Comune di Taranto). 324

Articolo 213 (Finanziamento del sistema bus rapidtransit). 327

Articolo 214, commi 1 e 2 (Contributo straordinario a compensazione dei minori incassi ANAS). 329

Articolo 214, commi 3-7 (Contributi alle imprese ferroviarie per i servizi non sottoposti ad obblighi di servizio pubblico) 331

Articolo 215 (Misure di tutela per i pendolari di trasporto ferroviario e TPL). 333


 

Capo IV -  Misure per lo sport

Articolo 216, commi 1 e 2 (Disposizioni in tema di impianti sportivi). 335

Articolo 216, comma 3 (Riduzione dei canoni di locazione per palestre, piscine e impianti sportivi). 340

Articolo 216, comma 4 (Rimborso degli abbonamenti per l'accesso a impianti sportivi)  344

Articolo 217 (Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale). 346

Articolo 218 (Disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici). 352

Capo V -  Misure in materia di giustizia

Articolo 219. (Misure urgenti per il ripristino della funzionalità delle strutture dell’amministrazione della giustizia e per l’incremento delle risorse per il lavoro straordinario del personale del Corpo di polizia penitenziaria, dei dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria nonché dei direttori degli istituti penali per minorenni). 357

Articolo 220 (Disposizioni urgenti in materia di Fondo unico giustizia). 359

Articolo 221 (Modifiche all’art. 83 del decreto-legge n. 18 del 2020). 362

Capo VI -  Misure per l'agricoltura, la pesca e l'acquacoltura

Articolo 222 (Fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi). 364

Articolo 223 (Contenimento produzione e miglioramento della qualità). 373

Articolo 224 (Misure in favore della filiera agroalimentare). 374

Articolo 225 (Mutui consorzi di bonifica). 381

Articolo 226 (Fondo emergenza alimentare). 383

Capo VII -  Misure per l'ambiente

Articolo 227 (Sostegno alle Zone economiche ambientali). 386

Articolo 228 (Misure urgenti in materia di valutazione di impatto ambientale)  390

Articolo 229 (Misure per incentivare la mobilità sostenibile). 392


 

Capo VIII -  Misure in materia di istruzione

Articolo 230 (Incremento delle assunzioni di docenti nella scuola secondaria)  404

Articolo 231 (Misure per sicurezza e protezione nelle istituzioni scolastiche statali e per lo svolgimento in condizioni di sicurezza dell’anno scolastico 2020/2021). 407

Articolo 232, commi 1-3 e 5-9 (Interventi in materia di edilizia scolastica). 414

Articolo 232, comma 4 (Stati di avanzamento lavori in edilizia scolastica). 422

Articolo 233, commi 1-3 (Misure di sostegno economico al sistema integrato da zero a sei anni)  424

Articolo 233, comma 4 (Sostegno economico all'istruzione paritaria fino a 16 anni)  428

Articolo 234 (Misure per il sistema informativo per il supporto all’istruzione scolastica)  429

Articolo 235 (Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 presso il Ministero dell’istruzione). 432

Capo IX -  Misure in materia di università e ricerca

Articolo 236, commi 1 e 8 (Incremento del Fondo per le esigenze emergenziali di università, istituzioni AFAM, enti di ricerca). 433

Articolo 236, commi 3, 4 e 8 (Interventi a sostegno del diritto allo studio nelle università e nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica). 435

Articolo 236, commi 5 e 8 (Interventi a sostegno dei dottorati di ricerca) 441

Articolo 236, comma 6 (Assegni di ricerca). 443

Articoli 236, comma 7, e 238, comma 8 (Fabbisogno finanziario università statali)  446

Articolo 236, comma 2 (Acquisto di servizi informatici per l’attività didattica di università statali e istituzioni di alta formazione artistica e musicale). 449

Articolo 237, comma 1 (Disposizioni in materia di esami di abilitazione all'esercizio di alcune professioni). 450

Articolo 237, comma 2 (Accreditamenti delle scuole di specializzazione di area sanitaria con accesso riservato ai medici). 452

Articolo 237, comma 3 (Ammissione ai concorsi per l’accesso alle scuole di specializzazione in medicina). 455


 

Articolo 238, commi 1-3 e 9 (Accesso di ricercatori nelle università e negli enti di ricerca)  456

Articolo 238, comma 4 (Progetti di rilevante interesse nazionale - PRIN e Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica - FIRST). 459

Articolo 238, commi 5 e 9 (Promozione dell’attività di ricerca nelle università)  461

Articolo 238, comma 6 (Deroga all'obbligo di risparmio di spesa nel settore informatico in favore di università, istituzioni AFAM, enti di ricerca e Fondazione IIT). 463

Articolo 238, comma 7 (Ammissione al finanziamento di soggetti inseriti in graduatorie internazionali relative a progetti di ricerca internazionali). 465

Capo X -  Misure per l'innovazione tecnologica

Articolo 239 (Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale) 469

Articolo 240 (Istituzione di una direzione generale per la tutela informatica. 470

entro il Ministero dell'interno). 470

Capo XI -  Coesione territoriale

Articolo 241 (Utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il contrasto all'emergenza Covid-19). 472

Articolo 242 (Contributo dei Fondi strutturali europei al contrasto dell’emergenza Covid-19) 476

Articolo 243 (Incremento del Fondo di sostegno alle attività economiche nelle aree interne a seguito dell’emergenza Covid-19). 482

Articolo 244 (Credito di imposta per le attività di ricerca e sviluppo nelle aree del Mezzogiorno). 485

Articolo 245 (Misura di sostegno al fabbisogno di circolante dei beneficiari di “Resto al Sud” per far fronte agli effetti dell’emergenza sanitaria). 488

Articolo 246 (Sostegno al Terzo settore nelle Regioni del Mezzogiorno). 492

Capo XII -  Accelerazioni concorsi

Sezione I - Decentramento e digitalizzazione delle procedure

Articoli 247-249 (Misure per la accelerazione dei concorsi mediante il decentramento e la digitalizzazione delle procedure). 496


 

Sezione II - Disposizioni per la velocizzazione dei concorsi e per la conclusione delle procedure sospese

Articolo 250, commi 1-4 (VIII corso-concorso per il reclutamento di dirigenti nelle amministrazioni statali e degli enti pubblici non economici). 502

Articolo 250, comma 5 (Procedure concorsuali negli enti pubblici di ricerca e conferimento di assegni di ricerca). 508

Articolo 251 (Modalità straordinarie di svolgimento dei concorsi pubblici presso il Ministero della salute). 510

Articolo 252 (Misure urgenti per lo svolgimento di concorsi per il personale del Ministero della giustizia). 514

Articolo 253 (Misure urgenti in tema di concorso per magistrato ordinario) 519

Articolo 254 (Misure urgenti in tema di concorso notarile ed esame di abilitazione all’esercizio della professione forense). 522

Articolo 255 (Misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti). 526

Articolo 256 (Misure straordinarie per la definizione dell’arretrato penale presso le Corti di appello). 530

Articolo 257 (Procedure concorsuali relative al personale della Corte dei conti)  533

Articolo 258 (Semplificazione di procedure assunzionali e formative. 534

del Corpo nazionale dei vigili del fuoco). 534

Articolo 259 (Misure per la funzionalità delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in materia di procedure concorsuali). 537

Articolo 260 (Misure per la funzionalità delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in materia di corsi di formazione). 541

Articolo 261 (Procedure assunzionali per il Dipartimento della protezione civile)  544

Articolo 262 (Assunzioni di personale del Ministero dell’economia e delle finanze)  545

Sezione III - Disposizioni in materia di lavoro agile e per il personale delle pubbliche amministrazioni

Articolo 263 (Disposizioni in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile)  548


 

Capo XIII -  Misure urgenti di semplificazione per il periodo di emergenza Covid-19

Articolo 264 (Semplificazione dei procedimenti amministrativi in relazione all’emergenza COVID-19). 549

Articolo 265 (Disposizioni finanziarie finali). 568

Articolo 266 (Entrata in vigore). 580

 


Titolo VI – Misure fiscali

Articolo 119
(Ecobonus, sismabonus, fotovoltaico e colonnine elettriche)

 

 

L’articolo 119 introduce una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici sostenute dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021.

L’agevolazione è estesa all’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica nonché alle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.

Tali misure si applicano esclusivamente agli interventi effettuati dai condomini, nonché, sulle singole unità immobiliari adibite ad abitazione principale, dalle persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni e dagli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati.

La detrazione è concessa a condizione che la regolarità degli interventi sia asseverata da professionisti abilitati, che devono anche attestare la congruità delle spese sostenute con gli interventi agevolati.

 

Il comma 1 della disposizione incrementa al 110% (rispetto al 65% e al 50% disposto dall’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63) l’aliquota di detrazione dall’Irpef o dall’Ires spettante a fronte di specifici interventi in ambito di efficienza energetica.

 

Si ricorda che l’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici, come prorogata nel tempo da numerosi provvedimenti, consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta (originariamente del 55 per cento, poi elevata al 65 per cento, da ripartire in 10 rate annuali di pari importo) delle spese sostenute entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta riassuntivamente di riduzioni Irpef e Ires che riguardano le spese per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento; la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione; la realizzazione di interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi; l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università (articolo 1, commi da 344-347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), l'acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti;

§  la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria (articolo 1, comma 48, legge 13 dicembre 2010, n. 220);

§  l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari indicate nell’allegato M del decreto legislativo n. 311 del 2006.

Il comma 175, lettera a), n.1, della legge di bilancio 2020 proroga al 31 dicembre 2020 il termine previsto per avvalersi della richiamata detrazione fiscale.

Per una dettagliata ricognizione delle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico si consiglia la lettura della Guida dell’Agenzia delle entrate.

Per una panoramica della materia si rinvia alle pagine web Riqualificazione energetica degli edifici: l'ecobonus e Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e di efficienza energetica consultabili sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

In particolare, la disposizione stabilisce che la detrazione prevista per la riqualificazione energetica degli edifici (articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63) si applica nella misura del 110 per cento, per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente, sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, nei seguenti specifici casi:

§  interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali che interessano l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell’edificio medesimo. La detrazione è calcolata su un ammontare non superiore a euro 60.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio. I materiali isolanti utilizzati devono rispettare i criteri ambientali minimi di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 ottobre 2017.

§  interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a condensazione, con efficienza almeno pari alla classe A prevista dal regolamento delegato (UE) n. 811/2013 della Commissione del 18 febbraio 2013, a pompa di calore, ivi inclusi gli impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all’installazione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo ovvero con impianti di microcogenerazione. La detrazione di cui alla presente lettera è calcolata su un ammontare non superiore a euro 30.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio ed è riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell’impianto sostituito;

§  interventi sugli edifici unifamiliari per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a pompa di calore, ivi inclusi gli impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all’installazione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo ovvero con impianti di microcogenerazione. La detrazione è calcolata su un ammontare non superiore a euro 30.000 ed è riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell’impianto sostituito.

 

Il comma 2 stabilisce che l’aliquota agevolata si applica anche a tutti gli interventi di efficientamento energetico contenuti nel citato articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013, nei limiti di spesa previsti per ciascun intervento a legislazione vigente e a condizione che siano eseguiti congiuntamente ad almeno uno degli interventi indicati al comma 1.

 

Il comma 3 indica i requisiti tecnici minimi da rispettare ai fini della spettanza della detrazione con riferimento agli interventi di ecobonus di cui ai commi 1 e 2.

La disposizione chiarisce che ai fini dell’accesso alla detrazione, gli interventi devono rispettare i requisiti minimi previsti dai decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Nel loro complesso, devono assicurare, anche congiuntamente agli interventi previsti ai successivi commi 5 e 6 (impianti solari fotovoltaici), il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio, ovvero se non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta, da dimostrare mediante l’attestato di prestazione energetica-A.P.E. (articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192) ante e post intervento, rilasciato da tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata.

 

Il comma 4 introduce una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi antisismici sugli edifici (commi da 1-bis a 1-septies dell’articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013), sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021:

§  adozione di misure antisismiche, su edifici ubicati nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zona sismica 1 e 2) con particolare riguardo all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari (attualmente agevolati al 50%);

§  interventi di riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una (attualmente agevolati al 70% su case singole e al 75% nei condomìni) o due classi (attualmente agevolati al 80% su case singole e al 85% nei condomìni)  di rischio inferiori e nelle zone a rischio sismico 1, 2 e 3 anche mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, allo scopo di ridurne il rischio sismico, anche con variazione volumetrica rispetto all'edificio preesistente, ove le norme urbanistiche vigenti consentano tale aumento.

 

Dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per gli interventi sopra citati, in caso di cessione del credito ad un'impresa di assicurazione e di contestuale stipula di una polizza che copre il rischio di eventi calamitosi, la detrazione per i premi delle assicurazioni aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi stipulate relativamente a unità immobiliari ad uso abitativo (articolo 15, comma 1, lettera f-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, DPR 917/1986) spetta nella misura del 90 per cento.

Le agevolazioni non si applicano agli edifici ubicati in zona sismica 4.

 

Il comma 5 estende la detrazione nella misura del 110% anche per l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici, per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, fino ad un ammontare non superiore a euro 48.000 e comunque nel limite di spesa di euro 2.400 per ogni kW di potenza nominale dell’impianto solare fotovoltaico, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, sempreché l’installazione degli impianti sia eseguita congiuntamente a uno degli interventi riqualificazione energetica o di miglioramento sismico (commi 1 e 4).

In caso di interventi di trasformazione degli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, interventi di nuova costruzione, e interventi di ristrutturazione urbanistica (articolo 3, comma 1, lettere d), e) ed f), del DPR 6 giugno 2001, n. 380) il predetto limite di spesa è ridotto ad euro 1.600 per ogni kW di potenza nominale.     Il comma 6 stabilisce che tale detrazione è riconosciuta anche per l’installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo integrati negli impianti solari fotovoltaici agevolati, alle stesse condizioni e nel limite di spesa di euro 1.000 per ogni kWh di capacità di accumulo del sistema di accumulo. Il comma 7 stabilisce che la detrazione è subordinata alla cessione in favore del Gestore dei servizi energetici-GSE dell’energia non auto-consumata in sito e non è cumulabile con altri incentivi pubblici o altre forme di agevolazione di qualsiasi natura previste dalla normativa europea, nazionale e regionale, compresi i fondi di garanzia e di rotazione e gli incentivi per lo scambio sul posto (articolo 25-bis del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91).

 

Il comma 8 riconosce anche per l’installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici la detrazione nella misura del 110 cento, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, sempreché l’installazione sia eseguita congiuntamente ad uno degli interventi di cui al comma 1.

 

I commi 9 e 10 circoscrivono l’ambito dei soggetti beneficiari delle agevolazioni fiscali introdotte dall’articolo.

Il comma 9 prevede che le disposizioni contenute nei commi da 1 a  8 si applicano agli interventi effettuati dai condomini, nonché, su unità immobiliari adibite ad abitazione principale, dalle persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni e dagli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti Istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica, nonché dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci.

Il comma 10 stabilisce le agevolazioni per la riqualificazione energetica degli edifici (commi da 1 a 3) non si applicano agli interventi effettuati dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, in relazione a interventi effettuati su edifici unifamiliari diversi da quello adibito ad abitazione principale.

 

Ai sensi del comma 11, ai fini dell’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all'articolo 121, il contribuente richiede il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione. Il visto di conformità è rilasciato dai soggetti iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro o nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio (articolo 3, comma 3, lettere a) e b), del DPR 22 luglio 1998, n. 322) e dai responsabili dei centri di assistenza fiscale.

Il comma 12 specifica che i dati relativi all’opzione sono comunicati esclusivamente in via telematica secondo quanto disposto con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, che definisce anche le modalità attuative, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Il comma 13 stabilisce che ai fini dell’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all'articolo 121:

§  per gli interventi di riqualificazione energetica, i tecnici abilitati asseverano il rispetto dei requisiti e la corrispondente congruità delle spese sostenute. Una copia dell’asseverazione viene trasmessa esclusivamente per via telematica all’ Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità di trasmissione e le modalità attuative;

§  per gli interventi antisismici, l'efficacia rispetto alla riduzione del rischio sismico è asseverata dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, direzione dei lavori delle strutture e collaudo statico secondo le rispettive competenze professionali, e iscritti ai relativi Ordini o Collegi professionali. I professionisti incaricati attestano, altresì, la congruità delle spese sostenute.

 

Il comma 14 dispone che ferma l’applicazione delle sanzioni penali ove il fatto costituisca reato, ai soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 15.000 per ciascuna attestazione o asseverazione infedele resa.

I soggetti responsabili delle attestazioni e asseverazioni stipulano una polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle predette attestazioni o asseverazioni e, comunque, non inferiore a 500 mila euro., al fine di garantire ai propri clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall'attività prestata. La non veridicità delle attestazioni o asseverazioni comporta la decadenza dal beneficio e si applicano le sanzioni amministrative previste della legge 24 novembre 1981, n 689.

L’organo addetto al controllo sull’osservanza della presente disposizione è individuato nel Ministero dello sviluppo economico.

 

Il comma 15 chiarisce che rientrano tra le spese detraibili quelle sostenute per il rilascio delle attestazioni e delle asseverazioni di cui ai commi 3 e 13 e del visto di conformità di cui al comma 11.

 

Il comma 16 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla disposizione (valutati in 62,2 milioni di euro per l'anno 2020, 1.268,4 milioni di euro per l'anno 2021, 3.239,2 milioni di euro per l'anno 2022, 2.827,9 milioni di euro per l'anno 2023, 2.659 milioni di euro per ciascuno degli  anni 2024 e 2025 e 1.290,1 milioni di euro per l'anno 2026,  11,2  milioni di euro per l'anno 2031 e 48,6 milioni di euro per  l'anno 2032).


 

Articolo 120
(Credito d'imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro)

 

 

L’articolo 120 riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico, nonché alle associazioni, alle fondazioni e agli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo settore, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 80.000 euro, per gli interventi necessari a far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus COVID-19. Il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni per le medesime spese, comunque nel limite dei costi sostenuti.

 

Più in dettaglio, il comma 1 riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico indicati nell’allegato 1 al provvedimento, nonché alle associazioni, alle fondazioni e agli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo del settore un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 80.000 euro, per gli interventi necessari a far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus COVID-19.

Negli interventi agevolabili sono compresi quelli edilizi necessari per il rifacimento di spogliatoi e mense, per la realizzazione di spazi medici, ingressi e spazi comuni, per l’acquisto di arredi di sicurezza, nonché in relazione agli investimenti in attività innovative, ivi compresi quelli necessari ad investimenti di carattere innovativo quali lo sviluppo o l’acquisto di strumenti e tecnologie necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa e per l’acquisto di apparecchiature per il controllo della temperatura dei dipendenti e degli utenti.

Scopo esplicito della norma è sostenere ed incentivare l'adozione di misure legate alla necessità di adeguare i processi produttivi e gli ambienti di lavoro.

 

Il credito d’imposta (comma 2):

§  è cumulabile con altre agevolazioni per le medesime spese, comunque nel limite dei costi sostenuti;

§  è utilizzabile nell’anno 2021 esclusivamente in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241);

Ad esso non si applicano i limiti all’utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall’articolo 147 del provvedimento in esame), di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007.

 

Si ricorda che l’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, prevede che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.

Ai sensi del comma 2, sono compensabili, tramite versamento unitario (F24), tra l’altro, i crediti e i debiti relativi alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte; - all'imposta sul valore aggiunto; - alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto; - ai contributi previdenziali; - ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; ai tributi locali (art. 2-bis, comma 1, decreto legge n. 193 del 2016).

 

Il comma 3 affida a uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l’individuazione delle ulteriori spese ammissibili o di ulteriori soggetti aventi diritto, oltre a quelli indicati al comma 1, nel rispetto del limite di spesa di 2 milioni di euro.

Ai sensi del comma 4, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro 30 giorni dalla data di pubblicazione della legge di conversione del decreto legge in esame, sono stabilite le modalità per il monitoraggio degli utilizzi del credito d'imposta, ai fini di quanto previsto in merito alla copertura finanziaria dall’articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

 

Si ricorda che l’articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre2009, n. 196, stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri.

 

Il comma 5 chiarisce che il credito d’imposta si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final, “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche. Per ulteriori informazioni sul contenuto della Comunicazione si rinvia al relativo tema web.

Il comma 6 reca la copertura finanziaria dell’intervento, il cui onere è stimato in 2 miliardi di euro, cui si provvede mediante le norme generali di cui all’articolo 265 del provvedimento, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

Si ricorda che l’articolo 125 del provvedimento in esame ridisciplina ex novo il credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro, in precedenza previsto dai decreti-legge n. 18 e n. 23 del 2020, i cui relativi articoli sono abrogati.

 

 


 

Articolo 121
(Trasformazione delle detrazioni fiscali in sconto sul corrispettivo dovuto e in credito d’imposta cedibile)

 

 

L’articolo 121 consente, per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021, di usufruire di alcune detrazioni fiscali in materia edilizia ed energetica (in prevalenza, aventi forma di detrazione dalle imposte sui redditi) sotto forma di crediti di imposta o sconti sui corrispettivi, cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari, in deroga alle ordinarie disposizioni previste in tema di cedibilità dei relativi crediti.

 

In particolare il comma 1 consente ai soggetti che, negli anni 2020 e 2021, sostengono alcune spese in materia edilizia ed energetica per le quali è previsto un meccanismo di detrazione dalle imposte sui redditi (interventi elencati al comma 2 della norma in esame), di usufruire di tali agevolazioni sotto forma, alternativamente, di:

§  un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo dovuto, che viene anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi, il quale può recuperarlo sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti;

§  un credito d'imposta pari all’importo detraibile, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari.

 

Ai sensi del comma 2 le norme suddette si applicano alle spese relative agli interventi di:

a) recupero del patrimonio edilizio (di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettere a) e b), del TUIR - Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).

Le lettere a) e b) dell’articolo 16-bis si riferiscono agli interventi di manutenzione, restauro e ristrutturazione edilizia sulle parti comuni dell’edificio o sulle singole unità immobiliari.

In estrema sintesi tale agevolazione fiscale consiste in una detrazione dall’Irpef del 36% delle spese sostenute, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare. Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2020 è possibile usufruire di una detrazione più elevata (50%) e il limite massimo di spesa è di 96.000 euro. La detrazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo. Si rinvia alla scheda dell’Agenzia delle entrate;

b) efficienza energetica (di cui all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 e di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 119 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia).

In sintesi, l'agevolazione consiste in una detrazione dall'Irpef o dall' Ires concessa quando si eseguono interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti. Essa, da ripartire in 10 rate annuali di pari importo, varia a seconda che l’intervento riguardi la singola unità immobiliare o gli edifici condominiali e dell’anno in cui è stato effettuato. Condizione indispensabile per fruire dell’agevolazione è che gli interventi siano eseguiti su unità immobiliari e su edifici (o su parti di edifici) esistenti, di qualunque categoria catastale, anche se rurali, compresi quelli strumentali per l’attività d’impresa o professionale. L'agevolazione può essere richiesta per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2020. Per la maggior parte degli interventi la detrazione è pari al 65%, per altri spetta nella misura del 50%. Si rinvia alla scheda dell’Agenzia delle entrate per ulteriori informazioni;

c) adozione di misure antisismiche (di cui all’articolo 16, commi da 1-bis e 1-ter a 1-septies del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, e di cui al comma 4 del richiamato articolo 119, alla cui scheda di lettura si rinvia).

Per gli interventi di adozione di misure antisismiche il decreto legge n. 63 del 2013 ha introdotto il cosiddetto “sisma bonus”, prevedendo detrazioni maggiori di quelle previste per le ristrutturazioni edilizie, nonché regole più specifiche; a seconda del risultato ottenuto con l’esecuzione dei lavori, della zona sismica in cui si trova l’immobile e della tipologia di edificio, sono concesse detrazioni differenti. Per le spese sostenute tra il 1º gennaio 2017 e il 31 dicembre 2021, la percentuale di detrazione può arrivare fino all’85% e deve essere ripartita in 5 quote annuali di pari importo. Le detrazioni possono essere usufruite anche dai soggetti passivi Ires e, dal 2018, dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti che hanno le stesse finalità sociali, nonché dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa. Si rinvia altresì alla guida dell’Agenzia delle entrate;

d) recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti (cd. bonus facciate) ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, di cui all’articolo 1, comma 219, della legge di bilancio 2020 (27 dicembre 2019, n. 160).

L’agevolazione consiste in una detrazione d’imposta, da ripartire in 10 quote annuali costanti, pari al 90% delle spese sostenute nel 2020 per interventi, compresi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti ubicati in determinate zone. Sono ammessi al beneficio esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi. Si veda la scheda dell’Agenzia delle entrate per ulteriori informazioni;

e) installazione di impianti fotovoltaici, di cui al già richiamato articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del richiamato TUIR, ivi compresi gli impianti di cui ai commi 5 e 6 dell'articolo 119 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia.

f) installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici (di cui all’articolo 16-ter del richiamato decreto-legge n. 63 del 2013 e di cui al comma 8 dell'articolo 119 del provvedimento in esame)

La legge di bilancio 2019 ha introdotto una detrazione fiscale relativa alle infrastrutture di ricarica delle auto elettriche. In particolare, l’agevolazione è riconosciuta per le spese sostenute dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021 per l’acquisto e la posa in opera delle colonnine, compresi i costi iniziali per la richiesta di potenza addizionale fino a un massimo di 7 kW. Il beneficio va ripartito in dieci quote annuali di pari importo, spetta nella misura del 50% delle spese sostenute ed è calcolato su un ammontare complessivo non superiore a 3mila euro (articolo 1, comma 1039, della legge n. 145 del 2018, che ha introdotto il nuovo articolo 16-ter al decreto-legge n. 63 del 2013).

 

Le disposizioni di cui al comma 2 si pongono esplicitamente in deroga alla vigente disciplina che consente, per le ristrutturazioni edilizie e la riqualificazione energetica, di cedere il credito derivante dalla detrazione, ovvero di usufruirne come contributo a titolo di sconto (articolo 14, commi 2-ter, 2-sexies e 3.1; articolo 16, commi 1-quinquies, terzo, quarto e quinto periodo, e 1-septies, secondo e terzo periodo, del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63).

 

Ai sensi del comma 3, i crediti d’imposta di cui al presente articolo sono utilizzati anche in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241), sulla base delle rate residue di detrazione non fruite, e con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. La quota di credito d’imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso. Ad esso non si applicano i limiti all’utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall’articolo 147 del decreto legge in esame), di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007.

 

Il comma 4 dispone che, ai fini del controllo, si applichino le attribuzioni e i poteri di accertamento in tema di imposte sui redditi, posti in capo all’Amministrazione finanziaria dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Si chiarisce che i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto allo sconto praticato o al credito ricevuto. L’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta negli ordinari termini di accertamento (per i crediti non spettanti: cinque anni dalla dichiarazione, ai sensi articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; per i crediti inesistenti: otto anni dall’utilizzo del credito ai sensi dell’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185).

 

Ai sensi del comma 5, in assenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione, l’Agenzia delle entrate provvede a recuperare l’importo corrispondente alla detrazione non spettante, maggiorato di interessi e sanzioni Tale importo, maggiorato degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (di cui all’articolo 20 del DPR 29 settembre 1973, n. 602) e delle sanzioni per utilizzo di crediti di imposta in misura superiore a quella spettante, ovvero inesistenti (di cui all’ articolo 13 del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471).

Il comma 6 prevede che il recupero del predetto importo sia effettuato nei confronti del soggetto beneficiario delle originarie detrazioni. Resta ferma, in presenza di concorso nella violazione, l’applicazione della norma per cui, ove più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta (articolo 9, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472); rimane ferma anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo maggiorato di sanzioni e interessi.

Ai sensi del comma 7 si affida a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro il 19 giugno 2020 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento), il compito di definire le modalità attuative delle disposizioni in esame, comprese quelle relative all'esercizio delle opzioni, da effettuarsi in via telematica.

 


 

Articolo 122
(Cessione dei crediti d’imposta riconosciuti da provvedimenti emanati per fronteggiare l’emergenza)

 

 

L’articolo 122 è volto a consentire la cessione dei crediti d’imposta, anche a istituti di credito e altri intermediari finanziari, per i canoni di locazione, la sanificazione e l’adeguamento degli ambienti di lavoro nonché per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuali.

 

In particolare, il comma 1 consente, fino al 31 dicembre 2021, ai soggetti beneficiari dei crediti d’imposta istituiti per far fronte alle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria, di optare per la cessione, anche parziale, ad altri soggetti, inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari.

Il comma 2 chiarisce che tale opzione si applica ai seguenti crediti d’imposta:

a)   credito d’imposta per botteghe e negozi di cui all’articolo 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18;

Tale articolo concede un credito d’imposta pari al 60 per cento del canone di locazione, relativo al mese di marzo, di negozi e botteghe (immobili rientranti nella categoria catastale C/1). Il credito d’imposta è riservato agli esercenti attività d’impresa.

 

b)   credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda di cui all’articolo 28 del decreto in esame;

Tale articolo introduce un credito d’imposta per l'ammontare mensile del canone di locazione di immobili a uso non abitativo a favore di alcuni soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi. Per le strutture alberghiere il credito d’imposta spetta indipendentemente dal volume di affari registrato nel periodo d’imposta precedente.

 

c)   credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro di cui all’articolo 120;

Tale articolo riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico, nonché alle associazioni, alle fondazioni e agli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo settore, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 80.000 euro, per gli interventi necessari a far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus COVID-19. Il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni per le medesime spese, comunque nel limite dei costi sostenuti.

 

d)   credito d’imposta per sanificazione degli ambienti di lavoro e l’acquisto di dispositivi di protezione di cui all’articolo 125.

Tale articolo riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 60.000 euro, per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti. Viene dunque abrogato il credito d’imposta per la sanificazione precedentemente disciplinato dall’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020 e successivamente modificato dall’articolo 30 del decreto-legge n. 23 del 2020.

 

I cessionari utilizzano il credito ceduto anche in compensazione, con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente. La quota di credito non utilizzata nell'anno non può essere utilizzata negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso. Ad esso non si applicano i limiti all’utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall’articolo 147 del decreto legge in esame), di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007. (comma 3).

 

Ai sensi del comma 4, la cessione del credito non pregiudica i poteri delle competenti Amministrazioni relativi al controllo della spettanza del credito d’imposta e all'accertamento e all'irrogazione delle sanzioni nei confronti dei soggetti beneficiari. I soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto.

 

Il comma 5 demanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle modalità attuative delle disposizioni in esame, comprese quelle relative all'esercizio dell’opzione, da effettuarsi in via telematica.

 


 

Articolo 123
(Soppressione delle clausole di salvaguardia
in materia di IVA e accisa)

 

 

L’articolo 123 sopprime, in via definitiva, le c.d. clausole di salvaguardia che, a decorrere dal 1° gennaio del 2021, prevedono aumenti delle aliquote dell’imposta sul valore aggiunto e di quelle in materia di accisa su alcuni prodotti carburanti.

 

In relazione alle aliquote IVA, occorre preliminarmente ricordare che a decorrere dal 1° ottobre 2013 l'aliquota ordinaria è rideterminata nella misura del 22 per cento. L’ordinamento prevede inoltre due aliquote ridotte: un’aliquota al 10 per cento e una al 5 per cento, quest’ultima istituita con la legge di stabilità 2016 (commi 960-963). Resta in vigore fino all'introduzione del regime definitivo previsto dalla direttiva IVA, infine, l'aliquota super–ridotta al 4 per cento, applicabile a condizione che l’aliquota sia in vigore al 1° gennaio 1991 e che essa risponda a ben definite ragioni di interesse sociale (articolo 110, direttiva IVA).

 

Quanto alla clausola di salvaguardia, essa è stata introdotta dai commi 718 e 719 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) a tutela dei saldi di finanza pubblica, con l’obiettivo di incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta al 10% rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018. I predetti aumenti IVA erano in origine previsti a partire dall’anno 2016.

La legge di stabilità 2016 e la legge di bilancio 2017 hanno rinviato la decorrenza degli aumenti IVA, rispettivamente, al 2017 ed al 2018 e ridotto gli aumenti dell’accisa a 350 milioni di euro. La legge di stabilità 2016 ha inoltre disattivato la precedente clausola di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità 2014, volta a introdurre variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e detrazioni vigenti (cd. tax expenditures) tali da assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017.

Successivamente, l’articolo 9 del decreto-legge n. 50 del 2017 ha rimodulato gli aumenti di imposta previsti, posticipandoli in parte agli anni successivi, mentre la legge di bilancio 2018 ha completato la sterilizzazione degli aumenti IVA per l’anno 2018 e delle accise per l’anno 2019, già parzialmente avviata con il decreto-legge n. 148 del 2017, rimodulando per il 2019 gli aumenti IVA.

La legge di bilancio 2019 ha previsto la sterilizzazione delle clausole per l’anno 2019, mentre per gli anni successivi ha confermato l’aumento dell’IVA ridotta dal 10 al 13% dal 2020 e un aumento di 0,3 punti percentuali per il 2020 e di 1,5 punti percentuali a decorrere dal 2021 - che si somma ai già previsti aumenti - dell’IVA ordinaria fino al 26,5%.

Da ultimo, la legge di bilancio 2020 ha previsto (legge 160 del 2019, commi 2 e 3) la sterilizzazione completa per il 2020 e parziale dal 2021, con un aumento dell’IVA ridotta dal 10 al 12% e un aumento dell’IVA ordinaria di 3 punti percentuali per il 2021 (al 25%) e di 1,5 punti percentuali (fino al 26,5%) a decorrere dal 2022.

È stata inoltre rimodulata la misura delle maggiori entrate nette attese dall’aumento delle accise sui carburanti in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 1.221 milioni di euro per l'anno 2021, a 1.683 milioni di euro per l'anno 2022, a 1.954 milioni di euro per l'anno 2023, a 2.054 milioni di euro per l'anno 2024 e a 2.154 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025 e per ciascuno degli anni successivi.

 

Effetti finanziari della clausola di salvaguardia introdotti dalla legge di bilancio 2020

 

2020

2021

2022

Aliquota Iva 10%

sterilizzazione per il 2020

+ 2 punti percentuali dal 2021

0

(12%)

5.793

(12%)

5.793

Aliquota Iva 22%

sterilizzazione per il 2020

+ 3 punti percentuali nel 2021

+ 4,5 punti percentuali dal 2022

0

(25%)

13.110

(26,5%)

19.665

Accise carburanti

1.221 milioni per il 2021

1.683 milioni per il 2022

1.954 milioni per il 2023 e

2.054 milioni per il 2024

2.154 milioni dal 2025

0

1.221

1.683

TOTALE CLAUSOLE

0

20.124

27.141

 

Come chiarito dalla relazione tecnica, il quadro macroeconomico al 31 marzo 2020 utilizzato per la redazione del DEF, che ha stimato una diminuzione dei consumi finali delle famiglie pari a -7,4 per cento per il 2020 e un incremento del 5,8 per cento per il 2021, ha determinato una nuova stima degli effetti sulle clausole di salvaguardia in commento.

 

In sostanza, la riduzione di un trimestre pari al 7,4 per cento corrisponde ad una riduzione annua pari all’1,6 per cento. Posto che un punto di aliquota Iva ridotta del 10% vale circa 2.896,5 milioni di euro su base annua, mentre un punto di aliquota Iva ordinaria del 22% vale circa 4.370 milioni di euro, una riduzione dei consumi dell’1,6% determina che tali importi si riducano rispettivamente a circa 2.850 milioni di euro per ogni punto di aliquota ridotta e a 4.300 milioni di euro per ogni punto di aliquota ordinaria.

Pertanto, a seguito dell’adeguamento effettuato sulla base della riduzione dei consumi finali delle famiglie dell’1,6% a decorrere dall’anno 2021, le previsioni del bilancio dello Stato scontano il seguente gettito atteso dalle clausole di salvaguardia vigenti:

 

Effetti finanziari della clausola di salvaguardia a seguito del quadro macroeconomico al 31 marzo 2020

 

2020

2021

2022

2023

2024

2025

Aliquota Iva 10%

sterilizzazione per il 2020

+ 2 punti percentuali dal 2021

0

(12%)

5.700

(12%)

5.700

(12%)

5.700

(12%)

5.700

(12%)

5.700

Aliquota Iva 22%

sterilizzazione per il 2020

+ 3 punti percentuali nel 2021

+ 4,5 punti percentuali dal 2022

0

(25%)

12.900

(26,5%)

19.350

(26,5%)

19.350

(26,5%)

19.350

(26,5%)

19.350

Accise carburanti

1.221 milioni per il 2021

1.683 milioni per il 2022

1.954 milioni per il 2023 e

2.054 milioni per il 2024

2.154 milioni dal 2025

0

1.221

1.683

1.954

2.054

2.154

TOTALE CLAUSOLE

0

19.821

26.733

27.004

27.104

27.204

 

 

L’articolo 123 in esame prevede quindi l’abrogazione del richiamato comma 718, dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014, che prevede a regime i descritti aumenti di IVA e accise a regime.

 

È inoltre abrogato il comma 2 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, il quale, come illustrato, ha previsto riduzioni dell’aliquota ridotta e dell’aliquota ordinaria dell'IVA per gli anni 2019 e 2020.

 

Ai sensi del comma 2, alle minori entrate derivanti dal presente articolo valutati – come già esposto nella tabella sopra illustrata - in 19.821 milioni di euro per l’anno 2021, 26.733 milioni di euro per l’anno 2022, 27.004 milioni di euro per l’anno 2023, 27.104 milioni di euro per l’anno 2024, 27.204 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 124
(IVA beni necessari per il contenimento dell'emergenza sanitaria)

 

 

L’articolo 124 prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 5 per cento alle mascherine e agli altri dispositivi medici e di protezione individuale.

 

In relazione alle aliquote IVA, si ricorda preliminarmente che dal 1° ottobre 2013, l'aliquota ordinaria è stata rideterminata nella misura del 22 per cento. L'ordinamento prevede inoltre due aliquote ridotte: una aliquota al 10 per cento e una al 5 per cento, quest'ultima istituita con la legge di stabilità 2016 (commi 960-963). Resta in vigore fino all'introduzione del regime definitivo previsto dalla direttiva IVA, infine, l'aliquota super–ridotta al 4 per cento, a condizione che l'aliquota fosse in vigore al 1° gennaio 1991 e che la sua applicazione risponda a ben definite ragioni di interesse sociale (articolo 110, direttiva IVA).

Si segnala che l’articolo 123 del presente decreto sopprime, in via definitiva, le c.d. clausole di salvaguardia che, a decorrere dal 1° gennaio del 2021, prevedono aumenti delle aliquote dell’imposta sul valore aggiunto e di quelle in materia di accisa su alcuni prodotti carburanti.

 

In particolare il comma 1 prevede che alle cessioni di mascherine e di altri dispositivi medici e di protezione individuale si applichi l’aliquota IVA del 5 per cento attraverso l’inserimento dei seguenti beni al nuovo numero 1-quater nella tabella A, parte II-bis, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA):

§  ventilatori polmonari per terapia intensiva e subintensiva

§  monitor multiparametrico anche da trasporto

§  pompe infusionali per farmaci e pompe peristaltiche per nutrizione enterale

§  tubi endotracheali

§  caschi per ventilazione a pressione positiva continua

§  maschere per la ventilazione non invasiva

§  sistemi di aspirazione

§  umidificatori

§  laringoscopi

§  strumentazione per accesso vascolare

§  aspiratore elettrico

§  centrale di monitoraggio per terapia intensiva

§  ecotomografo portatile

§  elettrocardiografo

§  tomografo computerizzato

§  mascherine chirurgiche

§  mascherine Ffp2 e Ffp3

§  articoli di abbigliamento protettivo per finalità sanitarie quali guanti in lattice, in vinile e in nitrile, visiere e occhiali protettivi, tuta di protezione, calzari e soprascarpe, cuffia copricapo, camici impermeabili, camici chirurgici

§  termometri

§  detergenti disinfettanti per mani

§  dispenser a muro per disinfettanti

§  soluzione idroalcolica in litri

§  perossido al 3% in litri

§  carrelli per emergenza

§  estrattori RNA

§  strumentazione per diagnostica per COVID-19

§  tamponi per analisi cliniche

§  provette sterili

§  attrezzature per la realizzazione di ospedali da campo”.

 

Ai sensi del comma 2, in considerazione dello stato di emergenza sanitaria in atto, le cessioni dei beni sopra illustrati, effettuate entro il 31 dicembre 2020, sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto, con diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Tale norma, come confermato nella relazione illustrativa, è adottata in conformità a quanto comunicato dalla Commissione europea agli Stati membri con nota del 26 marzo 2020, in merito alle misure che possono essere immediatamente adottate per mitigare l’impatto della pandemia. In tale contesto, e tenuto conto che nel gennaio 2018 è stata presentata una proposta di direttiva, attualmente in discussione in Consiglio, che modifica la disciplina delle aliquote IVA per permettere a tutti gli Stati di applicare un’aliquota ridotta anche inferiore al 5% e un’esenzione con diritto a detrazione dell’IVA versata a monte - in principio su tutti i beni e servizi tranne alcuni esplicitamente elencati - la Commissione ha fatto presente che gli Stati, per il periodo di emergenza sanitaria, possono ritenersi autorizzati ad applicare aliquote ridotte o esenzioni con diritto a detrazione alle cessioni dei materiali sanitari e farmaceutici necessari per contrastare il diffondersi dell’epidemia.

 

Infine, il comma 3 quantifica gli oneri dell’agevolazione in 257 milioni di euro per l’anno 2020 e 317,7 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, cui si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 


 

Articolo 125
(
Credito d'imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro)

 

 

L’articolo 125 riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 60.000 euro, per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti. Viene dunque abrogato il credito d’imposta per la sanificazione precedentemente disciplinato dall’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020 e successivamente modificato dall’articolo 30 del decreto-legge n. 23 del 2020.

 

Più in dettaglio, il comma 1 riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione e agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti.

Il credito d'imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l'anno 2020.

 

Scopo esplicito della norma è di favorire l’adozione di misure dirette a contenere e contrastare la diffusione del virus Covid-19.

 

Il comma 2 individua le spese agevolabili. Si tratta in particolare delle spese per:

a)   la sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l 'attività lavorativa e istituzionale e degli strumenti utilizzati nell'ambito di tali attività;

b)   l'acquisto di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea;

c)   l'acquisto di prodotti detergenti e disinfettanti;

d)   l'acquisto di dispositivi di sicurezza diversi da quelli di cui alla lettera b), quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione;

e)   l'acquisto di dispostivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione.

 

Il credito d’imposta (comma 3) è utilizzabile o nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di sostenimento della spesa, oppure in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Ad esso non si applicano i limiti all’utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall’articolo 147 del decreto legge in esame), di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007.

Il credito non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.

 

Si ricorda che l’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, prevede che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.

Ai sensi del comma 2, sono compensabili, tramite versamento unitario (F24), tra l’altro, i crediti e i debiti relativi alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte; - all'imposta sul valore aggiunto; - alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto; - ai contributi previdenziali; - ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; ai tributi locali (art. 2-bis, comma 1, decreto legge n. 193 del 2016).

 

Il comma 4 affida a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, il compito di stabilire criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta, al fine del rispetto del limite di spesa suddetto.

 

Il comma 5 abroga il previgente credito d’imposta per la sanificazione, di cui l’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020 e all’articolo 30 del decreto-legge n. 23 (quest’ultimo attualmente all’esame della Camera per la conversione in legge).

Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.

Si ricorda che l’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha concesso un credito d’imposta, per l’anno 2020, pari al 50 per cento delle spese sostenute per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro. Il credito d’imposta è riservato agli esercenti attività d’impresa, arte o professione, fino ad un importo massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario e nel limite complessivo di 50 milioni di euro. Si affida (comma 2) alle norme di rango secondario, più precisamente a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 16 aprile 2020 (30 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, non emanato) il compito di stabilire i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta, anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa.

Successivamente l’articolo 30 del decreto-legge n. 23 del 2020 - all’esame della Camera al momento di redazione del presente lavoro - ha incluso nel predetto credito di imposta, secondo le misure e nei limiti di spesa complessivi previsti dal decreto-legge n. 18 del 2020, anche gli oneri relativi all’acquisto di dispositivi di protezione individuale (quali, ad esempio, mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3, guanti, visiere di protezione e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari), ovvero all’acquisto e all’installazione di altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici o a garantire la distanza di sicurezza interpersonale (quali, ad esempio, barriere e pannelli protettivi). Sono, inoltre, compresi i detergenti mani e i disinfettanti.

Per ulteriori chiarimenti si rinvia alla circolare dell’Agenzia delle entrate 9/E del 13 aprile 2020, che ha operato un coordinamento con i chiarimenti già contenuti nei precedenti documenti di prassi.

 

Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.

 

Il comma 6 reca la copertura finanziaria dell’intervento, il cui onere è pari a 200 milioni di euro per l'anno 2020: ad esso si provvede, per 150 milioni di euro ai sensi dell'articolo 265 (norma di copertura generale del provvedimento, alla cui scheda di lettura si rinvia) e per 50 milioni di euro mediante utilizzo delle risorse rivenienti dall'abrogazione del vigente credito d’imposta per la sanificazione (comma 5).

 

Si ricorda che l’articolo 120 del provvedimento in esame riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico, nonché alle associazioni, alle fondazioni e agli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo settore, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 80.000 euro, per gli interventi necessari a far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus COVID-19.


 

Articolo 126
(Proroga dei termini di ripresa della riscossione
dei versamenti sospesi)

 

 

L’articolo 126 proroga dal 30 giugno al 16 settembre 2020 il termine di ripresa della riscossione dei versamenti tributari e contributivi sospesi a favore di alcuni soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione e per gli enti non commerciali.

La norma proroga altresì dal 31 luglio al 16 settembre 2020 il versamento delle ritenute d'acconto sui redditi di lavoro autonomo nonché sulle provvigioni.

La disposizione sposta al 16 settembre 2020 anche il termine di ripresa dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria sospesi per i comuni maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria.

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 18 (commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6) del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, attualmente all’esame della Camera dei deputati, stabilisce la sospensione per alcuni operatori economici dei termini dei versamenti relativi alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato, alle trattenute relative all'addizionale regionale e comunale e all'imposta sul valore aggiunto per i mesi di aprile e maggio 2020. Tali soggetti beneficiano inoltre per lo stesso periodo della sospensione dei termini relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, nonché ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

I beneficiari sono gli esercenti attività di impresa, arte e professione, individuati in base ai ricavi o ai compensi conseguiti nel periodo di imposta precedente, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nonché ai soggetti economici che hanno intrapreso l’esercizio dell’attività dopo il 31 marzo 2020.

Per gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, che svolgono attività istituzionale di interesse generale non in regime d’impresa, la sospensione si applica limitatamente alle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e assimilato e alle trattenute delle addizionali regionali e comunali, ai contributi previdenziali e assistenziali e ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

Viene inoltre stabilita per alcune province particolarmente colpite dall’emergenza Covid-19 la sospensione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto per i mesi di aprile e maggio 2020 alla sola condizione che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame proroga il termine di ripresa della riscossione dei versamenti tributari e contributivi (sospesi per i mesi di aprile 2020 e di maggio 2020) prevista dal sopra citato articolo 18.

In particolare la disposizione prevede che i versamenti sospesi, relativi alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, alle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, all’imposta sul valore aggiunto e ai contributi previdenziali e assistenziali, nonché ai premi per l’assicurazione obbligatoria, sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione entro il 16 settembre 2020 (in luogo del 30 giugno 2020) o mediante rateizzazione, fino ad un massimo di quattro rate mensili (in luogo di cinque rate mensili) di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020 (in luogo del mese di giugno 2020). Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Il comma 2 proroga i termini per il versamento delle ritenute d'acconto sui redditi di lavoro autonomo nonché sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari (articoli 25 e 25-bis del DPR n. 600 del 1973) disposto dall’articolo 19 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23.

 

Si ricorda che il sopra citato articolo 19 stabilisce che per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000 nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data del 17 marzo 2020, i ricavi e i compensi percepiti nel periodo compreso tra il 17 marzo 2020 e il 31 maggio 2020 non sono assoggettati alle ritenute d'acconto sui redditi di lavoro autonomo nonché sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari (articoli 25 e 25-bis del DPR n. 600 del 1973) da parte del sostituto d'imposta, a condizione che nel mese precedente non abbiano sostenuto spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato.

I contribuenti, che si avvalgono della opzione sopra citata rilasciano un’apposita dichiarazione dalla quale risulti che i ricavi e compensi non sono soggetti a ritenuta ai sensi della presente disposizione e provvedono a versare l'ammontare delle ritenute d'acconto non operate dal sostituto in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di luglio 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi.

Per una panoramica dettagliata delle norme introdotte dai richiamati articoli 18 e 19 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 si rinvia alla lettura del dossier Misure per le imprese e in materia di settori strategici, salute, lavoro, termini amministrativi e processuali realizzato dai Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

In particolare la disposizione concede ai soggetti di più ridotte dimensioni ovvero con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000 la possibilità di versare le ritenute d’acconto, oggetto della sospensione, in unica soluzione entro il 16 settembre 2020 (in luogo del 31 luglio 2020) ovvero al massimo in quattro rate mensili (in luogo di cinque rate mensili) di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020 (in luogo del mese di luglio 2020) senza applicazione di sanzioni e interessi. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Il comma 3 stabilisce che gli adempimenti e i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria sospesi per i comuni ricadenti nella cosiddetta zona rossa (articolo 5 del decreto legge 2 marzo 2020, n.  9) sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020.

Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato

 

Si ricorda che il sopra citato articolo 5 del decreto legge 2 marzo 2020, n. 9 stabilisce che nei comuni individuati nell'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020, sono sospesi i termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria in scadenza nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 30 aprile 2020. Non si fa luogo al rimborso dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria già versati. Gli adempimenti e i pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, sospesi ai sensi del presente articolo, sono effettuati a far data dal 1° maggio 2020 anche mediante rateizzazione fino a un massimo di cinque rate mensili di pari importo, senza applicazione di sanzioni e interessi.


 

Articolo 127
(Proroga dei termini di ripresa della riscossione per i soggetti di cui agli articoli 61 e 62 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27)

 

 

L’articolo 127 dispone la proroga di alcuni termini per i versamenti sospesi ai sensi dell'articolo 61 (Sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria) e dell'articolo 62 (Sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi) del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

In particolare, l'unico comma dell'articolo in esame dispone la modificazione degli articoli 61 e 62 del decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. "Cura Italia") nel modo seguente:

a)   all’articolo 61:

1)   il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. I versamenti sospesi ai sensi del comma 1 sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020. Nei medesimi termini sono effettuati, anche mediante il sostituto d'imposta, i versamenti delle ritenute non operate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 (ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati e sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato), del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 febbraio 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato. Gli adempimenti sospesi ai sensi del comma 1 sono effettuati entro il 16 settembre 2020.”;

 

Si rammenta che l’articolo 61 del decreto-legge n. 18 del 2020 interviene sulla disciplina della sospensione dei versamenti delle ritenute e dei contributi e dei premi introdotta dal decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, abrogato dal medesimo decreto-legge n. 18.

 

In particolare, il previgente comma 4 dell'articolo 61 stabilisce che i versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato. Nei medesimi termini sono effettuati, anche mediante il sostituto d’imposta, i versamenti delle ritenute sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato, previste dall’articolo 29 (ritenute alla fonte sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato) del D.P.R. n. 600 del 1973 non operate ai sensi del predetto articolo 1, comma 3, del DM 24 febbraio 2020.

 

2)   il comma 5 è sostituito dal seguente: “5. Le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive professionistiche e dilettantistiche, di cui al comma 2, lettera b), applicano la sospensione di cui al comma 1 fino al 30 giugno 2020. Gli adempimenti e i versamenti sospesi ai sensi del periodo precedente sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, con le modalità e nei termini previsti dal comma 4. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.”;

 

In particolare, il previgente comma 5 dell'articolo 61 prevede una specifica disciplina per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive, professionistiche e dilettantistiche: per tali soggetti i versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 (anziché entro il 31 maggio).

Restano fermi la rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020 e il non luogo al rimborso di quanto già versato.

 

b)   all’articolo 62 il comma 5 è sostituito dal seguente: “5. I versamenti sospesi ai sensi dei commi 2 e 3, nonché del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 febbraio 2020, sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un'unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.”

 

Si rammenta di seguito sinteticamente il contenuto dell'articolo 62 del decreto-legge n. 18 del 2020.

L’articolo 62 sospende gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020. La disposizione riconosce inoltre la sospensione dei versamenti da autoliquidazione ai titolari di partita Iva di minori dimensioni nonché a tutti i soggetti delle province maggiormente colpite dal Covid-19 a prescindere dai ricavi o compensi percepiti.

L’articolo precisa inoltre che per i comuni della cosiddetta zona rossa restano ferme le disposizioni del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 24 febbraio 2020.

In particolare, il previgente comma 5 stabilisce che i versamenti sospesi ai sensi dei commi 2 e 3, nonché del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 febbraio 2020 sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un'unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Secondo la relazione tecnica, le disposizioni non determinano effetti finanziari in quanto la ripresa dei versamenti ricade all'interno della stessa annualità dei termini vigenti.


 

Articolo 128
(Salvaguardia del credito di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del TUIR, ovvero del trattamento integrativo di cui all'articolo 1
della legge 2 aprile 2020, n. 21)

 

 

L'articolo 128 prevede che il c.d. bonus 80 euro, di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del TUIR, e il trattamento integrativo di 100 euro, di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 3 del 2020, spettanti, rispettivamente, fino al 30 giugno 2020 e dal 1 luglio 2020 ai lavoratori dipendenti e assimilati in possesso dei requisiti previsti nelle citate disposizioni, sono riconosciuti anche nel caso in cui il lavoratore risulti incapiente per effetto del minor reddito di lavoro dipendente prodotto nell'anno 2020 a causa delle conseguenze connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (comma 1).

Inoltre (comma 2), l'articolo prevede che il sostituto d'imposta eroghi al lavoratore le somme che quest'ultimo non ha percepito a titolo di bonus 80 euro nel periodo in cui lo stesso ha fruito delle misure a sostegno del lavoro ai sensi degli articoli da 19 a 22 del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Il comma 1 stabilisce che, al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dall'emergenza da COVID -19, per l'anno 2020 il c.d. "bonus 80 euro" - cioè il credito di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986) - e il trattamento integrativo di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 3 del 2020 spettano anche se l'imposta lorda calcolata sui redditi di cui all'articolo 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), del citato TUIR, sia di importo inferiore alla detrazione spettante ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del medesimo TUIR, per effetto delle misure a sostegno del lavoro contenute negli articoli 19 (Norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario), 20 (Trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende già in Cassa integrazione straordinaria), 21 (Trattamento di assegno ordinario per i datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso), 22 (Trattamenti di integrazione salariale in deroga), 23 e 25 (Congedi parentali per lavoratori dipendenti pubblici e privati, autonomi, iscritti alla Gestione separata e del settore sanitario e permessi per i sindaci), del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Si rammenta che la disciplina relativa al c.d. "bonus 80 euro" (articolo 13, comma 1-bis, del TUIR), stabilisce che ai percettori dei redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del TUIR, qualora l'imposta lorda sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del citato TUIR (cioè la detrazione per lavoro dipendente e assimilati), spetta attualmente (fino al 30 giugno 2020) un credito rapportato al periodo di lavoro nell'anno, che non concorre alla formazione del reddito, di importo pari a:

§  se il reddito complessivo non è superiore a 24.600 euro: 960 euro;

§  se il reddito complessivo è superiore a 24.600 euro ma non a 26.600 euro: parte del credito corrispondente al rapporto tra l'importo di 26.600 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro.

I sostituti d'imposta sono chiamati a riconoscere il trattamento integrativo ripartendone l'ammontare sulle retribuzioni erogate, verificandone in sede di conguaglio la spettanza.

I redditi per cui spetta il bonus 80 euro sono quindi:

§  i redditi di lavoro dipendente (come definiti dall'articolo 49 del TUIR), con esclusione delle pensioni di ogni genere e assegni a esse equiparati (comma 2, lettera a) del medesimo articolo 49);

§  i seguenti redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, del TUIR):

o  compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca (lettera a));

o  indennità e compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato (lettera b));

o  somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante (lettera c));

o  somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente o nell'oggetto dell'arte o professione esercitate dal contribuente (lettera c-bis));

o  remunerazioni dei sacerdoti, nonché congrue e supplementi di congrua (lettera d));

o  prestazioni derivanti dall'adesione a forme pensionistiche complementari (lettera h-bis));

o  compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l)).

Il bonus 80 euro è stato originariamente introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 66 del 2014 per il solo anno 2014 e poi reso permanente dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 12-15 della legge n. 190 del 2014). Successivamente, l'articolo 1, comma 132, della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha elevato le soglie di reddito complessivo (rispettivamente da 24.000 a 24.600 e da 26.000 a 26.600) che danno diritto al credito, aumentando così il numero di beneficiari dell'agevolazione.

 

Il bonus 80 euro spetta soltanto nella prima metà dell'anno 2020, in quanto l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 3 del 2020 ne dispone l'abrogazione a decorrere dal 1° luglio 2020.

 

L'articolo 1 del medesimo decreto-legge n. 3 del 2020 dispone, in sostituzione del bonus 80 euro a partire dalla seconda metà dell'anno 2020, il riconoscimento di una somma a titolo di trattamento integrativo in favore dei percettori delle stesse tipologie di reddito di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati relativi al bonus 80 euro, sempreché l'imposta lorda sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del citato TUIR (cioè la detrazione spettante per lavoro dipendente e assimilati).

Il trattamento integrativo spetta soltanto se il reddito complessivo non è superiore a 28.000 euro ed è pari a 1.200 euro in ragione annua a decorrere dal 2021, mentre è pari a 600 euro per l'anno 2020.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame dispone, inoltre, che il credito di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del citato TUIR, non attribuito nei mesi in cui il lavoratore fruisce delle misure a sostegno del lavoro di cui agli articoli da 19 a 22 del decreto-legge n. 18 del 2020, è riconosciuto dal sostituto d'imposta a decorre dalla prima retribuzione utile e comunque entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio.

 

La relazione tecnica precisa che l'articolo in esame non determina nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica rispetto alla legislazione vigente.


 

Articolo 129
(Acconto accisa sul gas naturale e sull’energia elettrica)

 

 

L’articolo 129 stabilisce la riduzione delle rate di acconto mensili dell’accisa sul gas naturale e sull’energia elettrica, dovute dal mese di maggio al mese di settembre 2020, in particolare disponendo che le stesse siano versate nella misura del 90 per cento di quelle calcolate in via ordinaria, e cioè sulla base dei consumi dell’anno precedente. Si prevede poi che le rate di acconto mensili, relative a ciascuno dei restanti tre mesi (ottobre, novembre e dicembre) del 2020 siano versate, invece, secondo le modalità ordinarie. Infine, l’eventuale versamento a conguaglio è effettuato in un’unica soluzione entro le normali scadenze fissate dal Testo unico accise, vale a dire entro il 31 marzo 2021 per il gas naturale ed entro il 16 marzo 2021 per l’energia elettrica; si consente, in alternativa, di dilazionare il debito a conguaglio in dieci rate mensili di pari importo, da versare nel periodo da marzo a dicembre 2021.

Si differisce dal 16 al 20 maggio 2020 la rata di acconto mensile dell’accisa sul gas naturale dovuta per il mese di maggio 2020

 

Al riguardo si ricorda che i soggetti obbligati al pagamento dell’accisa sul gas naturale e l’energia elettrica sono tenuti, rispettivamente ai sensi degli articoli 26, comma 13 e 56, commi 1 e 2 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle accise - TUA), a versare l’imposta mediante rate di acconto mensili, calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente e mediante eventuali conguagli relativi all’accisa dovuta per l’anno precedente, che viene determinata in dichiarazioni annuali di consumo.

In particolare, ai sensi dell’articolo 26, comma 13 TUA l'accertamento dell'accisa dovuta sul gas naturale viene effettuato sulla base di dichiarazioni annuali, contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito d'imposta, presentate dai soggetti obbligati entro il mese di marzo dell'anno successivo a quello cui la dichiarazione si riferisce. Il pagamento dell'accisa è effettuato in rate di acconto mensili da versare entro la fine di ciascun mese, calcolate sulla base dei consumi dell'anno precedente. Il versamento a conguaglio è effettuato entro il mese di marzo dell'anno successivo a quello cui si riferisce e le somme eventualmente versate in eccedenza all'imposta dovuta sono detratte dai successivi versamenti di acconto. L'Amministrazione finanziaria ha facoltà di prescrivere diverse rateizzazioni d'acconto sulla base dei dati tecnici e contabili disponibili.

Per quanto riguarda l’energia elettrica, l’articolo 56, comma 1 analogamente dispone che il pagamento sia effettuato in rate di acconto mensili, da versare entro il giorno 16 di ciascun mese, calcolate sulla base di un dodicesimo dei consumi dell'anno precedente. Per il mese di agosto la rata di acconto è versata entro il giorno 20. Il versamento a conguaglio è effettuato entro il giorno 16 del mese di marzo dell'anno successivo a quello cui si riferisce. Le somme eventualmente versate in più del dovuto sono detratte dai successivi versamenti di acconto; l'Amministrazione finanziaria ha facoltà di prescrivere, sulla base dei dati tecnici e contabili disponibili, rateizzazioni di acconto diverse.

 

Per effetto delle norme in esame (comma 1):

§  sono ridotte le rate di acconto mensili dell’accisa sul gas naturale e sull’energia elettrica, da versare nel periodo compreso tra i mesi di maggio e settembre 2020, in particolare disponendo che le stesse siano versate nella misura del 90 per cento di quelle calcolate, come stabilito dal testo unico delle accise, sulla base dei consumi dell’anno precedente;

§  si prevede poi che le rate di acconto mensili relative a ottobre, novembre e dicembre 2020, siano versate, invece, secondo le già illustrate modalità ordinarie (sulla base dei consumi dell’anno precedente, ai sensi degli articoli 26, comma 13 e 56, commi 1 e 2 del TUA);

§  infine, l’eventuale versamento a conguaglio è effettuato in un’unica soluzione entro le normali scadenze, vale a dire entro il 31 marzo 2021 per il gas naturale ed entro il 16 marzo 2021 per l’energia elettrica. Viene respo possibile, in alternativa, di ripartire il conguaglio in dieci rate mensili di pari importo, senza interessi, da versare nel periodo da marzo a dicembre 2021, entro l’ultimo giorno di ciascun mese.

 

Si prescrive infine che le somme eventualmente risultanti a credito sono detratte, nei modi ordinari, dai versamenti di acconto successivi alla presentazione della dichiarazione annuale.

 

Il comma 2 differisce dal 16 al 20 maggio 2020 la rata di acconto mensile dell’accisa sul gas naturale dovuta per il mese di maggio 2020.

 

Il comma 3 quantifica in 246,9 milioni di euro per l'anno 2020 e in 134,7 milioni di euro per l'anno 2022 gli oneri derivanti dalle norme in esame, cui si provvede ai sensi dell'articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rinvia).

 


 

Articolo 130
(Differimento di alcuni adempimenti in materia di accisa)

 

 

L’articolo 130 reca il differimento dell’efficacia di alcune disposizioni in materia di accisa, introdotte dal decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, che hanno disciplinato specifici adempimenti antifrode. In particolare:

§  si differisce al 1° gennaio 2021 l’efficacia degli obblighi autorizzativi e di contabilizzazione previsti per i piccoli depositi di prodotti energetici;

§  si differisce dal 1° luglio al 1° ottobre 2020 l’efficacia della disciplina della tracciabilità degli oli lubrificanti;

§  si proroga dal 30 giugno al 30 dicembre 2020 il termine ultimo, per gli esercenti di depositi fiscali di stoccaggio di prodotti energetici (con capacità non inferiore a 3.000 metri cubi), per dotarsi del cd. sistema INFOIL;

§  si posticipa dal 30 giugno al 30 settembre 2020 il termine per l’operatività dell’obbligo di presentare esclusivamente in forma telematica il documento di accompagnamento doganale (ivi compreso il DAS – documento amministrativo semplificato) per la benzina e il gasolio usato come carburante sottoposti ad accisa;

§  si posticipa al 31 dicembre 2020 il termine per l’emanazione della determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli con la quale sono fissati i tempi e i modi con cui le imprese distributrici di energia elettrica e gas naturale ai consumatori finali (operatori di vettoriamento) sono tenute a presentare, esclusivamente in forma telematica, i dati relativi ai prodotti trasportati.

 

Depositi di prodotti energetici

Il comma 1, lettera a), differisce al 1° gennaio 2021 l’efficacia degli obblighi autorizzativi e di contabilizzazione previsti, per i piccoli depositi di prodotti energetici, dall’articolo 5 del decreto-legge n. 124 del 2019, come posposti dall’articolo 92, comma 4-sexies del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Occorre al riguardo ricordare che l’articolo 5 del predetto decreto-legge  ha abbassato (comma 1, lettera c), punto 1, n. 1.1) il limite di capacità previsto per i depositi per uso privato, agricolo e industriale (da 25 a 10 metri cubi) nonché quello previsto (punto 1, n.1.2)  per i serbatoi cui sono collegati gli apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali (da 10 a 5 metri cubi), ai fini dell’insorgere dell’obbligo di denuncia all’amministrazione finanziaria e di acquisizione della licenza per l’esercizio dell’attività.  Di conseguenza gli operatori che gestiscono tali depositi, a seguito della predetta modifica, sono tenuti a munirsi di licenza fiscale e a tenere la contabilità prescritta dal TUA. Si stabilisce (punto 2 della lettera c)) che con determinazione del Direttore dell’Agenzia dogane e monopoli siano previste modalità semplificate per la tenuta della medesima contabilità.

 

Il comma 2 del richiamato articolo 5 stabilisce, al primo periodo, che la predetta determinazione sia adottata entro il 27 dicembre 2020. Essa è stata adottata il 27 dicembre 2019 (Det. n. 240433/RU) e reca, per l’appunto, modalità semplificate di tenuta dei registri contabili per depositi e impianti di distribuzione di prodotti energetici.

L’articolo 5, comma 2, secondo periodo, come modificato dall’articolo 91, comma 4-sexies del citato decreto-legge n. 18, ha poi fissato al 1° gennaio 2021 l’efficacia:

§  delle disposizioni (articolo 5, comma 1, lettera c), n. 1.2) che riducono da 10 a 5 metri cubi la capacità dei serbatoi, per gli esercenti apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali, ai fini dell’obbligo di licenza;

§  le norme che prevedono una disciplina semplificata per la tenuta del registro di carico e scarico (stabilita con la predetta determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli) sia per gli esercenti dei depositi per uso privato, agricolo ed industriale aventi capacità superiore a 10 metri cubi e non superiore a 25 metri cubi, sia per gli esercenti impianti per apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali, collegati a serbatoi la cui capacità globale risulti superiore a 5 metri cubi e non superiore a 10 metri cubi.

 

Con le disposizioni in esame vengono riallineate al 1° gennaio 2021 l’efficacia di tutte le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), numeri 1) e 2): dunque hanno efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2021 anche le norme che abbassano da 25 a 10 metri cubi i limiti capacitivi (di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), punto 1, n. 1.1) dei depositi per uso privato, agricolo e industriale, ai fini del rilascio della licenza fiscale.

 

L’articolo 136, comma 2, lettera b) apporta una modifica al citato articolo 25 del TUA, in modo tale che ai piccoli depositi (aventi capacità superiore a 10 metri cubi e non superiore a 25 metri cubi, nonché gli impianti collegati a serbatoi la cui capacità globale risulti superiore a 5 metri cubi e non superiore a 10 metri cubi) sia rilasciato solo un codice identificativo in luogo della licenza di esercizio; a decorrere dal 1° gennaio 2021 tali soggetti sono obbligati, in luogo della denuncia, a dare comunicazione di attività all’Ufficio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, competente per territorio, al fine del rilascio del predetto codice identificativo. Gli stessi tengono il registro di carico e scarico con modalità semplificate, da stabilire con determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Frodi nel settore degli idrocarburi

La lettera b) del comma 1 dell’articolo in esame differisce dal 1° luglio al 1° ottobre 2020 l’efficacia della nuova disciplina della tracciabilità degli oli lubrificanti, introdotta dall’articolo 7 del decreto-legge n. 124 del 2019.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 7 del decreto-legge n. 124 del 2019 ha introdotto norme volte a contrastare l’uso fraudolento di taluni prodotti, classificabili come oli lubrificanti, illecitamente venduti e utilizzati come carburanti per autotrazione o combustibili per riscaldamento, allo scopo di evadere il pagamento dell’accisa. A tal fine è stato introdotto un nuovo articolo 7-bis nel Testo Unico Accise, che ha previsto un sistema di tracciabilità di alcune tipologie di oli lubrificanti, mediante l’attribuzione di un Codice amministrativo di riscontro necessario per la loro circolazione nel territorio nazionale. Il Codice è emesso dal sistema informatizzato dell’Agenzia dogane e monopoli su richiesta del soggetto che effettua l’immissione in consumo di tali prodotti, ovvero del mittente, secondo la destinazione finale degli oli lubrificanti. Tale sistema di tracciabilità viene esteso anche alle preparazioni lubrificanti e ad altri prodotti individuati con decreto ministeriale che, in relazione alle loro caratteristiche, possono essere destinati all’impiego come carburanti per motori, combustibili per riscaldamento ovvero come lubrificanti. Ove i prodotti lubrificanti in transito non siano stati presentati all’Ufficio delle dogane di uscita oppure i dati inseriti ai fini del rilascio del codice amministrativo di riscontro risultino non veritieri, si configura il tentativo di sottrazione del prodotto all’accertamento dell’accisa, con l’applicazione delle conseguenti sanzioni penali.

 

Il comma 4 dell’articolo 7, al primo periodo, subordina l’operatività della disciplina sulla tracciabilità all’emanazione delle disposizioni secondarie di attuazione: il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 22 aprile 2020 ha introdotto le relative norme secondarie in tema di tracciabilità degli oli lubrificanti (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 maggio 2020, n. 28).

Il secondo periodo del comma 4 stabiliva - nella sua formulazione originaria - che la nuova disciplina sulla tracciabilità avesse efficacia a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del decreto attuativo e, dunque, dal 1° luglio 2020.

Per effetto delle modifiche in esame, sostituendo il comma 4 dell’articolo 7, si differisce l’efficacia della predetta disciplina al 1° ottobre 2020.

 

Correlatamente, con il comma 2, lettera a) dell’articolo 136 sono apportate alcune modifiche all’articolo 7-bis del Testo Unico Accise, introdotto dall’articolo 7 del decreto-legge n. 124 sopra citato.

In particolare, integrando il comma 6 dell’articolo 7-bis TUA, si consente che le norme secondarie di attuazione possano escludere dalla disciplina della tracciabilità i trasporti di piccole quantità di prodotto confezionato (comma 2, lettera a), n. 1)

Viene poi apportata una modifica al comma 7 dell’articolo 7-bis (comma 2, lettera a), n. 2), il quale estende le norme sulla tracciabilità anche alle preparazioni lubrificanti rientranti nel codice NC 3403, se trasportate sfuse o in contenitori di capacità superiore a 20 litri; con la novella in commento si precisa che vengono fatte salve le esclusioni stabilite con le predette norme attuative.

Sistema INFOIL

La lettera c) del comma 1 differisce dal 30 giugno al 30 dicembre 2020 il termine ultimo, per gli esercenti di depositi fiscali di stoccaggio di prodotti energetici (con capacità non inferiore a 3.000 metri cubi), per dotarsi del cd. sistema INFOIL, ovvero di un sistema informatizzato per la gestione della detenzione e della movimentazione della benzina e del gasolio usato come carburante.

 

Viene a tal fine modificato l’articolo 10, comma 1, primo periodo del decreto-legge n. 124 del 2019, che nella sua formulazione originaria fissava il termine per dotarsi del sistema INFOIL al 30 giugno 2020.

 

L’articolo 10 ha l’esplicito scopo di uniformare le procedure di controllo sui depositi fiscali di stoccaggio a quelle già instaurate presso le raffinerie e gli stabilimenti di produzione di prodotti energetici, ai sensi dell’articolo 23, comma 14 del Testo Unico Accise - D.Lgs. n. 504 del 1995 (TUA). Per tali impianti, per l’appunto dotati di un sistema informatizzato di controllo in tempo reale del processo di gestione della produzione, detenzione e movimentazione dei prodotti, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli procede all'accertamento della liquidazione dell'imposta avvalendosi dei dati necessari alla determinazione della quantità e della qualità dei prodotti energetici rilevati dal sistema medesimo con accesso in modo autonomo e diretto, come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto. Si tratta del cosiddetto sistema INFOIL, che con le norme in esame viene applicato ai depositi fiscali di prodotti energetici di mero stoccaggio.

Documento di accompagnamento doganale telematico

La lettera d) del comma 1 posticipa dal 30 giugno al 30 settembre 2020 il termine (previsto dall’articolo 11 del decreto-legge n. 124 del 2019) per l’operatività dell’obbligo di presentare esclusivamente in forma telematica il documento di accompagnamento doganale (ivi compreso il DAS – documento amministrativo semplificato) per la benzina e il gasolio usato come carburante sottoposti ad accisa, secondo la determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli 10 maggio 2020, n. 138764/RU.

 

La circolazione dei prodotti sottoposti ad accisa deve essere effettuata con la scorta dei seguenti documenti di accompagnamento:

§  documento di accompagnamento accise (e-AD, elettronico) per il trasferimento di prodotti soggetti ad imposta da un deposito fiscale ad un altro deposito fiscale; da un deposito fiscale al deposito di un destinatario registrato; dal luogo di importazione ad un deposito fiscale o di un destinatario registrato, da un deposito fiscale al luogo di esportazione;

§  documento di accisa semplificato (DAS, cartaceo) per il trasferimento di prodotti assoggettati ad imposta da un deposito fiscale o di un destinatario registrato ad un deposito libero da accisa o ad un impianto di distribuzione di carburanti; da un deposito libero da accisa o dal luogo di importazione, nel caso di corresponsione dell’accisa all’atto della importazione, ad un altro deposito libero da accisa o ad un impianto di distribuzione di carburanti; da un deposito libero o dal deposito di un destinatario registrato al luogo di esportazione, nel caso di richiesta di rimborso dell’accisa versata.

Si ricorda al riguardo che dal 1° gennaio 2011 è diventato operativo l’e-AD, ovvero il documento amministrativo elettronico (articolo 6 del Testo Unico Accise -TUA, D.Lgs. n. 504 del 1995). La nuova disciplina è stata introdotta dalla Direttiva 2008/118/CE, relativa al regime generale delle accise, e dal Reg. n. 684/2009, sulle procedure informatizzate relative alla circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in sospensione dall'accisa, e recepita in Italia dal D.Lgs. n. 48/2010, che ha apportato le relative novelle al TUA.

La richiamata direttiva n. 118 del 2008 ha obbligato tutti gli Stati membri e gli operatori economici ad aderire all’EMCS - Excise Movement and Control System, sistema informatizzato comunitario per il controllo dei movimenti tra gli Stati membri dei prodotti in sospensione d’accisa (alcol e bevande alcoliche, vino, tabacchi e prodotti energetici) in regime sospensivo, che rappresenta la base per la costruzione di un sistema di analisi dei rischi nel settore delle accise. Il sistema prevede, per questi movimenti, la sostituzione del documento amministrativo di accompagnamento (DAA) in formato cartaceo con un messaggio elettronico, consentendone così il controllo in tempo reale.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, lettera b) ha affidato a determinazioni del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di stabilire tempi e modalità per la presentazione esclusivamente in forma telematica del documento di accompagnamento previsto per la circolazione dei prodotti assoggettati ad accisa. Tuttavia la decorrenza dell’obbligo è stata più volte differita da successive determinazioni: da ultimo, per effetto dell’articolo 1 della Determinazione del 18 dicembre 2017, n. 139996, tale data è stata posticipata al 1° gennaio 2020.

Trasmissione telematica dei quantitativi di energia elettrica e di gas naturale

La lettera e) del comma 1 posticipa al 31 dicembre 2020 il termine per l’emanazione della determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli con la quale sono fissati i tempi e i modi con cui le imprese distributrici di energia elettrica e gas naturale ai consumatori finali (operatori di vettoriamento) sono tenute a presentare, esclusivamente in forma telematica, i dati relativi ai prodotti trasportati, come previsto dall’articolo 12 del decreto-legge n. 124 del 2019.

 

Il richiamato articolo 12 ha affidato a una determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che secondo la formulazione originaria del decreto si sarebbe dovuta emanare entro il 27 dicembre 2019 (sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge n. 124), il compito di:

·      fissare i tempi e le modalità di esecuzione per disporre la presentazione, esclusivamente in forma telematica, dei dati relativi al prodotto trasportato, distintamente per ciascuno dei soggetti obbligati, da parte dei soggetti che effettuano l’attività di vettoriamento nel settore del gas naturale e dell’energia elettrica, e cioè le imprese che si occupano della consegna ai clienti finali attraverso reti di gasdotti locali integrati funzionalmente (comma 1, lettera a));

·      fissare i tempi e le modalità con cui i soggetti obbligati trasmettono i predetti quantitativi di gas naturale ed energia elettrica fatturati, suddivisi per destinazione d’uso (comma 1, lettera b)).

Tali soggetti sono tenuti a trasmettere i dati relativi ai quantitativi di gas naturale ed energia elettrica fatturati, suddivisi per destinazione d’uso.

 

Copertura finanziaria

Il comma 3 quantifica le minori entrate derivanti dalle norme in esame in 320,31 milioni di euro per l'anno 2020, a cui si provvede ai sensi della norma di copertura generale del provvedimento, contenuta nell'articolo 265 (si rinvia alla relativa scheda di lettura per ulteriori informazioni).


 

Articolo 131
(Rimessione in termini per i versamenti in materia di accisa
)

 

 

L’articolo 131 considera tempestivi i pagamenti dell’accisa sui prodotti energetici immessi in consumo nel mese di marzo 2020, ove effettuati oltre il termine di legge, purché avvengano entro il 25 maggio 2020; a tali pagamenti non si applicano sanzioni e indennità di mora.

 

L’articolo 3, comma 4 del Testo Unico Accise – TUA (D.Lgs. n. 504 del 1995) chiarisce che, per i prodotti immessi in consumo in ciascun mese, il pagamento dell'accisa deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo, mentre per le immissioni in consumo avvenute nel mese di luglio, il pagamento dell'accisa è effettuato entro il giorno 20 del mese di agosto; per le immissioni in consumo avvenute dal 1° al 15 del mese di dicembre, il pagamento dell'accisa deve essere effettuato entro il giorno 27 dello stesso mese ed in tale caso non è ammesso il versamento unitario (F24), ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

In caso di ritardo si applica l'indennità di mora del 6 per cento, riducibile al 2 per cento se il pagamento avviene entro 5 giorni dalla data di scadenza, e sono, inoltre, dovuti gli interessi in misura pari al tasso stabilito per il pagamento differito di diritti doganali. Dopo la scadenza del suddetto termine, non è consentita l'estrazione dal deposito fiscale di altri prodotti fino all'estinzione del debito d'imposta.

La disciplina delle sanzioni per omessi o ritardati versamenti tributari è invece contenuta nell’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 (ai sensi del quale si applica una sanzione pari al trenta per cento di ogni importo non versato; sono previste sanzioni inferiori nel caso di ritardo nei versamenti. In particolare, nel caso di ritardo non superiore a novanta giorni, quindici per cento dell’importo non versato; per ritardi non superiori a quindici giorni, la sanzione già ridotta, ulteriormente decurtata di un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo).

Tuttavia al riguardo si ricorda che la Corte di Cassazione, con la sentenza 30034 del 2018, ha chiarito che la citata disposizione speciale del D.Lgs. n. 504 del 1995, (articolo 3, comma 4) prevale sull’ordinaria disciplina delle sanzioni tributarie prevista dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997: di conseguenza, nell’ipotesi di ritardo nel pagamento delle accise, oltre agli interessi, si applica la sola indennità di mora di cui all’articolo 3 cit., comma 4, non dunque della sanzione di cui all’art. 13 citato.

 

Si segnala che le norme in esame prevedono (primo periodo) che i pagamenti effettuati entro il 25 maggio 2020 siano considerati tempestivi e, al secondo periodo, esplicitamente prevedono la disapplicazione di sanzioni e indennità di mora. Le norme in esame tacciono invece sull’applicazione degli interessi, che sono dovuti in misura pari al tasso stabilito per il pagamento differito di diritti doganali, ex articolo 3, comma 4 TUA.

Occorrerebbe al riguardo chiarire se la tempestività del pagamento entro il 25 maggio esclude la corresponsione degli interessi, ovvero se essi si considerano comunque dovuti.

 

Si ricorda che l’articolo 132 del provvedimento in esame consente di effettuare i pagamenti dell’accisa sui prodotti energetici immessi in consumo nei mesi di aprile, maggio, giugno, luglio e agosto dell’anno 2020 nella misura dell’ottanta per cento degli importi dovuti ex lege. Tali versamenti sono considerati effettuati a titolo di acconto, con versamento del saldo al 16 novembre 2020 senza interessi.

 


 

Articolo 132
(
Pagamento dell’accisa sui prodotti energetici)

 

 

L’articolo 132 introduce un meccanismo di saldo e di acconto limitatamente alle accise dovute sui prodotti energetici immessi in consumo in alcuni mesi del 2020, in deroga alla disciplina generale che prevede il pagamento in un’unica soluzione. Si consente di effettuare i pagamenti dell’accisa sui prodotti energetici immessi in consumo nei mesi di aprile, maggio, giugno, luglio e agosto dell’anno 2020 nella misura dell’ottanta per cento degli importi dovuti ex lege, con scadenze diverse secondo la data di immissione in consumo. Tali versamenti sono considerati effettuati a titolo di acconto. In tali ipotesi il versamento del saldo è fissato al 16 novembre 2020, senza interessi.

 

Più in dettaglio (comma 1), in considerazione dello stato di emergenza derivante dalla diffusione del COVID-19, le norme in esame prevedono che i pagamenti dell’accisa sui prodotti energetici immessi in consumo nei mesi di aprile, maggio, giugno, luglio e agosto dell’anno 2020 da eseguirsi ai sensi di legge (articolo 3, comma 4, del testo unico accise, TUA, approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504) nella misura dell’ottanta per cento, a titolo di acconto, degli importi dovuti alle medesime scadenze.

Tali acconti sono versati entro il 25 maggio 2020, per i prodotti energetici immessi in consumo nel mese di aprile 2020, ovvero alle scadenze di legge (previste dal predetto articolo 3, comma 4, del TUA) per i prodotti energetici immessi in consumo nei mesi di maggio, giugno, luglio e agosto dell'anno 2020.

 

In tal caso (comma 2) il versamento del saldo delle somme dovute ex lege è effettuato entro il termine del 16 novembre 2020, senza il pagamento di interessi

Si introduce dunque un meccanismo di saldo e di acconto limitatamente alle accise dovute sui prodotti energetici immessi in consumo in alcuni mesi del 2020, in deroga alla disciplina generale, che prevede il pagamento in un’unica soluzione dell’accisa.

 

Si ricorda che l’articolo 3, comma 4 del Testo Unico Accise – TUA (D.lgs. n. 504 del 1995) chiarisce che, per i prodotti immessi in consumo in ciascun mese, il pagamento dell'accisa deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo, mentre per le immissioni in consumo avvenute nel mese di luglio, il pagamento dell'accisa è effettuato entro il giorno 20 del mese di agosto; per le immissioni in consumo avvenute dal 1° al 15 del mese di dicembre, il pagamento dell'accisa deve essere effettuato entro il giorno 27 dello stesso mese ed in tale caso non è ammesso il versamento unitario (F24), ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

In caso di ritardo si applica l'indennità di mora del 6 per cento, riducibile al 2 per cento se il pagamento avviene entro 5 giorni dalla data di scadenza, e sono, inoltre, dovuti gli interessi in misura pari al tasso stabilito per il pagamento differito di diritti doganali. Dopo la scadenza del suddetto termine, non è consentita l'estrazione dal deposito fiscale di altri prodotti fino all'estinzione del debito d'imposta.

 

L’articolo 131 del provvedimento in esame considera tempestivi i pagamenti dell’accisa sui prodotti energetici immessi in consumo nel mese di marzo 2020, ove effettuati oltre il termine di legge, purché avvengano entro il 25 maggio 2020; a tali pagamenti non si applicano sanzioni e indennità di mora.


 

Articolo 133
(Differimento
sugar tax e plastic tax)

 

 

L’articolo 133 differisce al 1° gennaio 2021 l’efficacia delle disposizioni istitutive della cd. plastic tax, imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI), nonché di quelle che introducono e disciplinano la cd. sugar tax, imposta sul consumo delle bevande edulcorate: entrambe sono state introdotte dalla legge di bilancio 2020.

 

Differimento Plastic Tax

Si ricorda che i commi 634-658 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) stabiliscono l'istituzione e disciplinano l'applicazione di un'imposta sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (MACSI) che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari, ad esclusione dei manufatti compostabili, dei dispositivi medici e dei MACSI adibiti a contenere e proteggere medicinali. Le disposizioni riconoscono altresì un credito di imposta alle imprese attive nel settore delle materie plastiche, produttrici di MACSI destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari nella misura del 10% delle spese sostenute, dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, dalle citate imprese per l'adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti compostabili.

Il comma 651 ha demandato a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da pubblicare, entro il mese di maggio 2020, nella Gazzetta Ufficiale, la definizione delle modalità di attuazione dell’imposta; ha affidato a un provvedimento interdirettoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e dell'Agenzia delle entrate il compito di stabilire le modalità per l'eventuale scambio di informazioni tra l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'Agenzia delle Entrate. Tali provvedimenti non risultano ancora emanati.

La decorrenza dell’imposta di consumo sui MACSI, ai sensi della formulazione originaria del comma 652, era fissata a partire dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del predetto provvedimento interdirettoriale.

 

Le norme in commento (articolo 133, comma 1, lettera a)) posticipano il termine di operatività dell’imposta al 1° gennaio 2021, a tal fine intervenendo sul comma 652.

Differimento Sugar Tax

La richiamata legge di bilancio 2020, ai commi 661-676, ha previsto l'istituzione e disciplinato l'applicazione di un'imposta sul consumo di bevande analcoliche edulcorate, nella misura di 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,25 euro per chilogrammo nel caso di prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione.

In particolare, il comma 675 ha rinviato a un decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze, di natura non regolamentare, da pubblicare entro il mese di agosto dell'anno 2020, la definizione delle modalità di attuazione dell’imposta. Il successivo comma 676 ha fissato la decorrenza delle disposizioni del presente articolo dal primo giorno del secondo mese successivo alla pubblicazione del richiamato decreto attuativo del MEF.

I predetti provvedimenti non risultano ancora emanati.

 

Le norme in commento (articolo 133, comma 1, lettera b)) posticipano il termine di operatività dell’imposta al 1° gennaio 2021, a tal fine intervenendo sul comma 676.

 

Copertura finanziaria

Il comma 2 dell’articolo quantifica gli oneri delle norme in esame in 199,1 milioni di euro per l'anno 2020, 120,4 milioni di euro per l'anno 2021 e 42,2 milioni di euro per l'anno 2023, cui si provvede ai sensi dell'articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rinvia).


 

Articolo 134
(IVAFE per i soggetti diversi dalle persone fisiche)

 

 

L’articolo 134 uniforma il trattamento previsto per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all'estero da soggetti diversi dalle persone fisiche, ai fini dell’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero (IVAFE), a quello previsto per gli stessi soggetti ai fini dell’imposta di bollo.

 

Preliminarmente si segnala che  i commi 710 e 711 dell’articolo1 della legge di bilancio 2020 estendono l'ambito di applicazione dell'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero stabilendo che, a decorrere dal 2020, sono soggetti passivi dell’imposta, oltre alle persone fisiche, anche gli enti non commerciali e le società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, residenti in Italia, che sono tenuti agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività previsti dall'articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990.

 

Si ricorda che la base imponibile dell'IVAFE è costituita dal valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (articolo 19, comma 18, del decreto legge n. 201 del 2011). L'IVAFE è dovuta proporzionalmente alla quota e al periodo di detenzione, nella misura del 2 per mille del valore dei prodotti finanziari (comma 20).

Per i conti correnti e i libretti di risparmio l'imposta è stabilita in misura fissa (pari a 34,20 euro per le persone fisiche). Nel rispetto del divieto della doppia imposizione, dall'IVAFE si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d'imposta pari all'ammontare dell'eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenuti i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio. Per il versamento, la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi nonché per il contenzioso riferiti all'IVAFE si applicano le disposizioni previste per l'imposta sul reddito delle persone fisiche.

Quanto agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività previsti dall'articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 si  ricorda che il richiamato articolo stabilisce che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell'articolo 5 del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti indicati nel precedente periodo che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell'investimento secondo quanto disposto dalla disciplina antiriciclaggio. In particolare, per titolare effettivo di un rapporto o di un'operazione, si intende la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell'interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è istaurato, la prestazione professionale è resa o l'operazione è eseguita (articolo 1, comma 2, lettera pp), del decreto legislativo n. 231 del 2007). L'articolo 20 del decreto legislativo n. 231 del 2007 fornisce agli intermediari, nell'ambito delle disposizioni relative agli obblighi di adeguata verifica della clientela, i criteri specifici per la determinazione della titolarità effettiva di clienti diversi dalle persone fisiche.

 

La lettera a) del comma 1, al fine di uniformare il trattamento previsto, per i conti correnti e i libretti di risparmio dei soggetti diversi dalle persone fisiche, ai fini dell’IVAFE, a quello previsto per gli stessi soggetti ai fini dell’imposta di bollo (articolo 13, comma 2-bis, lettera b), della tariffa , parte I, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 642) dispone che l’imposta prevista per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all'estero per i soggetti diversi dalle persone fisiche è stabilita in misura fissa pari a 100 euro (pari a quella dell’imposta di bollo).

 

La lettera b) stabilisce inoltre che per i soggetti diversi dalle persone fisiche l’imposta massima dovuta è di 14.000 euro (pari a quella dell’imposta di bollo).

 

 


 

Articolo 135
(Disposizioni in materia di giustizia tributaria e contributo unificato)

 

 

L’articolo 135 sospende, dall’8 marzo al 31 maggio, il computo delle sanzioni da omesso pagamento del contributo unificato per l’iscrizione a ruolo nei procedimenti civili, tributari e amministrativi (comma 1); inoltre, estende l’ambito di applicazione della disciplina dell’udienza tributaria a distanza o da remoto (comma 2). Infine, con esclusivo riferimento ai procedimenti tributari, e solo per l’anno 2020, l’art. 135 dispone in ordine alla ripartizione delle somme ricavate dal citato contributo unificato tra le Commissioni tributarie (comma 3).

 

Il comma 1 interviene sull’articolo 62 del decreto-legge n. 18 del 2020, che ha sospeso dall’8 marzo al 31 maggio 2020 molti adempimenti tributari.

 

In particolare, l’art. 62 del decreto-legge n. 18 del 2020 (convertito dalla legge n. 27 del 2020) ha sospeso gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020. La disposizione riconosce, inoltre, la sospensione dei versamenti da autoliquidazione ai titolari di partita Iva di minori dimensioni nonché a tutti i soggetti delle province maggiormente colpite dal Covid-19 a prescindere dai ricavi o compensi percepiti. Gli adempimenti sospesi dovranno essere effettuati entro il 30 giugno 2020 senza applicazione di sanzioni.

 

Inserendo il comma 1-bis all’art. 62, il decreto-legge in esame estende tale sospensione al computo delle sanzioni da omesso pagamento del contributo unificato di iscrizione a ruolo, previste dall’articolo 16 del TU spese di giustizia (D.P.R. n. 115 del 2002).

 

Si ricorda che il contributo unificato di iscrizione a ruolo ha sostituito tutte le altre imposte (imposte di bollo, tassa di iscrizione a ruolo, diritti di cancellaria, ecc.) precedentemente previste per l’instaurazione di procedimenti civili, tributari e amministrativi. In linea generale, il contributo unificato si applica per ciascun grado di giudizio nel processo civile, compresa la procedura concorsuale, e di volontaria giurisdizione, nel processo tributario e nel processo amministrativo (artt. 9-18-bis, TU spese di giustizia).

In particolare, l’art. 16 del TU disciplina l’omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato, prevedendo l’iscrizione a ruolo dell’importo dovuto maggiorato degli interessi per il mancato tempestivo pagamento e una sanzione dal 100 al 200% della maggiore imposta dovuta (si applica l’art. 71 del DPR n. 131 del 1986), rinviando per le modalità di riscossione agli articoli 247 e ss. del TU.

Inoltre, con una modifica introdotta dall’art. 29 del decreto-legge n. 23 del 2020, tuttora in corso di conversione alla Camera (cfr. A.C. 2461), l’art. 16, comma 1-ter, consente agli uffici giudiziari di notificare la sanzione derivante da omesso o parziale pagamento del contributo unificato anche tramite posta elettronica certificata nel domicilio eletto o, in mancanza di tale indicazione, mediante il deposito presso l’ufficio di segreteria o di cancelleria dell’autorità giudiziaria competente. La disposizione specifica che la notifica PEC è consentita anche qualora l’irrogazione della sanzione sia contenuta nell’invito al pagamento di cui all’articolo 248 del TU.

 

Il decreto-legge, dunque, esclude l’applicazione di sanzioni per l’omesso pagamento del contributo nel periodo considerato, contestualmente sospendendo il procedimento disciplinato dall’art. 248 del citato TU, che demanda all’ufficio giudiziario la notifica alla parte l’invito al pagamento.

 

L’art. 248 del TU disciplina l’invito al pagamento del contributo unificato nei casi di omissione o di insufficiente versamento prevedendo che sia l’ufficio presso il magistrato competente a notificare alla parte l’invito al pagamento dell’importo dovuto, quale risulta tra il valore della causa e il corrispondente scaglione, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, con addebito degli interessi al saggio legale, in caso di mancato pagamento entro un mese. L’invito è notificato anche a mezzo posta elettronica certificata nel domicilio eletto o, nel caso di mancata elezione del domicilio, è depositato presso l’ufficio.

 

Il comma 2 interviene sull’art. 16 del decreto-legge n. 119 del 2018 che, modificando il decreto legislativo n. 546 del 1992 sul processo tributario, ha introdotto disposizioni sulla digitalizzazione e sulla possibilità per le parti di partecipare all’udienza da remoto.

 

In particolare, tale disposizione ha esteso le possibilità di trasmissione telematica delle comunicazioni e notificazioni inerenti il processo, agevolato le procedure in materia di certificazione di conformità relative alle copie di atti, provvedimenti e documenti, reso possibile la partecipazione a distanza delle parti all'udienza pubblica.

In base al comma 4 dell’art. 16 del decreto-legge n. 119/2018, infatti, le parti possono partecipare a distanza all’udienza pubblica di cui all’articolo 34 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando anche una sola di esse formuli apposita richiesta nel ricorso o nel primo atto difensivo; l’udienza si svolge mediante un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo del domicilio indicato dal contribuente, dal difensore, dall’ufficio impositore o dai soggetti della riscossione con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto viene detto. Il luogo dove la parte processuale si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza. Si demanda poi ad uno o più provvedimenti del Direttore generale delle finanze, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e l’Agenzia per l’Italia Digitale, l’individuazione delle regole tecnico-operative per consentire la partecipazione all’udienza a distanza, la conservazione della visione delle relative immagini, e le Commissioni tributarie presso le quali attivare l’udienza pubblica a distanza. Almeno un’udienza per ogni mese e per ogni sezione è riservata alla trattazione di controversie per le quali è stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza.

 

Il provvedimento in esame sostituisce il comma 4 dell’art. 16 per estendere il campo d’applicazione delle udienze da remoto, con una disciplina che va a regime e che dunque non è circoscritta all’attuale fase emergenziale. Rispetto alla normativa previgente, il decreto-legge:

§  estende l’applicabilità della disciplina sulla partecipazione a distanza alle udienze in camera di consiglio. Il riferimento normativo dell’art. 34 del d.lgs. n. 546/1992, relativo alle udienze pubbliche, è infatti integrato con quello all’art. 33 del medesimo decreto legislativo, relativo alla trattazione in camera di consiglio;

§  consente la partecipazione da remoto non solo alle parti processuali (contribuente, ufficio impositore o agenti della riscossione, difensori), ma anche al giudice tributario e al personale amministrativo delle commissioni tributarie;

§  prevede che la richiesta di udienza da remoto possa essere presentata dalle parti non solo all’atto del ricorso, o nel primo atto difensivo, ma anche successivamente, purché prima dell’avviso di trattazione dell’udienza.

Si ricorda che in base all’art. 31 del d.lgs. n. 546 del 1992 la segreteria della Commissione tributaria deve dare comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni prima della data stessa.

 

§  conferma che le regole tecnico operative per le udienze da remoto debbano essere fissate con provvedimenti del Direttore generale delle finanze, sentito il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, ma aggiunge a questo iter il parere del Garante per la protezione dei dati personali. La disposizione, peraltro, elimina dall’art. 16, comma 4, la previsione dell’obbligo di conservazione delle immagini dell’udienza;

§  elimina la previsione che imponeva alle sezioni tributarie di dedicare almeno un’udienza al mese alla trattazione di controversie per le quali fosse stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza;

§  demanda ai Presidenti delle Commissioni tributarie la predeterminazione di criteri in base ai quali i singoli giudici tributari possano individuare le controversie per le quali la segreteria comunicherà alle parti lo svolgimento dell’udienza a distanza.

La riforma aggiunge, dunque, alla possibilità per le parti di richiedere l’udienza da remoto – già prevista dal legislatore – la possibilità per il giudice tributario di disporre, autonomamente, l’udienza a distanza per alcune specifiche controversie.

Trattandosi di una disposizione destinata ad applicarsi anche cessata l’emergenza epidemiologica in atto, si valuti l’opportunità di specificare in quali ipotesi il giudice tributario possa, senza richiesta delle parti, imporre una trattazione da remoto.

 

Il comma 3 disciplina, per il solo 2020, la ripartizione tra le commissioni tributarie di parte del gettito del contributo unificato di iscrizione a ruolo per le controversie tributarie. In deroga alla disciplina generale, che imporrebbe di ripartire le somme in base all’efficienza dei diversi uffici nello smaltimento dell’arretrato, il decreto-legge prevede una distribuzione alle Commissioni tributarie in proporzione al personale – togato e amministrativo – da loro impiegato.

 

La disposizione deroga per il 2020 alla previsione generale, di cui all’art. 37, comma 13, del decreto-legge n. 98 del 2011, in base alla quale il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria provvede al riparto annuale delle somme derivanti dal maggior gettito di contributo unificato imputabili all’aumento degli scaglioni del suddetto contributo effettuato nel 2011, tra gli uffici giudiziari che hanno raggiunto specifici obiettivi di smaltimento dell'arretrato, e tenuto conto delle dimensioni e della produttività di ciascun ufficio.


 

Articolo 136
(Incentivi per gli investimenti nell'economia reale)

 

 

L'articolo 136 modifica la disciplina dei piani di risparmio a lungo termine. Il comma 1 disciplina il caso degli investimenti qualificati indiretti, ovvero le quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), e consente una maggiore concentrazione dell'esposizione (e del relativo rischio) verso un medesimo emittente o gruppo. In particolare, per i piani a lungo termine costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020 che rispondono a una specifica configurazione del portafoglio di attività, la quota del totale di strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell'emittente o della controparte o in depositi e conti correnti viene elevata dal 10 al 20 per cento. La lettera a) del comma 2 amplia i limiti alle somme che possono essere destinate ai piani di risparmio a lungo termine, portandoli da 30.000 a 150.000 euro annuali, fino a un massimo complessivo elevato da 150.000 euro a 1.500.000 di euro. La lettera b) stabilisce che ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio a lungo termine costituito fino al 31 dicembre 2019, e di un solo piano di risparmio costituito a partire dal 1° gennaio 2020.

 

Il comma 1 dell'articolo 136 modifica l'articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019, che è intervenuto sulla disciplina dei piani di risparmio a lungo termine.

La legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), con i commi 88-114 dell'articolo 1, ha introdotto un sistema di agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine (per almeno cinque anni) nell'economia reale. In particolare, sono esenti da imposta i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche, al di fuori di attività di impresa commerciale, derivanti da specifici "investimenti qualificati", detenuti per un periodo minimo di 5 anni. I piani individuali di risparmio (PIR), i quali investono in imprese italiane e europee, con una quota di attività riservata alle piccole e medie imprese (PMI), rientrano fra gli strumenti che possono beneficiare dell'esenzione, nel rispetto del vincolo dei 5 anni di detenzione e nei limiti di 30 mila euro all'anno e, comunque di complessivi 150 mila euro. Sono gestiti dagli intermediari finanziari (sia sotto forma di fondi di investimento che di gestione individuale) e dalle imprese di assicurazione, i quali devono investire le somme rispettando il principio della diversificazione del portafoglio. Ciascuna persona fisica non può essere titolare di più di un piano di risparmio a lungo termine e ciascun piano di risparmio a lungo termine non può avere più di un titolare. La legge di bilancio 2017 ha detassato anche i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine nel capitale delle imprese e nei PIR effettuati da enti di previdenza obbligatoria e forme di previdenza complementare. La legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) al comma 210 dell'articolo 1, ha innalzato dal 5 al 10 per cento la quota dell'attivo patrimoniale che tali enti possono destinare a investimenti "qualificati", secondo il regime agevolato. La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 212) ha inoltre inserito le quote o le azioni di fondi di venture capital residenti nel territorio dello Stato tra le tipologie di investimenti "qualificati", introducendo ulteriori vincoli agli investimenti nei PIR, per destinare le risorse ai predetti fondi di venture capital, ed elevato dal 30 al 40 per cento la quota di detrazioni spettanti per l'investimento in start-up innovative.

 

L’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019 ha previsto nuovi criteri per gli investimenti destinati ai PIR costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020 (PIR 2020), oltre a disporre l'inapplicabilità agli enti di previdenza obbligatoria e complementare delle disposizioni relative all’unicità del PIR. In particolare, viene previsto che in ciascun anno solare di durata del piano di risparmio a lungo termine, per almeno due terzi dell'anno stesso:

§  almeno il 70 per cento delle risorse complessive dev'essere investito in strumenti finanziari di imprese italiane o europee stabilmente organizzate in Italia (stessa percentuale prevista dalla legislazione vigente per i PIR emessi prima del 2020), di cui:

-     almeno il 25 per cento (rispetto all’attuale 30 per cento) in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;

-     almeno il 5 per cento in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB o FTSE MID Cap di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati (nuovo criterio inserito dall’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019).

 

La norma, pertanto, non ha rinnovato le ulteriori disposizioni introdotte dalla legge di bilancio 2019 riguardanti quote o azioni di fondi per il venture capital e strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni sui sistemi multilaterali emessi da PMI.

Si segnala che i nuovi criteri fanno seguito ad alcuni rilievi critici espressi dalla Banca d’Italia. In particolare, nel Rapporto sulla stabilità finanziaria (capitolo sull’impatto delle recenti modifiche normative sui fondi PIR) l’Istituto evidenzia il profilo di potenziale rischio rappresentato dal vincolo di investimenti  in strumenti finanziari emessi da piccole e medie imprese italiane e da fondi di venture capital.

 

Il comma 1 dell'articolo in esame inserisce i nuovi commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.

Il nuovo comma 2-bis consente una maggiore concentrazione dell'esposizione (e del relativo rischio) verso un medesimo emittente o gruppo. In particolare, per i PIR 2020 con una specifica configurazione del portafoglio di attività, la quota del totale di strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell'emittente o della controparte o in depositi e conti correnti viene elevata dal 10 al 20 per cento. Fra gli investimenti, oltre agli investimenti qualificati elencati dal comma 2, vengono richiamati anche i prestiti erogati alle imprese italiane o stabilmente organizzate in Italia, nonché gli investimenti in crediti delle medesime imprese.

Si segnala che, per essere considerati investimenti qualificati ai fini della definizione del PIR tali strumenti dovrebbero essere inclusi anche nell'elenco di cui al comma 2 dell'articolo 13-bis in argomento.

L'aumento dei limiti alla concentrazione si applica ai PIR 2020 che, per almeno i due terzi dell’anno solare di durata del piano, investano almeno il 70 per cento del valore complessivo, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo del TUIR, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, in prestiti erogati alle predette imprese nonché in crediti delle medesime imprese.

Il nuovo comma 2-ter disciplina il caso degli investimenti qualificati indiretti, ovvero le quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti nel territorio dello Stato, ai sensi dell'articolo 73 del TUIR, o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo, che investono per almeno il 70 per cento dell'attivo in investimenti qualificati definiti, per i PIR 2020, dal comma 2 dell'articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019, nel rispetto dei limiti di concentrazione elevati per effetto del nuovo comma 2-bis. In particolare, il nuovo comma 2-ter stabilisce che i vincoli di investimento di cui ai commi 2 e 2-bis:

a)   devono essere raggiunti entro la data specificata nel regolamento o nei documenti costitutivi dell'OICR;

b)   cessano di essere applicati quando l’organismo di investimento inizia a vendere le attività, in modo da rimborsare le quote o le azioni degli investitori;

c)   sono temporaneamente sospesi quando l’organismo di investimento raccoglie capitale aggiuntivo o riduce il suo capitale esistente, purché tale sospensione non sia superiore a 12 mesi.

Il comma 2 dell'articolo 136 apporta modifiche alla disciplina dei piani di risparmio a lungo termine recata dal bilancio 2017.

La lettera a) del comma 2 modifica i limiti alle somme che possono essere destinate ai piani di risparmio a lungo termine (articolo 1, comma 101 della legge di bilancio 2017). Fermi restando i limiti applicabili agli strumenti emessi fino al 31 dicembre 2019 (30.000 euro annuali fino a un massimo complessivo di 150.000 euro), per i PIR 2020 gli investitori possono destinare somme o valori per un importo non superiore a 150.000 euro all’anno e a 1.500.000 euro complessivi. Tali limiti, elevati rispettivamente di 5 e 10 volte, non si applicano (così come quelli previsti per gli strumenti emessi fino al 31 dicembre 2019) agli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria e alle forme pensionistiche complementari).

 

La lettera b) del comma 2 sostituisce l'articolo 1, comma 112, della legge di bilancio 2017, che disponeva l'unicità del PIR, stabilendo che ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio a lungo termine costituito ai sensi della legge di bilancio 2017 fino al 31 dicembre 2019, e di un solo piano di risparmio costituito a partire dal 1° gennaio 2020 ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019. Ciascun piano di risparmio a lungo termine non può avere più di un titolare. L’intermediario o l’impresa di assicurazioni presso il quale sono costituiti i piani, all’atto dell’incarico acquisisce dal titolare un’autocertificazione con la quale lo stesso dichiara di non essere titolare di un altro piano di risparmio a lungo termine costituito ai sensi della legge di bilancio 2017, o di un altro PIR 2020.

 

Il comma 3 dell'articolo 139 abroga l'articolo 36-bis del decreto legge n. 34 del 2019, n. 34, che recava disposizioni in materia di trattamento fiscale (agevolato) dei fondi di investimento europei a lungo termine. Secondo quanto confermato anche nella relazione illustrativa del Governo, poiché la disciplina in esame estende la possibilità di costituirei PIR 2020, oltre che tramite OICR aperti e contratti di assicurazione, anche tramite Fondi di investimento alternativi (FIA), fra i quali rientrano i fondi cosiddetti "ELTIF" (European Long Term Investments Fund), la disciplina speciale in materia fiscale prevista per tali fondi europei viene abrogata, in quanto assorbita dalla norma in commento.

 

Gli European Long Term Investments Fund sono fondi "chiusi", che prevedono cioè il rimborso del capitale a scadenze definite, introdotti dal Regolamento europeo 2015/760, per incentivare l'investimento a lungo termine in progetti infrastrutturali, in società non quotate e in piccole e medie imprese (PMI) che hanno bisogno di stabili fonti di finanziamento. Si tratta di strumenti di investimento difficilmente vendibili sul mercato prima della scadenza, che sono caratterizzati quindi da un basso livello di liquidità, ma che possono offrire un flusso di proventi e una rivalutazione a scadenza del capitale investito. L'orizzonte temporale del rimborso è a medio lungo termine, coerentemente con la tipologia delle attività che si intende finanziare. Un fondo autorizzato ai sensi del Regolamento 2015/760 può essere commercializzato su tutto il territorio europeo. L'autorizzazione viene rilasciata sulla base del rispetto degli obblighi relativi alle politiche di investimento che il fondo intende intraprendere. Oltre agli investimenti ammissibili, il regolamento definisce alcuni limiti volti ad assicurare che la composizione del portafoglio rispetti il principio della diversificazione.

L'articolo abrogato, con disciplina simmetrica rispetto a quella recata dall'articolo in esame, esentava i redditi derivanti agli investimenti effettuati in fondi ELTIF dalle imposte sui redditi di capitale (di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g), del TUIR) e sui redditi diversi (di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del medesimo testo unico). Tale regime fiscale speciale era applicabile agli investimenti effettuati, per un importo non superiore a 150.000 euro nell'anno e non superiore a 1.500.000 euro complessivamente, in fondi ELTIF (o fondi di ELTIF) nel rispetto di specifiche condizioni definite dal comma 3 dell'articolo 36-bis del decreto legge 34 del 2019. Il successivo comma 9 fissava la decorrenza delle agevolazioni a partire dagli investimenti effettuati nell'anno 2020.

 

Il comma 4 stabilisce, infine, che alle minori entrate derivanti dall'articolo in esame si provvede ai sensi dell'articolo 265, alla cui scheda si fa rinvio.


 

Articolo 137
(Proroga della rideterminazione del costo d’acquisto dei terreni e delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati)

 

 

L'articolo 137 proroga la facoltà di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti, sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il valore così rideterminato sia assoggettato a un'imposta sostitutiva.

 

Gli articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) hanno introdotto la possibilità di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti da persone fisiche e società semplici alla data del 1° gennaio 2002, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all'articolo 81, comma 1, lettere a) e b), del D.P.R. n. 917 del 1986 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR). Il valore da assumere in luogo del costo o valore di acquisto deve essere determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti. Il valore così rideterminato è assoggettato un’imposta sostitutiva.

Il decreto legge n. 282 del 2002 ha poi riaperto i termini per la rivalutazione dei suddetti valori, applicandola a partecipazioni e terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2003. In seguito, i termini sono stati riaperti nel tempo sino alla proroga contenuta nell'articolo 1, comma 693, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) che consente di effettuare la rivalutazione per le partecipazioni in società non quotate e per i terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2020. Il successivo comma 694 ha inoltre modificato il valore delle aliquote per la determinazione dell'imposta sostitutiva, prevedendo un'unica aliquota all'11 per cento applicabile alla rideterminazione di valore delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni. In particolare, mentre è stata mantenuta pari all'11 per cento l'aliquota per le partecipazioni qualificate detenute alla data del 1º gennaio 2020, la stessa è stata aumentata dal 10 all'11 per cento per le partecipazioni in società non quotate su mercati regolamentati che non risultano qualificate. La partecipazione in una società non quotata si definisce qualificata, ai sensi dell'articolo 67 del TUIR, quando è associata a una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 20 per cento ovvero ad una quota del patrimonio superiore al 25 per cento. Anche con riferimento alla rideterminazione dei terreni edificabili e con destinazione agricola, l'aliquota è stata aumentata dal 10 all'11 per cento.

L'articolo in esame consente di effettuare la rivalutazione per le partecipazioni in società non quotate e per i terreni posseduti alla data del 1° luglio 2020. Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino a un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 settembre 2020. La redazione e il giuramento della perizia devono essere effettuati entro la predetta data del 30 settembre 2020.

 

Le imposte sostitutive, pari all'11 per cento del valore rideterminato, possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 settembre 2020. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo. La redazione e il giuramento della perizia devono essere effettuati entro la data del 30 settembre 2020.

 

Il comma 3, infine, stabilisce che agli oneri derivanti dall'articolo in esame si provvede ai sensi dell'articolo 265, alla cui scheda di lettura si fa rinvio.

 

 


 

Articolo 138
(Allineamento TARI e IMU con il bilancio di previsione 2020)

 

 

L’articolo 138 uniforma i termini per l’approvazione degli atti deliberativi in materia di TARI e IMU al termine del 31 luglio 2020 concernente il bilancio di previsione.

 

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 107, comma 2, del decreto legge n. 18 del 2020 (cd. Cura Italia) per l'esercizio 2020 ha differito il termine per la deliberazione del bilancio di previsione al 31 luglio 2020.

 

A tal fine, ai sensi del comma 1, sono abrogati:

§  il comma 4 dell’articolo 107 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che aveva differito dal 30 aprile al 30 giugno 2020 il termine per la determinazione delle tariffe della Tari e della tariffa corrispettiva, attualmente fissato al 30 aprile dall’articolo 1, comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n.147;

Si segnala che il successivo comma 5 dell’articolo 107, non abrogato, consente ai comuni di approvare le tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva adottate per l’anno 2019 anche per l’anno 2020, provvedendo successivamente, entro il 31 dicembre 2020, alla determinazione ed approvazione del Piano economico finanziario del servizio rifiuti (PEF) per il 2020. L’eventuale conguaglio tra i costi risultanti dal PEF per il 2020 ed i costi determinati per l’anno 2019 può essere ripartito in tre anni, a decorrere dal 2021. Tale facoltà è concessa in deroga alle disposizioni vigenti, di cui all’articolo 1, commi 654 e 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che prevedono l'obbligo di assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio nonché l'obbligo di approvare le tariffe della TARI in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani e le aliquote della TASI entro il termine fissato dalle norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione.

 

§  il comma 683-bis dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che consentiva una deroga dei termini di approvazione delle tariffe e dei regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva.

Si rammenta che il citato comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n.147, inserito dall'articolo 57-bis, comma 1, lett. b) del D.L. n. 124/2019 (decreto fiscale), prevede per l'anno 2020, in considerazione della necessità di acquisire il piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, che i comuni, in deroga alla normativa vigente, approvano le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva entro il 30 aprile, anziché collegarlo alla data di deliberazione del bilancio di previsione. La deroga è legata, si ricorda, alla recente emanazione della prima direttiva ARERA sui costi del servizio rifiuti in base alla quale dovranno essere formulati o riformulati i piani finanziari relativi al 2020 e si applica anche in caso di esigenze di modifica a provvedimenti già deliberati.

 

§  il comma 779 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, che consentiva ai comuni di deliberare in materia di IMU anche oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione per gli anni 2020-2022 e comunque non oltre il 30 giugno 2020, assicurando, in tal caso, la retroattività delle delibere con effetto dal 1° gennaio 2020;

Si ricorda che i commi da 738 a 783 della legge di bilancio 2020 riformano l’assetto dell’imposizione immobiliare locale, unificando le due vigenti forme di prelievo (l’Imposta comunale sugli immobili, IMU e il Tributo per i servizi indivisibili, TASI) e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo. L’aliquota di base è fissata allo 0,86 per cento e può essere manovrata dai comuni a determinate condizioni. Ulteriori aliquote sono definite nell’ambito di una griglia individuata con decreto del MEF. Sono introdotte modalità di pagamento telematiche.

 

Con le modifiche in esame, quindi, i termini per l’approvazione degli atti deliberativi in materia di TARI e IMU sono fissati, ai sensi delle norme ordinarie per gli enti locali, entro i termini per l’approvazione del bilancio di previsione che, per l’anno 2020 scade il 31 luglio 2020.

L’articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, stabilisce, infatti, che gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno.


 

Articolo 139
(Rafforzamento delle attività di promozione dell’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti)

 

 

L’articolo 139, al fine di incrementare la tax compliance, stabilisce che le convenzioni fra Ministro dell'economia e delle finanze e le Agenzie fiscali, a decorrere dal triennio 2020-2022, prevedano specifici obiettivi volti ad ottimizzare i servizi di assistenza e consulenza offerti ai contribuenti, (favorendone ove possibile la fruizione online) e a migliorare i tempi di erogazione dei rimborsi fiscali. A tal fine la disposizione rivede in parte i meccanismi di incentivazione del personale delle agenzie fiscali favorendo l’obiettivo del recupero di gettito per il bilancio dello Stato piuttosto che quello del maggior gettito incassato.

 

Il comma 1, primo periodo, dell’articolo chiarisce le finalità sottostanti all’introduzione delle norme in esame ovvero favorire il rafforzamento delle attività di promozione dell'adempimento spontaneo degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti anche alla luce del necessario riassetto organizzativo dell’amministrazione finanziaria a seguito della situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19.

Per raggiungere tale scopo la disposizione prevede che le convenzioni fra Ministro dell'economia e delle finanze e Agenzie fiscali (articolo 59, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300) stabiliscono per le agenzie fiscali, a decorrere dal triennio 2020-2022, specifici obiettivi volti ad ottimizzare i servizi di assistenza e consulenza offerti ai contribuenti, favorendone ove possibile la fruizione online, e a migliorare i tempi di erogazione dei rimborsi fiscali ai cittadini ed alle imprese.

 

Si ricorda che le attività delle Agenzie fiscali sono regolate sulla base di convenzioni triennali stipulate con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le Agenzie fiscali (Agenzia delle Entrate, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, l’Agenzia delle entrate-Riscossione) svolgono funzioni tecnico-operative al servizio del Ministero per fornire informazioni e assistenza ai contribuenti, godono di piena autonomia sia in materia di bilancio che in materia di organizzazione della propria struttura.

Il Ministro dell’economia e delle finanze dopo l'approvazione da parte del Parlamento del documento di programmazione economica-finanziaria ed in coerenza con i vincoli e gli obiettivi stabiliti in tale documento, determina annualmente, e comunque entro il mese di settembre, con un proprio atto di indirizzo e per un periodo almeno triennale, gli sviluppi della politica fiscale, le linee generali e gli obiettivi della gestione tributaria, le grandezze finanziarie e le altre condizioni nelle quali si sviluppa l'attività delle agenzie fiscali. Il documento di indirizzo è trasmesso al Parlamento. Il Ministro e ciascuna Agenzia, sulla base del documento di indirizzo, stipulano una convenzione triennale, con adeguamento annuale per ciascun esercizio finanziario, con la quale vengono fissati:

§  i servizi dovuti e gli obiettivi da raggiungere;

§  le direttive generali sui criteri della gestione ed i vincoli da rispettare;

§  le strategie per il miglioramento;

§  le risorse disponibili;

§  gli indicatori ed i parametri in base ai quali misurare l'andamento della        gestione.

I testi delle convenzioni stipulate sono consultabili sul sito del MEF-Dipartimento finanze.

 

Per raggiungere gli obiettivi di tax compliance sopra citati la disposizione (secondo periodo) dispone a decorrere dall’attività 2020 una parziale revisione dei meccanismi di incentivazione del personale dell’amministrazione finanziaria (articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157). La norma stabilisce infatti che ai fini dell’integrazione degli stanziamenti spettanti alle agenzie fiscali per le attività di promozione dell’adempimento spontaneo degli obblighi fiscali e di controllo fiscale, si deroga al criterio del maggior gettito incassato rispetto all’ultimo anno consuntivato e si tiene, invece, conto del recupero di gettito per il bilancio dello Stato connesso al raggiungimento degli obiettivi fissati nelle convenzioni.

 

Analogamente, il terzo periodo, dispone che a decorrere dalle attività 2020, per la determinazione delle quote di risorse correlabili all’attività di controllo fiscale (articolo 12, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79) si tiene conto del recupero di gettito per il bilancio dello Stato, anche derivante dalle attività di promozione dell’adempimento spontaneo degli obblighi fiscali, connesso al raggiungimento degli obiettivi fissati nelle convenzioni.

 

Si ricorda che l’articolo 12, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base delle somme riscosse in via definitiva correlabili ad attività di controllo fiscale, dei risparmi di spesa conseguenti a controlli che abbiano determinato il disconoscimento in via definitiva di richieste di rimborsi o di crediti d'imposta, delle maggiori entrate realizzate con la vendita degli immobili dello Stato nonché sulla base dei risparmi di spesa per interessi, calcolati rispetto alle previsioni definitive di bilancio e connessi con la gestione della tesoreria e del debito pubblico e con l'attività di controllo e di monitoraggio dell'andamento della finanza pubblica e dei flussi di bilancio per il perseguimento degli obiettivi programmatici, determina con proprio decreto le misure percentuali da applicare su ciascuna di tali risorse, per l'amministrazione economica e per quella finanziaria in relazione a quelle di rispettiva competenza, per le finalità di cui al comma 2 e per il potenziamento dell'Amministrazione economica e finanziaria, in misura tale da garantire la neutralità finanziaria rispetto al previgente sistema. Il comma 2 prevede che le somme derivanti dall'applicazione del comma precedente, secondo modalità determinate con il decreto indicato, affluiscono ad appositi fondi destinati al personale dell'Amministrazione economica e finanziaria in servizio presso gli Uffici adibiti alle attività di cui al citato comma che hanno conseguito gli obiettivi di produttività definiti, anche su base monetaria.

 

Il comma 2 prevede la clausola di invarianza finanziaria stabilendo che dall’attuazione delle disposizioni in esame non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 


 

Articolo 140
(Memorizzazione e trasmissione telematica
dei dati dei corrispettivi giornalieri)

 

 

L’articolo 140 proroga al 1° gennaio 2021 la non applicazione delle sanzioni previste per i casi di mancata memorizzazione, omissione della trasmissione, memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri, qualora la trasmissione telematica dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri sia effettuata entro il mese successivo a quello dell'operazione. La norma introduce altresì uno slittamento al 1° gennaio 2021 del termine di adeguamento dei registratori telematici per la trasmissione dei dati dei corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria.

 

Si ricorda in via preliminare che l’articolo 2 del D.Lgs. n. 127 del 2015, come modificato nel tempo - in particolare dal decreto-legge n. 119 del 2018 e dalla legge di bilancio 2019 - dispone che dal 1° gennaio 2020 i soggetti che effettuano le operazioni qualificate come commercio al minuto o attività assimilate (articolo 22 del DPR IVA) memorizzino elettronicamente e trasmettano telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi ai corrispettivi giornalieri (cd. scontrino elettronico). L’operatività dello scontrino elettronico è stabilita al 1° luglio 2019 per i contribuenti con volume d'affari superiore a 400.000 euro.

 

Per una panoramica dettagliata in tema di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica si rinvia alla lettura della circolare dell’Agenzia delle entrate N. 3/E del 21 febbraio 2020: Chiarimenti in tema di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri.

 

Il comma 6-ter del sopra citato articolo 2 dispone in linea generale che i dati relativi ai corrispettivi giornalieri dei commercianti al minuto e assimilati siano trasmessi telematicamente all’Agenzia delle entrate entro dodici giorni dall’effettuazione della relativa operazione (determinata ai sensi delle regole generali in tema di IVA, ossia ai sensi dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633). Rimangono fermi la memorizzazione giornaliera dei dati relativi ai corrispettivi nonché i termini di effettuazione delle liquidazioni periodiche IVA (articolo 1, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100).

Nel primo semestre di vigenza dell’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi, decorrente dal 1° luglio 2019 per i soggetti con volume di affari superiore a euro 400.000 e dal 1° gennaio 2020 per gli altri soggetti, non si applicano le sanzioni previste dalla legge (articolo 2, comma 6), ove la trasmissione telematica sia effettuata entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, fermi restando i termini di liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto.

In merito alle sanzioni, il comma 6 dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 127 del 2015 stabilisce che, in caso di mancata memorizzazione o di omissione della trasmissione, ovvero nel caso di memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri, si applichino le sanzioni previste per la mancata emissione di ricevuti e scontrini e quelle per la reiterazione di dette violazioni (rispettivamente articolo 6, comma 3, e articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471).

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 6, nel caso di mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto ovvero nell'emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, la sanzione è in ogni caso pari al cento per cento dell'imposta corrispondente all'importo non documentato. La stessa sanzione si applica in caso di omesse annotazioni su apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali. Se non constano omesse annotazioni, la mancata tempestiva richiesta di intervento per la manutenzione è punita con sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000.

Nel caso di contestazione (articolo 12, comma 2), nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie, è disposta la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese. Il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo. Se l'importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame proroga fino al 1° gennaio 2021 la non applicazione delle sanzioni previste dal richiamato comma 6 dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015.

In particolare la norma dispone che nel primo semestre di vigenza dell'obbligo di trasmissione telematica decorrente dal 1° luglio 2019 per i soggetti con volume di affari superiore a euro 400.000 e fino al 1° gennaio 2021 (rispetto alla previgente data del 1° luglio 2020) per gli altri soggetti, le sanzioni previste dal comma 6 non si applicano in caso di trasmissione telematica dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri entro il mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione, fermi restando i termini di liquidazione dell'imposta sul valore aggiunto.

 

Per quanto attiene alle regole tecniche di trasmissione telematica con cadenza mensile all’Agenzia delle entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri si consiglia la consultazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 236086 del 4 luglio 2019.

 

Il comma 2 interviene anche sulle disposizioni del comma 6-quater del citato articolo 2, prevedendo uno slittamento – sempre al 1° gennaio 2021 (anziché al 1° luglio 2020) – del termine di adeguamento dei registratori telematici per la trasmissione dei dati dei corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria.

Pertanto la norma stabilisce che, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria a decorrere dal 1° gennaio 2021 adempiono a tale obbligo esclusivamente mediante la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria.

 

La relazione illustrativa che accompagna il decreto specifica che le proroghe si rendono necessarie in considerazione del fatto che la situazione di emergenza epidemiologica COVID-19, con la chiusura di gran parte degli esercizi commerciali (soprattutto di piccole dimensioni) e il contenimento degli spostamenti non essenziali, rende difficoltosa la distribuzione e l’attivazione dei registratori telematici.

 


 

Articolo 141
(Lotteria dei corrispettivi)

 

 

L'articolo 141 proroga dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2021 la data di avvio della lotteria dei corrispettivi.

 

In particolare, l'unico comma dell'articolo in esame dispone la proroga dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2021 del termine di decorrenza della lotteria dei corrispettivi di cui all'articolo 1, comma 540, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016).

 

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che la proroga si rende necessaria in considerazione del fatto che la situazione di emergenza epidemiologica COVID-19, con la chiusura di gran parte degli esercizi commerciali (soprattutto di piccole dimensioni) e il contenimento degli spostamenti non essenziali, rende difficoltosa la distribuzione e l’attivazione dei registratori telematici, mettendo a rischio la possibilità per la totalità degli esercenti con volume d’affari inferiore a 400.000 euro di dotarsi di tale strumento e, quindi, poter trasmettere i dati della lotteria a partire dal 1° luglio 2020. Conseguentemente, secondo il Governo, si potrebbe creare confusione nei contribuenti che non comprenderebbero con immediatezza i motivi dell’impossibilità di partecipare alla lotteria per acquisti effettuati da taluni operatori, discriminando questi ultimi non per loro colpa ma per la situazione di emergenziale in corso e creando false aspettative dei cittadini che si ripercuoterebbero sull’efficacia della lotteria stessa.

Si ricorda che i commi da 540 a 544 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) hanno previsto l’istituzione – inizialmente dal 2018, termine successivamente prorogato al 1° luglio 2020 – di una lotteria nazionale, cui partecipano i contribuenti che effettuano acquisti di beni o servizi presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi. Per partecipare all'estrazione è necessario che i contribuenti, al momento dell'acquisto, comunichino il proprio codice fiscale all'esercente e che quest'ultimo trasmetta all'Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione. Le vincite non concorrono alla formazione del reddito imponibile del vincitore e non sono assoggettate ad alcun prelievo erariale. Ove siano utilizzati strumenti di pagamento elettronici da parte dei consumatori, sono previsti premi aggiuntivi associati alla lotteria medesima.

La relazione tecnica chiarisce che l'articolo comporta risparmi di spesa per 19,4 milioni di euro, di cui 14,7 milioni per il rinvio delle estrazioni previste per il secondo semestre 2020 al 2021 e 4,7 milioni per il conseguente posticipo delle spese amministrative.

Articolo 142
(Rinvio precompilata IVA)

 

 

L’articolo 142 rinvia l’avvio sperimentale del processo che prevede la predisposizione delle bozze dei registri IVA, delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA e della dichiarazione annuale dell’IVA, da parte dell’Agenzia delle entrate, alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2021 (rispetto al previgente 1° luglio 2020).

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 16 del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (Decreto fiscale 2019) ha sostituito integralmente il comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 prevedendo che a partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° luglio 2020, in via sperimentale, nell’ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti telematicamente, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione dei soggetti passivi dell'IVA residenti e stabiliti in Italia, in apposita area riservata del sito internet dell'Agenzia stessa, le bozze dei seguenti documenti:

§  registri delle fatture e degli acquisti (articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633);

§  comunicazioni delle liquidazioni periodiche dell’IVA.

 

L’articolo in esame sostituisce interamente il comma 1 dell’articolo 4 sopra citato disponendo che l’avvio sperimentale del processo che prevede la predisposizione delle bozze dei registri IVA, delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA e della dichiarazione annuale dell’IVA da parte dell’Agenzia delle entrate sia rinviato alle operazioni IVA effettuate dal 1° gennaio 2021.

 

In particolare la disposizione stabilisce che a partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° gennaio 2021, in via sperimentale, nell’ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti telematicamente, l’Agenzia delle entrate mette a disposizione di tutti i soggetti passivi dell’IVA residenti e stabiliti in Italia, in apposita area riservata del sito internet dell'Agenzia stessa, le bozze dei seguenti documenti:

§  registri delle fatture e degli acquisti (articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633);

§  liquidazione periodica dell’IVA;

§  dichiarazione annuale dell’IVA.

Tale processo di semplificazione e riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti è stato illustrato dal direttore dell’Agenzia delle entrate durante un’audizione al Senato della Repubblica (Indagine conoscitiva sul processo di semplificazione del sistema tributario e del rapporto tra contribuenti e fisco). Il direttore ha rappresentato che avendo tutti i dati IVA disponibili, sia quelli legati alla fatturazione elettronica sia quelli legati alla trasmissione dei corrispettivi, l’amministrazione finanziaria può mettere i contribuenti nelle condizioni di ricevere i registri IVA disponibili in linea sulla base dei dati acquisiti; inoltre, sono messe a disposizione anche le bozze delle liquidazioni periodiche precompilate, così come la bozza della dichiarazione IVA precompilata. Il contribuente può apportare modifiche alla bozza dal momento che l’Agenzia è in possesso del dato numerico ma non possiede tutte quelle ulteriori informazioni connesse al profilo soggettivo e, quindi, alla percentuale di detraibilità di alcune spese nota solo all’interessato.

 

La norma inoltre abroga il comma 1-bis, dell’articolo 4 richiamato, introdotto dal Decreto fiscale 2019, che dispone che a partire dalle operazioni IVA 2021 l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei soggetti passivi IVA residenti e stabiliti in Italia, nell'area riservata del proprio sito internet, la bozza della dichiarazione annuale IVA. Tale disposizione non risulta più necessaria in quanto il riferimento alla bozza della dichiarazione annuale IVA, per la quale viene confermato l’avvio con riguardo alle operazioni IVA del 2021, è ora già previsto dal comma 1 dello stesso articolo.

 


 

Articolo 143
(Rinvio della procedura automatizzata di liquidazione
dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche
)

 

 

L’articolo 143 differisce dal 1° gennaio 2020 al 1° gennaio 2021 l’applicazione delle disposizioni che hanno introdotto una procedura di integrazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche inviate tramite il Sistema di Interscambio, ove non rechino l’annotazione di assolvimento dell’imposta.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 12-novies del decreto-legge n. 34 del 2019 consente all’Agenzia delle entrate, già in fase di ricezione delle fatture elettroniche, di verificare con procedure automatizzate la corretta annotazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo, avendo riguardo alla natura e all’importo delle operazioni indicate nelle fatture stesse. L’Agenzia delle entrate, ove rilevi che sulle fatture elettroniche non sia stata apposta la specifica annotazione di assolvimento dell’imposta di bollo, può integrare le fatture stesse con procedure automatizzate, già in fase di ricezione sul Sistema di interscambio (disciplinato dall’articolo 1, commi 211 e 212, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, legge finanziaria 2008).  Nei casi residuali in cui non sia possibile effettuare tale verifica con procedure automatizzate, restano comunque applicabili le ordinarie procedure di regolarizzazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo e di recupero del tributo, ai sensi del D.P.R. n. 642 del 1972 che reca il Testo Unico sull’imposta di bollo.

Successivamente l’articolo 17 del decreto-legge n. 124 del 2019 ha introdotto una specifica procedura di comunicazione tra Amministrazione e contribuente per individuare il quantum dovuto nel caso di ritardato, omesso o insufficiente versamento dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche. L’amministrazione finanziaria deve comunicare con modalità telematiche al contribuente l’ammontare dell’imposta da versare nonché delle sanzioni per tardivo versamento e degli interessi. Se il contribuente non provvede al pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate procede all'iscrizione a ruolo a titolo definitivo.

Nella sua formulazione previgente, il quarto periodo dell’articolo 12-novies chiariva che la disciplina dell’articolo 12-novies si applicava alle fatture inviate dal 1° gennaio 2020.

Con le modifiche in esame si chiarisce che le disposizioni che introducono una procedura di integrazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche inviate tramite il Sistema di Interscambio che non recano l’annotazione di assolvimento dell’imposta si applicano alle fatture inviate dal 1° gennaio 2021.

 

Il comma 2 quantifica l’onere e reca la copertura finanziaria dell’intervento.


 

Articolo 144
(Rimessione in termini e sospensione versamenti avvisi bonari)

 

 

L’articolo 144 rimette nei termini i contribuenti per i pagamenti in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 18 maggio 2020 delle somme richieste mediante le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato e del controllo formale (c.d. avvisi bonari). Tali versamenti sono considerati tempestivi se effettuati entro il 16 settembre 2020.

La norma prevede analogamente che anche i versamenti dovuti all’esito degli stessi controlli, in scadenza nel periodo compreso tra l’entrata in vigore del decreto (19 maggio 2020) e il 31 maggio 2020, possono essere effettuati entro il 16 settembre 2020.

 

Preliminarmente si rappresenta che l’effettuazione dei pagamenti chiesti con le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato, (articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972) e del controllo formale (articolo 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973), anche nell’ipotesi di pagamento rateale in corso, inviate ai contribuenti prima dell’inizio della fase emergenziale, è stata sospesa dal 21 febbraio al 31 marzo 2020 dall'articolo 1 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 febbraio 2020 per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nei comuni individuati nell'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020 (c.d. zona rossa).

La medesima sospensione non è prevista per altri soggetti dalle disposizioni del decreto-legge n. 18 del 2020 o del decreto-legge n. 23 del 2020.

 

Nel corso dell’audizione dell’Agenzia delle entrate svoltasi presso le Commissioni riunite VI Finanze e X Attività produttive della Camera dei deputati, il 22 aprile 2020, l’Agenzia ha segnalato che fin dall’inizio della fase emergenziale ha sospeso l’invio nei confronti dei contribuenti degli atti conseguenti alle diverse attività di controllo, tra cui, in particolare, le comunicazioni degli esiti dei controlli automatizzato e formale delle dichiarazioni. Tale sospensione, pur non essendo espressamente inizialmente prevista da diposizioni normative è stata attuata per non porre ulteriori adempimenti a carico dei contribuenti in questa fase così delicata per tutto il Paese. In particolare, da fine febbraio 2020 è stato sospeso l’invio di circa:

§  300 mila lettere di compliance per i riscontri delle comunicazioni periodiche IVA;

§  250 mila comunicazioni di irregolarità (cd. avvisi bonari) che derivano dai controlli automatizzati delle dichiarazioni.

Per quanto concerne le comunicazioni inviate ai contribuenti prima dell’inizio della fase emergenziale, non vi è alcuna disposizione che sospenda il pagamento delle somme dovute in acquiescenza, salvo quanto detto per i contribuenti della c.d. zona rossa. Pertanto, anche durante questo periodo, i contribuenti sono tenuti ad effettuare, in unica soluzione o in forma rateale, i versamenti dovuti in base alle comunicazioni ricevute precedentemente, salvo prossimi interventi normativi.

 

L’articolo 144, comma 1, rimette nei termini i contribuenti per i pagamenti in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 18 maggio 2020 anche per le rateazioni in corso, delle somme chieste mediante le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato, e del controllo formale, nonché mediante le comunicazioni degli esiti della liquidazione relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata (articoli 2, 3 e 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462).

Pertanto i versamenti dei pagamenti degli avvisi bonari e delle relative rate in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 18 maggio 2020, sono considerati tempestivi se effettuati entro il 16 settembre 2020.

 

Si ricorda sinteticamente che le comunicazioni di irregolarità sono emesse a seguito dell'attività di controllo sulle dichiarazioni fiscali, sulla base dei dati dichiarati dal contribuente o, comunque, in possesso dell'Agenzia delle Entrate (c.d. controllo automatico). Le stesse comunicazioni possono derivare da controlli diretti a verificare la correttezza dei dati indicati nelle dichiarazioni e dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti attraverso un riscontro con la documentazione richiesta al contribuente oppure incrociando i dati presenti nelle dichiarazioni presentate anche da altri soggetti o trasmessi per legge all'Agenzia (c.d. controllo formale). Le comunicazioni, sia degli esiti del controllo automatico sia del controllo formale, non sono veri e propri atti impositivi, anzi, la loro funzione è rendere noti i risultati dei controlli e consentire al contribuente di regolarizzare la propria posizione, usufruendo della riduzione delle sanzioni ed evitando l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella.

Per una panoramica dettagliata della disciplina si rinvia alla consultazione della guida dell’Agenzia delle entrate Comunicazioni sui controlli delle dichiarazioni.

 

Il comma 2 prevede altresì che i versamenti delle somme dovute in scadenza nel periodo compreso tra il 19 maggio 2020 e il 31 maggio 2020, possono essere effettuati entro il 16 settembre 2020, senza applicazione di ulteriori sanzioni e interessi.

 

Il comma 3 dispone che i versamenti sospesi dalle norme precedenti (commi 1 e 2) possono essere effettuati anche in 4 rate mensili di pari importo a decorrere da settembre 2020 con scadenza il 16 di ciascun mese. Non si procede al rimborso di quanto già versato.


 

Articolo 145
(Sospensione compensazione tra credito d’imposta
e debito iscritto a ruolo)

 

 

L’articolo 145 consente di effettuare i rimborsi fiscali nei confronti di tutti i contribuenti senza l’applicazione della procedura di compensazione tra il credito d’imposta e il debito iscritto a ruolo.

 

L’articolo in esame, comma 1, stabilisce che nel 2020 in sede di erogazione dei rimborsi fiscali non si applica la compensazione tra il credito d’imposta e il debito iscritto a ruolo (articolo 28-ter del DPR 29 settembre 1973, n. 602).

 

Si ricorda che tale norma stabilisce che, in sede di erogazione di un rimborso d'imposta, l'Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all'agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso, sulla contabilità le somme da rimborsare. Ricevuta la segnalazione, l'agente della riscossione notifica all'interessato una proposta di compensazione tra il credito d'imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l'azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta.

In caso di accettazione della proposta, l'agente della riscossione movimenta le somme e le riversa entro i limiti dell'importo complessivamente dovuto a seguito dell'iscrizione a ruolo. In caso di rifiuto della proposta o di mancato tempestivo riscontro alla stessa, cessano gli effetti della sospensione e l'agente della riscossione comunica in via telematica all'Agenzia delle entrate che non ha ottenuto l'adesione dell'interessato alla proposta di compensazione. All'agente della riscossione spetta il rimborso delle spese vive sostenute per la notifica nonché un rimborso forfetario.

 

Nella relazione illustrativa che accompagna il decreto in esame viene sottolineato che tale disposizione, in considerazione del periodo emergenziale in atto, ha la finalità di immettere liquidità nel sistema economico anche a favore delle famiglie.

 

Il comma 2 prevede la copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dall’articolo (40 milioni di euro per l'anno 2020).

 


 

Articolo 146
(
Indennità requisizione strutture alberghiere)

 

 

L’articolo 146 stabilisce le modalità per il calcolo dell’indennità di requisizione a favore del proprietario il cui immobile (strutture alberghiere, ovvero altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità) sia stato requisito a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19. La norma dispone che tale indennità può essere liquidata in forma di acconto. Successivamente l’indennità di requisizione, determinata in via definitiva entro quaranta giorni, è liquidata calcolando la differenza tra gli importi definitivi calcolati e quelli erogati in acconto dell’indennità di requisizione.

 

La disposizione in esame modifica l’articolo 6, comma 8, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che contiene le norme relative alla corresponsione della somma di denaro a titolo di indennità a favore del proprietario il cui immobile (strutture alberghiere, ovvero altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità) sia stato requisito per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19.

 

Per una panoramica dettagliata della norma modificata si rinvia al dossier Decreto-legge n. 18/2020 (cd. Cura Italia) realizzato dal Servizio Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. In sintesi si ricorda che il comma 8 richiamato contiene le disposizioni relative alla corresponsione della somma di denaro a titolo di indennità di requisizione in uso degli immobili, stabilendo in particolare che la stessa:

§  sia liquidata nello stesso decreto di requisizione del prefetto;

§  con riguardo all’entità, sia determinata in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di del valore corrente di mercato dell'immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe;

§  sia liquidata, in via provvisoria, con riferimento al numero di mesi o frazione di mesi che intercorrono tra la data della requisizione e quella del termine dell'emergenza. In caso di prolungamento della requisizione, la differenza tra l'indennità già corrisposta e quella spettante per l'ulteriore periodo deve essere corrisposta al proprietario entro 30 giorni dalla scadenza del termine originariamente indicato.

Se non è indicato alcun termine, la requisizione si presume disposta fino al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza.

 

In particolare l’articolo in esame stabilisce che l’indennità di requisizione delle strutture alberghiere, ovvero degli altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità è liquidata in forma di acconto, nello stesso decreto di requisizione del prefetto, applicando lo 0,42%, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, al valore ottenuto moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del cinque per cento, per il moltiplicatore utilizzato ai fini dell’imposta di registro (comma 5 articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131) relativo alla corrispondente categoria catastale dell’immobile requisito.

Tale modifica consente di effettuare immediatamente un primo ristoro in forma di acconto al proprietario il cui immobile è stato requisito.

 

La norma prosegue stabilendo che l’indennità di requisizione è determinata in via definitiva entro quaranta giorni con successivo decreto del prefetto, che ai fini della stima si avvale dell’Agenzia delle entrate, sulla base del valore corrente di mercato al 31 dicembre 2019 dell’immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe, in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di detto valore.

 

Il riferimento al 31 dicembre 2019, come segnalato anche nella relazione illustrativa che accompagna il testo del decreto, è motivato dal fatto di evitare che i riferimenti di mercato corrente siano quelli potenzialmente alterati e fortemente instabili dei primi mesi del 2020, segnati dagli effetti della pandemia COVID-19.

Con il decreto del prefetto che stabilisce l’indennità definitiva di requisizione è liquidata la differenza tra gli importi definitivi e quelli in acconto dell’indennità di requisizione.

 

 


 

Articolo 147
(Incremento crediti compensabili tramite modello F24)

 

 

L’articolo 147 modifica, per l'anno 2020, il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili tramite modello F24 elevandolo a 1 milione di euro.

 

La disposizione in esame, comma 1, modifica il limite previsto dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di compensazione, che prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in 1 miliardo di lire (516 mila euro) per ciascun anno solare. A decorrere dall’anno 2014, detto limite è stato elevato a 700 mila euro (articolo 9, comma 2, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35).

 

Si ricorda sinteticamente che il contribuente ha la facoltà di compensare i crediti e i debiti nei confronti dei diversi enti impositori (Stato, INPS, Enti Locali, INAIL, ENPALS) risultanti dalla dichiarazione e dalle denunce periodiche contributive. Si usa il modello di pagamento unificato F24 che permette di scrivere in apposite sezioni sia gli importi a credito utilizzati sia gli importi a debito dovuti. Il pagamento si esegue per la differenza tra debiti e crediti. Il modello F24 deve essere presentato in ogni caso da chi opera la compensazione, anche se il saldo finale indicato risulti uguale a zero per effetto della compensazione stessa. Il modello F24 permette, infatti, a tutti gli enti di venire a conoscenza delle compensazioni operate in modo da poter regolare le reciproche partite di debito e credito. Possono avvalersi della compensazione tutti i contribuenti, compresi quelli che non devono presentare la dichiarazione in forma unificata, a favore dei quali risulti un credito d'imposta dalla dichiarazione e dalle denunce periodiche contributive.

Per una panoramica dettagliata dell’istituto della compensazione si rimanda alla pagina web dell’Agenzia delle entrate.

 

La norma in esame per l’anno 2020, eleva a 1 milione di euro il richiamato limite annuo dei crediti compensabili attraverso l’istituto della compensazione ovvero rimborsabili in conto fiscale.

Tale provvedimento, si segnala nella relazione illustrativa che accompagna il decreto, è volto a incrementare la liquidità delle imprese, favorendo lo smobilizzo dei crediti tributari e contributivi attraverso l’istituto della compensazione.

 

Il comma 2 stabilisce la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo (557,5 milioni di euro per l'anno 2020).

 


 

Articolo 148
(Modifiche alla disciplina degli ISA)

 

 

L’articolo 148 introduce alcune modifiche al procedimento di elaborazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale-ISA per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2020 e 2021 volte a valorizzazione l’utilizzo delle informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria per evitare l’introduzione di nuovi oneri dichiarativi per il contribuente.

La disposizione sposta inoltre i termini per l’approvazione degli indici e la loro eventuale integrazione rispettivamente al 31 marzo e al 30 aprile.

La norma fornisce poi nuove indicazioni all'Agenzia delle entrate e al Corpo della guardia di finanza utilizzabili per la definizione delle specifiche strategie di controllo dell’affidabilità fiscale del contribuente.

 

Preliminarmente si ricorda che al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti e il rafforzamento della collaborazione tra questi e l'Amministrazione finanziaria, anche con l'utilizzo di forme di comunicazione preventiva rispetto alle scadenze fiscali, l’articolo 9-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, ha previsto l’istituzione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per gli esercenti attività di impresa, arti o professioni.

Gli indici, elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili, ed esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente, anche al fine di consentire a quest'ultimo, sulla base dei dati dichiarati entro i termini ordinariamente previsti, l'accesso a uno specifico regime premiale.

Gli indici si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018 (comma 931 della legge n. 205 del 2017). Contestualmente all'adozione degli indici cessano di avere effetto, al fine dell'accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore (articolo 7-bis del decreto legge n. 193 del 2016).

Inoltre, si prevede che l’Agenzia delle entrate rende disponibili, ai soggetti esercenti attività di impresa e di lavoro autonomo, i dati in suo possesso utili per l’applicazione degli ISA nell’area riservata del suo sito internet istituzionale.

Nel provvedimento del 31/01/2020 dell’Agenzia delle entrate  sono individuati i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo di imposta 2020, i 175 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli stessi, da utilizzare per il periodo di imposta 2019, nonché le modalità per l’acquisizione degli ulteriori dati necessari ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo di imposta 2019 e il programma delle elaborazioni degli indici sintetici di affidabilità fiscale applicabili a partire dal periodo d’imposta 2020.

 

L’articolo 148, comma 1, introduce alcune misure per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2020 e nel 2021 volte ad alleggerire il carico degli oneri dichiarativi dei contribuenti alla luce degli effetti dell’emergenza sanitaria, anche attraverso l’individuazione di nuove specifiche cause di esclusione dall’applicazione degli stessi ISA.

 

Si ricorda che i commi 6 e 7 del richiamato articolo 9-bis, prevedono che gli indici non si applicano ai periodi d'imposta nei quali il contribuente:

a)    ha iniziato o cessato l'attività ovvero non si trova in condizioni di normale svolgimento della stessa;

b)   dichiara ricavi o compensi di ammontare superiore al limite stabilito dal decreto di approvazione o revisione dei relativi indici.

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere previste ulteriori ipotesi di esclusione dell'applicabilità degli indici per determinate tipologie di contribuenti. Al momento non risulta emanato alcun decreto al riguardo.

 

In particolare, al fine di valorizzare le informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria, la società a partecipazione pubblica, Soluzioni per il Sistema Economico - SOSE S.p.A., a cui è affidata l’elaborazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (articolo 10, comma 12, della legge 8 maggio 1998 n. 146), definisce specifiche metodologie basate su analisi ed elaborazioni utilizzando, anche attraverso l’interconnessione e la pseudonimizzazione, direttamente le banche dati già disponibili per l’Amministrazione finanziaria, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, l’Ispettorato nazionale del lavoro e l’Istituto nazionale di statistica, nonché i dati e gli elementi acquisibili presso istituti ed enti specializzati nella ricerca e nell’analisi economica.

 

Nello stesso periodo, valutate le proposte da parte delle organizzazioni di categoria e degli ordini professionali presenti nella Commissione consultiva di esperti (articolo 9-bis, comma 8, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50), possono essere individuati ulteriori dati e informazioni necessari per una migliore valutazione dello stato di crisi individuale anche in deroga a quanto previsto all’articolo 9-bis, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge del 24 aprile 2017, n. 50.

 

Si ricorda che il sopra citato comma 4 stabilisce che con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il 31 gennaio dell'anno per il quale si applicano gli indici, sono individuati i dati economici, contabili e strutturali rilevanti per l'applicazione degli indici che i contribuenti sono tenuti a dichiarare (vedi il sopra citato provvedimento del 31/01/2020).

Sono altresì spostati i termini per l’approvazione degli indici e per la loro eventuale integrazione rispettivamente al 31 marzo (in luogo del 31 dicembre) e al 30 aprile (in luogo del mese di febbraio) dell’anno successivo a quello di applicazione.

 

Il comma 2 fornisce nuove indicazioni all'Agenzia delle entrate e al Corpo della guardia di finanza utili per la definizione delle specifiche strategie di controllo dell’affidabilità fiscale del contribuente.

 

Si ricorda che il comma 14 dell’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, prevede che l'Agenzia delle entrate e il Corpo della guardia di finanza, nel definire specifiche strategie di controllo basate su analisi del rischio di evasione fiscale, tengono conto del livello di affidabilità fiscale dei contribuenti derivante dall'applicazione degli indici nonché delle informazioni presenti nell'apposita sezione dell'anagrafe tributaria.

 

In particolare la disposizione stabilisce che, considerate le difficoltà correlate al primo periodo d’imposta di applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale e gli effetti sull’economia e sui mercati conseguenti all’emergenza sanitaria, nella definizione delle strategie di controllo  per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018, l’Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza tengono conto anche del livello di affidabilità fiscale derivante dall’applicazione degli indici per il successivo periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 e non solo utilizzando i dati dichiarati ai fini degli studi di settore per il periodo d’imposta 2017.

 

Sull’applicazione degli ISA nel periodo d’imposta 2018 si consiglia la consultazione della circolare dell’Agenzia delle entrate n.17 del 2019: Indici sintetici di affidabilità fiscale – periodo di imposta 2018 – primi chiarimenti.

 

Analogamente, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020, si tiene conto anche del livello di affidabilità fiscale più elevato derivante dall’applicazione degli indici per i precedenti periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2018 e al 31 dicembre 2019.


 

Articolo 149
(Sospensione dei versamenti da accertamento con adesione, conciliazione, rettifica e liquidazione e da recupero
dei crediti d’imposta)

 

 

L’articolo 149 proroga al 16 settembre 2020 i termini per l’effettuazione di una serie di versamenti fiscali che scadono tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020, tra cui le somme dovute a seguito di accertamenti con adesione, mediazioni, conciliazioni, recupero dei crediti di imposta e avvisi di liquidazione.

Vengono altresì prorogate alla stessa data le rate relative alle definizioni agevolate disciplinate dal cd. decreto fiscale 2019, i cui termini scadono tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020.

 

Più in dettaglio, il comma 1 proroga al 16 settembre 2020 i termini di versamento delle somme dovute a seguito di:

a)   atti di accertamento con adesione, ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218;

Si ricorda sinteticamente che l’accertamento con adesione consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare, in tal modo, l’insorgere di una lite tributaria. Esso implica l’accordo tra contribuente e ufficio, che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario. La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione territoriale il contribuente ha il domicilio fiscale. Si rinvia alla scheda informativa dell’Agenzia delle Entrate per ulteriori dettagli;

b)   accordo conciliativo nel processo tributario, ai sensi dell’articolo 48 e dell’articolo 48-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546;

Il D.Lgs. 156 del 2015 ha novellato l’articolo 48 del D.Lgs. 546/1992 e ha introdotto gli articoli 48-bis e 48-ter del D.Lgs. 546/1992, consentendo di utilizzare l’istituto della conciliazione giudiziale sia in primo che in secondo grado. Sono previste due tipologie di conciliazione giudiziale:

-       fuori udienza (articolo 48), quando, in pendenza di giudizio, le parti, con istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori, depositano l’accordo conciliativo raggiunto per la definizione totale o parziale della controversia.

-       in udienza (articolo 48-bis) che si verifica quando una delle parti, fino a 10 giorni liberi prima dell’udienza di trattazione, presenta istanza per la conciliazione totale o parziale della controversia.

Dalla conciliazione possono prodursi i seguenti effetti: l’estinzione totale o parziale della causa, a seconda che la conciliazione sia totale o parziale; la riduzione delle sanzioni al 40 o al 50 per cento del minimo previsto dalla legge, a seconda che la conciliazione sia avvenuta rispettivamente in primo o secondo grado.

c)   accordo di mediazione, ai sensi dell’articolo 17-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546;

La mediazione tributaria si applica alle controversie di valore non superiore a 20.000 euro, relative a tutti gli atti impugnabili, individuati dall’art. 19 del D.lgs. n. 546 del 1992: in tale ipotesi, il ricorso produce gli effetti del reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa. Fino al 31 dicembre 2015, la mediazione tributaria è stata applicata ai soli atti emessi dall'Agenzia delle entrate e notificati a partire dal 1 aprile 2012. A decorrere dal 1° gennaio 2016, a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 156 del 2015, la mediazione è applicabile anche alle controversie relative all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, agli enti locali e all'agente e ai concessionari della riscossione (per i ricorsi introduttivi presentati a partire dal 1° gennaio 2016). Per ulteriori dettagli si rinvia alla scheda dell’Agenzia delle Entrate

d)   atti di liquidazione a seguito di attribuzione della rendita, ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 e dell’articolo 34, commi 6 e 6-bis del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346;

L’articolo 12 del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70 ha esteso ai trasferimenti di immobili non ancora iscritti in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita l’applicazione del criterio di c.d. valutazione automatica, già vigente per i soli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita e introdotta, in materia di imposta di registro, dal comma 4 dell’articolo 52 del Testo unico dell’imposta di registro (DPR n. 131 del 1986)  nonché, in materia di imposta sulle successioni e donazioni, dal quinto comma dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 637, successivamente trasfuso nel comma 5 dell’articolo 34 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346. Per usufruire della valutazione automatica, l’interessato deve: 1. dichiarare, nell’atto di trasferimento o nella dichiarazione di successione, di volersi avvalere delle disposizioni dell’articolo 12; 2. presentare all’ufficio tecnico erariale competente la domanda di voltura, allegando alla richiesta specifica istanza di attribuzione della rendita catastale; 3. produrre all’Agenzia delle entrate la ricevuta di avvenuta presentazione della domanda. Viene dunque prodotto un certificato catastale attestante l’avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita; si calcola l’imposta dovuta e, qualora il valore tabellare risultante a seguito della procedura descritta sia superiore a quello dichiarato, si procede al recupero della differenza d’imposta. Ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 12 del DL n. 70 del 1988, per le unità immobiliari urbane che sono oggetto di denuncia in catasto tramite la procedura prevista dal regolamento emanato con decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701, la valutazione automatica si applica, con riferimento alla rendita proposta, “alla sola condizione che il contribuente dichiari nell’atto di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo”. In tale ipotesi, quindi, non sono necessari gli ulteriori adempimenti a carico sia dei contribuenti che degli uffici finanziari;

e)   atti di liquidazione per omessa registrazione di contratti di locazione e di contratti diversi, ai sensi delle norme in materia di imposta di registro (articolo 10, dell’articolo 15 e dell’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 che rispettivamente riguardano la richiesta di registrazione, la registrazione ex officio e la riscossione);

f)    atti di recupero delle sanzioni e dei crediti indebitamente utilizzati, anche in compensazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 421 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Per la riscossione di tali somme l'Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero, motivato, da notificare al contribuente;

g)   ) avvisi di liquidazione emessi in presenza di omesso, carente o tardivo versamento dell’imposta di registro (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131), delle imposte ipocatastali (di cui all’articolo 33, comma 1-bis, del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, D.Lgs. 346 del 1990), dell’imposta sulle donazioni di cui al citato Testo unico, dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601) e dell’imposta sulle assicurazioni (di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216).

 

Il comma 2 prevede che la proroga riguarda i predetti atti (indicati al comma 1) i cui termini di versamento scadono tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020.

Ai sensi del comma 3, si proroga al 16 settembre 2020 il termine finale per la notifica del ricorso di primo grado innanzi alle Commissioni tributarie, per gli atti individuati al comma 1.

Alla medesima data del 16 settembre 2020 sono prorogate le scadenze degli atti definibili con l’acquiescenza agevolata del contribuente agli avvisi di accertamento e di liquidazione, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, i cui termini di versamento scadono nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e il 31 maggio 2020.

L’articolo 15 sopra richiamato consente di definire con modalità agevolate le sanzioni irrogate per specifiche violazioni, se il contribuente rinuncia ad impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso, le somme complessivamente dovute, tenuto conto della predetta riduzione. In ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo

 

Il comma 4 prevede che la proroga al 16 settembre 2020 si applica anche alle rate, in scadenza nel periodo compreso tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020, dovute in base agli atti rateizzabili individuati ai commi 1, 2, e a quelli in relazione ai quali opera la disposizione di cui al comma 3: acquiescenza, adesione, mediazione, conciliazione.

La proroga al 16 settembre 2020 riguarda anche le rate relative alle definizioni agevolate disciplinate dal cd. decreto fiscale 2019, i cui termini scadono tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020. Si tratta, in particolare, delle rate relative a:

§  definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (articolo 1 del decreto-legge n. 119 del 2018);

§  definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento (articolo 2 del decreto-legge n. 119 del 2018);

§  definizione agevolata delle controversie tributarie (articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018);

§  regolarizzazione con versamento volontario di periodi d'imposta precedenti (articolo 7 del decreto legge n. 119 del 2018).

 

Il comma 5 consente di versare il dovuto, senza applicazione di ulteriori interessi, in un'unica soluzione oppure in quattro rate mensili di pari importo con scadenza il 16 di ciascun mese; la prima o unica rata deve essere versata entro il 16 settembre 2020.

Al comma 6 viene previsto che gli eventuali versamenti oggetto di proroga, comunque effettuati durante tale lasso temporale, non sono rimborsabili.


 

Articolo 150
(Ripetizione dell’indebito su prestazioni previdenziali e retribuzioni)

 

 

L’articolo 150 stabilisce che le somme indebitamente erogate al lavoratore o al pensionato devono essere restituite al sostituto d’imposta al netto della ritenuta operata al momento dell’erogazione. Al sostituto d’imposta che ha versato all’erario la ritenuta e che abbia avuto in restituzione le somme al netto della stessa, spetta un credito di imposta nella misura del 30% delle somme ricevute, utilizzabile in compensazione senza limiti di importo. La disposizione si applica alle somme restituite dal 1° gennaio 2020 e non ha effetti retroattivi.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame inserisce un nuovo comma (2-bis) all’articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917-TUIR) in materia di oneri deducibili.

 

Preliminarmente si ricorda che in base al sopra citato articolo 10 (comma 1, lett. d-bis)) del TUIR, il datore di lavoro (nonché il sostituto di imposta) può pretendere la restituzione delle somme indebitamente erogate al lordo delle ritenute fiscali operate all’atto del pagamento.

La norma prevede che sono deducibili dal reddito complessivo le somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti. L’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; in alternativa, il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto secondo modalità definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 aprile 2016.

 

Tuttavia, come evidenziato anche nella relazione illustrativa che accompagna il decreto, l’indirizzo giurisprudenziale prevalente ritiene che la ripetizione dell’indebito nei confronti del percettore non può che avere ad oggetto le somme che questi abbia effettivamente percepito in eccesso, non potendosi pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del percettore (ad es. Cassazione, Sez. Lav., 27 luglio 2018, n. 19735).

Pertanto il datore ha diritto di ripetere quanto il dipendente abbia effettivamente percepito (somma netta) e non anche le ritenute fiscali operate quale sostituto d’imposta e mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente.

Ciò premesso, il nuovo comma 2-bis dell’articolo 10 TUIR prevede espressamente che le somme percepite, se assoggettate a ritenuta, sono restituite al soggetto erogatore al netto della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili.

 

Il comma 2 dispone che ai sostituti d’imposta ai quali siano restituite le somme al netto delle ritenute operate e versate, spetta un credito d’imposta pari al 30 per cento delle somme ricevute, utilizzabile senza limite di importo in compensazione.

 

Il comma 3 prevede che le disposizioni introdotte al comma 1 si applicano alle somme restituite dal 1° gennaio 2020.

Sono fatti salvi i rapporti già definiti alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

 

 


 

Articolo 151
(Differimento sospensione licenze, autorizzazioni e iscrizione
ad albi e ordini professionali)

 

 

L’articolo 151 proroga al 31 gennaio 2021 il termine per la notifica degli atti e per l’esecuzione dei provvedimenti di sospensione della licenza o dell’autorizzazione amministrativa all’esercizio dell’attività, ovvero dell’esercizio dell’attività medesima o dell’iscrizione ad albi e ordini professionali. Tale sospensione non si applica nei confronti di coloro che commettono violazioni successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (19 maggio 2020).

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 dispone che sono sospesi dall'8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso da parte degli uffici degli enti impositori.

 

Per una ricostruzione dettagliata delle norme introdotte dall’articolo 67 si consiglia la lettura del dossier Misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 (cd. "Cura Italia") realizzato dai Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

La disposizione in esame (comma 1) proroga al 31 gennaio 2021 il termine per la notifica degli atti e per l’esecuzione dei provvedimenti di sospensione della licenza o dell’autorizzazione amministrativa all’esercizio dell’attività, ovvero dell’esercizio dell’attività medesima o dell’iscrizione ad albi e ordini professionali, emanati dalle direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate (articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471).

 

Si ricorda che l’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto) disciplina la notifica e l’esecuzione degli atti di sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’attività medesima e i provvedimenti di sospensione dell’iscrizione ad albi o ordini professionali a carico dei soggetti (imprese, commercianti e lavoratori autonomi) ai quali sono state contestate più violazioni degli obblighi di emissione di scontrini, ricevute fiscali, certificazione dei corrispettivi o degli obblighi di regolarizzazione di acquisto di mezzi tecnici per le telecomunicazioni. In particolare l’articolo prevede che:

§  qualora siano state contestate, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie è disposta la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese (comma 2);

§  la sospensione è disposta anche nei confronti dei soggetti esercenti i posti e apparati pubblici di telecomunicazione e nei confronti dei rivenditori agli utenti finali dei mezzi tecnici ai quali, nel corso di dodici mesi, siano state contestate tre distinte violazioni dell'obbligo di regolarizzazione dell'operazione di acquisto di mezzi tecnici (comma 2-quinquies);

§  qualora siano state contestate a carico di soggetti iscritti in albi ovvero ad ordini professionali, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere il documento certificativo dei corrispettivi compiute in giorni diversi, è disposta in ogni caso la sanzione accessoria della sospensione dell'iscrizione all'albo o all'ordine per un periodo da tre giorni ad un mese. In caso di recidiva, la sospensione è disposta per un periodo da quindici giorni a sei mesi (comma 2-sexies).

 

Nella relazione illustrativa che accompagna il decreto si evidenzia che la proroga al 31 gennaio 2021 deriva del fatto che la gran parte delle attività imprenditoriali, commerciali e professionali hanno dovuto affrontare un lungo periodo di chiusura a seguito dei provvedimenti adottati per l’emergenza sanitaria.

 

Il comma 2, al fine di evitare che possano essere commesse violazioni degli obblighi sopra citati nella consapevolezza che l’esecuzione della eventuale sanzione accessoria non potrà avvenire prima del 1° febbraio 2021, dispone che la proroga della sospensione non si applica nei confronti di coloro che hanno commesso anche una sola delle violazioni previste dal richiamato articolo 12 successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (19 maggio 2020).


 

Articolo 152
(Sospensioni dei pignoramenti su stipendi e pensioni)

 

 

L’articolo 152 stabilisce la sospensione, nel periodo intercorrente tra il 19 maggio e il 31 agosto 2020, degli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati dall’agente di riscossione sulle somme dovute a titolo di stipendio, pensione e trattamenti assimilati.

La disposizione prevede inoltre che, durante tale periodo, le somme che avrebbero dovuto essere accantonate non sono sottoposte al vincolo pignoratizio di indisponibilità, anche in caso di intervenuta ordinanza di assegnazione del giudice dell'esecuzione.

 

L’articolo 152, comma 1, sospende, dalla data di entrata in vigore del decreto al 31 agosto 2020, la possibilità di effettuare pignoramenti presso terzi da parte dell’agente di riscossione del salario, e di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza.

In particolare la norma prevede che fino al 31 agosto 2020 sono sospesi gli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati prima della stessa data dall’agente della riscossione e dai soggetti iscritti all’albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali (articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446) aventi ad oggetto somme dovute a titolo di stipendi, pensioni e trattamenti assimilati.

 

Le somme che avrebbero dovuto essere accantonate nel medesimo periodo non sono sottoposte a vincolo di indisponibilità e il terzo pignorato le rende fruibili al debitore esecutato, anche se anteriormente alla data di entrata in vigore decreto (19 maggio 2020) sia intervenuta un’ordinanza di assegnazione del giudice dell'esecuzione.

In tal modo il terzo pignorato, come il datore di lavoro o l’ente pensionistico, dovrà renderle fruibili le somme al debitore esecutato, erogandogli lo stipendio o la pensione senza decurtazioni, anche in caso di avvenuta assegnazione da parte del giudice.

 

Restano fermi gli accantonamenti effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto e restano definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le somme accreditate, anteriormente alla stessa data, all’agente della riscossione e ai soggetti iscritti all’albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali.

Si ricorda che la legge di bilancio 2020 (commi 784 e ss.gg.) ha complessivamente riformato la riscossione degli enti locali, con particolare riferimento agli strumenti per l'esercizio della potestà impositiva, fermo restando l'attuale assetto dei soggetti abilitati alla riscossione delle entrate locali. In sintesi, le norme:

§  intervengono sulla disciplina del versamento diretto delle entrate degli enti locali, prevedendo che tutte le somme a qualsiasi titolo riscosse appartenenti agli enti locali affluiscano direttamente alla tesoreria dell'ente;

§  disciplinano in modo sistematico l'accesso ai dati da parte degli enti e dei soggetti affidatari del servizio di riscossione;

§  introducono anche per gli enti locali l'istituto dell'accertamento esecutivo, sulla falsariga di quanto già previsto per le entrate erariali (cd. ruolo), che consente di emettere un unico atto di accertamento avente i requisiti del titolo esecutivo; l'accertamento esecutivo opera, a partire dal 1° gennaio 2020, con riferimento ai rapporti pendenti a tale data;

§  novellano la procedura di nomina dei funzionari responsabili della riscossione;

§  in assenza di regolamentazione da parte degli enti, disciplinano puntualmente la dilazione del pagamento delle somme dovute;

§  istituiscono una sezione speciale nell'albo dei concessionari della riscossione, cui devono obbligatoriamente iscriversi i soggetti che svolgono le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate locali;

§  prevedono la gratuità delle trascrizioni, iscrizioni e cancellazioni di pignoramenti e ipoteche richiesti dal soggetto che ha emesso l'ingiunzione o l'atto esecutivo.

 

Il comma 2 stabilisce la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’articolo.


 

Articolo 153
(Sospensione delle verifiche inadempienze beneficiari P.A.)

 

 

L’articolo 153 sospende l’obbligo previsto per le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica di verificare se il beneficiario risulti inadempiente al versamento di una o più cartelle di pagamento prima di effettuare un pagamento superiore a 5.000 euro.

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 68, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, sospende con riferimento alle entrate tributarie e non tributarie, i termini dei versamenti, scadenti nel periodo dall’8 marzo (dal 21 febbraio 2020 per i comuni interessati dalle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui al D.P.C.M del 1° marzo 2020 (comma 2-bis)) al 31 maggio 2020, derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli avvisi di accertamento esecutivo fiscale e contributivo. Tale termine è ulteriormente prorogato al 31 agosto dall’articolo 154 del presente decreto.

 

Per una ricostruzione dettagliata delle norme introdotte dall’articolo 68 si consiglia la lettura del dossier Misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 (cd. "Cura Italia") realizzato dai Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

L’articolo in esame, comma 1, stabilisce che nello stesso periodo di sospensione previsto dal citato articolo 68 non si applicano le disposizioni prevista dall’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, che dispongono che le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

 

Con la sospensione introdotta dall’articolo in esame, quindi, il debitore può ricevere il pagamento delle somme di cui è creditore nei confronti delle P.A. anche nel caso in cui sia inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di uno o più di cartelle di pagamento.

La norma chiarisce infine che le verifiche eventualmente già effettuate, anche in data antecedente al periodo di sospensione, per le quali l’agente della riscossione non ha già notificato l’ordine di versamento restano prive di qualunque effetto e le amministrazioni pubbliche nonché le società a prevalente partecipazione pubblica possono procedere al pagamento a favore del beneficiario.

 

Il comma 2 dispone la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo.

 


 

Articolo 154
(Proroga del periodo di sospensione delle attività
dell'agente della riscossione)

 

 

L’articolo 154 proroga dal 31 maggio al 31 agosto 2020 la sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all'agente della riscossione disposta dall’articolo 68 del decreto-legge n. 18 del 2020 (cd. Cura Italia). Si consente inoltre di versare le rate di alcuni istituti agevolativi, tra cui la “rottamazione-ter” e il “saldo e stralcio”, in scadenza nell’anno 2020, entro il 10 dicembre 2020 e si amplia la possibilità di chiedere dilazioni.

 

Si ricorda in sintesi che l’articolo 68 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha sospeso i termini, scadenti dall’8 marzo al 31 maggio 2020, per il versamento di somme derivanti da cartelle di pagamento e da accertamenti esecutivi, da accertamenti esecutivi doganali, da ingiunzioni fiscali degli enti territoriali e da accertamenti esecutivi degli enti locali, prevedendo che i versamenti oggetto di sospensione siano effettuati in unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione. La norma ha altresì differito al 31 maggio 2020 il termine per il pagamento delle rate relative alle definizioni agevolate e al saldo e stralcio dei debiti tributari e, di conseguenza, anche i termini per le comunicazioni di inesigibilità poste a carico degli agenti della riscossione.

 

Più in dettaglio il comma 1, lettera a) dell’articolo in commento modifica il comma 1 dell’articolo 68 del richiamato decreto-legge n. 18 del 2020, differendo dal 31 maggio al 31 agosto 2020 il termine finale della predetta sospensione.

La lettera b) introduce il nuovo comma 2-ter all’articolo 68, chiarendo che, per i piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020 e i provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste presentate fino al 31 agosto 2020, la decadenza del debitore dalle rateazioni accordate dall’agente della riscossione e gli altri effetti di tale decadenza previsti dalla legge si determinano in caso di mancato pagamento di dieci - anziché cinque - rate, anche non consecutive.

 

Si ricorda che l’articolo 19, comma 3, lettere a), b) e c), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 prevede che in caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive:

§  il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione;

§  l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione;

§  il carico può essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. In tal caso, il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data.

 

La lettera c) sostituisce il comma 3 dell’articolo 68 che, nella sua formulazione originaria, differisce al 31 maggio 2020 il termine di pagamento delle rate della c.d. “rottamazione-ter” e del c.d. “saldo e stralcio” in scadenza al 28 febbraio e al 31 marzo 2020.

 

Più in dettaglio il previgente comma 3 differisce al 31 maggio il termine, originariamente fissato al 28 febbraio 2020, per il versamento:

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di definizione agevolata delle cartelle di pagamento disposta dal decreto-legge n. 119 del 2018, cd. rottamazione-ter (articolo 3, comma 2, lettera b) del decreto citato), ivi comprese le rate, scadenti nel medesimo giorno, relative alle rottamazioni degli anni precedenti e che, in virtù del decreto-legge n. 119 del 2018, sono state riaperte ai contribuenti inadempienti ai precedenti piani di rateazione, nonché rimodulate nel tempo (articolo 3, comma 23 del decreto-legge n. 119 del 2018);

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell'Unione europea, disposta anch’essa dal decreto-legge n. 119 del 2018 (all'articolo 5, comma 1, lettera d));

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di cd. rottamazione-ter, per i contribuenti che abbiano aderito a tale rottamazione in un secondo momento, e cioè entro il 31 luglio 2019 (a seguito della successiva riapertura dei termini operata dall'articolo 16-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34);

§   della rata, scadente il 31 marzo 2020, delle somme dovute a titolo di “saldo e stralcio” delle cartelle (riduzione delle somme dovute, per i contribuenti in grave e comprovata difficoltà economica, disciplinata all'articolo 1, comma 190, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, legge di bilancio 2019).

 

Con le modifiche in esame si consente di eseguire il versamento di tutte le rate di tali istituti agevolativi, in scadenza nell’anno 2020, entro il 10 dicembre 2020.

Più in dettaglio si dispone che il mancato, insufficiente o tardivo versamento, alle relative scadenze, delle rate da corrispondere nell’anno 2020, delle predette definizioni agevolate (di cui agli articoli 3 e 5 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, all'articolo 16-bis del decreto-legge 30 aprile 2019 e all'articolo 1, commi 190 e 193, della legge 30 dicembre 2018, n. 145), non determina l’inefficacia delle stesse definizioni, ove il debitore effettui l’integrale versamento delle predette rate entro il termine del 10 dicembre 2020.

Si precisa che a tale ultimo termine non si applica la “tolleranza” di cinque giorni nel versamento (di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018).

 

La lettera d) del comma 1 inserisce il comma 3-bis all’articolo 68.

Viene così rimossa la preclusione - prevista dall’articolo 3, comma 13, lettera a), del decreto-legge n. 119 del 2018 - alla possibilità di chiedere la dilazione del pagamento dei debiti inseriti nelle dichiarazioni di adesione alle predette definizioni agevolate, per i quali il richiedente non abbia poi provveduto al pagamento di quanto dovuto determinandone l’inefficacia. Più in dettaglio, per i debiti per i quali, alla data del 31 dicembre 2019, si è determinata l’inefficacia delle definizioni agevolate (rottamazione ter, saldo e stralcio), possono essere accordate nuove dilazioni ai sensi della disciplina generale (articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973).


 

Articolo 155
(Integrazione del contributo a favore di Agenzia delle entrate-Riscossione per il triennio 2020-2022)

 

 

L’articolo 155 incrementa a 300 milioni di euro per l’anno 2020 la quota massima che l’Agenzia delle entrate è autorizzata a erogare a titolo di contributo in favore dell’ente pubblico Agenzia delle entrate-Riscossione.

 

I commi da 326 a 328 della legge di bilancio 2019 autorizzano l’Agenzia delle entrate ad erogare una quota non superiore a 70 milioni di euro per l’anno 2019, a 20 milioni di euro per il 2020 e a 10 milioni di euro per l’anno 2021 a titolo di contributo in favore dell’ente pubblico Agenzia delle entrate-Riscossione.

 

L’articolo 155 sostituisce integralmente i commi richiamati (326, 327 e 328) incrementando a 300 milioni di euro per l’anno 2020 la quota massima erogata a favore dell’Agenzia delle entrate-Riscossione tenuto conto dell’esigenza di garantire, nel triennio 2020-2022, l’equilibrio gestionale del servizio nazionale di riscossione.

 

Nella relazione illustrativa che accompagna il decreto si sottolinea che la norma è finalizzata ad assicurare la continuità operativa dell’Agenzia delle entrate– Riscossione, nonché a garantirne l’equilibrio economico, gestionale e finanziario per l’anno 2020, e per i successivi 2021 e 2022 a fronte degli interventi normativi di sostegno per i contribuenti correlati alle misure introdotte per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Si ricorda che l’Agenzia delle entrate-Riscossione è un ente pubblico economico istituito ai sensi dell’articolo 1 del decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 1 dicembre 2016 n. 225, e svolge le funzioni relative alla riscossione nazionale. L’ente è sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze ed è strumentale dell’Agenzia delle entrate a cui è attribuita la titolarità della riscossione nazionale ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2005 n. 203. Agenzia delle entrate-Riscossione è subentrata, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia sciolte a decorrere dal 1° luglio 2017 (a eccezione di Equitalia Giustizia). Essa può svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali di tutte le amministrazioni locali (come individuate dall'ISTAT) e delle società da esse partecipate, con l'esclusione delle società di riscossione (D.L. n. 50 del 2017, articolo 35).

 

In particolare la norma prevede che l’Agenzia delle entrate, in qualità di titolare della funzione della riscossione, svolta dall’ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, eroga allo stesso ente, a titolo di contributo e in base all’andamento dei proventi risultanti dal relativo bilancio annuale, una quota non superiore a 300 milioni di euro per l’anno 2020, a valere sui fondi accantonati in bilancio a favore del predetto ente incrementati degli eventuali avanzi di gestione dell’esercizio 2019 (in deroga all’articolo 1, comma 358, della legge 24 dicembre 2007, n. 244)  e sulle risorse assegnate per l’esercizio 2020 alla medesima Agenzia delle entrate (nuovo comma 326).

 

Si ricorda che il sopra citato comma 358 della legge 24 dicembre 2007, n. 244-Legge finanziaria 2008 stabilisce che le entrate derivanti dal riversamento al bilancio dello Stato degli avanzi di gestione conseguiti dalle agenzie fiscali, ad esclusione dell'Agenzia del demanio, tranne quelli destinati alla incentivazione del personale, sono utilizzate per il potenziamento delle strutture dell'amministrazione finanziaria, con particolare riguardo a progetti volti al miglioramento della qualità della legislazione e alla semplificazione del sistema e degli adempimenti per i contribuenti. A tal fine, le somme versate in uno specifico capitolo di entrata sono riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento per le politiche fiscali.

 

La disposizione fa salvo quanto previsto in via generale dalla disciplina degli oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione (articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999) e stabilisce che tale erogazione è effettuata entro il secondo mese successivo all’approvazione del bilancio annuale dell’Agenzia delle entrate – Riscossione.

 

Qualora la quota da erogare per l’anno 2020 all’ente Agenzia delle entrate-Riscossione a titolo di contributo risulti inferiore all’importo di 300 milioni di euro, la quota erogabile allo stesso ente per l’anno 2021 si determina per un ammontare pari alla differenza (nuovo comma 327).

 

Analogamente (nuovo comma 328), la norma stabilisce che la parte non fruita della quota assegnata per il 2021, costituisce la quota erogabile all’ente Agenzia delle entrate-Riscossione per l’anno 2022.


 

Articolo 156
(Accelerazione delle procedure di riparto del cinque per mille
per l’esercizio finanziario 2019)

 

 

L’articolo 156, al fine di anticipare al 2020 l’erogazione del contributo del cinque per mille relativo all’anno finanziario 2019 a favore degli enti beneficiari, stabilisce che nella ripartizione delle risorse sulla base delle scelte dei contribuenti non si tiene conto delle dichiarazioni dei redditi integrative. Il contributo relativo all’anno 2019 deve essere erogato entro il 31 ottobre 2020.

 

La norma, al fine di far fronte alle difficoltà rilevate dagli enti del terzo settore che svolgono attività di rilevante interesse sociale e all’imminente esigenza di liquidità evidenziata a seguito dell’emergenza sanitaria Covid-19 (come evidenziato dalla relazione illustrativa), anticipa al 2020 l’erogazione del contributo del cinque per mille relativo all’anno finanziario 2019.

In particolare, la disposizione accelera le procedure di erogazione del contributo, stabilendo che nella ripartizione dello stesso non si tiene conto delle dichiarazioni dei redditi integrative presentate ai sensi dell'articolo 2, commi 7 e 8, del regolamento di cui al DPR n. 322 del 1998.

 

L'articolo 2, del D.P.R. n. 322 del 1998 (Regolamento sulle modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’IRAP e all’IVA) disciplina il termine per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi. Scaduti i termini di presentazione della dichiarazione, il contribuente può rettificare o integrare la stessa presentando, secondo le stesse modalità previste per la dichiarazione originaria, una nuova dichiarazione completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione.

Sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza, con l’applicazione delle sanzioni amministrative; le dichiarazioni presentate oltre i 90 giorni si considerano omesse, ma costituiscono comunque titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati (comma 7). Le dichiarazioni dei redditi possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l'indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d'imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini stabiliti per l’accertamento dall'articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (comma 8).

La norma in esame dispone, inoltre, che gli elenchi degli enti ammessi e di quelli esclusi dal beneficio, relativamente all’anno 2019, sono pubblicati sul sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate entro il 31 luglio 2020 e il contributo è erogato dalle amministrazioni competenti entro il 31 ottobre 2020.

Le amministrazioni competenti sono il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per gli enti del Terzo Settore e del volontariato e assistenza sociale; il Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca per i contributi alla ricerca scientifica e universitaria; il Ministero della salute per i contributi relativi alla ricerca sanitaria; il Ministero dell'interno per i comuni; la Presidenza del Consiglio dei Ministri per le associazioni sportive dilettantistiche; il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per le finalità di attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per gli enti gestori delle aree protette.

Si segnala che, con riferimento all’anno di imposta 2018, l’Agenzia dell’entrate ha pubblicato sul proprio sito l’elenco dei beneficiari del 5 per mille con l’indicazione delle scelte espresse e degli importi spettanti a ciascuno.

 

 

L'istituto del 5 per mille dell'IRPEF è stato introdotto a titolo sperimentale, per l'anno 2006, dai commi 337-340 dell'art. 1 della legge n. 266/2005, i quali hanno previsto l'istituzione di un apposito Fondo nel quale far confluire una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche da destinare ad una serie di finalità di interesse sociale e di ricerca. L'istituto è stato poi annualmente confermato, da apposite norme di legge, fino all'anno 2014, ed è stato reso definitivo a partire dall'esercizio 2015, con la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, co. 154, legge n. 194/2014), che ne ha definito il relativo ammontare annuale, da intendersi quale limite massimo di spesa, stanziato per le finalità cui è diretto il 5 per mille. La legge di bilancio per il 2015 ne ha inoltre stabilizzato la disciplina, estendendo a decorrere dal 2015 l'applicazione delle disposizioni recate dall'articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies, del D.L. n. 40 del 2010 e dal relativo D.P.C.M. di attuazione (D.P.C.M. 23 aprile 2010). Il D.P.C.M. 23 aprile 2010 è stato successivamente modificato dal D.P.C.M. 7 luglio 2016, emanato in attuazione dell'articolo 1, comma 154, della legge n. 190/2014, il quale, ai fini di una maggiore trasparenza sull'utilizzo delle somme, ha introdotto numerose disposizioni tese a rafforzare vari aspetti della semplificazione e della rendicontazione.

Nel 2017, in attuazione della delega conferita al Governo dall'art. 9, comma 1, lettere c) e d), della legge n. 106 del 2016 (riforma del Terzo settore), è stato emanato il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, finalizzato al completamento della riforma strutturale dell'istituto del cinque per mille dell'IRPEF in favore degli enti del Terzo Settore e all'introduzione, per gli enti beneficiari, di obblighi di pubblicità e di trasparenza sulle risorse ad essi destinate. In questo senso, il D.Lgs. n. 111/2017, secondo una logica di continuità con la normativa previgente, ha completato la riforma strutturale dell'istituto del cinque per mille, nel rispetto delle esigenze di razionalizzazione e revisione organica del contributo, disciplinando la destinazione in base alle scelte espresse dai contribuenti. Esso ha introdotto numerose disposizioni volte, in particolare, alla razionalizzazione e revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l'accesso al beneficio; alla semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l'erogazione dei contributi spettanti; alla definizione di obblighi di pubblicità delle risorse erogate; alla revisione della disciplina sanzionatoria.

Da ultimo, il Governo ha presentato in Parlamento uno schema di D.P.C.M. che reca una nuova disciplina delle modalità e dei termini per l'accesso al riparto del cinque per mille dell'IRPEF da parte degli enti destinatari del contributo, nonché delle modalità e dei termini per la formazione, l'aggiornamento e la pubblicazione dell'elenco permanente degli enti iscritti e per la pubblicazione degli elenchi annuali degli enti ammessi (A.G. n. 171). La Commissione Bilancio della Camera ha espresso il proprio parere favorevole il 22 aprile 2020. La Commissione Bilancio del Senato ha espresso parere favorevole con osservazioni il 29 aprile 2020.

L’articolo 12 dello schema di D.P.C.M., al fine di velocizzare ulteriormente le procedure di erogazione delle risorse, stabilisce che, a partire dall'anno 2019, per il riparto delle risorse destinate sulla base delle scelte dei contribuenti non si tiene conto delle dichiarazioni dei redditi integrative (presentate ai sensi dell'art. 2, commi 7, 8 e 8-bis[1], del D.P.R. n. 322 del 1998), in linea con quanto previsto in tal senso dall'articolo 6 del D.Lgs. n. 111/2017, che sul punto ha innovato rispetto alla normativa precedente.

La disposizione del decreto-legge in esame, pertanto, anticipa l’entrata in vigore della norma prevista dal D.P.C.M. di attuazione del D.Lgs. n. 11 del 2017, non ancora emanato.

 

I contribuenti possono destinare le risorse del 5 per mille alle seguenti finalità:

§  sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri nazionale, regionale e provinciale e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano in determinati settori (assistenza sociale, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico, promozione della cultura e dell'arte, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica, cooperazione allo sviluppo e solidarietà internazionale). L'articolo 3 del D.Lgs. n. 111/2017 ha individuato quali soggetti destinatari del beneficio del 5 per mille gli "enti iscritti nel Registro unico nazionale degli enti del terzo settore" anziché riproporre l'elencazione delle suddette singole tipologie di enti;

§  finanziamento della ricerca scientifica e dell'università;

§  finanziamento della ricerca sanitaria;

§  attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;

§  sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale;

§  finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici;

§  finanziamento degli enti gestori delle aree protette.

Ove il contribuente non abbia indicato alcun codice fiscale ai fini della destinazione diretta del cinque per mille, le somme corrispondenti al complesso delle quote del cinque per mille destinate dai contribuenti, con la loro firma, sono ripartite, nell'ambito delle medesime finalità, in proporzione al numero complessivo delle destinazioni dirette, espresse mediante apposizione del codice fiscale, conseguite da ciascuno dei soggetti presenti negli elenchi. Ai comuni spettano le quote del cinque per mille dell'IRPEF dei contribuenti che in essi risiedono e che hanno apposto la propria firma.

L'Agenzia delle entrate, sulla base delle scelte operate dai contribuenti, trasmette in via telematica al Ministero dell'economia e delle finanze - RGS, i dati occorrenti a stabilire, sulla base degli incassi relativi all'imposta sui redditi delle persone fisiche per il periodo d'imposta considerato, gli importi delle somme che spettano a ciascuno dei soggetti a favore dei quali i contribuenti hanno effettuato una valida destinazione della quota del cinque per mille della loro imposta sui redditi delle persone fisiche. Gli importi saranno ripartiti, nei limiti di quanto stanziato in bilancio sul Fondo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, tra gli stati di previsione delle amministrazioni interessate, sulla base dei dati comunicati dall'Agenzia delle entrate. La corresponsione a ciascun soggetto delle somme spettanti è effettuata dalle amministrazioni competenti.

 

Per quanto concerne le risorse per il 5 per mille, a differenza di quanto disposto per il primo anno di applicazione (2006, in cui le somme corrispondenti alla quota del 5 per mille sono state determinate "sulla base degli incassi in conto competenza relativi all'IRPEF, sulla base delle scelte espresse dai contribuenti come risultanti dal rendiconto generale dello Stato"), negli anni successivi è stata introdotta una specifica autorizzazione legislativa di spesa, disposta in termini di limite massimo di spesa stanziato per le finalità cui è diretto il 5 per mille.

L'articolo 1, comma 154, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità per il 2015) ha stabilito in 500 milioni di euro annui l'importo destinato alla liquidazione della quota del 5 per mille a decorrere dall'anno 2015 (iscritto sul cap. 3094/Ministero dell'economia e delle finanze). La norma dispone, inoltre, che le somme iscritte sul capitolo, non impegnate alla chiusura dell'esercizio (31 dicembre), possano essere utilizzate nell'esercizio successivo. La necessità di una tale disposizione - che consente il mantenimento in bilancio delle somme stanziate per il 5 per mille che, secondo la normativa contabile, se non utilizzate, alla chiusura dell'esercizio costituirebbero economie di bilancio - è connessa alla complessa procedura per il riparto delle somme che si svolge di media nell'arco di due anni, in considerazione sia dei tempi necessari per l'esame dei soggetti ammissibili al contributo sia anche i relativi ricorsi che questi possono presentare.

Da ultimo, l'articolo 1, comma 720 della legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019), ha disposto un incremento delle risorse per il 5 per mille IRPEF, nell'importo di 10 milioni per il 2020, di 20 milioni per il 2021 e di 25 milioni a decorrere dal 2022, portando dunque l'autorizzazione di spesa destinata alla liquidazione della quota del 5 per mille dell'IRPEF a 510 milioni per l'anno 2020, in 520 milioni per l'anno 2021 e in 525 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022.

Per quel che concerne le risorse, si rammenta, infine, che la legge 4 agosto 2016, n. 163, di riforma della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009, ha introdotto il divieto di utilizzo per la copertura finanziaria delle leggi le risorse del cinque per mille dell'IRPEF che risultino effettivamente utilizzate sulla base delle scelte dei contribuenti, al fine di garantire il rispetto delle scelte espresse dai contribuenti all'atto del prelievo fiscale.

 

 


 

Articolo 157
(Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali)

 

 

L'articolo 157 dispone che gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza scadono tra l’8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021. Non si procede altresì agli invii di una serie di atti, comunicazioni e inviti, elaborati o emessi, anche se non sottoscritti, entro il 31 dicembre 2020. L'articolo stabilisce, infine, che i termini di decadenza per la notificazione delle cartelle di pagamento relative a una serie di dichiarazioni sono prorogati di un anno.

 

Il comma 1 dispone che, in deroga a quanto previsto all'articolo 3 della legge n. 212 del 2000, gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza, calcolati senza tener conto del periodo di sospensione di cui all’articolo 67 (Sospensione dei termini relativi all'attività degli uffici degli enti impositori), comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020, scadono tra l’8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, salvo casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 3 (Efficacia temporale delle norme tributarie), comma 3, della legge n. 212 del 2000 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.

 

Il comma 2 aggiunge che dal termine iniziale del periodo di sospensione di cui al comma 1, non si procede altresì agli invii dei seguenti atti, comunicazioni e inviti, elaborati o emessi, anche se non sottoscritti, entro il 31 dicembre 2020:

a)   comunicazioni di cui agli articoli 36-bis (Liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni) e 36-ter (Controllo formale delle dichiarazioni) del D.P.R. n. 600 del 1973;

b)   comunicazioni di cui all’articolo 54-bis (Liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni) del D.P.R. n. 633 del 1972;

c)   inviti all’adempimento di cui all’articolo 21-bis (Comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche I.V.A.) del decreto-legge n. 78 del 2010;

d)   atti di accertamento dell’addizionale erariale della tassa automobilistica, di cui all’articolo 23, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011;

e)   atti di accertamento delle tasse automobilistiche di cui al Testo Unico n. 39 del 1953 ed all’articolo 5 del decreto-legge n. 953 del 1982, limitatamente alle Regioni Friuli Venezia Giulia e Sardegna ai sensi dell’articolo 17, comma 10, della legge n. 449 del 1997;

f)    atti di accertamento per omesso o tardivo versamento della tassa sulle concessioni governative per l’utilizzo di telefoni cellulari di cui alla Tariffa articolo 21 del D.P.R. n. 641 del 1972.

Gli atti, le comunicazioni e gli inviti di cui al presente comma sono notificati, inviati o messi a disposizione nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, salvo casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.

Restano ferme le disposizioni previste dall’articolo 1, comma 640 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014).

 

Si rammenta che l'articolo 1, comma 640, della legge di stabilità 2015, stabilisce che, nelle ipotesi di presentazione di dichiarazione integrativa ai sensi degli articoli 2, comma 8, e 8, comma 6-bis del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, e 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, nei casi di regolarizzazione dell'omissione o dell'errore:

a)    i termini per la notifica delle cartelle di pagamento di cui all'articolo 25, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, relativi, rispettivamente, all'attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, concernenti le dichiarazioni integrative presentate per la correzione degli errori e delle omissioni incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo, decorrono dalla presentazione di tali dichiarazioni, limitatamente agli elementi oggetto dell'integrazione;

b)   i termini per l'accertamento di cui agli articoli 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa, limitatamente ai soli elementi oggetto dell'integrazione;

c)    i termini di cui all'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, concernenti l'imposta di registro, decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni;

d)   i termini di cui all'articolo 27 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, e successive modificazioni, concernente le imposte di successione e donazione, decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni.

 

Ai sensi del comma 3, i termini di decadenza per la notificazione delle cartelle di pagamento previsti dall'articolo 25, comma 1, lettere a) e b), del D.P.R. n. 602 del 1973, sono prorogati di un anno relativamente:

a)   alle dichiarazioni presentate nell’anno 2018, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione prevista dagli articoli 36-bis (Liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni) del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis (Liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni) del D.P.R. n. 633 del 1972;

b)   alle dichiarazioni dei sostituti d'imposta presentate nell’anno 2017, per le somme che risultano dovute ai sensi degli articoli 19 e 20 del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986);

c)   alle dichiarazioni presentate negli anni 2017 e 2018, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di controllo formale prevista dall'articolo 36-ter (Controllo formale delle dichiarazioni) del D.P.R. n. 600 del 1973.

 

Il comma 4 stabilisce che, con riferimento agli atti indicati ai commi 1 e 2 notificati nel 2021 non sono dovuti, se previsti, gli interessi per ritardato pagamento di cui all’articolo 6 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 21 maggio 2009 e gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo di cui all’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e la data di notifica dell’atto stesso.

Con riferimento alle comunicazioni di cui al comma 2 non sono dovuti gli interessi per ritardato pagamento di cui all’articolo 6 del citato decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 21 maggio 2009 dal mese di elaborazione, e gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo di cui all’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e la data di consegna della comunicazione.

 

Ai sensi del comma 5, al fine del differimento dei termini di cui al presente articolo, l’elaborazione o l’emissione degli atti o delle comunicazioni è provata anche dalla data di elaborazione risultante dai sistemi informativi dell’Agenzia delle entrate, compresi i sistemi di gestione documentale dell’Agenzia medesima.

 

Il comma 6 dispone che, con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate sono individuate le modalità di applicazione del presente articolo.

 

Il comma 7, infine, reca la quantificazione degli oneri, valutati in 205 milioni di euro per l’anno 2020, e l'indicazione della copertura mediante rinvio all’articolo 265.


 

Articolo 158
(Cumulabilità della sospensione dei termini processuali e della sospensione nell'ambito del procedimento di
accertamento con adesione)

 

 

L'articolo 158 reca una disposizione di natura interpretativa finalizzata a chiarire che la sospensione dei termini processuali prevista dall'articolo 83, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, debba considerarsi cumulabile in ogni caso con la sospensione del termine di impugnazione prevista dalla procedura di accertamento con adesione.

 

L'unico comma dell'articolo in esame dispone che, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000, la sospensione dei termini processuali prevista dall'articolo 83, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, si intende cumulabile in ogni caso con la sospensione del termine di impugnazione prevista dalla procedura di accertamento con adesione (novanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 218 del 1997).

 

Si rammenta che l'articolo 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (Disposizioni in materia di statuto del contribuente), stabilisce che l'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica.

 

Si rammenta altresì che, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali.

Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l'adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali.

Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo.

Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto.

Si intendono altresì sospesi, per la stessa durata indicata nel primo periodo, i termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie e il termine di cui all'articolo 17-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, ai sensi del quale il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo.


 

Articolo 159
(Ampliamento della platea dei contribuenti
che si avvalgono del modello 730)

 

 

L'articolo 159 dispone l'ampliamento della platea dei contribuenti che si avvalgono del 730 per lavoratori dipendenti senza sostituto d'imposta al fine di garantire i conguagli derivanti dalla dichiarazione dei redditi presentata mediante modello 730.

 

L'unico comma dell'articolo in esame dispone che, per il periodo d'imposta 2019, i soggetti titolari dei redditi di lavoro dipendente e assimilati indicati all’articolo 34, comma 4, del decreto legislativo n. 241 del 1997, possono adempiere agli obblighi di dichiarazione dei redditi con le modalità indicate all'articolo 51-bis del decreto-legge n. 69 del 2013, anche in presenza di un sostituto d'imposta tenuto a effettuare il conguaglio.

 

Come chiarito dal Governo stesso nella relazione illustrativa, l’articolo 51-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 prevede che i soggetti titolari dei redditi di lavoro dipendente e assimilati indicati agli articoli 49 e 50, comma 1, lettere a), c), c-bis), d), g), con esclusione delle indennità percepite dai membri del Parlamento europeo, i) e l), del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986), in assenza di un sostituto d’imposta tenuto a effettuare il conguaglio, possono comunque adempiere agli obblighi di dichiarazione dei redditi presentando l’apposita dichiarazione modello 730 e la relativa scheda ai fini della destinazione del 5 e 8 per mille con le modalità indicate dall'articolo 13, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, ai soggetti di cui all'articolo 34, comma 4, del decreto legislativo n. 241 del 1997 (organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e pensionati od organizzazioni territoriali da esse delegate, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti; sostituti di cui all'articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973, aventi complessivamente almeno cinquantamila dipendenti; associazioni di lavoratori promotrici di istituti di patronato riconosciuti aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti), e agli altri soggetti che possono prestare l'assistenza fiscale ai sensi delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 203 del 2005.

I soggetti a cui si riferisce l'articolo 51-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 sono i titolari dei seguenti redditi:

§  i redditi di lavoro dipendente (articolo 49);

§  i seguenti redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, del TUIR):

-     compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca (lettera a));

-     somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante (lettera c));

-     somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente o nell'oggetto dell'arte o professione esercitate dal contribuente (lettera c-bis));

-     remunerazioni dei sacerdoti, nonché congrue e supplementi di congrua (lettera d));

-     le indennità percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo e le indennità, comunque denominate, percepite per le cariche elettive e per le funzioni di cui agli articoli 114  e 135 della Costituzione e alla legge n. 816 del 1985, nonché i conseguenti assegni vitalizi percepiti in dipendenza dalla cessazione delle suddette cariche elettive e funzioni e l'assegno del Presidente della Repubblica (lettera g)), con esclusione delle indennità percepite dai membri del Parlamento europeo;

-     gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro;

-     compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l)).

 

Lo stesso articolo 51-bis, ai commi 2 e 3, stabilisce che se dal 730 presentato emerge un debito, il pagamento è effettuato direttamente dal contribuente o dal soggetto che presta l’assistenza fiscale tramite il modello F24. Se invece emerge un credito, il rimborso è eseguito dall’Amministrazione finanziaria, sulla base del risultato finale della dichiarazione, successivamente al termine di scadenza previsto per la presentazione del modello 730 (30 settembre 2020).

 

Il Governo chiarisce che, considerata l’emergenza epidemiologica da Covid-19 su tutto il territorio nazionale e il livello di gravità della situazione economica che sta investendo le imprese che potrebbe determinare anche l’impossibilità per molti sostituti di effettuare i conguagli derivanti dalla presentazione del 730, al fine di evitare un ulteriore danno al contribuente, derivante dalla mancata definizione del conguaglio fiscale da assistenza fiscale, si prevede la possibilità di presentazione del Modello 730/2020 nella modalità “senza sostituto” anche in presenza di un sostituto d’imposta tenuto a effettuare il conguaglio.

 

La relazione tecnica non attribuisce all'articolo alcun effetto sulla finanza pubblica in quanto gli eventuali versamenti scaturenti dalla dichiarazione sono effettuati secondo le modalità previste per i soggetti che utilizzano il modello dichiarativo Redditi PF, mentre gli eventuali rimborsi sono erogati dall’Agenzia delle entrate – in luogo del sostituto d’imposta – successivamente al termine di scadenza previsto per la presentazione del modello 730 (30 settembre 2020).

 


 

Articolo 160
(Iscrizione al catasto edilizio urbano dei fabbricati rurali
ubicati nei comuni colpiti dal sisma 2016 e 2017)

 

 

L'articolo 160 proroga al 31 dicembre 2021 il termine per la contestazione delle sanzioni tributarie applicabili nei confronti dei soggetti che non abbiano provveduto a dichiarare al catasto edilizio urbano i fabbricati iscritti nel catasto dei terreni ubicati nei comuni colpiti dal sisma del 24 agosto, del 26 e 30 ottobre 2016 e dal sisma del 18 gennaio 2017.

 

L'unico comma dell'articolo in esame, stabilisce che, in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 212 del 2000 (statuto dei diritti del contribuente), per i fabbricati ubicati nei comuni di cui agli allegati 1 (comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016), 2 (comuni colpiti dal sisma del 26 e del 30 ottobre 2016) e 2-bis (comuni colpiti dal sisma del 18 gennaio 2017) al decreto-legge n. 189 del 2016, il termine per la contestazione delle sanzioni previste, per il caso di inottemperanza da parte del soggetto obbligato, dall' articolo 13, comma 14-quater, del decreto-legge n. 201 del 2011, è prorogato al 31 dicembre 2021.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 3 (Efficacia temporale delle norme tributarie), comma 3, della legge n. 212 del 2000 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.

 

Si rammenta, altresì, che, ai sensi dell'articolo 13, comma 14-quater, del decreto-legge n. 201 del 2011, nelle more della presentazione della dichiarazione di aggiornamento catastale, l'imposta municipale propria è corrisposta, a titolo di acconto e salvo conguaglio, sulla base della rendita delle unità similari già iscritte in catasto.

Il conguaglio dell'imposta è determinato dai comuni a seguito dell'attribuzione della rendita catastale.

In caso di inottemperanza da parte del soggetto obbligato, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 336, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004) - in base al quale i comuni, in caso di difformità rispetto alle risultanze catastali, possono chiedere agli interessati la presentazione di atti di aggiornamento e, in caso di inottemperanza, procedono, entro novanta giorni dalla notificazione, a far iscrivere in catasto gli immobili o a farne verificare il classamento -, salva l'applicazione delle sanzioni previste per la violazione degli articoli 20 e 28 del regio decreto-legge n. 652 del 1939 (Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano).

 

Nella relazione illustrativa, il Governo precisa che la proroga è limitata temporalmente, considerato che il termine per la contestazione delle sanzioni tributarie scadrebbe, in base alle vigenti disposizioni, a seconda della data degli eventi calamitosi, fra marzo e agosto 2021 (per effetto delle proroghe previste relativamente ai fabbricati ubicati nei comuni richiamati colpiti dal sisma nonché della sospensione connessa all’emergenza sanitaria disposta dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dall’articolo 67 del decreto-legge n. 18 del 2020).

La proroga, fissata unitariamente al 31 dicembre 2021, consente ai titolari di diritti reali su fabbricati rurali ancora iscritti al catasto terreni di completare le procedure per la relativa iscrizione al catasto edilizio urbano, regolarizzando spontaneamente la loro posizione catastale avvalendosi dell’istituto del ravvedimento, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997.

 

La relazione tecnica non ascrive all'articolo alcun effetto sulla finanza pubblica.


 

Articolo 161
 (Proroga del pagamento dei diritti doganali)

 

 

L’articolo 161 proroga i pagamenti dei diritti doganali in scadenza tra il 1° maggio (data in cui cessano gli effetti dell’art.92 del D.L. 17 marzo 2020, n.18, cd. Cura Italia) e il 31 luglio 2020, senza applicazione di sanzioni ed interessi, per alcune categorie produttive, titolari del conto di debito doganale, che si trovino in gravi difficoltà di carattere economico o sociale.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 92, comma 3 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha - tra l’altro - differito al 1° maggio 2020 i pagamenti dei diritti doganali in scadenza tra il 17 marzo 2020 e il 30 aprile 2020, senza applicazione di interessi. Si tratta delle ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria ha autorizzato la corresponsione periodica dei diritti doganali (ai sensi dell’articolo 78 del D.P.R n. 43 del 1973) ovvero il ricevitore della dogana abbia consentito il pagamento differito (ai sensi del successivo articolo 79).

L’articolo 78 prevede infatti che l’amministrazione finanziaria possa consentire a coloro che effettuano con carattere di continuità operazioni doganali di ottenere la libera disponibilità della merce senza il preventivo pagamento dei diritti liquidati, i quali sono annotati, per ciascun operatore, in apposito conto di debito. Periodicamente, alla fine di un determinato intervallo di tempo fissato dall'Amministrazione predetta e che non può comunque eccedere i trenta giorni, il ricevitore della dogana riassume il debito relativo al gruppo di operazioni effettuate nell'intervallo medesimo da ciascun operatore. In tal caso il debito deve essere soddisfatto entro i successivi due giorni lavorativi salve le previsioni dell’articolo 79 ed 80. L’articolo 79 dispone che il ricevitore della dogana a richiesta dell'operatore, consente il pagamento differito dei diritti doganali per un periodo di trenta giorni. Lo stesso ricevitore può autorizzare la concessione di una maggiore dilazione, per il pagamento dei diritti afferenti la sola fiscalità interna, fino ad un massimo di novanta giorni, compresi i primi trenta. L’articolo 80 disciplina le modalità di computo della decorrenza e della scadenza del periodo per il quale è concesso il pagamento differito.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame proroga i pagamenti dei diritti doganali in scadenza tra la data del 1° maggio (data in cui cessano gli effetti dell’art.92 del D.L. 17 marzo 2020, n.18) e la data del 31 luglio 2020, ove effettuati secondo le ricordate modalità previste dagli articoli 78 e 79 del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, senza applicazione di sanzioni e di interessi.

Ai sensi del comma 2, la proroga del pagamento dei diritti doganali interessa i titolari del conto di debito che si trovino in gravi difficoltà di carattere economico o sociale e che rientrino nelle seguenti categorie:

§  soggetti che gestiscono servizi di trasporto merci e trasporto passeggeri terrestre, aereo, marittimo, fluviale, lacuale e lagunare, ivi compresa la gestione di funicolari, funivie, cabinovie, seggiovie e ski-lift di cui all’articolo 61, comma 2, lettera o) del decreto-legge n. 18 del 2020;

§  soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento nel mese di marzo 2020 rispetto allo stesso mese del precedente periodo d’imposta e nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta (articolo 18, comma 1 del decreto-legge n. 23 del 2020);

§  soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi superiori a 50 milioni di euro nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50 per cento  nel mese di marzo 2020  rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta e nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta (articolo 18, comma 3 del decreto-legge n. 23 del 2020).

 

La sospensione avviene su istanza di parte. Le modalità di applicazione delle suddette disposizioni sono rinviate (comma 3) ad una determinazione del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.


 

Articolo 162
(Rateizzazione del debito di accisa)

 

 

L’articolo 162 modifica le norme che consentono al titolare del deposito fiscale di prodotti energetici e alcolici di rateizzare il debito di accisa, prevedendo che:

§  per accedere alla rateizzazione, il titolare sia in difficoltà economiche documentate e riscontrabili:

§  il numero delle rate sia modulato in funzione del completo versamento del debito di imposta entro la data prevista per il pagamento dell’accisa sui prodotti immessi in consumo nel mese di novembre dell’anno di riferimento;

§  non sia più previsto un decreto ministeriale di attuazione per l’operatività della disciplina sulla rateizzazione del debito d’accisa.

 

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 4-ter, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 193 del 2016 ha introdotto il comma 4-bis all’articolo 3 del Testo Unico Accise (D.lgs. n. 504 del 1995), norma che consente al titolare del deposito fiscale di prodotti energetici o di alcol e bevande alcoliche, ove si trovi in condizioni oggettive e temporanee di difficoltà economica, di presentare all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, entro la scadenza fissata per il pagamento delle accise, una istanza di rateizzazione del debito d'imposta relativo alle immissioni in consumo effettuate nel mese precedente alla predetta scadenza. Permanendo le medesime condizioni, possono essere presentate istanze di rateizzazione relative ad un massimo di altre due scadenze di pagamento successive alla prima; non sono ammesse ulteriori istanze prima dell'avvenuto integrale pagamento dell'importo già sottoposto a rateizzazione. L'Agenzia adotta il provvedimento di accoglimento o di diniego entro il termine di quindici giorni dalla data di presentazione dell'istanza di rateizzazione e, in caso di accoglimento, autorizza il pagamento dell'accisa dovuta mediante versamento in rate mensili in numero non inferiore a sei e non superiore a ventiquattro. Sulle somme per le quali è autorizzata la rateizzazione sono dovuti gli interessi nella misura stabilita dal codice civile (0,05 punti), maggiorata di 2 punti. Il mancato versamento, anche di una sola rata, entro la scadenza fissata comporta la decadenza dalla rateizzazione e il conseguente obbligo dell'integrale pagamento degli importi residui, oltre agli interessi e all'indennità di mora, nonché della sanzione prevista per il ritardato pagamento delle accise. La decadenza non trova applicazione nel caso in cui si verifichino errori di limitata entità nel versamento delle rate.

Il comma 4-bis ha infine demandato a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze l’individuazione delle condizioni e delle modalità di applicazione delle predette norme; tale decreto tuttavia non è stato emanato.

 

Con le modifiche in esame, che integrano il comma 4-bis:

§  si richiede che le difficoltà economiche che danno diritto alla presentazione dell’istanza di rateizzazione siano documentate e riscontrabili (lettera a));

§  in luogo di prevedere una forbice per il numero delle rate in cui il pagamento è dilazionabile (non inferiore a sei e non superiore a ventiquattro), si dispone che il numero delle rate sia modulato in funzione del completo versamento del debito di imposta entro la data prevista per il pagamento dell’accisa sui prodotti immessi in consumo nel mese di novembre del medesimo anno (lettera b));

§  si elimina la previsione di un decreto ministeriale di attuazione per l’operatività della disciplina sulla rateizzazione del debito d’accisa (lettera c)).

 


 

Articolo 163
(Proroga in materia di tabacchi)

 

 

L’articolo 163 proroga al 31 ottobre 2020 la scadenza del pagamento dell’accisa sui prodotti da fumo e sui tabacchi da inalazione senza combustione, nonché dell’imposta di consumo sui prodotti liquidi da inalazione e sui prodotti accessori ai tabacchi da fumo, dovute per i periodi contabili dei mesi di aprile e maggio 2020.

 

Più in dettaglio la norma in esame, mantenendo fermo l’obbligo di rendicontazione nei termini previsti dalla legge, prevede che i soggetti obbligati al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati, sui prodotti ad essi assimiliati, nonché sui tabacchi da inalazione senza combustione (di cui agli articoli 39-bis, 39-ter e 39-terdecies del Testo Unico Accise, D.Lgs. n. 504 del 1995), oltre che i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta di consumo su succedanei del fumo (o liquidi da inalazione senza combustione) e sui prodotti accessori ai tabacchi da fumo (di cui agli articoli 62-quater e 62-quinquies del TUA) possono versare entro il 31 ottobre 2020 gli importi dovuti per i periodi contabili dei mesi di aprile e maggio 2020. Viene precisata tuttavia la debenza degli interessi legali, calcolati giorno per giorno.

 

Si ricorda che in materia di accisa sui tabacchi la legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 659 della legge n. 160 del 2019) ha innalzato l'importo dell'accisa minima e dell'onere fiscale minimo (quest'ultimo valevole per le sigarette) sui tabacchi lavorati, nonché l'importo dell'aliquota di base sui predetti prodotti.

In primo luogo viene innalzato l'importo dell'accisa minima gravante su sigari, sigaretti e tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette, che per tali prodotti aumenta rispettivamente da 30 a 35 euro, da 32 a 37 euro, da 125 a 130 euro.

Viene altresì elevato l'onere fiscale minimo sulle sigarette, che sale dal 95,22 per cento al 96,22 per cento della somma dell'accisa globale e dell'IVA, calcolate con riferimento al prezzo medio ponderato delle sigarette. 

Viene poi modificato l'allegato I al Testo Unico Accise, al fine di elevare le aliquote di base sui tabacchi lavorati – la componente che serve a calcolare l'accisa globale, che a sua volta fa parte dell'accisa complessiva - nonché di unificare il prelievo sul tabacco da fiuto o da mastico.

Le aliquote di base dei tabacchi lavorati sono così rideterminate:

§  sigari: dal 23 al 23,5 per cento (la cui entrata in vigore è prorogata al 1° gennaio 2021 dal decreto legge n. 162 del 2019;

§  sigaretti: dal 23,5 al 24 per cento; 

§  sigarette: dal 59,5 al 59,8 per cento;

§  tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette dal 56,00 al 59 per cento;

§  altri tabacchi da fumo dal 56 al 56,5 per cento;

§  tabacco da fiuto e da mastico, dal 24,78 al 25,28 per cento.

Già la legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi 1074-1078) aveva elevato la misura dell'accisa gravante sui tabacchi lavorati: in particolare, è stata innalzata la componente specifica per il calcolo dell'accisa complessiva delle sigarette e l'accisa minima applicabile ad altri tabacchi lavorati, incrementando inoltre l'onere fiscale minimo per le sigarette e le aliquote base per il calcolo delle accise per sigarette, sigari e sigaretti. 

Inoltre la medesima legge di bilancio 2020 (comma 660) introduce una nuova imposta di consumo sui prodotti accessori al consumo dei tabacchi da fumo, ovvero filtri e cartine, nella misura di 0,0036 euro il pezzo.

 


 

Articolo 164
(Valorizzazione del patrimonio immobiliare)

 

 

L’articolo 164 provvede innanzitutto ad apportare alcune modifiche terminologiche alla disciplina del conferimento di beni pubblici ai fondi comuni d'investimento immobiliare al fine di precisare i soggetti coinvolti (comma 1).

Inoltre (comma 2), prevede che il Ministero della difesa, in caso di gare deserte, possa procedere alla dismissione unitaria di più immobili liberi inseriti in un unico fabbricato ovvero comprensorio abitativo, senza il riconoscimento del diritto di preferenza per il personale militare e civile del Ministero della difesa stesso.

Infine (comma 3), si modifica la disciplina le concessioni di valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili del Ministero della difesa.

 

Il comma 1 apporta le seguenti modificazioni all’articolo 33, comma 4, ultimo periodo, del decreto-legge n. 98 del 2011:

a)   le parole “degli enti territoriali nonché da parte degli enti pubblici, anche economici, strumentali delle regioni” sono sostituite dalle seguenti: “di regioni, provincie, comuni anche in forma consorziata o associata ai sensi del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL - decreto legislativo n. 267 del 2000), e da altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti”;

b)   le parole “ciascuna regione” sono sostituite dalle seguenti: “ciascuno di detti soggetti”.

 

L’articolo 33, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011 disciplina la destinazione funzionale dei beni oggetto di conferimento o trasferimento ai fondi comuni d'investimento immobiliare, di cui ai commi 2, 8-ter e 8-quater del medesimo articolo 33, fondi promossi al fine di valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico.

Secondo quanto chiarito dal Governo nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica, le modifiche avrebbero lo scopo di precisare i soggetti coinvolti nelle operazioni di apporto ai fondi, allineando così la terminologia a quella usata nei predetti commi 2, 8-ter e 8-quater.

 

Il comma 2 aggiunge all’articolo 306 del decreto legislativo n. 66 del 2010 il seguente comma:

"5-bis. Nel rispetto delle finalità del programma pluriennale di cui all’articolo 297 (Programma pluriennale per gli alloggi di servizio costituenti infrastrutture militari e opere destinate alla difesa nazionale) ed allo scopo di rendere più celeri le procedure di alienazione degli alloggi di cui al comma 3, il Ministero della difesa, in caso di gare deserte, può procedere alla dismissione unitaria di più immobili liberi inseriti in un unico fabbricato ovvero comprensorio abitativo, mediante la procedura ad evidenza pubblica di cui all’articolo 307, comma 10.  Il valore dei beni da porre a base d’asta è decretato dal Ministero della difesa – Direzione dei lavori e del demanio del Segretariato generale della difesa sulla base del valore dei singoli alloggi costituenti il lotto in vendita. Le dismissioni di cui al presente comma sono effettuate senza il riconoscimento del diritto di preferenza per il personale militare e civile del Ministero della difesa di cui al comma 3.".

 

L'articolo 306 (Dismissione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa) del decreto legislativo n. 66 del 2010 (Codice dell'ordinamento militare) disciplina la dismissione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa non realizzati su aree ubicate all'interno di basi, impianti, installazioni militari o posti al loro diretto e funzionale servizio, si applicano le disposizioni del presente articolo.

 

Nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica, il Governo chiarisce che il comma 2 si propone di razionalizzare le procedure di dismissione del patrimonio alloggiativo del Ministero della difesa rendendo più appetibile sul mercato la specifica offerta che sarà aperta direttamente a imprenditori del settore, ovvero a cooperative private.

Il Governo evidenzia che l'articolo 297, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 66 del 2010 stabilisce che, in relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate, conseguito alla sospensione del servizio obbligatorio di leva, il Ministero della difesa predispone, con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio di cui all'articolo 231, comma 4, il quale attiene agli immobili appartenenti al demanio militare e al demanio culturale in consegna alla Difesa.

Lo stesso Ministero, allo scopo di conseguire tale obiettivo, ha avviato l'alienazione degli alloggi di servizio non più funzionali ai fini istituzionali delle Forze Armate, individuando 3.022 alloggi da alienare.

Ad oggi, prosegue il Governo, la maggior parte delle vendite è stata finalizzata a favore del personale della Difesa occupante gli alloggi stessi, mentre la vendita all'asta di quelli liberi si è dovuta confrontare con un mercato immobiliare non sempre favorevole.

La disposizione in esame si renderebbe necessaria a causa della non completa efficacia dei meccanismi di vendita delle singole unità immobiliari.

 

Il comma 3 inserisce all’articolo 3-ter, comma 13, del decreto-legge n. 351 del 2001, dopo il primo periodo, il seguente periodo:

"In considerazione della specificità degli immobili militari, le concessioni e le locazioni di cui al presente comma sono assegnate dal Ministero della difesa con procedure ad evidenza pubblica, per un periodo di tempo commisurato al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e comunque non eccedente i cinquanta anni, e per le stesse può essere riconosciuta, nei suddetti limiti temporali, la costituzione di un diritto di superficie ai sensi dell’articolo 952 e seguenti del codice civile".

Conseguentemente, al quinto periodo dell’articolo 3-ter, comma 13, del decreto-legge n. 351 del 2001, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole "ovvero alla scadenza del termine di durata del diritto di superficie".

 

Si rammenta che l'articolo 3-bis del decreto-legge n. 351 del 2001 disciplina le concessioni di valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili.  In particolare, il predetto articolo 3-bis stabilisce, tra l'altro, che i beni immobili di proprietà dello Stato individuati ai sensi dell'articolo 1 possono essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio. Il comma 4, in particolare, stabilisce che le concessioni e le locazioni di cui al presente articolo sono assegnate con procedure ad evidenza pubblica, per un periodo di tempo commisurato al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e comunque non eccedente i cinquanta anni.

 

Il successivo articolo 3-ter, comma 13, del medesimo decreto-legge 351 del 2001, dispone che, per garantire la conservazione, il recupero e il riutilizzo degli immobili non necessari in via temporanea alle finalità di difesa dello Stato è consentito, previa intesa con il Comune e con l'Agenzia del demanio, per quanto di sua competenza, l'utilizzo dello strumento della concessione di valorizzazione di cui all'articolo 3-bis sopra richiamato.

 

La relazione tecnica non ascrive all'articolo alcun effetto sulla finanza pubblica.

 


 

Titolo VII – Disposizioni per la tutela del risparmio nel settore creditizio

Capo I -  Garanzia dello Stato su passività di nuova emissione

Articoli 165-167
(Garanzia dello Stato su passività di nuova emissione)

 

 

L'articolo 165 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) a concedere la garanzia dello Stato su passività delle banche aventi sede legale in Italia, nonché al fine di integrare il valore di realizzo del collaterale stanziato da banche italiane a garanzia di finanziamenti erogati dalla Banca d'Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità (erogazione di liquidità di emergenza - ELA), fino a un valore nominale di 19 miliardi di euro, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato.

L'articolo 166 definisce le (ulteriori) condizioni per la concessione della garanzia dello Stato su passività delle banche aventi sede legale in Italia. Tali condizioni sono riferite al rispetto dei requisiti di fondi propri ovvero, nel caso in cui tali requisiti non risultino rispettati ma la banca abbia comunque patrimonio netto positivo, all'urgente bisogno di sostegno della liquidità, a seguito della positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato. L'articolo 167, infine, stabilisce che, per quanto non previsto dagli articoli 165 e 166, si applica il Capo I del decreto legge n. 237 del 2016 che disciplina il medesimo oggetto delle norme in esame, ad eccezione dell’articolo 3, comma 2, che stabilisce un limite all'importo da destinare alla singola banca.

 

L'articolo 165, comma 1, autorizza il MEF, nei sei mesi successivi all’entrata in vigore del decreto in esame, a concedere la garanzia dello Stato su passività delle banche aventi sede legale in Italia (comma 2) fino a un valore nominale di 19 miliardi di euro, in conformità a quanto previsto dal Titolo VIII (disposizioni per la tutela del risparmio nel settore creditizio), Capo I (garanzia dello Stato su passività di nuova emissione), del provvedimento in esame, e nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato.

Il comma 1 specifica che la finalità di tale intervento è quella di evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, ai sensi della disciplina attuativa della direttiva 2014/59/UE (Bank Recovery and Resolution Directive - BRRD) che, insieme al regolamento (UE) n. 806/2014 (Single Resolution Mechanism Regulation - SRMR), definisce un sistema armonizzato di regole sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie. La normativa di recepimento della direttiva BRRD è contenuta nei decreti legislativi n. 180 del 2015, n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB) e n. 58 del 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF).

Ai sensi di tale disciplina, la necessità di un sostegno finanziario pubblico rappresenta una delle situazioni per cui una banca viene considerata in dissesto o a rischio di dissesto, circostanza che costituisce uno dei presupposti necessari per l'avvio della procedura di risoluzione. L'articolo 18, comma 1, del decreto legislativo n. 180 del 2015 e l'articolo 18, paragrafo 4 del SRMR, specificano le condizioni verificate le quali può essere concesso un sostegno finanziario pubblico a una banca senza che questa venga considerata in dissesto o a rischio di dissesto. In particolare, ciò si verifica nel caso in cui, per evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, il sostegno finanziario pubblico straordinario viene concesso:

a)    in una delle seguenti forme:

i) una garanzia dello Stato a sostegno degli strumenti di liquidità forniti dalla banca centrale alle condizioni da essa applicate;

ii) una garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione;

iii) la sottoscrizione di fondi propri o l'acquisto di strumenti di capitale effettuati a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio alla banca, se al momento della sottoscrizione o dell'acquisto questa non versa in una delle situazioni (ulteriori rispetto alla concessione del sostegno finanziario pubblico) per cui viene considerata in dissesto o a rischio di dissesto, né ricorrono i presupposti per la riduzione o la conversione di azioni e altri strumenti di capitale computabili nei fondi propri, unicamente per far fronte a carenze di capitale evidenziate nell'ambito di prove di stress condotte a livello nazionale, dell'Unione europea, o del Meccanismo di vigilanza unico, o nell'ambito delle verifiche della qualità degli attivi o di analoghi esercizi condotti dalla Banca centrale europea (BCE), dall'Autorità bancaria europea (ABE) o da autorità nazionali;

b)   nonché a condizione che il sostegno finanziario pubblico straordinario:

i) sia erogato previa approvazione ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato e, nei casi di cui alla lettera a), punti i) e ii), sia riservato a banche con patrimonio netto positivo;

ii) sia adottato su base cautelativa e temporanea, in misura proporzionale alla perturbazione dell'economia; e

iii) non venga utilizzato per coprire perdite che la banca ha registrato o verosimilmente registrerà nel prossimo futuro.

 

Il comma 3 specifica che la garanzia può essere concessa solo dopo la positiva decisione della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso previsto dall'articolo 165, comma 2, sulla notifica individuale.

 

Ai sensi del comma 4, inoltre, il MEF può rilasciare, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto in esame, fermi restando i limiti indicati nel comma 1, la garanzia statale per integrare il valore di realizzo del collaterale stanziato da banche italiane a garanzia di finanziamenti erogati dalla Banca d'Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità (erogazione di liquidità di emergenza - ELA), in conformità con gli schemi previsti dalla Banca centrale europea.

Le operazioni di Emergency Liquidity Assistance (ELA) sono operazioni straordinarie di finanziamento concesse a istituzioni finanziarie solvibili (di norma banche) in crisi temporanea di liquidità. Attraverso queste operazioni la Banca d'Italia può fornire, su base discrezionale, credito di ultima istanza nella forma di prestiti temporanei a fronte di adeguate garanzie. Il "collaterale" rappresenta proprio l'attività finanziaria che può essere stanziata a garanzia di una operazione di finanziamento.

 

Il periodo di sei mesi entro i quali possono essere concesse le garanzie statali sulle passività e quelle integrative del valore di realizzo di collaterali stanziati nelle operazioni di ELA, può essere esteso (comma 5) con decreto Ministro dell'economia e delle finanze fino a un massimo di ulteriori sei mesi, previa approvazione da parte della Commissione europea.

 

Il comma 6 dell'articolo 165 chiarisce che, nella disciplina in esame, per Autorità competente si intende la Banca d'Italia o la BCE secondo le modalità e nei casi previsti dal regolamento (UE) n. 1024/2013.

Il regolamento (UE) n. 1024/2013 (Single Supervisory Mechanism Regulation - SSMR) definisce la ripartizione delle attività di vigilanza e i meccanismi di cooperazione fra la BCE e le banche centrali nazionali, con riferimento al sistema armonizzato di criteri e requisiti minimi riferiti all'organizzazione, al capitale e ad altri strumenti che una banca deve detenere affinché si possa ritenere che sia in grado di operare in condizioni di sicurezza e di far fronte autonomamente alle perdite operative. Tali regole costituiscono i principi e i parametri da rispettare per assicurare una gestione sana e prudente degli enti creditizi e la prima linea (preventiva) di difesa contro le crisi che possono colpire i soggetti che svolgono attività legate al credito. La BCE vigila direttamente sul rispetto dei requisiti prudenziali da parte delle banche che hanno attività superiori ai 30 miliardi di euro oppure che rappresentano almeno il 20 per cento del PIL del loro Paese. (le banche "significative"). Le altre banche sono soggette alla vigilanza delle autorità nazionali, nell’ambito degli indirizzi formulati dalla BCE e di un’azione di supervisione comunque svolta da quest’ultima prevalentemente sulla base di informazioni trasmesse dalle autorità di vigilanza nazionali. Per ulteriori approfondimenti sulle riforme del sistema bancario a livello nazionale ed europeo si fa rinvio al relativo dossier.

 

Il comma 7 dispone l'istituzione, nello stato di previsione del MEF, di un fondo a copertura delle garanzie concesse ai sensi delle norme in esame, con una dotazione di 30 milioni di euro per l’anno 2020. Per la gestione del fondo è autorizzata l’apertura di apposito conto corrente di tesoreria centrale. Il successivo comma 8 specifica che i corrispettivi delle garanzie concesse sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al fondo. Le risorse del Fondo non più necessarie, quantificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.

 

L'articolo 166, del decreto in esame definisce le (ulteriori) condizioni per la concessione della garanzia dello Stato su passività delle banche aventi sede legale in Italia. Tali condizioni sono riferite al rispetto dei requisiti di fondi propri stabiliti dall'articolo 92 del regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation - CRR) ovvero, nel caso in cui tali requisiti non risultino rispettati ma la banca abbia comunque patrimonio netto positivo, all'urgente bisogno di sostegno della liquidità, a seguito della positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato applicabile alle misure di sostegno alla liquidità nel contesto della crisi finanziaria.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo 166 stabilisce che la concessione della garanzia su passività di nuova emissione è effettuata sulla base della valutazione caso per caso da parte dell'Autorità competente (BCE o Banca d'Italia a seconda della "significatività" della banca) del rispetto dei requisiti di fondi propri di cui all'articolo 92 del CRR, su base individuale e consolidata, alla data dell'ultima segnalazione di vigilanza disponibile. Se nei sei mesi precedenti la data di entrata in vigore del decreto legge in esame sono state svolte prove di stress a livello dell'Unione europea o del Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism - SSM) o sono stati condotti dalla BCE o dall'ABE verifiche della qualità degli attivi o analoghi esercizi, la valutazione dell’Autorità competente riguarda altresì l’inesistenza di carenze di capitale evidenziate da dette prove, verifiche o esercizi. Per carenza di capitale si intende l'inadeguatezza attuale o prospettica dei fondi propri rispetto alla somma dei requisiti di fondi propri di cui all'articolo 92 del CRR, su base individuale e consolidata, e degli eventuali requisiti specifici di carattere inderogabile stabiliti dall'Autorità competente.

L'articolo 92 del CRR stabilisce tre coefficienti che quantificano l'ammontare di capitale primario di classe 1 (4,5 per cento), capitale di classe 1 (6 per cento) e capitale totale (8 per cento), espresso in percentuale dell'importo complessivo dell'esposizione al rischio, che le banche devono necessariamente detenere ai fini della sana e prudente gestione.

Ove tale requisito non risulti rispettato, il comma 2 dell'articolo 166 consente comunque la concessione della garanzia, subordinatamente al rispetto di tre condizioni: il patrimonio netto della banca risulti positivo, la banca abbia urgente bisogno di sostegno della liquidità e la Commissione europea si sia espressa positivamente sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato applicabile alle misure di sostegno alla liquidità nel contesto della crisi finanziaria.

 

Il comma 3 chiarisce, inoltre, che le banche alle quali viene concessa la garanzia devono svolgere la propria attività in modo da non abusare del sostegno ricevuto né conseguire indebiti vantaggi per il tramite dello stesso, in particolare nelle comunicazioni commerciali rivolte al pubblico.

 

L'articolo 167, infine, stabilisce che, per quanto non previsto dagli articoli 165 e 166, si applica il Capo I del decreto legge n. 237 del 2016, ad eccezione degli articoli 3, comma 2, e 4, comma 3.

 L'articolo 3, comma 2 del richiamato decreto, fra i limiti applicabili alla concessione della garanzia, indica che, per ciascuna banca, l'ammontare massimo complessivo delle operazioni di sostegno non avrebbe potuto, di norma, eccedere i fondi propri a fini di vigilanza. Il successivo articolo 4, comma 3, stabilisce che la garanzia dello Stato può essere concessa anche a favore di una banca in risoluzione o di un ente-ponte di cui al decreto legislativo n. 180 del 2015.

 

Il Capo I del decreto legge n. 237 del 2016 disciplina il medesimo oggetto delle norme in esame, ovvero la concessione della garanzia dello Stato sulle passività delle banche aventi sede legale in Italia (articoli 1-9) e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità (ELA, articoli 10-11).

In base alle disposizioni del decreto, al quale viene fatto rinvio per quanto non previsto dal decreto in esame, la garanzia è concessa dal MEF nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, sulla base di una decisione positiva della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso la banca beneficiaria soffra di una carenza di capitale, sulla notifica individuale.

Per accedere alla garanzia gli strumenti di debito devono essere emessi successivamente all'entrata in vigore del decreto legge, con durata residua non inferiore a tre mesi e non superiore a cinque anni (o a sette anni per le obbligazioni bancarie già assistite da una forma di garanzia), e rimborso del capitale in un’unica soluzione a scadenza; essi inoltre devono essere a tasso fisso, in euro, senza clausole di subordinazione nel rimborso del capitale e nel pagamento degli interessi, non devono essere titoli strutturati o prodotti complessi.

L'ammontare delle garanzie è limitato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine della banca beneficiaria.

La garanzia è onerosa, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta e copre il capitale e gli interessi. Il valore nominale degli strumenti finanziari con durata superiore ai 3 anni sui quali può essere prestata la garanzia non può eccedere un terzo del valore nominale totale degli strumenti finanziari emessi dalla banca. Sono escluse dalla garanzia le passività computabili nei fondi propri a fini di vigilanza.

Nel caso di banche con urgente bisogno di sostegno alla liquidità, la garanzia può essere concessa, su strumenti finanziari con scadenza non superiore a due mesi, in deroga al limite minimo di durata di tre mesi ordinariamente fissato dalle norme in commento.

Il corrispettivo per la garanzia è determinato caso per caso, sommando a una commissione base una commissione quantificata sulla base della valutazione del rischio di ciascuna operazione, in linea con le comunicazioni della Commissione in materia.

La richiesta della garanzia è presentata secondo un modello predisposto dal Dipartimento del Tesoro, il quale la concede sulla base di una valutazione positiva dell'autorità di vigilanza. A specifiche condizioni, la banca è tenuta a presentare un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico, da sottoporre alla Commissione europea.

Qualora una banca non sia in grado di adempiere all'obbligazione garantita, invia, entro 30 giorni dalla scadenza, una richiesta motivata all'autorità di vigilanza e al Tesoro, il quale provvede al pagamento. La banca rimborsa le somme pagate dallo Stato con l’applicazione di interessi al tasso legale e, contestualmente, essa presenta un piano di ristrutturazione da sottoporre alla Commissione europea. Le somme corrisposte dal Tesoro agli istituti di credito per onorare la garanzia sono vincolate per destinazione e non aggredibili da altri creditori della banca a diverso titolo.

Per ulteriori approfondimenti si fa rinvio alle schede di lettura del decreto legge n. 237 del 2016.

 

Il sistema armonizzato di regole sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie, insieme alle regole che definiscono un sistema armonizzato di requisiti minimi riferiti al capitale e ad altri strumenti che una banca deve detenere affinché si possa ritenere che sia in grado di operare in condizioni di sicurezza e di far fronte autonomamente alle perdite operative, contenute nella direttiva CRD 2013/36/UE (Capital Requirements Directive - CRD) e nel regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation - CRR), atti sui quali vigilano la Banca Centrale Europea (BCE) e le banche centrali nazionali, secondo i meccanismi di cooperazione stabiliti dal regolamento (UE) n. 1024/2013 (Single Supervisory Mechanism Regulation - SSMR), costituiscono il codice unico (single rulebook) del settore a livello europeo.

Con l'entrata in vigore della BRRD e del SRMR è stato definito il quadro giuridico del Meccanismo di risoluzione unico delle banche e delle società di intermediazione mobiliare (SIM) che prestano servizi che comportano l’assunzione di rischi in proprio (Single Resolution Mechanism - SRM), complementare al Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism - SSM) con l’obiettivo di preservare la stabilità finanziaria dell’area dell’euro mediante un sistema unitario delle procedure di risoluzione. È altresì prevista l’istituzione di un Fondo di risoluzione unico per il finanziamento dei programmi di risoluzione (Single Resolution Fund - SRF) alimentato dai contributi degli intermediari dei paesi dell’area dell’euro con un piano di versamenti distribuito in 8 anni.

Il sistema è formato dalle autorità nazionali di risoluzione (National Resolution Authority - NRA) e dal Comitato di risoluzione unico (Single Resolution Board - SRB), un’agenzia europea per l’esercizio delle funzioni di risoluzione, nel cui consiglio sono presenti anche i rappresentanti delle autorità nazionali. Il sistema di risoluzione unico ha l'obiettivo di assicurare la gestione efficace delle crisi delle banche "significative" (sostanzialmente tutte le banche che hanno un attivo superiore ai 30 miliardi di euro) o con operatività transfrontaliera nell’area dell’euro e delle principali SIM, superando i problemi determinati dalla frammentazione delle procedure su base nazionale. Il Comitato di risoluzione unico assume le decisioni in merito ai piani di risoluzione e all’avvio della risoluzione e individua le azioni più idonee al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla disciplina europea. Le autorità nazionali di risoluzione, oltre a partecipare alle decisioni del Comitato, sono responsabili dell’attuazione delle concrete misure di risoluzione.

Le autorità nazionali di risoluzione (per l'Italia il ruolo è stato attribuito alla Banca d'Italia) rimangono altresì responsabili della gestione delle crisi degli intermediari meno significativi. Nello svolgimento di tali attività le NRA agiscono nell’ambito degli orientamenti e delle linee guida stabiliti dal Comitato di risoluzione unico che, in casi eccezionali, può esercitare poteri di sostituzione assicurando l’effettiva unitarietà del Meccanismo.

Sia il SRB sia le autorità nazionali si avvalgono degli strumenti di gestione delle crisi introdotti dalla BRRD. Tale quadro prevede in primo luogo che gli enti creditizi siano costantemente preparati ad affrontare un deterioramento della propria situazione finanziaria, adottando e tenendo aggiornato un piano di risanamento che preveda l’adozione da parte dell’ente di misure volte al ripristino della sua situazione finanziaria. Il piano costituisce un vero e proprio requisito di governo societario anche ai fini della direttiva CRD. Il piano è basato su un complesso di indicatori della situazione finanziaria concordati fra l'ente e l'autorità di risoluzione, che vengono monitorati per identificare le circostanze in cui risulti opportuno mettere in atto specifiche azioni di risanamento definite in via preventiva.

Così come gli enti devono essere preparati a gestire il deterioramento della situazione finanziaria, le autorità di risoluzione devono essere preparate a gestire i casi in cui questo deterioramento conduca al dissesto o al rischio di dissesto dell'ente. Il piano di risoluzione della crisi, preparati di norma con l'assistenza degli enti stessi, non deve presupporre interventi di salvataggio esterno (bail-out). La risoluzione di un ente s’intende possibile quando all’autorità di risoluzione risulta fattibile e credibile liquidare l’ente con procedura ordinaria di insolvenza oppure risolverne la crisi applicando all’ente i vari strumenti di risoluzione ed esercitando nei suoi confronti i diversi poteri di risoluzione, evitando il più possibile qualsiasi effetto negativo significativo, comprese situazioni di instabilità finanziaria più ampia o di eventi a livello sistemico, sul sistema finanziario dello Stato membro in cui l’ente è stabilito o di altri Stati membri dell’Unione e nella prospettiva di assicurare la continuità delle funzioni essenziali svolte dall’ente. Le autorità di risoluzione notificano con tempestività all’ABE quando la risoluzione di un ente non viene ritenuta possibile. In sostanza, il Comitato valuta se la banca possa essere liquidata nell’ambito delle procedure di insolvenza nazionali. Questo è l’approccio convenzionale, a meno che il Comitato non giunga alla conclusione che sia nel pubblico interesse procedere alla risoluzione.

La BRRD identifica una serie di misure di intervento precoce attivabili dall'autorità di vigilanza prudenziale ai sensi del CRR qualora un ente violi o appaia prossimo a violare i requisiti prudenziali, a causa tra l’altro di un rapido deterioramento della situazione finanziaria, del peggioramento della situazione di liquidità, del rapido aumento dei livelli di leva finanziaria, dei crediti in sofferenza o della concentrazione di esposizioni. Tali opzioni di intervento, vanno ad integrare il quadro dei poteri di vigilanza prudenziale stabilito dall'articolo 104 della CRD, si sostanziano nella richiesta rivolta all'organo amministrativo dell'ente di intraprendere specifiche azioni volte a risanare la situazione finanziaria, e sono assistite dalla facoltà di esigere la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione dell’ente, nella sua totalità o per quanto riguarda singole persone e dal potere di nomina della nuova alta dirigenza o dell’organo di amministrazione. 

Le misure di intervento precoce sono esemplificative delle aree di interconnessione fra la disciplina prudenziale e la disciplina del risanamento e della risoluzione (per un approfondimento su CRD e CRR, si fa rinvio alla scheda di lettura dell'articolo 10 del disegno di legge in esame). Proprio al fine di gestire tali aree, il considerando 54 del regolamento SRMR prevede che il Comitato di risoluzione, le autorità nazionali di risoluzione e le autorità competenti, compresa la Banca centrale europea, dovrebbero all'occorrenza concludere (e riesaminare periodicamente) un memorandum d'intesa che descriva i termini generali della reciproca cooperazione nello svolgimento dei rispettivi compiti previsti dalla legislazione dell'Unione.

Qualora tutte le azioni di risanamento e intervento precoce non fossero in grado di evitare il rischio di dissesto, la BRRD prevede l'avvio di un'azione di risoluzione (articoli 31 e seguenti della BRRD), finalizzata a garantire la continuità delle funzioni essenziali; evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria; salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario; tutelare i depositanti, gli investitori e i clienti.

 Gli strumenti principali che le relative autorità possono applicare per la risoluzione di una crisi bancaria sono elencati dall'articolo 37 della BRRD: vendita dell'attività d'impresa, creazione di un ente-ponte, separazione delle attività (applicabile solo se abbinato a un altro strumento di risoluzione), salvataggio interno mediante svalutazione o conversione in capitale delle passività ammissibili (bail-in).

 

La BRRD è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/879, la cui attuazione è oggetto del disegno di Legge di delegazione europea 2019, in corso di esame in commissione presso il Senato (A.S. 1721), che reca inoltre criteri per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del SRMR.

 

 


 

Capo II -  Regime di sostegno pubblico per l'ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di
banche di ridotte dimensioni

Articoli 168-175
(Regime di sostegno pubblico per l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa
di banche di ridotte dimensioni)

 

 

Gli articoli da 168 a 175 istituiscono un regime di sostegno pubblico per l'ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche, diverse dalle banche di credito cooperativo, con attività totali di valore pari o inferiore a 5 miliardi di euro (articolo 168). A tal fine, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a concedere il sostegno pubblico alle operazioni di trasferimento a una banca acquirente di attività e passività, di azienda, rami d’azienda nonché di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco  della banca in liquidazione coatta amministrativa (articolo 169). L'ammontare complessivo massimo degli oneri a carico dello Stato per la concessione del sostegno pubblico in esame, è pari a 100 milioni. Il comma 5 dell'articolo 169 stabilisce che tale sostegno può essere concesso a seguito della positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità del regime di sostegno in argomento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato. L'articolo 170 dispone la trasmissione al MEF da parte della Banca d'Italia delle offerte vincolanti per l’acquisto di un compendio ceduto che prevedono quale condizione la concessione di misure di sostegno pubblico. Il MEF seleziona l'offerta che, nel rispetto dell'obiettivo di assicurare l’ordinato svolgimento della procedura di liquidazione coatta amministrativa, minimizza il sostegno pubblico. Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, la cessione del compendio di cui all’articolo 169 si considera cessione di un ramo di azienda e, pertanto, è esclusa dall'ambito di applicazione dell'imposta. L'articolo 173 dispone che il MEF, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d’Italia, presenti alla Commissione europea una relazione annuale sul funzionamento del regime di sostegno in esame.

 

L'articolo 168 definisce l'ambito di applicazione delle disposizioni contenute nel Capo II del Titolo VIII (disposizioni per la tutela del risparmio nel settore creditizio) del decreto in esame, che istituiscono un regime di sostegno pubblico per l'ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni. In particolare, si tratta di banche, diverse dalle banche di credito cooperativo, con attività totali di valore pari o inferiore a 5 miliardi di euro, sottoposte alla procedura prevista dall’articolo 80 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario - TUB) dopo l’entrata in vigore del decreto legge in esame.

La soglia dei 5 miliardi è superiore a quella attualmente prevista (3,5 miliardi) nella Circolare Banca d’Italia n. 285/2013 per definire la classe dimensionale delle "banche di minori dimensioni o complessità operativa". Allo stesso tempo, la soglia dei 5 miliardi costituisce uno dei requisiti per identificare gli enti piccoli e non complessi ai sensi che ha modificato il regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation - CRR), come modificato dal regolamento (UE) 2019/876 la cui attuazione è oggetto del disegno di Legge di delegazione europea 2019, in corso di esame in commissione presso il Senato (A.S. 1721). Il regolamento (UE) 2019/876, fra le opzioni discrezionali per cui è richiesta una scelta agli Stati membri, ha previsto la possibilità di individuare una soglia inferiore ai 5 miliardi di euro per la definizione di enti piccoli e non complessi (nuovo punto 145 dell’articolo 4 del CRR). Oltre ad essere caratterizzato da un valore totale delle attività in media pari o inferiore alla soglia di 5 miliardi di euro nel quadriennio immediatamente precedente, il CRR prevede una serie di requisiti ulteriori necessari per qualificare un ente "piccolo e non complesso": non essere soggetto ad alcun obbligo (o soggetto a obblighi semplificati) in relazione ai piani di risoluzione e di risanamento; avere un portafoglio di negoziazione di piccole dimensioni a norma dell'articolo 94 del CRR; avere un valore totale delle posizioni in derivati non superiore al 2 per cento del totale delle attività in bilancio e fuori bilancio e un valore totale dell'insieme delle sue posizioni in derivati non superiore al 5 per cento e operante prevalentemente nello Spazio economico europeo. L'ente non deve, inoltre, utilizzare modelli interni per soddisfare i requisiti prudenziali e non aver sollevato obiezioni contro la classificazione come “ente piccolo e non complesso” presso l'autorità competente.

 

L'articolo 80 del TUB prevede che, su proposta della Banca d’Italia o su istanza motivata degli organi amministrativi, dell’assemblea straordinaria, dei commissari straordinari o dei liquidatori, il Ministro dell’economia e delle finanze possa disporre con decreto la liquidazione coatta amministrativa delle banche, anche quando ne sia in corso l’amministrazione straordinaria ovvero la liquidazione secondo le norme ordinarie, se ricorrono i presupposti indicati nell’articolo 17 del decreto legislativo n. 180 del 2015, di recepimento della direttiva 2014/59/UE (Bank Recovery and Resolution Directive - BRRD), per cui la banca è considerata in dissesto o a rischio di dissesto, ma non quelli indicati nell’articolo 20, comma 2, del medesimo decreto, per cui non sussiste un interesse pubblico alla risoluzione della crisi attraverso il ricorso agli strumenti stabiliti dalla BRRD e dal relativo regolamento (UE) n. 806/2014 (Single Resolution Mechanism Regulation - SRMR) e la risoluzione non è necessaria e proporzionata per conseguire la stabilità finanziaria, il contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, la tutela dei depositanti e degli investitori protetti da sistemi di garanzia o di indennizzo, nonché dei fondi e delle altre attività della clientela.

I successivi articoli del TUB disciplinano gli organi della procedura (articolo 81), l'accertamento giudiziale dello stato di insolvenza (82), gli effetti del provvedimento per la banca, per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti (83), i poteri e il funzionamento degli organi liquidatori (84), gli adempimenti iniziali (85), l'accertamento dello stato passivo (86), le opposizioni a tale provvedimento (87), le insinuazioni tardive (89), la liquidazione dell'attivo (90) le restituzioni e i riparti (91), gli adempimenti finali (92), le procedure prive di risorse liquide o con risorse insufficienti (92-bis), il concordato di liquidazione (93), la sua esecuzione, la chiusura di tale procedura (94) e l'applicazione della liquidazione coatta amministrativa alle succursali di banche extracomunitarie (95).

 

L'articolo 169 stabilisce che, al fine di assicurare l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa delle banche di ridotte dimensioni, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a concedere il sostegno pubblico alle operazioni di trasferimento a una banca acquirente di attività e passività, di azienda, rami d’azienda nonché di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco (definito "il compendio ceduto") della banca in liquidazione coatta amministrativa. Il sostegno, volto a favorire che i diritti da soddisfare e le attività da realizzare possano essere gestiti in blocco, può essere fornito nelle seguenti forme, anche in combinazione fra di loro:

a)   trasformazione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate della banca posta in liquidazione coatta amministrativa, anche laddove non iscritte nel bilancio di quest’ultima;

b)   trasformazione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate dell’acquirente, anche laddove non iscritte nel bilancio di quest’ultima;

c)   concessione all’acquirente di garanzie su componenti del compendio ceduto. Tale garanzia dello Stato è gratuita, a prima richiesta, incondizionata, irrevocabile ed esplicita, copre capitale, interessi e oneri accessori fino all’importo massimo garantito e prevede il concorso del beneficiario nelle perdite;

d)   erogazione all’acquirente di contributi ove le precedenti forme di sostegno pubblico non siano sufficienti.

 

Il comma 2 specifica le componenti che possono essere oggetto della trasformazione in crediti di imposta di cui alle precedenti lettere a) e b):

§  perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’articolo 84 del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR);

§  importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto calcolato secondo il regime di aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 201 del 2011, non ancora dedotto né trasformato in credito d’imposta.

L'articolo 1 del decreto legge n. 201 del 2011 ha introdotto la disciplina dell'aiuto alla crescita economica (Ace) mediante la riduzione della imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio. In particolare, ai fini della determinazione del reddito complessivo netto dichiarato dalle società e dagli enti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, è ammesso in deduzione un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio. Il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio è valutato mediante applicazione di un'aliquota percentuale dell'1,3 per cento (articolo 1, comma 287 della legge n. 160 del 2019 - legge di bilancio 2020) alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010. La parte del rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato è computata in aumento dell'importo deducibile dal reddito dei periodi d'imposta successivi ovvero si può fruire di un credito d'imposta applicando alla suddetta eccedenza le aliquote di cui agli articoli 11 e 77 del TUIR. Il credito d'imposta è utilizzato in diminuzione dell'IRAP, e va ripartito in cinque quote annuali di pari importo;

§  componenti reddituali di cui all’articolo 1, commi 1067 e 1068, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), derivanti dall'adozione del modello di rilevazione delle perdite su crediti di cui allo standard internazionale IFRS 9;

I commi 1067 e 1068 della legge di bilancio 2019 stabiliscono che i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall’adozione del modello di rilevazione delle perdite su crediti di cui allo standard internazionale IFRS 9, iscritti in bilancio da enti creditizi e finanziari in sede di prima adozione del medesimo principio, sono deducibili dalla base imponibile dell’imposta sul reddito delle società e dell'IRAP per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo d’imposta di prima adozione dell’IFRS 9 e per il restante 90 per cento in quote costanti nei nove periodi d’imposta successivi. Successivamente, per effetto dell'articolo 1, comma 713 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) la deduzione della quota del 10 per cento per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, è stata differita al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2028.

 

Il comma 3 specifica che il credito d’imposta derivante dalla trasformazione:

§  non è produttivo di interessi;

§  può essere utilizzato in compensazione, senza limiti di importo, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, chiesto a rimborso ovvero ceduto secondo quanto previsto dall’articolo 43-bis o dall’articolo 43-ter del D.P.R. n. 602 del 1973;

§  va indicato nella dichiarazione dei redditi e non concorre alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Il comma 4 stabilisce l'ammontare complessivo massimo degli oneri a carico dello Stato per la concessione del sostegno pubblico in esame, pari a 100 milioni di euro eventualmente incrementati secondo le modalità di cui al successivo comma 6.

In caso di concessione di garanzie, per cui (a differenza della trasformazione di attività in crediti d'imposta e dell'erogazione di contributi) l'importo da erogare può essere solo stimato, attraverso un processo di analisi probabilistica dell'effettivo ammontare delle garanzie per le quali sarà successivamente richiesta l'escussione, il comma 3 prevede che il corrispondente ammontare del sostegno pubblico sia pari al fair value delle garanzie stesse.

Per "fair value" (valore equo) si intende il corrispettivo al quale un’attività (passività) può essere scambiata (estinta) in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili. Si tratta dunque di un valore teorico, risultante da un processo di stima delle variabili in grado di incidere sul valore dello strumento. 

 

Il comma 5 dell'articolo 169 stabilisce che il sostegno pubblico può essere concesso a seguito della positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità del regime di sostegno in argomento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.

Il termine entro il quale può essere concesso il sostegno è di dodici mesi dalla data della positiva decisione della Commissione sul regime di sostegno. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze tale periodo può essere esteso fino a un massimo di ulteriori dodici mesi previa approvazione da parte della Commissione europea. Nel caso sia necessaria la notifica individuale del singolo intervento, il sostegno può essere concesso ad esito della relativa autorizzazione della Commissione europea.

 

Il successivo comma 6 stabilisce inoltre che, per far fronte agli oneri derivanti dal regime di sostegno pubblico all’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni è istituito nello stato di previsione del MEF un fondo di importo pari a 100 milioni di euro per il 2020. Il fondo può essere incrementato con gli eventuali minori oneri derivanti dall'attuazione delle misure di sostegno alle imprese disposte dagli articoli 55, 56 e 57 del decreto legge n. 18 del 2020

 

L'articolo 170 dispone la trasmissione al MEF da parte della Banca d'Italia delle offerte vincolanti per l’acquisto di un compendio ceduto che prevedono quale condizione la concessione di misure di sostegno pubblico. Sono trasmesse le sole offerte per le quali la Banca d’Italia attesta che:

a)   l’offerente ha una situazione patrimoniale, finanziaria e organizzativa idonea, anche in relazione alla dimensione dei suoi attivi rapportati a quelli del compendio ceduto, a sostenerne l’acquisizione e a integrarlo nella propria organizzazione aziendale entro un anno dall’acquisizione;

b)   tra l’offerente e la banca posta in liquidazione coatta amministrativa non sussistono rapporti di controllo ai sensi dell’articolo 23 del TUB;

c)   l’offerente è autorizzato a svolgere l'attività bancaria e le altre attività connesse del compendio ceduto;

d)   il compendio ceduto non comprende le passività assoggettabili a bail-in, indicate all'articolo 52, comma 1, lettera a), punti i), ii), iii) e iv), del decreto legislativo n. 180 del 2015.

e)    Si tratta in particolare delle riserve e del capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, nonché dagli altri strumenti finanziari computabili nel capitale primario di classe 1, strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1, elementi di classe 2 e debiti subordinati diversi dagli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 o dagli elementi di classe 2.

f)    non vi sono condizioni ostative al rilascio dell’autorizzazione alla cessione di attività e passività ai sensi dell’articolo 90, comma 2, del TUB.

L'articolo 90 del TUB disciplina il realizzo dell'attivo nell'ambito della procedura di liquidazione coatta amministrativa. Ai sensi del comma 2, i commissari, con il parere favorevole del comitato di sorveglianza e previa autorizzazione della Banca d’Italia, possono cedere attività e passività, l’azienda, rami d’azienda nonché beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. La cessione può avvenire in qualsiasi stadio della procedura, anche prima del deposito dello stato passivo.

 

Ai sensi del comma 2, la Banca d’Italia attesta inoltre che:

a)   la cessione non è attuabile senza ricorso al sostegno pubblico, evidenziando le motivazioni per le quali il supporto pubblico è necessario per l’ordinato svolgimento della liquidazione, anche alla luce delle valutazioni espresse dal sistema di garanzia dei depositi in merito alla possibilità di effettuare interventi ai sensi dell’articolo 96-bis del TUB. Qualora vengano presentate offerte che non prevedono il sostegno pubblico la Banca d’Italia ha l'obbligo di motivarne l’esclusione;

b)   le offerte sono state individuate, anche sulla base di trattative a livello individuale, nell'ambito di una procedura aperta, concorrenziale, non discriminatoria di selezione dell'offerta di acquisto più conveniente, in conformità del quadro normativo dell’Unione europea sugli aiuti di Stato;

c)   le offerte trasmesse sono idonee a garantire la liquidazione ordinata della banca e il mantenimento della redditività a lungo termine dell'acquirente o del nuovo soggetto risultante dalla cessione.

 

Ai sensi del comma 3 dell'articolo 170, le offerte di acquisto di un compendio ceduto devono contenere gli impegni previsti ai fini del rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato, inclusa la comunicazione della Commissione europea 2013/C-216/01 (Comunicazione sul settore bancario), con particolare riguardo alle condizioni per l'autorizzazione di regimi di liquidazione ordinata  (paragrafo 6.4 della comunicazione), al divieto di utilizzo dei segni distintivi della banca in liquidazione coatta amministrativa e agli ulteriori impegni eventualmente indicati dalla Commissione europea, nella decisione di cui all’articolo 169, comma 5, al fine di limitare le distorsioni della parità concorrenziale e assicurare la redditività dell’acquirente dopo l’acquisizione.

 

Ai fini della concessione del sostegno, il successivo articolo 171 stabilisce che, tenuto conto delle attestazioni fornite dalla Banca d’Italia ai sensi dell’articolo 170, verificata la conformità con quanto previsto dalle norme in esame e con la decisione della Commissione europea di cui all'articolo 169, comma 5, selezionata l'offerta che, nel rispetto dell'obiettivo di assicurare l’ordinato svolgimento della procedura di liquidazione coatta amministrativa, minimizza il sostegno pubblico, il Ministro dell’economia e delle finanze può disporre le misure di sostegno con proprio decreto (comma 1), sottoposto al controllo preventivo di legittimità e alla registrazione della Corte dei Conti (comma 2).

L’acquirente può avvalersi delle misure di sostegno solo successivamente della cessione del compendio.

Per effetto della concessione del sostegno, al MEF è attribuito un credito nei confronti della liquidazione coatta amministrativa (comma 3). Il credito è pagato dopo i crediti prededucibili ai sensi dell'articolo 111, comma 1, numero 1), e dell'articolo 111-bis della legge fallimentare e prima di ogni altro credito. Con riferimento alle misure di cui all’articolo 169, comma 1, lettere a) e b), il credito del MEF è commisurato al valore attuale netto attribuito all’acquirente per effetto della trasformazione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate.

Il comma 4 specifica inoltre che se la concentrazione che deriva dall’acquisizione del compendio ceduto all’acquirente non risulta di dimensione comunitaria ai sensi del regolamento (CE) n. 139/2004, essa si intende autorizzata in deroga alle procedure previste dalle norme a tutela della concorrenza e del mercato di cui alla legge n. 287 del 1990, per rilevanti interessi generali dell'economia nazionale.

 

L'articolo 172, comma 1, dispone che, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, la cessione del compendio di cui all’articolo 169 si considera cessione di un ramo di azienda e, pertanto, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera b) del  D.P.R n. 633 del 1972, è esclusa dall'ambito di applicazione dell'imposta in quanto non è riconducibile alla cessione di beni. Agli atti aventi a oggetto la cessione del compendio si applicano le imposte di registro, ipotecaria e catastale, ove dovute, nella misura fissa di 200 euro ciascuna.

Il comma 2 specifica che al soggetto cessionario e al soggetto cedente si applicano le disposizioni previste, rispettivamente, per l’ente-ponte e per l’ente sottoposto a risoluzione dall’articolo 15 del decreto legge n. 18 del 2016.

Tale disposizione stabilisce che la cessione di diritti, attività e passività di un ente sottoposto a risoluzione a un ente-ponte non costituisce realizzo di plusvalenze o minusvalenze ai fini dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive. I beni ricevuti dall'ente-ponte sono valutati fiscalmente in base agli ultimi valori fiscali riconosciuti in capo all'ente cedente. Dalla data in cui ha effetto la cessione l'ente-ponte subentra nella posizione dell'ente sottoposto a risoluzione in ordine ai diritti, attività o passività oggetto di cessione, incluse la deduzione o la tassazione dei componenti di reddito dell'ente sottoposto a risoluzione già imputati a conto economico e non ancora dedotti o tassati dallo stesso alla data della cessione, e nelle deduzioni derivanti da opzioni di riallineamento dell'avviamento e di altre attività immateriali esercitate dall'ente sottoposto a risoluzione. Le perdite di cui all'articolo 84 del TUIR dell'ente sottoposto a risoluzione sono portate in diminuzione del reddito dell'ente-ponte.

 

Il comma 3 stabilisce che i componenti positivi derivanti dagli interventi a sostegno della cessione del compendio non concorrono alla formazione del reddito complessivo ai fini delle imposte sul reddito e alla determinazione del valore della produzione netta del cessionario. Le spese sostenute dal cessionario nell’ambito delle misure di ristrutturazione aziendale sovvenzionate con gli eventuali contributi di cui all’articolo 169, comma 1, lettera d), sono comunque deducibili dal reddito complessivo ai fini delle imposte sul reddito e dal valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive. Il cessionario inoltre non è obbligato solidalmente con il cedente ai sensi dell’articolo 33 del decreto legislativo n. 231 del 2001 (comma 4).

Tale articolo dispone che, nel caso di cessione dell'azienda nella cui attività è stato commesso il reato, il cessionario è solidalmente obbligato, salvo il beneficio della preventiva escussione dell'ente cedente e nei limiti del valore dell'azienda, al pagamento della sanzione pecuniaria.

 

Per effetto del comma 5, infine, sono escluse dalla cessione le controversie relative ad attività e passività escluse dalla stessa e le relative passività.

 

L'articolo 173 dispone che il MEF, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d’Italia, presenti alla Commissione europea una relazione annuale sul funzionamento del regime di sostegno pubblico per l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni ai sensi del paragrafo 6.5 della Comunicazione della Commissione Europea 2013/C-216/01.

 

L'articolo 174 delega al MEF il potere di emanare disposizioni di attuazione delle norme in esame con uno o più decreti.

 

L'articolo 175 stabilisce che agli oneri derivanti dal regime di sostegno pubblico per l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni (articoli da 168 a 174), nonché a quelle del precedente Capo I relativo alla garanzia dello Stato su passività di nuova emissione (articoli da 165 a 167) si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si fa rinvio.

 

 


 

Titolo VIII – Misure di settore

Capo I -  Misure per il turismo e la cultura

Articolo 176
(Tax credit vacanze)

 

 

L’articolo 176 concede un credito, relativo al periodo d’imposta 2020 ed utilizzabile dal 1° luglio al 31 dicembre 2020, per i pagamenti di servizi turistici usufruiti sul territorio nazionale. Il beneficio è destinato a nuclei familiari con ISEE non superiore a 40.000 euro. Sono inoltre dettate le condizioni per la fruizione del beneficio. L'ammontare massimo del credito, utilizzabile da un solo componente per nucleo familiare, è pari a 500 euro per nucleo familiare (300 euro per i nuclei di due persone, 150 euro per i nuclei di una sola persona).

Il beneficio è fruibile esclusivamente:

§  nella misura dell’80 per cento, d’intesa con il fornitore del servizio, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto;

§  il restante 20 per cento è riconosciuto in forma di detrazione di imposta.

Lo sconto è rimborsato al fornitore dei servizi sotto forma di credito d'imposta, da utilizzare esclusivamente in compensazione.

Si demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle modalità applicative delle disposizioni in esame.

 

Il comma 1 riconosce un credito in favore dei nuclei familiari con ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente, di cui al DPCM n. 159 del 2013) inferiore ai 40.000 euro per il pagamento di servizi offerti dalle imprese turistico ricettive, dalle aziende di agriturismo e dai bed and breakfast. Tali imprese dovranno essere in possesso dei titoli prescritti (dalle norme nazionali o regionali) per l’esercizio dell’attività. Il credito è utilizzabile dal 1° luglio al 31 dicembre 2020.

La disposizione specifica che, ai fini del riconoscimento del beneficio, si può considerare l'ISEE in corso di validità, ordinario ovvero corrente (ai sensi dell'art. 9 del DPCM n. 159 del 2013).

 

Il DPCM n. 159 del 2013 - richiamato dal comma 1 dell'articolo in esame - reca il regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'ISEE. L'art. 9 del regolamento stabilisce che può essere calcolato l'ISEE corrente, riferito ad un periodo di tempo più ravvicinato al momento della richiesta della prestazione, qualora vi sia una rilevante variazione nell'Indicatore e al contempo si sia verificata, per almeno uno dei componenti il nucleo familiare, nei 18 mesi precedenti la richiesta della prestazione, una delle variazioni della situazione lavorativa ivi elencate.

Si ricorda qui, in estrema sintesi, che l'ISEE, istituito dal D.lgs. 109/1998, è un indicatore utilizzato per confrontare, mediante apposite scale di equivalenza volte a misurare forfettariamente le differenti condizioni soggettive, la situazione economica del nucleo familiare del soggetto che richiede prestazioni sociali agevolate. È calcolato sulla base di una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) e vale annualmente per tutti i membri del nucleo e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla pagina dedicata sul sito dell'INPS.

 

Si ricorda, inoltre, che la legge n. 96 del 2006 reca disciplina dell'agriturismo. L'art. 2 della legge citata stabilisce che per attività agrituristiche debbano intendersi le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli (di cui all'articolo 2135 c.c.), anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali.

Si segnala, infine, che è all'esame della 10a commissione del Senato il disegno di legge A.S. n. 1413, approvato dalla Camera dei deputati, il quale conferisce al Governo la delega per l'adozione di uno o più decreti legislativi in materia di turismo, contestualmente individuando i relativi principi e criteri direttivi. Per un inquadramento generale della materia si veda la relativa Nota n. 122 (luglio 2019).

 

Il comma 2 stabilisce che il credito si può riconoscere ad un solo componente del gruppo familiare, nella misura massima di:

§  500 euro per nucleo familiare;

§  300 euro per i nuclei familiari di due persone;

§  150 euro per i nuclei familiari composti da una sola persona.

 

Il comma 3 stabilisce le seguenti condizioni per la fruizione del beneficio, a pena di decadenza:

a)   le spese devono essere sostenute in unica soluzione in relazione ai servizi resi da un singolo fornitore del servizio;

b)   il totale del corrispettivo deve essere documentato da fattura elettronica o documento commerciale (di cui al d.lgs. n. 127/2015, art. 2, recante la disciplina sulla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi); si specifica che la fattura o il documento dovranno riportare il codice fiscale del soggetto richiedente il credito;

c)   il pagamento del servizio deve essere corrisposto senza l’ausilio, l’intervento o l’intermediazione di soggetti che gestiscono piattaforme o portali telematici diversi da agenzie di viaggio e tour operator.

 

Ai sensi del comma 4 il credito è fruibile esclusivamente nella misura dell’80 per cento, d’intesa con il fornitore del servizio, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto e per il 20 per cento in forma di detrazione di imposta in sede di dichiarazione dei redditi da parte dell’avente diritto.

Il comma 5 prevede il rimborso dello sconto all'impresa turistica ricettiva, all'agriturismo o al bed and breakfast, sotto forma di credito d'imposta. Si chiarisce che il credito d'imposta in esame è utilizzabile esclusivamente in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997). Non si applicano a tali crediti compensabili i limiti generali (700.000 euro) e i limiti speciali (cd. limite di utilizzo, pari 250.000 euro) di cui, rispettivamente, all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000 e all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007.

Il medesimo credito di imposta può essere oggetto di cessione a terzi, anche diversi dai propri fornitori di beni e servizi, nonché ad istituti di credito o intermediari finanziari. Il credito d'imposta non ulteriormente ceduto è usufruito dal cessionario con le stesse modalità previste per il soggetto cedente.

Qualora si accerti che il credito sia stato utilizzato senza il soddisfacimento di tutte le condizioni previste, il fornitore dei servizi e i cessionari risponderanno solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in misura eccedente lo sconto applicato. La norma pone in capo all'Agenzia delle entrate il compito di provvedere al recupero dell’importo corrispondente, maggiorato di interessi e sanzioni.

 

Si ricorda che l’articolo 17 del d.lgs. 241 del 1997 disciplina la compensazione dei crediti. Al fine di compensare i crediti con i propri debiti, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

Al fine di contrastare indebite compensazioni, l'art. 3 del D.L. n. 124 del 2019 (conv. dalla l. n. 157 del 2019) consente di compensare per importi superiori a 5.000 euro annui solo a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui emerge il credito; estende l’obbligo di utilizzare modalità di pagamento telematiche a tutti i soggetti che intendono effettuare la compensazione; introduce una specifica disciplina sanzionatoria.

Il comma 6 demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare sentito l’INPS e previo parere dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, la definizione delle modalità applicative dei commi da 1 a 5, da eseguire anche avvalendosi della società per azioni PagoPA.

La piattaforma pagoPA è la piattaforma per la gestione del sistema dei pagamenti pubblici, che consente a privati e aziende di effettuare pagamenti elettronici alla PA. PagoPA S.p.A. è la società partecipata dallo Stato creata allo scopo di diffondere i servizi digitali in Italia costituita ai sensi dell'art. 8 del D.L. n. 135 del 2018. Tale articolo 8 ha trasferito, dall'Agenzia per l'Italia Digitale alla Presidenza del Consiglio dei ministri, i compiti relativi alla piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento. A tale fine ha previsto la costituzione di una società per azioni interamente partecipata dallo Stato per lo svolgimento delle suddette attività. Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuite le funzioni di indirizzo, coordinamento e supporto tecnico delle pubbliche amministrazioni per assicurare la massima diffusione delle forme di pagamento con strumenti elettronico.

Sul sistema pagoPA si veda il relativo sito internet.

 

Il comma 7 dispone in ordine alla copertura degli oneri, valutati in circa 1.677,2 milioni euro per l’anno 2020 e in circa 733,8 milioni euro per l’anno 2021, rinviando all'art. 265 del presente decreto-legge.


 

Articolo 177
(Esenzioni IMU per il settore turistico)

 

 

L’articolo 177 prevede l’abolizione della prima rata dell'IMU, quota-Stato e quota-Comune, per l’anno 2020 in favore dei possessori di immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali o stabilimenti termali, così come per gli immobili classificati nella categoria catastale D/2, vale a dire gli immobili di agriturismi, villaggi turistici, ostelli della gioventù e campeggi, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività.

 

In particolare, il comma 1, in considerazione degli effetti connessi all’emergenza sanitaria da COVID 2019, esenta dalla prima rata, relativa all’anno 2020, dell'imposta municipale propria (IMU) gli immobili:

§  adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali e degli stabilimenti termali (lettera a));

§  rientranti nella categoria catastale D/2 (alberghi e pensioni con fine di lucro) ovvero – secondo quanto specificato dalla norma - agriturismi, villaggi turistici, ostelli della gioventù, rifugi di montagna, colonie marine e montane, affittacamere per brevi soggiorni, case e appartamenti per vacanze, bed & breakfast, residence e campeggi, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività esercitate (lettera b)).

 

Si ricorda che i commi da 738 a 783 della legge di bilancio 2020 hanno riformato l'assetto dell'imposizione immobiliare locale, unificando le due vigenti forme di prelievo (l'Imposta comunale sugli immobili, IMU e il Tributo per i servizi indivisibili, TASI) e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo. L'aliquota di base è fissata allo 0,86 per cento e può essere manovrata dai comuni a determinate condizioni. Ulteriori aliquote sono definite nell'ambito di una griglia individuata con decreto del MEF. Sono introdotte modalità di pagamento telematiche.

In particolare, il comma 772 dispone, relativamente agli immobili strumentali, la deducibilità dell'IMU dal reddito di impresa e dal reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni, diversamente da quanto accade per l'IRAP, imposta rispetto alla quale il tributo locale risulta, invece, indeducibile. In via transitoria, il comma 773, stabilisce che la deduzione si applica nella misura del 60 per cento per gli anni 2020 e 2021 (ovvero per i periodi d'imposta successivi a quello in corso, rispettivamente, al 31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2020), mentre l'intera deducibilità dell'IMU, dell'IMI e dell'IMIS ha effetto a decorrere dal 2022, ovvero dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021.

Il comma 2 prevede che per il ristoro ai comuni a fronte delle minori delle entrate derivanti dall’abolizione dell’IMU, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo con una dotazione di 74,90 milioni di euro per l’anno 2020. Alla ripartizione del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Ai sensi del comma 3, le disposizioni in esame si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’emergenza COVID-19.

Il comma 4 quantifica gli oneri in 205,45 milioni di euro per l’anno 2020, cui si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 


 

Articolo 178
(Fondo turismo)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 178 istituisce nello stato di previsione del MIBACT un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2020, al fine di sostenere il settore turistico mediante operazioni di mercato.

Il fondo è finalizzato alla sottoscrizione di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio e fondi di investimento, gestiti da società di gestione del risparmio, in funzione di acquisto, ristrutturazione e valorizzazione di immobili destinati ad attività turistico-ricettive.

Il comma in esame demanda a un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione delle modalità e delle condizioni di funzionamento del fondo, comprese le modalità di selezione del gestore del Fondo, anche mediante il coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti S.p.A. individuato come istituto nazionale di promozione ai sensi della normativa europea sugli investimenti strategici e di altri soggetti privati.

Il comma 2 prevede che il corrispettivo al soggetto gestore è riconosciuto, a valere sulla dotazione del fondo, nel limite massimo di 200.000 euro per il 2020.

Il comma 3 consente l'incremento del Fondo, nella misura di 100 milioni di euro per il 2021, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione individuate a legislazione vigente per il periodo di programmazione 2014-2020 previa delibera del CIPE volta a rimodulare e ridurre di pari importo, per il medesimo anno, le somme già assegnate con le rispettive delibere CIPE al Piano operativo "Cultura e turismo" di competenza del MIBACT.

Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il comma 1 istituisce nello stato di previsione del MIBACT un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2020, al fine di sostenere il settore turistico mediante operazioni di mercato.

 

Il 13 maggio 2020 la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione Turismo e trasporti nel 2020 e oltre (COM(2020) 550 final).

Il pacchetto mira ad aiutare la ripresa del settore turistico dell'UE dalla pandemia sostenendo le imprese e garantendo che l'Europa continui a essere la prima destinazione dei visitatori.

Il pacchetto della Commissione per il turismo e i trasporti comprende: una strategia complessiva volta alla ripresa nel 2020 e oltre; un approccio comune per il ripristino della libera circolazione e l'eliminazione delle restrizioni alle frontiere interne dell'UE in modo graduale e coordinato; un quadro a sostegno del graduale ripristino dei trasporti, che garantisca nel contempo la sicurezza dei passeggeri e del personale; una raccomandazione che punta a far sì che i buoni di viaggio siano per i consumatori un'alternativa attraente al rimborso in denaro; criteri per la ripresa graduale e in sicurezza delle attività turistiche e per lo sviluppo di protocolli sanitari per le strutture ricettive quali ad esempio gli alberghi.

Con particolare riferimento alle imprese del settore, la Commissione intende sostenere il turismo europeo con le seguenti iniziative.

Garanzia di liquidità per le imprese turistiche, in particolare le PMI, attraverso:

flessibilità nel quadro delle norme in materia di aiuti di Stato, che consenta agli Stati membri di introdurre regimi, quali i regimi di garanzia per i buoni e altri regimi di liquidità, per sostenere le imprese dei settori dei trasporti e dei viaggi e per garantire che siano soddisfatte le richieste di rimborso dovute alla pandemia di coronavirus. La Commissione, previa notifica da parte dello Stato membro interessato, può approvare molto rapidamente i regimi per i buoni;

finanziamenti dell'UE: l'UE continua a fornire, in regime di gestione concorrente con gli Stati membri, liquidità immediata alle imprese colpite dalla crisi tramite l'iniziativa di investimento in risposta al coronavirus. La Commissione ha inoltre messo a disposizione, con il Fondo europeo per gli investimenti, fino a 8 miliardi di € di finanziamenti per 100 000 piccole imprese colpite dalla crisi.

Salvaguardia dei posti di lavoro con un contributo finanziario fino a 100 miliardi di € dal programma SURE:

il programma SURE aiuta gli Stati membri a coprire i costi dei regimi nazionali di riduzione dell'orario lavorativo e di misure analoghe che consentano alle imprese di salvaguardare i posti di lavoro. La Commissione sostiene inoltre i partenariati tra i servizi per l'impiego, le parti sociali e le imprese per facilitare la riqualificazione professionale, specialmente per i lavoratori stagionali.

Collegamento dei cittadini all'offerta turistica locale, promozione delle attrazioni e del turismo locali e dell'Europa come destinazione turistica sicura:

la Commissione collaborerà con gli Stati membri alla promozione di un sistema di buoni "di sostegno" nell'ambito del quale i clienti potranno sostenere i loro alberghi o ristoranti preferiti. La Commissione sosterrà inoltre delle campagne di comunicazione paneuropee volte a promuovere l'Europa come meta turistica d'eccellenza.

A integrazione delle misure a breve termine, la Commissione continuerà a collaborare con gli Stati membri per promuovere il turismo sostenibile in linea con il Green Deal europeo e incoraggiare una trasformazione digitale dei servizi turistici per una scelta più ampia, una migliore assegnazione delle risorse e nuove modalità di gestione dei flussi turistici e di viaggio.

La Commissione organizzerà una convenzione europea sul turismo insieme alle istituzioni dell'UE, all'industria, alle regioni, alle città e alle altre parti interessate per costruire insieme il futuro di un ecosistema turistico europeo sostenibile, innovativo e resiliente: l'"Agenda europea per il turismo 2050".

 

Il fondo è finalizzato alla sottoscrizione di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio e fondi di investimento, gestiti da società di gestione del risparmio, in funzione di acquisto, ristrutturazione e valorizzazione di immobili destinati ad attività turistico-ricettive.

 

L'organismo di investimento collettivo del risparmio (Oicr) è l'organismo istituito per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l'emissione e l'offerta di quote o azioni, gestito in monte nell'interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati, a favore di soggetti diversi dai consumatori, a valere sul patrimonio dell'OICR, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata (art. 1, co. 1, lettera k), del TUF - d.lgs. 58/1998).

Il fondo "comune" di investimento è l'Oicr costituito in forma di patrimonio autonomo, suddiviso in quote, istituito e gestito da un gestore (art. 1, co. 1, lettera j), del TUF - d.lgs. 58/1998).

La società di gestione del risparmio (SGR) è la società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio (art. 1, co. 1, lettera o), del TUF - d.lgs. 58/1998).

 

Il comma in esame demanda a un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione delle modalità e delle condizioni di funzionamento del fondo, comprese le modalità di selezione del gestore del Fondo, anche mediante il coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti S.p.A. come istituto nazionale di promozione ai sensi della normativa europea sugli investimenti strategici, in base alla disciplina recata dall’articolo 1, comma 826, della L. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016), e di altri soggetti privati.

 

I commi da 822 a 830 dell'articolo 1 della L. n. 208/2015 individuano la Cassa depositi e prestiti S.p.A. come istituto nazionale di promozione ai sensi della normativa europea sugli investimenti strategici e come possibile esecutore degli strumenti finanziari destinatari dei fondi strutturali e di eventuali fondi apportati da amministrazioni ed enti pubblici o privati, abilitandola a svolgere le attività previste da tale normativa anche utilizzando le risorse della gestione separata.

Il comma 822 prevede che, onde perseguire l'obiettivo di supportare la costituzione delle Piattaforme di investimento (cfr. infra) previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015, cd. Regolamento Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), le operazioni finanziarie delle piattaforme di investimento ammissibili al FEIS promosse dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. (di seguito anche: CDP) possano essere assistite dalla garanzia dello Stato. Tale garanzia statale è qualificata come onerosa, a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile.

Le «banche o istituti nazionali di promozione» sono le entità giuridiche che espletano attività finanziarie su base professionale, cui è stato conferito un mandato da uno Stato membro o da un'entità di uno Stato membro, a livello centrale, regionale o locale, per svolgere attività di sviluppo o di promozione così come definite all'articolo 2, n. 3 del Regolamento (UE) 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici, al polo europeo di consulenza sugli investimenti e al portale dei progetti di investimento europei e che modifica i regolamenti (UE) n. 1291/2013 e (UE) n. 1316/2013.

Secondo la Comunicazione COM (2015) 361, la principale motivazione economica dell'istituzione di una banca di promozione risiede nel fatto che i fallimenti del mercato possono ridurre gli investimenti e, di conseguenza, rallentare la crescita futura portandola a livelli non efficienti sotto il profilo economico, e che un istituto con un mandato pubblico si trova in posizione migliore rispetto agli operatori privati per rimediare ai fallimenti del mercato. Secondo il documento, l'Italia ha annunciato di partecipare al progetto FEIS tramite la Cassa Depositi e Prestiti per un importo di 8 miliardi di euro.

Il documento prefigura la cooperazione tra le banche nazionali di promozione e la BEI tramite accordi di coinvestimento (piattaforme di investimento) che vengono strutturati al fine di aggregare i progetti d'investimento, ridurre i costi delle operazioni e dell'informazione e ripartire più efficacemente il rischio fra i vari investitori. Le piattaforme d'investimento possono essere società veicolo, conti gestiti, accordi di cofinanziamento o di condivisione dei rischi basati su contratti oppure accordi stabiliti con altri mezzi tramite i quali le entità incanalano un contributo finanziario al fine di finanziare una serie di progetti di investimento.

Il comma 823 prevede che un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con i Ministri interessati, approvi le piattaforme di investimento ammissibili alla garanzia dello Stato. In attuazione di tale disposizione sono stati emanati il D.M. 6 febbraio 2017, il D.M. 28 febbraio 2018 e il D.M. 15 marzo 2018. 

Il comma 824 stabilisce che i criteri, le modalità e le condizioni per la concessione della garanzia statale siano definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. 3 agosto 2016.

Il comma 825, a copertura delle garanzie statali previste dai commi 822-829 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, istituisce un fondo, la cui dotazione iniziale per l'anno 2016 è fissata in 200 milioni di euro. Viene inoltre autorizzata l'istituzione di un conto corrente di tesoreria dedicato. Il comma prevede altresì che le amministrazioni statali e degli enti territoriali possano versare contributi al fine di incrementare la dotazione del Fondo. Le modalità di versamento sono stabilite con il decreto di cui al comma precedente, ovvero attraverso la procedura prevista dal comma 497 (rimodulazione in via amministrativa delle risorse assegnate a fondi di garanzia, cfr. infra).

Il comma 826 attribuisce alla CDP la qualifica di istituto nazionale di promozione, come definito dall’articolo 2, n. 3, del Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), secondo quanto previsto nella Comunicazione COM (2015) 361 del 22 luglio 2015 della Commissione europea.

Il comma 827 abilita la CDP a svolgere le attività degli istituti nazionali di promozione previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017, nonché i compiti previsti dal Regolamento (CE) n. 1303/2013 e dal Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012.

Il Regolamento (CE) n. 1303/2013 del 17 dicembre 2013 in materia di disposizioni comuni sui fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) reca disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.

Il Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012 del 25 ottobre 2012, stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione.

Il comma 828 autorizza la CDP a impiegare le risorse della gestione separata di cui all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, per contribuire a realizzare gli obiettivi del FEIS, tra l’altro mediante il finanziamento di piattaforme d’investimento e di singoli progetti ai sensi del Regolamento (UE) n. 2015/1017, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea sugli aiuti di Stato.

L’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ha istituito un sistema separato ai soli fini contabili ed organizzativi, la cui gestione è uniformata a criteri di trasparenza e di salvaguardia dell'equilibrio economico.

Sono assegnate alla gestione separata le partecipazioni e le attività a essa strumentali, connesse e accessorie, e le attività di assistenza e di consulenza in favore dei soggetti finanziati da CDP.

La CDP finanzia sotto qualsiasi forma lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato. L'utilizzo dei fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A. effettuata nei confronti dei medesimi soggetti, o dai medesimi promossa, nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati con D.M., tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione. Le operazioni adottate nell'ambito delle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo possono essere effettuate anche in cofinanziamento con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali, nel limite annuo stabilito con apposita convenzione stipulata tra la medesima CDP e il Ministero dell'economia e delle finanze.

Il comma 829 stabilisce che la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e le società dalla stessa controllate possono esercitare i compiti di esecuzione degli strumenti finanziari destinatari dei Fondi SIE, di cui al Regolamento n. 966/2012 e al Regolamento n. 1303/2013, in forza di un mandato della Commissione europea ovvero mediante affidamenti da parte delle autorità di gestione.

In forza del comma 830 le amministrazioni e gli enti pubblici o i privati, anche a valere su risorse europee possono contribuire a finanziare le attività di cui al comma precedente. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, vengono individuate, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, le eventuali risorse delle amministrazioni statali.

 

Il comma 2 prevede che il corrispettivo al soggetto gestore è riconosciuto, a valere sulla dotazione del fondo, nel limite massimo di 200.000 euro per il 2020.

Il comma 3 consente l'incremento del Fondo, nella misura di 100 milioni di euro per il 2021, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione individuate dall’art. 1, co. 6, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) per il periodo di programmazione 2014-2020 previa delibera del CIPE volta a rimodulare e ridurre di pari importo, per il medesimo anno, le somme già assegnate con le delibere CIPE n. 3 del 2016, n. 100 del 2017 e n. 10/2018 al Piano operativo "Cultura e turismo" di competenza del MIBACT.

Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Con la delibera del CIPE n. 3 del 1° maggio 2016, è stato approvato il Piano stralcio «Cultura e Turismo». In base alle premesse, l’obiettivo strategico del Piano è il potenziamento dell’offerta culturale e dei sistemi di fruizione turistica, attraverso il rafforzamento e la riqualificazione del sistema delle infrastrutture culturali mediante interventi diretti alla tutela, valorizzazione e messa in rete del patrimonio culturale, materiale ed immateriale, ed al consolidamento e/o la realizzazione dei sistemi territoriali turistico-culturali. Per la realizzazione di tale Piano stralcio, di competenza del MIBACT, viene assegnato al medesimo Ministero l’importo complessivo di 1.000 milioni di euro a valere sulle risorse del FSC per il ciclo di programmazione 2014-2020, ai sensi della lettera d) dell’art. 1, comma 703, della legge n. 190/2014. L’assegnazione di 1.000 milioni di euro è ripartita tra diversi interventi, secondo quanto indicato nella tabella di cui all’allegato 2 della delibera, che indica anche i macroaggregati cui afferiscono gli interventi stessi e le relative assegnazioni.

In particolare sono individuati i seguenti tre macroaggregati:

a) sistema museale italiano, con un valore complessivo di 645 milioni di euro; b) sistemi territoriali turistico-culturali (cammini, percorsi, aree vaste), con un valore complessivo di 185 milioni di euro;

c) insieme di interventi di completamento particolarmente significativi e di nuovi interventi a cui è destinata una riserva di importo pari a 170 milioni di euro, tutti da individuare con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Nell’ambito di tale riserva, 150 milioni di euro sono assegnati a favore di interventi, non superiori a 10 milioni di euro, afferenti al progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato «Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati» e 20 milioni di euro a favore di interventi di particolare strategicità.

In relazione al cronoprogramma indicato nella proposta ed in coerenza con gli stanziamenti di bilancio dello Stato relativi al FSC 2014-2020, l’assegnazione disposta con la delibera corrisponde a 194 milioni di euro per l’anno 2020, 125 milioni di euro per l’anno 2021 e 94 milioni di euro per l’anno 2022.

Con la delibera CIPE n. 100 del 22 dicembre 2017, è stata approvata l’integrazione al Piano stralcio «Cultura e Turismo» di competenza del MIBACT approvato con delibera n. 3 del 2016. L’integrazione finanziaria al Piano è pari a 30,35 milioni di euro, è posta a carico delle risorse FSC 2014-2020 come integrate dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232 - legge di bilancio 2017 - ed è finalizzata alla realizzazione di alcuni interventi nei territori delle Regioni autonome Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia e della Regione Piemonte.

L’articolazione finanziaria dell'assegnazione prevede 2 milioni di euro per l'anno 2020.

Si ricorda che, successivamente, la delibera CIPE n. 10/2018 ha approvato il Piano operativo "Cultura e turismo", cui è stata è assegnata una dotazione finanziaria complessiva di 740 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, come integrate dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205. In base all’articolazione finanziaria annuale prevista (che si riferisce al periodo 2018-2025), le risorse per il 2020 ammontano a € 50 mln. Nelle premesse a tale delibera, si richiamano le delibere n. 3 del 2016 e n. 100 del 2017, con le quali sono state assegnate risorse FSC 2014-2020 per un importo complessivo di 1.030,35 milioni di euro in favore del Piano stralcio «Cultura e Turismo» e del relativo primo Addendum, entrambi di competenza del MIBACT, volti a realizzare un approccio integrato e sinergico tra cultura e fruizione turistica dei beni culturali. Inoltre, vi si sottolinea la proposta di approvazione del Piano operativo «Cultura e turismo», «ad integrazione e rafforzamento del Piano stralcio e relativo Addendum già approvati con le citate delibere n. 3 del 2016 e n. 100 del 2017».

La delibera CIPE n. 31/2018 ha infine approvato integrazioni alle delibere nn. 10, 11, 14 e 15 del 2018, con cui sono stati approvati i Piani operativi "Cultura

e turismo", "Ambiente", "Imprese e competitività" e "Salute", con assegnazione di risorse a valere sulle disponibilità del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020.

 


 

Articolo 179
(Promozione turistica in Italia)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 179 istituisce nello stato di previsione del MIBACT Fondo per la promozione del turismo in Italia, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2020, allo scopo di favorire la ripresa dei flussi turistici in ambito nazionale, demandando a un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo l'individuazione dei soggetti destinatari delle risorse e delle iniziative da finanziare nonché la definizione delle modalità di assegnazione anche al fine del rispetto del suddetto limite di spesa.

Il secondo periodo del comma in esame interviene sulla disciplina relativa alla governance dell'ENIT - Agenzia nazionale del turismo.

Nel dettaglio:

sono espunte le previsioni secondo le quali entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 83/2014 (L. n. 106/2014) si sarebbe dovuto provvedere all'approvazione del nuovo statuto dell'ENIT, il quale, adottato in sede di prima applicazione dal commissario straordinario, avrebbe poi dovuto essere approvato con DPCM, su proposta dello stesso Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

Sono introdotte nuove disposizioni in base alle quali:

il Consiglio di amministrazione è composto dal Presidente, da un membro nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, con funzioni di amministratore delegato, e da un membro nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo su designazione della Conferenza Stato-Regioni;

il collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri effettivi, uno dei quali designato dal Ministro dell’economia e delle finanze e da due supplenti, nominati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, che altresì designa il Presidente.

È eliminata la disposizione in base alla quale lo statuto avrebbe dovuto stabilire, altresì, che il consiglio di amministrazione fosse composto, oltre che dal presidente dell'ENIT, da due membri nominati dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di cui uno su designazione della Conferenza Stato-Regioni, e l'altro sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, nel rispetto della vigente disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni.

Il comma 2 stabilisce che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge si provvede all’attuazione delle disposizioni relative alla nomina del presidente nonché del Consiglio di amministrazione dell'ENIT (quest'ultima previsione è stata introdotta dal comma 1 dell'articolo in esame).

Il comma 2 assegna quindi all’ENIT il termine di 30 giorni, decorrenti dalla data di tali nomine, per l'adeguamento del proprio statuto alle nuove disposizioni introdotte.

Il comma 3 reca la disposizione di copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame.

 

Il comma 1 istituisce nello stato di previsione del MIBACT il Fondo per la promozione del turismo in Italia, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2020, allo scopo di favorire la ripresa dei flussi turistici in ambito nazionale, demandando a un DM, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l'individuazione, anche avvalendosi dell’ENIT - Agenzia nazionale del turismo, dei soggetti destinatari delle risorse e delle iniziative da finanziare nonché la definizione delle modalità di assegnazione anche al fine del rispetto del suddetto limite di spesa.

 

L'ENIT-Agenzia nazionale per il turismo è un ente pubblico economico operante nella promozione dell'offerta turistica in Italia. Il D.L. 31 maggio 2014, n. 83, all'art. 16 ha previsto la trasformazione di ENIT-Agenzia nazionale per il turismo in ente pubblico economico e la liquidazione di Promuovi Italia S.p.A.

Lo Statuto di ENIT è stato approvato con DPCM 14 marzo 2019, registrato alla Corte dei Conti il 2 maggio 2019.

L'Agenzia svolge le proprie funzioni ed attività attraverso la sede centrale e le sedi periferiche e adotta propri regolamenti di contabilità e di amministrazione. La sua attività è regolata dall'art. 16 del citato D.L. n. 83/2014, dallo statuto e dalle norme relative alle persone giuridiche private. L' Agenzia svolge tutte le funzioni e i compiti ad essa attribuiti dalla legge nel perseguimento della missione di promozione del turismo, e provvede, tra l'altro, a:

a. curare la promozione all'estero dell'immagine turistica italiana e delle varie tipologie dell'offerta turistica nazionale, nonché la promozione integrata delle risorse turistiche delle Regioni, delle Province Autonome di Trento e Bolzano e, per il loro tramite, degli enti locali;

b. realizzare le strategie promozionali a livello nazionale ed internazionale e di informazione all'estero, di sostegno alle imprese per la commercializzazione dei prodotti turistici italiani;

c. svolgere le attività attribuite dalla legge, dallo statuto e dai regolamenti con particolare utilizzazione di mezzi digitali, piattaforme tecnologiche e rete internet attraverso la gestione del portale "Italia.it", nonché di ogni altro strumento di comunicazione ritenuto opportuno;

d. svolgere e organizzare attività e servizi di consulenza e di assistenza per lo Stato, per le regioni e per le Province Autonome di Trento e Bolzano e per gli organismi pubblici e privati, sottoscrivendo apposite convenzioni per promuovere e sviluppare processi indirizzati ad armonizzare i servizi di accoglienza e di informazione ai turisti ed anche, con corrispettivo, per attività promozionali e pubblicitarie di comunicazione e pubbliche relazioni;

e. attuare intese e forme di collaborazione con Enti pubblici e con gli Uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale, compresi gli Istituti di Cultura, secondo quanto previsto da appositi protocolli di intesa con le altre sedi di rappresentanza italiana all'estero, anche ai sensi dell'art. 1 della Legge 31 marzo 2005 n. 56.

In particolare, l'art. 2, comma 1, lettera h) dello Statuto dell'ENIT, approvato con DPCM 14 marzo 2019, affida all'ente il compito di attuare intese e forme di collaborazione con Enti pubblici e con gli Uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale, compresi gli Istituti di Cultura, secondo quanto previsto da appositi protocolli di intesa con le altre sedi di rappresentanza italiana all'estero. Inoltre, secondo quanto previsto dalla lett. b) dell'art. 2, comma 1, dello statuto, ENIT ha il compito di realizzare le strategie promozionali a livello nazionale ed internazionale e di informazione all'estero, di sostegno alle imprese per la commercializzazione dei prodotti turistici italiani.

Nel corso dell'attuale legislatura, è stato approvato in prima lettura dalla Camera il disegno di legge AC. 1698, che conferisce un'ampia delega al Governo per la riorganizzazione e la semplificazione della disciplina in materia di turismo. L'esame istruttorio del provvedimento, avvenuto nella X Commissione attività produttive della Camera, ha visto lo svolgimento di un ciclo di audizioni, nel corso del quale sono state raccolte le osservazioni di soggetti istituzionali e di numerose associazioni di categoria. L'Assemblea della Camera ha approvato in prima lettura il provvedimento, nella seduta del 10 luglio 2019. Il disegno di legge è attualmente all'esame in sede referente della 10ª Commissione del Senato (A.S. 1413).

Infine, si segnala che presso la X Commissione attività produttive della Camera è stato incardinato, il 2 ottobre 2019, l'esame della proposta di legge A.C. 1743 che prevede l'istituzione del Ministero del turismo e contiene altre disposizioni per la promozione del turismo e il sostegno del lavoro e delle imprese operanti nel settore turistico, nonché delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per l'istituzione della Scuola nazionale di alta formazione turistica e la disciplina dell'attività delle piattaforme tecnologiche di intermediazione di servizi turistici. In particolare, l'articolo 7 prevede, tra l'altro, misure di razionalizzazione dell'attività degli uffici esteri dell'ENIT – Agenzia nazionale del turismo.

 

Il terzo periodo del comma in esame interviene sulla disciplina relativa alla governance dell'ENIT, contenuta nell’articolo 16 del D.L. n. 83/2014 (L. n. 106/2014), "anche in ragione dell’esigenza di assicurare l’attuazione tempestiva ed efficace di quanto stabilito dal presente comma".

Nel dettaglio:

 

§  sono espunte le previsioni secondo le quali entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 83/2014 (L. n. 106/2014) si sarebbe dovuto provvedere all'approvazione del nuovo statuto dell'ENIT, il quale, adottato in sede di prima applicazione dal commissario straordinario, avrebbe poi dovuto essere approvato con DPCM, su proposta dello stesso Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

 

Come sopra evidenziato, il nuovo statuto dell'ENIT è stato approvato con DPCM 14 marzo 2019.

 

A tal fine, sono soppressi il primo e il secondo periodo dell’articolo 16, comma 5, del D.L. n. 83/2014 (L. n. 106/2014).

 

Allo stesso comma 5 sono introdotti due nuovi periodi in base ai quali:

§  il Consiglio di amministrazione è composto dal Presidente, da un membro nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, con funzioni di amministratore delegato, e da un membro nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo su designazione della Conferenza Stato-Regioni;

§  il collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri effettivi, uno dei quali designato dal Ministro dell’economia e delle finanze e da due supplenti, nominati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, che altresì designa il Presidente.

Resta in vigore l'attuale previsione - contenuta nello stesso comma 5 - secondo cui il presidente dell'ENIT è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo;

 

Secondo l'attuale disciplina statutaria (che fa ancora riferimento al "Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo"), sono organi di ENIT: il Presidente; il Consiglio di amministrazione; il Collegio dei revisori dei conti.

Il Presidente è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo nel rispetto della disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39.

Il Presidente dura in carica per un periodo di tre anni, rinnovabile per una sola volta. La carica di Presidente è incompatibile con altri rapporti di lavoro subordinato e con qualsiasi altra attività professionale privata che si ponga in conflitto di interessi con le finalità e i compiti di ENIT. Il Presidente è scelto in base a criteri di alta professionalità, di capacità manageriale e di onorabilità.

Il Consiglio di amministrazione è composto, oltre che dal Presidente di ENIT, da due membri nominati dal Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di cui uno su designazione della Conferenza Stato-Regioni, e l'altro sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, nel rispetto della disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. I componenti del Consiglio di amministrazione durano in carica tre anni e possono essere rinnovati per non più di una volta. La gestione di ENIT spetta al Consiglio di amministrazione, il quale può delegare, nei limiti consentiti dalla legge, proprie attribuzioni, compresa la facoltà di subdelegare, ad uno dei suoi componenti che, conseguentemente, viene nominato consigliere delegato. Il Consiglio di amministrazione può sempre impartire direttive al consigliere delegato e avocare a sé operazioni rientranti nella delega. Il Consiglio di amministrazione può, inoltre, delegare, nei limiti consentiti dalla legge e nel rispetto del bilancio approvato, propri dipendenti o collaboratori all'impegno di spesa. Il Consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio delle deleghe.

Il Collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri effettivi, fra i quali il suo Presidente, e da due membri supplenti. I componenti del Collegio sono nominati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, che designa altresì il suo Presidente. Uno dei componenti è designato dal Ministero dell'economia e delle finanze. I componenti del Collegio durano in carica tre anni e possono essere confermati una sola volta. I componenti devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia.

Il presidente attualmente in carica risulta nominato con DPR del 4 febbraio 2019 mentre gli altri due attuali componenti del consiglio di amministrazione sono stati nominati con DM 4749 del 2 maggio 2019.

 

§  al comma 6, mediante soppressione del terzo periodo, è altresì eliminata la disposizione in base alla quale lo statuto avrebbe dovuto stabilire che il consiglio di amministrazione fosse composto, oltre che dal presidente dell'ENIT, da due membri nominati dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di cui uno su designazione della Conferenza Stato-Regioni, e l'altro sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, nel rispetto della vigente disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni.

Il comma 2 stabilisce che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge si provvede all’attuazione delle disposizioni relative, rispettivamente, alla nomina del presidente nonché del Consiglio di amministrazione dell'ENIT (quest'ultima previsione è stata introdotta dal comma 1 dell'articolo in esame).

Il comma 2 assegna quindi all’ENIT il termine di 30 giorni, decorrenti dalla data di tali nomine, per l'adeguamento del proprio statuto alle nuove disposizioni introdotte all’articolo 16, comma 5, del D.L. n. 83 del 2014.

Il comma 3 reca la disposizione di copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame.


 

Articolo 180
(Ristoro ai Comuni per la riduzione di gettito dell’imposta di soggiorno e altre disposizioni in materia)

 

 

L’articolo 180, comma 1, istituisce un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2020, per il ristoro parziale dei comuni a seguito della mancata riscossione dell’imposta di soggiorno, del contributo di sbarco o del contributo di soggiorno. Al Fondo è attribuita una dotazione di 100 milioni di euro. Alla ripartizione si provvede con decreto ministeriale (comma 2). Il comma 5 dispone in ordine alla copertura dei relativi oneri.

I commi 3 e 4 novellano alcune disposizioni concernenti il pagamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno (quest'ultimo previsto per Roma capitale). I soggetti che incassano tali imposte o contributi devono successivamente versare al comune i relativi importi. La presentazione della relativa dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, deve essere effettuata dal gestore della struttura ricettiva, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi (comma 3). Il medesimo diritto di rivalsa è riconosciuto, ai sensi del comma 4, anche al soggetto che incassa il canone o il corrispettivo - ovvero che interviene nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi - dovuto per locazioni brevi.

Viene quindi dettata la disciplina sanzionatoria relativa ai casi di omessa o infedele presentazione della dichiarazione ovvero per omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta (di soggiorno o di sbarco) o contributo di soggiorno.

 

Il fondo di cui al comma 1 mira, quindi, a fornire un ristoro parziale ai comuni a fronte delle minori entrate derivanti dalla mancata riscossione dell’imposta di soggiorno a seguito delle misure di contenimento del COVID-19. Come sopra accennato, il medesimo comma 1 attribuisce una dotazione di 100 milioni di euro per il 2020.

Ai sensi del comma 2, si provvede alla ripartizione delle somme con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge.

Il comma 5 dispone che alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi dell'art. 265 (alla cui scheda si rinvia).

 

L'articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 ("Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale"), in materia di imposta di soggiorno, dispone che i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.

Si ricorda, per completezza, che l'art. 46, comma 1-bis, D.L. n. 124 del 2019, dispone che nei comuni capoluogo di provincia che - in base all'ultima rilevazione resa disponibile da parte delle amministrazioni pubbliche competenti per la raccolta ed elaborazione di dati statistici - abbiano avuto presenze turistiche in numero venti volte superiore a quello dei residenti, l'imposta di soggiorno può essere applicata fino all'importo massimo di 10 euro a notte (rispetto al vigente limite massimo di 5 euro).

Il contributo di sbarco, istituito dall'articolo 33 della legge n. 221 del 2015 (cd. collegato ambientale) ha sostituto la previgente imposta di sbarco; esso, come l'imposta di sbarco, è alternativo all'imposta di soggiorno.

Quanto al contributo di soggiorno, esso era stato già introdotto per Roma Capitale a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive della città, secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione, fino all'importo massimo di 10 euro per notte di soggiorno (art. 14, co. 16, lett. e) del D.L. n. 78 del 2010).

 

I gestori delle strutture ricettive, situate nei territori dei comuni che, in base alla legge (art. 4 comma 1 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23), hanno istituito l’imposta di soggiorno, una volta incassata l'imposta devono versarla al comune, tramite modello F24.

 

Per un inquadramento di carattere generale, si veda il temaweb "Le entrate delle regioni e degli enti locali" (marzo 2020). 

 

La disposizione di cui al comma 5-ter dell’art. 4 del decreto-legge n. 50 del 2017 già qualifica il soggetto che incassa il canone o il corrispettivo - ovvero che interviene nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi - quale responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno o del contributo di soggiorno, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, quando la locazione risponde ai requisiti della locazione breve di cui al comma 1 dell’art. 4 medesimo.

Si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare.

 

Novellando tale comma 5-ter dell’art. 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, il comma 4 riconosce al soggetto responsabile del pagamento del tributo, il diritto di rivalsa sui soggetti passivi.

Il comma 3, introducendo un nuovo comma 1-bis all'art. 4 del citato decreto legislativo n. 23 del 2011, attribuisce la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno - o del contributo di soggiorno previsto per Roma capitale - al gestore della struttura ricettiva con diritto di rivalsa sui soggetti passivi.

Inoltre le novelle, sia nel caso delle strutture ricettive, sia nel caso delle locazioni brevi, pongono in capo a tale soggetto responsabile la presentazione della dichiarazione. Tale dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo. Le modalità di presentazione sono demandate ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

I medesimi commi 3 e 4 recano poi la disciplina sanzionatoria, valida sia per le strutture turistiche ricettive, sia in caso di locazione breve:

§  in caso di omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto;

§  in caso di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno, si applica una sanzione amministrativa ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997[2].

 

Per effetto dei commi 3 e 4 in esame, quindi, vengono così allineate le distinte discipline per le locazioni brevi e per le strutture ricettive.

 

Secondo alcune stime effettuate da uno studio pubblicato dalla Banca d'Italia[3] riferite all'anno 2016, le riscossioni dei Comuni relative alla sola imposta di soggiorno sono state pari a 376 milioni di euro (cui vanno aggiunto ulteriori 11 milioni riferiti alla Provincia autonoma di Trento ove il tributo è riscosso a livello provinciale), in media intorno al 4 per cento del complesso delle entrate tributarie da imposte degli enti interessati, circa 20 euro per abitante e 1,4 euro a pernottamento. Per comparazione, nello stesso anno l’addizionale all’Irpef generava incassi per circa 95 euro pro capite nella media degli stessi enti.

 

Secondo valutazioni più recenti[4], il gettito complessivo avrebbe registrato un sensibile aumento, raggiungendo, nel 2019, 622 milioni di euro (+13,7% rispetto al 2018). Tale incremento sarebbe dovuto anche all'aumento delle amministrazioni comunali che hanno introdotto l'imposta (72 solamente nel 2019).

 


 

Articolo 181
(Sostegno delle imprese di pubblico esercizio)

 

 

L’articolo 181, comma 1, esonera - dal 1° maggio al 31 ottobre 2020 - gli esercizi di ristorazione ovvero per la somministrazione di pasti e di bevande dal pagamento della tassa o del canone dovuti per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap e Cosap). La disposizione mira a favorire la ripresa delle attività turistiche. Il comma 5 istituisce un fondo per il ristoro dei comuni a fronte della diminuzione delle entrate conseguente a tale esonero. Al fondo è attribuita una dotazione pari a 127,5 milioni di euro per l’anno 2020. Alla copertura del relativo onere si provvede ai sensi del comma 6.

Il comma 2 reca procedure semplificate, in via telematica, per la presentazione di domande di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico ovvero di ampliamento delle superfici già concesse nel medesimo periodo (quindi dal 1° maggio al 31 ottobre 2020).

Il comma 3 prevede, ai soli fini di assicurare il rispetto delle misure di distanziamento, che la posa di strutture amovibili in spazi aperti, a determinate condizioni e da parte dei medesimi soggetti individuati dal comma 1, non sia soggetta a talune autorizzazioni previste dalla legislazione vigente. La presente disposizione si applica non oltre il termine del 31 ottobre 2020.  Riguardo a tali strutture, inoltre, non trova applicazione il termine di novanta giorni per la loro rimozione previsto dal t.u. dell'edilizia per opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee (comma 4).

 

Il comma 1 si applica alle diverse tipologie di esercizi elencate dall'art. 5, comma 1, della legge n. 287 del 1991. Si tratta di:

a)   esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);

b)   esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);

c)   esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;

d)   esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.

 

Tali esercizi sono esonerati dal pagamento, dal 1° maggio al 31 ottobre 2020, dal pagamento:

§  della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap) di cui al Capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507[5];

§  dal canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap) di cui all’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446[6].

 

Si tiene conto di quanto stabilito dall’articolo 4, comma 3-quater, del decreto-legge n. 162 del 2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 8 del 2020. L'art. 1, comma 847, della legge di bilancio per il 2020 (L. n. 160 del 2019) ha abrogato l'intero Capo II del d.lgs. n. 507 del 1993 (concernente la Tosap) e l’art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997 (in materia di Cosap) a decorrere dal 1° gennaio 2020. Tuttavia, l'art. 4, comma 3-quater, D.L. n. 162 del 2019 (c.d. decreto fiscale, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 8 del 2020) prevede che tali abrogazioni non abbiano effetto, limitatamente all'anno 2020.

Si rammenta che tali abrogazioni si iscrivono in una riforma complessiva prevista dai commi da 837 a 847, i quali istituiscono il canone unico patrimoniale di concessione per l’occupazione nei mercati, che dal 2021 sostituisce la Tosap, il Cosap e, limitatamente ai casi di occupazioni temporanee, la Tari.

 

Il comma 5 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo con una dotazione di 127,5 milioni di euro per l’anno 2020, destinato a provvedere al ristoro dei comuni, in vista delle minori entrate a seguito dell'esonero dal pagamento di Tosap e Cosap in oggetto.

Alla ripartizione del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge.

Il decreto è comunque adottato al ricorrere della condizione prevista dall'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997. Tale disposizione prevede che quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata.

 

Si valuti l'opportunità di chiarire la portata del riferimento all'art.3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997, contenuto al terzo periodo del comma in esame, tenuto conto che la disposizione consente allo Stato di procedere, senza attendere l'intesa della Conferenza Stato-regioni (che, peraltro. nel caso in esame è la Conferenza Stato-città), dopo che sono trascorsi trenta giorni dalla prima seduta della medesima Conferenza in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, mentre il secondo periodo del medesimo comma dispone che il decreto debba essere adottato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

 

Il comma 6 rinvia all’art. 265 del decreto-legge per la copertura dell’onere derivante dall'istituzione del fondo.

 

In merito alla Tosap si ricorda che:

§  alla Tosap sono sottoposte le occupazioni di qualsiasi natura effettuate - anche senza titolo - nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province (articolo 38 del d.lgs. 507/93);

§  soggetto passivo del tributo (articolo 39) – dovuto al comune o alla provincia – è il titolare dell'atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall'occupante di fatto, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all'uso pubblico nell'ambito del rispettivo territorio;

§  la disciplina applicativa del tributo è affidata all’ente territoriale, tenuto ad approvare il regolamento per l'applicazione della Tosap;

§  la normativa statale distingue occupazioni permanenti e temporanee (articolo 42) e disciplina altresì le modalità di graduazione e determinazione della tassa. In particolare (articolo 42, commi 3 e 4) la tassa è graduata a seconda dell'importanza dell'area sulla quale insiste l'occupazione; essa si determina in base all'effettiva occupazione, espressa in metri quadrati o in metri lineari con arrotondamento all'unità superiore della cifra contenente decimali;

§  l’articolo 49 del d.lgs. 507/93 elenca i casi di esenzione. Sono tra l’altro esenti da imposta le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l'esercizio di culti ammessi nello Stato, dagli enti pubblici per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica.

 

Il D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, all’articolo 63, ha autorizzato i comuni e le province, con apposito regolamento, ad escludere l'applicazione della Tosap e ad assoggettare l'occupazione permanente e temporanea di suolo pubblico al pagamento di un canone (Cosap) da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione ed in base a tariffa. Tra l’altro, il regolamento (articolo 63, comma 2):

§  deve prevedere le procedure per il rilascio, il rinnovo e la revoca degli atti di concessione;

§  reca l’indicazione analitica della tariffa, dell'entità dell'occupazione, del valore economico della disponibilità dell'area, nonché del sacrificio imposto alla collettività;

§  reca altresì l’indicazione delle modalità e termini di pagamento del canone e la previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico;

§  infine, il regolamento deve fissare un limite minimo (516,5 euro) di ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia e dettare i criteri il versamento del canone stesso.

 

 

Ai sensi del comma 2, a far data dal 1° maggio 2020 ("stesso termine di cui al comma 1") e fino al 31 ottobre 2020, le domande di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico ovvero di ampliamento delle superfici già concesse sono presentate in via telematica, con allegata la sola planimetria. Ciò è posto in deroga alla disciplina sullo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) di cui D.P.R. n. 160 del 2010, il quale reca puntuali prescrizioni in merito alla presentazione in via telematica delle domande indirizzate al SUAP medesimo.

In particolare, l'art. 5 dell'Allegato del citato D.P.R. n. 160 reca la specificazione dell'insieme dei file che costituiscono ogni domanda telematica al SUAP.

 

Si prevede inoltre l'esenzione dall'imposta di bollo (di cui al D.P.R. n. 642 del 1972).

 

Il comma 3 stabilisce che i medesimi soggetti di cui al comma 1 possono effettuare la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico di dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, al solo fine di favorire il rispetto delle disposizioni sul distanziamento. Tali elementi dovranno comunque essere funzionali alle attività (ristorazione, somministrazione di alimenti e bevande e simili) previste dall'art. 5 della legge n. 287 del 1991 (v. supra).

La posa di tali opere amovibili non è subordinata alle autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 ("Codice dei beni culturali e del paesaggio").

L'art. 21 del Codice disciplina le autorizzazioni necessarie alla realizzazione di interventi su beni culturali ivi elencati. Tenuto conto della disposizione in esame, sembra pertinente la disposizione di cui al comma 4 secondo la quale "l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente" in relazione alla collocazione di opere amovibili in spazi di interesse culturale.

L’art. 146 del Codice riguarda l'autorizzazione paesaggistica e prevede un regime ordinario e un regime semplificato per interventi di lieve entità. Tale autorizzazione costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio (art. 146, comma 4).

 

Il comma 4 prevede che alla posa in opera delle strutture amovibili di cui al comma 3 è disapplicato il limite temporale di novanta giorni per la rimozione per la loro rimozione (di cui all’art. 6 co. 1, lettera e-bis), del D.P.R n. 380 del 2001, recante il testo unico in materia edilizia).

In base a tale disposizione (fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) rientrano tra gli interventi eseguibili senza alcun titolo abilitativo le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all'amministrazione comunale.


 

Articolo 182
(Ulteriori misure di sostegno per il settore turistico)

 

 

L’articolo 182, comma 1, istituisce un fondo per sostenere le agenzie di viaggio e i tour operator in considerazione dell'impatto economico negativo conseguente all'adozione delle misure di contenimento del COVID-19. Al fondo è attribuita una dotazione di 25 milioni di euro per il 2020. Demanda ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità di assegnazione e ripartizione del fondo. Il comma 3 dispone in ordine alla copertura del relativo onere.

Il comma 2 consente la prosecuzione delle attività agli operatori del settore del turismo concessionari di beni del demanio marittimo, qualora le aree e le relative pertinenze in concessione siano oggetto di riacquisizione già disposta o comunque avviata ovvero di procedimenti di nuova assegnazione. Gli enti concedenti, inoltre, effettuano la ricognizione delle attività, ferma restando l’efficacia dei titoli già rilasciati. Sono quindi previsti i casi in relazione ai quali non trova applicazione la presente disposizione.

 

Il fondo previsto dal comma 1 è istituito nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con una dotazione di 25 milioni di euro per l’anno 2020. La norma demanda ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, la definizione delle modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse agli operatori. Il comma 3 dispone in ordine alla copertura degli oneri derivanti dall'istituzione del fondo, rinviando all'art. 265 del presente decreto-legge.

 

Il comma 2 riguarda gli operatori del settore turistico concessionari di beni del demanio marittimo, in conformità a quanto disposto dall’articolo 1, commi 682 e 683 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019). Come sopra accennato, qualora le aree e le relative pertinenze siano oggetto di riacquisizione già disposta o comunque avviata ovvero di procedimenti di nuova assegnazione, è consentito il proseguimento dell'attività, nel rispetto degli obblighi inerenti ai relativi rapporti concessori già in atto.

La norma è posta in considerazione degli effetti derivanti dall’emergenza da COVID-19 e tenendo conto dell’esigenza di assicurare la certezza dei rapporti giuridici e la parità di trattamento tra gli operatori.

La disposizione in esame, inoltre, pone in capo agli enti concedenti la ricognizione delle attività conne ai beni del demanio marittimo in oggetto, ferma restando l’efficacia dei titoli già rilasciati.

In sintesi, per quanto riguarda le concessioni demaniali attualmente in essere, i commi 682, 683 e 684, art. 1, della legge di bilancio per il 2019, ne stabiliscono la durata ex-lege in quindici anni, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge (1° gennaio 2019).

Tale proroga si applica alle seguenti fattispecie:

§  le concessioni a carattere turistico ricreativo disciplinate dal comma 1 dell’articolo 01 del decreto n. 400/1993.

Tale norma ha integrato la disciplina del codice della navigazione, individuando, nell'ambito delle concessioni demaniali marittime, alcune tipologie di concessioni, definite "a scopo turistico ricreativo” per l'esercizio delle seguenti attività:

a)    gestione di stabilimenti balneari;

b)   esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio;

c)    noleggio di imbarcazioni e natanti in genere;

d)   gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive;

e)    esercizi commerciali;

f)    servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione.

§  le concessioni vigenti al momento dell’entrata in vigore del decreto legge n. 194/2009, nonché quelle rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata anteriormente al 31 dicembre 2009 e per le quali il rilascio è avvenuto nel rispetto dell’articolo 18 del D.P.R. 15 febbraio 1952 n. 328 o il rinnovo è avvenuto nel rispetto dell’art. 02 della legge 4 dicembre 1993 n. 494 di conversione del decreto legge 5 ottobre 1993 n. 40;

§  le concessioni delle aree di demanio marittimo per finalità residenziali e abitative, già oggetto di proroga ai sensi del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78. Il D.L. n. 78 del 2015 (articolo 7, commi 9-septiesdecies – 9-duodevicies) ha demandato alle Regioni una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori (in tal senso le Regioni Lazio, Veneto).

Per ulteriori approfondimenti si veda il dossier sulla legge di bilancio 2019.

 

Rimane fermo quanto stabilito dall’articolo 34 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (conv. dalla l. n. 8 del 2020). Tale articolo sospende (al fine di sostenere i settori del turismo balneare e della nautica da diporto) dal 1° gennaio 2020 al 30 settembre 2020 il pagamento dei canoni dovuti per le concessioni relative alle pertinenze demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e per le concessioni relative alla realizzazione e gestione di strutture destinate alla nautica da diporto.

Le disposizioni del presente comma non si applicano in riferimento ai beni che non hanno formato oggetto di titolo concessorio, né quando la riacquisizione dell’area e delle relative pertinenze è conseguenza dell’annullamento, della revoca o della decadenza del titolo per fatto del concessionario.


 

Articolo 183, commi 1 e 12
(Incremento dei Fondi
emergenze spettacolo, cinema, audiovisivo)

 

 

L'articolo 183, comma 1, incrementa la dotazione dei Fondi di parte corrente e di parte capitale destinati al sostegno delle emergenze dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo insorte a seguito delle misure adottate per il contenimento del COVID-19.

Il comma 12 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

In particolare, il comma 1 novella l’art. 89, co. 1 e 2, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) e aggiunge nello stesso il co. 3-bis.

 

L’art. 89 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha previsto l’istituzione nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo di due Fondi – uno di parte corrente, l’altro di conto capitale[7] – volti a sostenere l’emergenza dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo, con uno stanziamento, per il 2020, rispettivamente, di € 80 mln e di € 50 mln, per complessivi € 130 mln. Ha, altresì, affidato la definizione delle modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse agli operatori dei settori, inclusi artisti, autori, interpreti ed esecutori, tenendo conto altresì dell’impatto economico negativo conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19, a un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge[8].

In attuazione, sono finora intervenuti due decreti ministeriali. In particolare:

·      con DM 188 del 23 aprile 2020 sono stati destinati € 20 mln di parte corrente agli organismi operanti nei settori del teatro, della danza, della musica e del circo che non sono stati destinatari di contributi a valere sul FUS nel 2019.
Le risorse sono ripartite in parti uguali e, comunque, in misura non superiore a € 10.000 per ciascun beneficiario. Possono presentare domanda, entro le ore 16.00 del 25 maggio 2020, i soggetti in possesso dei seguenti requisiti: prevedere nello statuto o nell’atto costitutivo lo svolgimento di attività di spettacolo dal vivo; avere sede legale in Italia; non aver ricevuto nel 2019 contributi a valere sul FUS; aver svolto tra il 1° gennaio 2019 e il 29 febbraio 2020 un minimo di 15 rappresentazioni e aver versato contributi previdenziali per almeno 45 giornate lavorative, ovvero, in alternativa, aver ospitato, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 29 febbraio 2020, un minimo di 10 rappresentazioni essendo in regola con il versamento dei contributi previdenziali.

Qui l’avviso pubblico per la presentazione delle domande.

In base al comunicato stampa del 22 aprile 2020, i contributi saranno erogati entro il 30 giugno 2020;

·      con DM 211 del 28 aprile 2020 – il cui testo sarà visibile dopo la registrazione da parte della Corte dei conti – si è proceduto, in base al comunicato stampa del Mibact del 30 aprile 2020, all’assegnazione di € 5 mln di parte corrente destinati allo spettacolo viaggiante.

 

Nel quadro descritto, il comma 1 incrementa innanzitutto la dotazione complessiva dei Fondi (da € 130 mln) a € 245 mln, per il 2020, destinando l’incremento a entrambi: il Fondo di parte corrente passa (da € 80 mln) a 145 mln; il Fondo in conto capitale passa (da € 50 mln) a € 100 mln (lett. a)).

Inoltre, sostituisce il riferimento a un unico decreto ministeriale attuativo con il riferimento a uno o più decreti ministeriali attuativi (lett. b)).

 

Conseguentemente, il comma 12 dispone che agli oneri derivanti, tra l’altro, dal comma 1, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

Infine, lo stesso comma 1 aggiungendo il co. 3-bis nell’art. 89 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), dispone che “il Fondo di cui al comma 1” dello stesso art. 89 può essere incrementato per € 50 mln per il 2021 mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC), previa delibera del CIPE volta a rimodulare e ridurre di pari importo, per il medesimo anno, le somme già assegnate con le delibere dello stesso CIPE n. 3 del 2016, n. 100 del 2017 e n. 10 del 2018 al «Piano operativo “Cultura e turismo”» di competenza del MIBACT. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le conseguenti variazioni di bilancio (lett. c)).

 

Si valuti l’opportunità di specificare a quale dei due Fondi – di parte corrente o in conto capitale - è destinato l’eventuale incremento previsto per il 2021.

 

Al riguardo, si ricorda che, sulla base di quanto disposto dall’art. 1, co. 703, lett. d), della L. 190/2014 (L. di stabilità 2015), il CIPE ha approvato, con delibera n. 3 del 1 maggio 2016, il Piano stralcio «Cultura e turismo», presentato dal MIBACT, per un valore di € 1.000 mln, da finanziare a carico delle risorse del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 (FSC) (istituito nello stato di previsione del MEF), di cui: € 64 mln per il 2016, € 90 mln per il 2017, € 196 mln per il 2018, € 237 mln per il 2019, € 194 mln per il 2020, € 125 mln per il 2021 ed € 94 mln per il 2022.

Successivamente, con delibera n. 100 del 22 dicembre 2017, il CIPE ha approvato un Addendum al Piano stralcio “Cultura e turismo”, con assegnazione, sempre a valere sul FSC 2014-2020, di € 30,35 mln, di cui: € 2 mln per il 2020; € 2 mln per il 2021; € 2 mln per il 2022; € 6 mln per il 2023; € 8 mln per il 2024; € 10,35 mln per il 2025.

Ancora dopo, con delibera n. 10 del 28 febbraio 2018 il CIPE ha approvato un ulteriore Addendum al Piano stralcio “Cultura e turismo”, con cui è stato approvato il Piano operativo “Cultura e turismo”, al quale sono stati assegnati € 740 mln, sempre a valere sul FSC 2014-2020. In particolare, l’articolazione finanziaria dell’assegnazione è la seguente: € 30 mln per il 2018; € 50 mln per il 2019; € 50 mln per il 2020; € 100 mln per il 2021; € 70 mln per il 2022; € 10 mln per il 2023; € 10 mln per il 2024; € 420 mln per il 2025.

 

Alla luce di quanto ricostruito, si valuti l’opportunità di fare riferimento anche al “Piano stralcio Cultura e turismo”.


 

Articolo 183, commi 2, 3 e 12
(
Misure di sostegno a favore di istituti e luoghi della cultura, nonché
di imprese e istituzioni culturali
)

 

 

L'articolo 183, comma 2, istituisce il Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali, con una dotazione, per il 2020, di € 210 mln, destinato al sostegno di musei ed altri istituti e luoghi della cultura non statali e di imprese e istituzioni culturali.

A sua volta, il comma 3 autorizza, per il 2020, la spesa di € 100 mln, al fine di assicurare il funzionamento di musei ed altri istituti e luoghi della cultura statali.

Il comma 12 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

In particolare, in base al comma 2, il Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali è istituito nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ed è destinato al sostegno delle librerie, dell’intera filiera dell’editoria, nonché dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura non statali.

Si tratta, in base all’art. 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004), richiamato dal testo, oltre che di musei, di biblioteche e archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali.

 

Il medesimo Fondo è altresì destinato al ristoro delle perdite derivanti dall’annullamento, a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, di spettacoli, fiere, congressi e mostre.

 

Le modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse, pari a € 210 mln per il 2020, sono stabilite, tenendo conto dell’impatto economico negativo nei diversi settori conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19, con uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

Il comma 3 dispone, invece, che la somma di € 100 mln per il 2020 – che è assegnata allo stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – è destinata ad assicurare il funzionamento degli istituti e dei luoghi della cultura statali, tenuto conto dei mancati introiti da bigliettazione conseguenti all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19.

In tal caso, non si precisa con quale atto saranno definite le relative modalità di ripartizione.

Si valuti l’opportunità di un chiarimento.

 

Conseguentemente, il comma 12 dispone che agli oneri derivanti, tra l’altro, dai commi 2 e 3, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 183, commi 4, 5 e 6
(Fondo unico per lo spettacolo)

 

 

L’articolo 183, commi 4, 5 e 6, individua criteri specifici per l’attribuzione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) nel periodo 2020-2022, in deroga alla disciplina generale, a seguito della sospensione delle attività di spettacolo deliberata per far fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19.

 

In particolare, il comma 4 prevede che la quota del Fondo unico per lo spettacolo destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche per il 2020 e per il 2021 è ripartita sulla base della media delle percentuali assegnate per il triennio 2017-2019, in deroga ai criteri generali e alle percentuali di ripartizione previsti dall’art. 1 del DM 3 febbraio 2014.

Prevede, altresì, che, per il 2022, gli stessi criteri generali sono adeguati in ragione dell’attività svolta a fronte dell’emergenza sanitaria da COVID-19, delle esigenze di tutela dell’occupazione e della riprogrammazione degli spettacoli annullati.

In virtù del richiamo al DM 3 febbraio 2014, il riferimento sembrerebbe essere alle sole 12 fondazioni lirico-sinfoniche non dotate di forme organizzative speciali[9].

Infatti, per le due fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forme organizzative speciali – ossia, la Fondazione Teatro alla Scala (DM 5 gennaio 2015) e l’Accademia di Santa Cecilia (DM 5 gennaio 2015) – i criteri per l’assegnazione dei contributi sono recati dal D.I. 6 novembre 2014.

Si valuti comunque l’opportunità di un chiarimento, anche al fine di chiarire la disciplina applicabile alle fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forme organizzative speciali nel periodo 2020-2022.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 11, co. 20, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) ha stabilito che la quota del FUS destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche è determinata annualmente con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, sentita la Consulta per lo spettacolo (poi sostituita, a seguito della L. 175/2017, con il Consiglio superiore dello spettacolo), ed è attribuita ad ogni fondazione con decreto del Direttore generale per lo spettacolo dal vivo, sentita la commissione consultiva per la musica, sulla base dei seguenti criteri:

§  il 50% della quota è ripartita in considerazione dei costi di produzione derivanti dalle attività realizzate da ogni fondazione nell'anno precedente quello cui si riferisce la ripartizione, sulla base di indicatori di rilevazione della produzione;

§  il 25% della quota è ripartita in considerazione del miglioramento dei risultati della gestione attraverso la capacità di reperire risorse;

§  il 25% della quota è ripartita in considerazione della qualità artistica dei programmi.

Il co. 21 ha previsto l'intervento di un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, sentita la commissione consultiva per la musica, per la determinazione degli indicatori di rilevazione della produzione, dei parametri per la rilevazione del miglioramento dei risultati della gestione e di quelli per la rilevazione della qualità artistica dei programmi, nonché del procedimento per l'erogazione dei contributi.

Su tale base normativa, i criteri generali e le percentuali della quota del FUS destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche sono stati definiti con il citato DM 3 febbraio 2014.

In particolare, l’art. 1 del DM 3 febbraio 2014 ha ribadito i criteri previsti dall’art. 11, co. 20, del D.L. 91/2013.

 

In seguito, l’art. 5 del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) – inserendo il co. 21-bis nell’art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) – ha disposto che, a decorrere dal 2015, le fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forme organizzative speciali che non versano in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale percepiscono una quota del FUS determinata percentualmente con valenza triennale.

La disciplina attuativa, recata dal già citato D.I. 6 novembre 2014, ha stabilito (art. 5) che l'assegnazione di tale contributo è determinata dal Direttore generale per lo spettacolo dal vivo, sentita la Commissione consultiva per la musica, in considerazione della attività realizzata nel triennio precedente l'assegnazione e sulla base dei programmi di attività del triennio successivo corredati dei relativi budget preventivi. L'accertamento di attività inferiori a quelle valutate ai fini del contributo assegnato, ovvero la variazione sostanziale di elementi artistici dei programmi di attività, comporta la corrispondente riduzione del contributo triennale[10].

 

Da ultimo, peraltro, l’art. 7, co. 1, secondo periodo, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) ha stabilito che, per il 2020, il contributo a valere sulle risorse FUS assegnato a ciascuna fondazione lirico-sinfonica non dotata di forma organizzativa speciale non può avere un valore percentuale superiore o inferiore del 10% rispetto alla media aritmetica dei contributi assegnati alla medesima fondazione nei 3 anni precedenti, sulla base della disciplina recata dall’art. 11, co. 20 e 21, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013).

 

Si valuti l’opportunità di specificare se tale previsione sia da intendersi superata o meno.

 

Il comma 5 prevede, anzitutto, che, per il 2020, agli organismi finanziati a valere sul FUS per il triennio 2018-2020 diversi dalle fondazioni lirico-sinfoniche è erogato un anticipo del contributo fino all’80% dell’importo riconosciuto per il 2019.

Dunque, l’anticipo è corrisposto nella misura massima indicata, si intenderebbe indipendentemente dalla richiesta dell’interessato e senza condizioni (si veda, infra, la normativa generale).

Si valuti comunque l’opportunità di un chiarimento.

 

Lo stesso comma 5 dispone, inoltre, che, con uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare ai sensi dell’art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) – si tratta, dunque, di decreti di natura non regolamentare –, sono stabiliti le modalità – rectius: e i criteri per l’erogazione della quota restante, tenendo conto dell’attività svolta a fronte dell’emergenza sanitaria da COVID-19, della tutela dell’occupazione e della riprogrammazione degli spettacoli annullati, nonché, in deroga alla durata triennale della programmazione, le modalità – rectius: e i criteri – per l’erogazione dei contributi per il 2021, anche sulla base delle attività effettivamente svolte e rendicontate nel 2020.

Dunque, a differenza di quanto previsto per le fondazioni lirico-sinfoniche, per gli altri organismi dello spettacolo dal vivo per l’anno 2022 dovrebbe applicarsi la disciplina generale per l’attribuzione delle risorse del FUS.

 

Al riguardo si ricorda che per tutti i settori dello spettacolo dal vivo diversi da quello relativo alle fondazioni lirico-sinfoniche, l'art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) ha previsto che i criteri di assegnazione dei contributi – da rideterminare con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo – devono tener conto dell'importanza culturale della produzione svolta, dei livelli quantitativi, degli indici di affluenza del pubblico, nonché della regolarità gestionale degli organismi.

Era, dunque, intervenuto, dapprima, il DM 1 luglio 2014, adottato d'intesa con la Conferenza unificata (successivamente modificato con DM 5 novembre 2014, DM 3 febbraio 2016, DM 5 febbraio 2016, DM 30 settembre 2016 e DM 3 gennaio 2017).

Il TAR Lazio, con sentenza n. 7479 del 28 giugno 2016, ravvisando la natura sostanziale di regolamento del DM 1 luglio 2014, lo aveva ritenuto illegittimo, in quanto emanato in violazione delle disposizioni procedimentali di cui all’art. 17 della L. 400/1988 (che prevede, tra l’altro, il parere obbligatorio del Consiglio di Stato), pur senza che la legge attributiva del potere contenesse alcuna indicazione espressa sotto il profilo formale, rilevante alla stregua di disciplina speciale[11].

Come risultante dal comunicato stampa del 2 luglio 2016, nello stesso giorno era intervenuta, su richiesta del Mibact, la sospensione della sentenza del TAR Lazio da parte del Consiglio di Stato.

Nelle more del giudizio di merito, l’art. 24, co. 3-sexies, del D.L. 113/2016 (L. 160/2016) ha poi disposto che l’art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 si interpreta nel senso che il decreto ministeriale ivi previsto ha la stessa natura non regolamentare prevista per i decreti di cui all’art. 1, co. 1, del D.L. 24/2003 e che le regole tecniche di riparto sono basate sull’esame comparativo di appositi programmi di attività pluriennale presentati dagli enti dello spettacolo e possono definire apposite categorie tipologiche dei soggetti ammessi alla presentazione della domanda per ciascuno dei settori di attività (danza, musica, teatro, circo, spettacolo viaggiante).

Da ultimo, con sentenza n. 5035 del 13 ottobre 2016, il Consiglio di Stato aveva riformato la sentenza del TAR Lazio n. 7479 del 28 giugno 2016, evidenziando che il DM 1 luglio 2014 aveva natura non regolamentare e che doveva, pertanto, ritenersi che l'art. 24, co. 3-sexies, del D.L. 113/2016 era una norma di interpretazione autentica non innovativa.

Successivamente, è stato emanato il DM 332 del 27 luglio 2017 – che si applica per le domande di contributo a decorrere dall'anno di contribuzione 2018 –che ha abrogato, dall’1 gennaio 2018, il DM 1 luglio 2014 e le sue modifiche e integrazioni, fatte salve le disposizioni relative alla presentazione della documentazione consuntiva afferente l'erogazione dei contributi assegnati nel triennio 2015-2017 e comunque fino alla chiusura dei relativi procedimenti amministrativi. Modifiche al DM 27 luglio 2017 sono poi state apportate con DM 245 del 17 maggio 2018 e, da ultimo, con DM 317 del 3 maggio 2019.

In particolare, l’art. 1, co. 2, del DM 332/2017 prevede che i contributi sono concessi per progetti triennali, corredati di programmi per ciascuna annualità, mentre l’art. 6 dispone che, su domanda dell'interessato, l'amministrazione può erogare una anticipazione fino ad un massimo dell'80% dell'ultimo contributo ottenuto, a condizione che sia stata regolarmente presentata la documentazione relativa all'ultimo sostegno finanziario.

 

Il comma 6 dispone, infine, che, decorso il primo periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale pari a 9 settimane, previsto dall’art. 19 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), gli organismi dello spettacolo dal vivo possono utilizzare le risorse erogate a valere sul FUS per il 2020 anche per integrare le misure di sostegno del reddito dei propri dipendenti, in misura comunque non superiore alla parte fissa della retribuzione continuativamente erogata prevista dalla contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dell’equilibrio del bilancio e, in ogni caso, limitatamente al periodo di ridotta attività degli enti.

Al riguardo, si ricorda che l’art. 19 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) è modificato dall’art. 68 del decreto-legge in commento – alla cui scheda si rinvia - che prevede una estensione del termine di 9 settimane citato dalla disposizione in commento.

Si valuti, dunque, l’opportunità di un chiarimento.


 

Articolo 183, comma 7
(Interventi per il cinema e l’audiovisivo)

 

 

L’articolo 183, comma 7, reca misure finalizzate a mitigare gli effetti subiti dal settore cinematografico e audiovisivo a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19, in particolare introducendo la possibilità di prevedere, per il 2020, una maggiore flessibilità nella ripartizione delle risorse destinate ai crediti di imposta, anche in deroga alle percentuali previste a regime.

 

Nello specifico, si autorizza il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo ad adottare – limitatamente agli stanziamenti relativi all’anno 2020, e nel rispetto del limite delle risorse individuate con il decreto di riparto del Fondo per il cinema e l'audiovisivo di cui all’art. 13, co. 5, della L. 220/2016 – uno o più decreti volti a ridefinire, per ogni tipologia di credito di imposta, le disposizioni applicative utili per stabilire l’entità delle risorse da destinare a ciascun beneficiario, anche in deroga alle percentuali previste dalla stessa legge per tipologia di credito di imposta e al limite massimo stabilito per ciascuna ai sensi dell’art. 21, co. 1, della medesima legge.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 13 della L. 220/2016 ha istituto il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo – d’ora in avanti: Fondo per il cinema e l'audiovisivo – destinato al finanziamento dei diversi interventi previsti dalla stessa legge. In particolare, il co. 5 – come modificato dall’art. 3, co. 4, del D.L. 59/2019 (L. 81/2019) – ha previsto che, con decreto del Ministro, sentito il Consiglio superiore del cinema e dell’audiovisivo, si provvede al riparto del Fondo fra le tipologie di contributi previsti dalla stessa legge (credito di imposta: artt. 15-20; contributi automatici: artt. 23-25; contributi selettivi: art. 26; contributi per le attività e le iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva: art. 27, co. 1), fermo restando che l'importo complessivo per i contributi di cui agli artt. 26 e 27, co. 1, non può essere inferiore al 10% e superiore al 15% del Fondo medesimo[12].

Nello specifico, i crediti di imposta riguardano le imprese di produzione (art. 15), le imprese di distribuzione (art. 16), le imprese dell'esercizio cinematografico e le industrie tecniche e di post-produzione (art. 17), il potenziamento dell'offerta cinematografica (art. 18), l'attrazione in Italia di investimenti cinematografici e audiovisivi (art. 19) e le imprese non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo (art. 20). Per ciascuna di tali tipologie, gli articoli citati hanno stabilito le percentuali di corresponsione degli stessi crediti di imposta.

A sua volta, l’art. 21, dettando disposizioni comuni ai diversi crediti di imposta, ha, anzitutto, disposto che gli stessi sono riconosciuti entro il limite massimo complessivo indicato con il già citato decreto di riparto del Fondo per il cinema e l’audiovisivo. Inoltre, ha stabilito che con il medesimo decreto si provvede al riparto delle risorse complessivamente iscritte in bilancio tra le diverse tipologie di credito di imposta; ove necessario, tale riparto può essere modificato, con le medesime modalità, anche in corso d'anno (co. 1).

Inoltre, ha demandato a uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, il compito di stabilire, per ciascuna delle tipologie di credito d'imposta e nell'ambito delle percentuali per ciascuna previsti, i limiti di importo per opera o beneficiario, le aliquote da riconoscere alle varie tipologie di opere, ovvero alla varie tipologie di impresa o di sala cinematografica, la base di commisurazione del beneficio, con la specificazione dei riferimenti temporali, nonché le ulteriori disposizioni applicative, fra cui i requisiti, le condizioni e la procedura per la richiesta e il riconoscimento del credito, prevedendo modalità atte a garantire che ciascun beneficio sia concesso nel limite massimo dell'importo complessivamente stanziato, nonché le modalità dei controlli e i casi di revoca e decadenza (co. 5).

In attuazione dell’art. 21, co. 5, della L. 220/2016 sono intervenuti il D.I. 15 marzo 2018 relativo al credito di imposta per le imprese di produzione cinematografica ed audiovisiva di cui all'art. 15 della L. 220/2016 e il D.I. 15 marzo 2018 relativo ai crediti d'imposta nel settore cinematografico e audiovisivo di cui agli artt. 16, 17, co. 1, 18, 19 e 20 della medesima L. 220/2016[13].

 

Si dispone, inoltre, che, qualora dall’attuazione di quanto previsto derivino nuovi o maggiori oneri, alla relativa copertura si provvede nei limiti delle risorse disponibili del Fondo di conto capitale di cui all’art. 89 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) che, a tal fine, sono trasferite ai pertinenti capitoli iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze[14].

Per il fondo di parte capitale di cui all’art. 89 del D.L. 18/2020, si veda la scheda relativa all’art. 183, co. 1 e 12.

Infine, si dispone che a scopi di mitigazione degli effetti subiti dal settore cinematografico possono essere finalizzate anche le ulteriori tipologie di contributi previsti dalla L. 220/2016.

L’intenzione sembrerebbe quella di prevedere, per il 2020, anche per i contributi automatici, i contributi selettivi e i contributi per le attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva, criteri di ripartizione ulteriori rispetto a quelli previsti a regime, finalizzati a mitigare gli effetti negativi dell’emergenza sanitaria in atto.

 

Si valuti, tuttavia, l’opportunità di esplicitare meglio tale previsione.


 

Articolo 183, comma 8
(Capitale italiana della cultura 2021)

 

 

L'articolo 183, comma 8, conferisce alla città di Parma, anche per il 2021, il titolo di Capitale italiana della cultura già attribuito alla stessa per il 2020, al contempo stabilendo che la procedura attualmente in corso per il titolo di Capitale italiana della cultura 2021 si intende riferita al 2022.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 7, co.  3-quater, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) ha previsto che il Consiglio dei Ministri conferisce annualmente il titolo di "Capitale italiana della cultura" ad una città italiana, sulla base di un'apposita procedura di selezione definita con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Aveva, altresì, previsto che i progetti presentati dalla città designata sono finanziati a valere sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, nel limite di € 1 mln per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2020[15].

Successivamente, l’art. 1, co. 326, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha reso permanente tale previsione, disponendo che il titolo di “Capitale italiana della cultura” è conferito, con le medesime modalità, anche per gli anni successivi al 2020, e autorizzando a tal fine la spesa di € 1 mln annui dal 2021.

La procedura di selezione per l’attribuzione del titolo di capitale italiana della cultura è stata inizialmente definita con DM 12 dicembre 2014. Successivamente, la procedura è stata modificata, con riferimento agli anni successivi al 2017, con DM 16 febbraio 2016. Da ultimo, con DM n. 494 del 23 ottobre 2019 sono state apportate modifiche al DM del 2016, con riguardo agli anni successivi al 2020.

 

Il conferimento alla città di Parma, anche per il 2021, del titolo di Capitale italiana della cultura deriva, evidentemente, dalla circostanza che, in relazione alla sospensione di tutte le attività culturali e dei servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura disposta dai provvedimenti di contenimento dell'epidemia da COVID-19, sono stati sospesi gli eventi del programma generale e del calendario di Parma2020.

 

La città di Parma è stata designata capitale italiana della cultura per il 2020 con delibera del Consiglio dei Ministri del 7 febbraio 2019. La designazione, però, era già stata resa nota dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo il 16 febbraio 2018.

Con riferimento a ciò, l’art. 1, co. 613, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha autorizzato la spesa di € 3 mln per il 2019, al fine di sostenere iniziative per la valorizzazione del patrimonio culturale della città di Parma, designata Capitale italiana della cultura 2020. Il programma degli interventi è stato approvato con DM 14 ottobre 2019, n. 467.

Le ulteriori risorse, pari ad € 1 mln, a carico dell'annualità 2020 del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 – previste dalla norma istitutiva – sono state assegnate dal CIPE con delibera 21 novembre 2019.

Da ultimo, l’art. 1, co. 364, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha autorizzato la spesa di € 2 mln per il 2020 per iniziative culturali e di spettacolo nei comuni della provincia di Parma. Tali risorse possono essere impiegate anche per prorogare, fino al 31 dicembre 2020, i contratti a tempo determinato stipulati dagli istituti e luoghi della cultura della medesima provincia.

 

Per quanto concerne la procedura che era in corso per il conferimento del titolo di Capitale italiana per la cultura 2021 – che è ora differita, come visto, al 2022 - in attuazione di quanto previsto dal comma in esame è intervenuto il  Decreto del Segretario Generale n. 300 del 21 maggio 2020.

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che il bando – adottato con Decreto del Segretario generale n. 382 del 15 dicembre 2019 - aveva disposto che le città che desideravano candidarsi al titolo di Capitale italiana della cultura 2021 avevano tempo di presentare una manifestazione di interesse entro il 16 dicembre 2019.

Da ultimo, con Decreto del Segretario generale n. 118 del 12 marzo 2020 – che aveva fatto seguito al Decreto del Segretario generale n. 83 del 26 febbraio 2020 –era stato differito al 30 giugno 2020, in relazione all’emergenza Coronavirus, il termine per l’invio di un dossier di candidatura da parte delle 44 città che hanno manifestato il loro interesse alla selezione[16].

A seguito di quanto disposto dal comma in esame, il Decreto del Segretario generale n. 300 del 21 maggio 2020 ha differito, anzitutto, al 31 luglio 2020 il termine per l’invio del dossier di candidatura.

Ha, inoltre, differito altri termini: in particolare, ha disposto che la Giuria seleziona un massimo di 10 progetti finalisti entro il 12 ottobre 2020 e, entro il 12 novembre 2020, raccomanda al Ministro la candidatura del comune, della  città metropolitana o dell’unione di comuni ritenuta più idonea a essere insignita del titolo di Capitale italiana della cultura per il2022, corredando tale proposta di relazione motivata.

Infine, ha previsto che i comuni, le città metropolitane e le unioni di comuni che avevano già inviato il proprio dossier di candidatura alla data di pubblicazione del decreto, possono annullare la trasmissione già effettuata e trasmettere un nuovo dossier di candidatura entro il 31 luglio 2020.


 

Articolo 183, commi 9 e 12
(Art-bonus)

 

 

L'articolo 183, comma 9, estende il credito di imposta per le erogazioni liberali a sostegno della cultura e dello spettacolo (c.d. Art-bonus) anche ai complessi strumentali, alle società concertistiche e corali, ai circhi e agli spettacoli viaggianti.

Il comma 12 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

A tal fine, il comma 9 novella l’art. 1, co. 1, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014).

 

L’art. 1, co. 1, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) – come modificato, da ultimo, dall’art. 5 della L. 175/2017 – ha previsto che alle persone fisiche o giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione, delle istituzioni concertistico-orchestrali, dei teatri nazionali, dei teatri di rilevante interesse culturale, dei festival, delle imprese e dei centri di produzione teatrale e di danza, nonché dei circuiti di distribuzione, e per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti, di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo,  spetta un credito di imposta pari al 65%.

A sua volta, l’art. 17 del D.L. 189/2016 (L. 229/2016) ha previsto – senza novellare l’art. 1, co. 1, del D.L. 83/2014 – che il credito di imposta spetta anche per le erogazioni liberali effettuate a favore del MIBACT per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali di interesse religioso presenti nei comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dagli episodi sismici verificatisi a partire dal 24 agosto 2016, anche appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose.

Spetta, altresì, per le erogazioni liberali per il sostegno dell'Istituto superiore per la conservazione e il restauro, dell'Opificio delle pietre dure e dell'Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario, al fine di favorire gli interventi di restauro del patrimonio culturale nelle aree colpite da eventi calamitosi.

Da ultimo, l’art. 3-sexies del D.L. 123/2019 (L. 156/2019) ha esteso la possibilità di fruire dell’Art-bonus – anche in questo caso senza novellare l’art. 1, co. 1, del D.L. 83/2014 – per le erogazioni liberali per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali di interesse religioso presenti nei territori di Venezia e di Matera (interessate da straordinari eventi meteorologici nel mese di novembre 2019).

 

Qui il sito ufficiale dedicato all'ART-BONUS, con sezioni dedicate agli interventi e ai mecenati.

Qui il comunicato del MIBACT del 1 febbraio 2020 che fornisce alcuni dati sull’entità delle donazioni e sul numero dei mecenati.

 

Conseguentemente, il comma 12 dispone che agli oneri derivanti, tra l’altro, dal comma 9, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 183, commi 10 e 12
(Piattaforma digitale per fruizione patrimonio culturale e spettacoli)

 

 

L'articolo 183, comma 10, autorizza la spesa di € 10 mln per il 2020 per la realizzazione di una piattaforma digitale per la fruizione del patrimonio culturale e degli spettacoli.

Il comma 12 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

In particolare, il comma 10 dispone che la piattaforma digitale è realizzata, al fine di sostenere la ripresa delle attività culturali, dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, anche mediante la partecipazione della Cassa Depositi e Prestiti, che può coinvolgere altri soggetti pubblici e privati.

 

Dispone, altresì che con i decreti che individuano i criteri di attribuzione di risorse statali possono essere stabiliti condizioni o incentivi per assicurare che gli operatori beneficiari dei relativi finanziamenti forniscano o producano contenuti per la citata piattaforma.

A tal fine, nello specifico, si citano i decreti adottati ai sensi dell’art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), ossia i decreti (di natura non regolamentare) per la definizione dei criteri di attribuzione dei contributi FUS ai soggetti dello spettacolo dal vivo diversi dalle fondazioni lirico-sinfoniche, nonché i decreti adottati ai sensi della L. 220/2016 per disciplinare l’accesso ai benefici previsti dalla medesima legge a sostegno del cinema e dell'audiovisivo.

Non si citano, invece, i decreti adottati ai sensi dell’art. 11, co. 20, 21 e 21-bis, dello stesso D.L. 91/2013 che, come si è visto nella scheda relativa all’art. 183, commi 4-6, definiscono i criteri di attribuzione dei contributi FUS alle fondazioni lirico-sinfoniche.

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un chiarimento.

 

Conseguentemente, il comma 12 dispone che agli oneri derivanti, tra l’altro, dal comma 10, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 


 

Articolo 183, comma 11
(
Rimborso dei titoli di acquisto di biglietti per spettacoli,
musei e altri luoghi della cultura
)

 

 

L'articolo 183, comma 11, novella l'art. 88 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) in materia di rimborso per l'acquisto di biglietti relativi a spettacoli, musei e altri luoghi della cultura mediante la corresponsione di un voucher. Si modifica il procedimento di emissione dei suddetti voucher, si introduce un termine (finale) di decorrenza della impossibilità sopravvenuta della prestazione (fino al 30 settembre 2020) e si stabilisce che la durata del voucher passa (da dodici) a diciotto mesi dall'emissione.

 

Si ricorda che l'art. 88, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) dispone l'applicazione dell'art. 1463 del codice civile - ossia la sopravvenuta impossibilità della prestazione - ai contratti di acquisto:

§  di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, inclusi quelli cinematografici e teatrali;

§  di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura.

In base al principio generale di cui all'articolo 1463 del codice civile, nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.

 

La novella apportata dalla disposizione in commento incide sul termine di decorrenza della sopravvenuta impossibilità della prestazione - che comunque deve essere motivata in ragione degli effetti derivanti dall'emergenza da Covid-19 - che si verifica dalla data di adozione del D.P.C.M. 8 marzo 2020 (cioè dall'8 marzo medesimo) fino al 30 settembre 2020.

Il D.P.C.M. 8 marzo 2020 ha previsto le seguenti misure di contenimento valevoli su tutto il territorio nazionale (art. 2, co. 1, lett. b) e d)):

§  la sospensione delle manifestazioni, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato;

§  la sospensione dell'apertura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D. Lgs. 42/2004.

Secondo l'art. 101 del d.lgs. 42/2004 sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali.

La conseguenza della sopravvenuta impossibilità della prestazione ai sensi dell'art. 1463 del codice civile è il rimborso di quanto corrisposto per i titoli di accesso e i biglietti, che - in base al co. 2 dell'art. 88, interamente sostituito dalla disposizione in commento - avviene su apposita istanza dei soggetti acquirenti, presentata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del D.L.18/2020 (cioè entro il 16 aprile 2020), o dalla diversa data della comunicazione dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione (questa è la parte oggetto di modifica). Si valuti l'opportunità di specificare a chi competa la comunicazione dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione.

Nel testo originario invece l'istanza poteva essere presentata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 2, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020 (su cui si veda infra).

 

Si ricorda che il D.L. 19/2020, all'art. 1, ha previsto la possibilità di adottare specifiche misure per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, tra cui per quanto di interesse:

§  limitazione o sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni altra forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo, ricreativo e religioso (art. 1, co. 2, lett. g));

§  chiusura di cinema, teatri, sale da concerto, sale da ballo (art. 1, co. 2, lett.i));

§  limitazione o sospensione dei servizi di apertura al pubblico o chiusura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura (art. 1, co. 2, lett.r)).

 

L'art. 2, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020 indica le modalità di attuazione delle summenzionate misure di contenimento.

Inoltre, il D.L. 33/2020, all'art. 1, co. 8, stabilisce che - dal 18 maggio al 31 luglio 2020 - le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura con la presenza di pubblico, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo e fieristico, in luogo pubblico o aperto al pubblico, si svolgono con le modalità stabilite con i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 2 del citato D.L. 19/2020. In attuazione del D.L. 19/2020 e del D.L. 33/2020, è intervenuto da ultimo il  D.P.C.M. 17 maggio 2020, efficace a partire dal 18 maggio 2020, che ha operato alcune distinzioni nella ripresa delle attività stabilendo:

§  la sospensione fino al 14 giugno 2020 degli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto (art.1, co.1, lett. m));

§  la ripresa dal 18 maggio 2020 del servizio di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura a determinate condizioni (art.1, co.1, lett. p)).

 

All'istanza di rimborso, presentata all'organizzatore dell'evento anche per il tramite dei canali di vendita da quest'ultimo utilizzati, deve essere allegato il relativo titolo di acquisto. La novella introdotta dalla disposizione in commento elimina la verifica (prevista nel testo originario), da parte dell'organizzatore dell'evento, dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione e conseguentemente dell'inutilizzabilità del titolo di accesso oggetto dell'istanza di rimborso. Si valuti l'opportunità di una più puntuale indicazione dei soggetti cui va richiesto il rimborso, che non necessariamente sono organizzatori di eventi”, posto che il rimborso può essere richiesto anche per biglietti di musei e analoghi.

 

L'organizzatore dell'evento provvede all'emissione di un voucher di importo pari a quello del titolo di acquisto da utilizzare entro diciotto mesi dall'emissione (e non entro un anno come previsto dal testo originario dell'art. 88, co. 2, del D.L. 18/2020). Viene inoltre introdotta la previsione per cui l’emissione dei voucher assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario.

 

Viene inoltre abrogato il comma 3 dell'art. 88 del D.L. 18/2020 che stabiliva un termine finale (mobile) di applicazione delle procedure di rimborso sopradescritte, collegato alla data di efficacia dei provvedimenti attuativi del D.L. 19/2020. Detta abrogazione pare connessa alla previsione per cui la sopravvenuta impossibilità della prestazione - quale presupposto per poter chiedere il rimborso - vale fino al 30 settembre 2020.

 


 

Articolo 184
(Fondo cultura)

 

 

L'articolo 184 istituisce, nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT), un Fondo per la promozione di investimenti e altri interventi per la tutela, la fruizione, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale, con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2020. Detto Fondo può essere incrementato con apporti finanziari di soggetti privati. Per l'anno 2021, esso è incrementato con risorse provenienti dal Fondo di sviluppo e coesione, pari a 50 milioni di euro.

L'Istituto nazionale di promozione, cioè la Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP), ha la facoltà di svolgere, anche tramite società partecipate, l'istruttoria e la gestione delle operazioni connesse alle iniziative di cui sopra, nonché le relative attività di assistenza e consulenza. Il decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo previsto dalla disposizione può inoltre destinare una quota delle risorse al finanziamento di un fondo di garanzia per la concessione di contributi in conto interessi e di mutui per interventi di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale, gestito e amministrato a titolo gratuito dall'Istituto per il credito sportivo in gestione separata.

 

In dettaglio, il comma 1 reca l'istituzione nello stato di previsione del MIBACT di un Fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2020, finalizzato alla promozione di investimenti e altri interventi per la tutela, la fruizione, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale.

 

Si ricorda che il d.lgs. 42/2004, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, all'art. 2 definisce il patrimonio culturale come l'insieme di beni culturali e paesaggistici. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati dal Codice stesso costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge.

Sempre il d.lgs. 42/2004, definisce:

§  la tutela del patrimonio culturale (art. 3), che consiste "nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione";

§  la valorizzazione del patrimonio culturale (art.6), che consiste "nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati",

e disciplina, agli artt. 101-105 le modalità di fruizione dei beni culturali.

 

Inoltre, la definizione di patrimonio culturale immateriale è contenuta nella Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003 dalla XXXII sessione della Conferenza generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura e recepita dalla L. 167/2007.

 

Il tema della digitalizzazione del patrimonio culturale è fortemente sentito durante l'attuale emergenza sanitaria da COVID-19, nella prospettiva di garantire comunque una forma di accesso ai beni culturali, seppure in forma virtuale. Non è un caso dunque che in tutto il mondo siano state rese accessibili gratuitamente le risorse delle biblioteche e siano state favorite visite virtuali e accesso gratuito ai siti internet di musei e luoghi della cultura. Per l'Italia, si veda la campagna "La cultura non si ferma".

L'obiettivo di ampliare l'accesso ai beni culturali attraverso la loro digitalizzazione è stato oggetto di numerose iniziative a livello sia europeo che nazionale. 

Già nel 2005, sei capi di Stato e di Governo, tra cui l'Italia, invocarono la creazione di una biblioteca digitale europea; dopo varie tappe, a novembre 2008 è stato dato avvio al progetto Europeana, nata appunto come biblioteca digitale dell'Unione europea e diventata la piattaforma digitale dell'Europa per il patrimonio culturale. E' disponibile la cronologia della digitalizzazione e dell'accessibilità in rete del patrimonio culturale, che presenta tutte le iniziative rilevanti e i documenti politici europei a decorrere dal 2005.  

Il 27 ottobre 2011, la Commissione europea ha adottato una raccomandazione sulla digitalizzazione e l’accessibilità in rete dei materiali culturali e sulla conservazione digitale, i cui risultati sono stati esaminati nel relativo report del giugno 2019 sempre della Commissione europea, anche a seguito della Dichiarazione di cooperazione per promuovere la digitalizzazione del patrimonio culturale del 4 aprile 2019 (sottoscritta anche dall'Italia). Per una sintesi del report si veda qui. Inoltre, l'attenzione al digitale è stata menzionata tra gli obiettivi dell'istituzione dell'Anno europeo del patrimonio culturale nel 2018.

A livello nazionale, si ricorda che con D.M. 37 del 23 gennaio 2017 è stato costituito il Servizio per la digitalizzazione del patrimonio culturale–Digital Library dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD), al quale è stato affidato il coordinamento e la promozione dei programmi di digitalizzazione del patrimonio culturale di competenza del MIBACT. L'ICCD ha elaborato il Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale, quale cornice di riferimento per le politiche e le strategie di digitalizzazione del Dicastero.

Tale assetto è stato modificato dal D.P.C.M. 2 dicembre 2019, n. 169, recante il regolamento di organizzazione del MIBACT, che ha istituito quale ufficio dotato di autonomia speciale di livello dirigenziale generale l'Istituto centrale per la digitalizzazione  del  patrimonio culturale - Digital Library. Tale nuovo Istituto elabora il Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale, ne cura l'attuazione ed esprime parere obbligatorio e vincolante su ogni iniziativa del Ministero in materia. Esso inoltre svolge funzioni di indirizzo anche sull'ICCD.

Quanto alle risorse, si ricorda che l'art. 1, co. 611, della L. 145/2018 ha autorizzato la spesa di 4 milioni di euro per il 2019 da parte dell'allora Ministero per i beni e le attività culturali per proseguire l'attività di digitalizzazione del patrimonio culturale. L'art. 1, co. 375, della L. 160/2019 ha disposto uno stanziamento di 23 milioni di euro per l'anno 2021 e di 33 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2035 per incrementare la quota degli utili del gioco del lotto del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo destinata fra l'altro a progetti per la digitalizzazione inerente il patrimonio culturale.

 

Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo - per l'adozione del quale non è previsto un termine - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite modalità e condizioni di funzionamento del Fondo.

Il comma 2 stabilisce inoltre che la dotazione del Fondo può essere incrementata con risorse di soggetti privati, comprese le persone giuridiche private di cui al titolo II (artt. 11-13) del libro primo del codice civile. Si valuti l'opportunità di chiarire le modalità di apporto delle persone giuridiche private.

 

Il comma 3 attribuisce all'Istituto nazionale di promozione, cioè la Cassa depositi e prestiti S.p.A. (di seguito anche CDP), la facoltà di svolgere, anche tramite società partecipate, l'istruttoria e la gestione delle operazioni connesse alle iniziative di cui al comma 1, nonché le relative attività di assistenza e consulenza, con oneri a carico del fondo, sulla base di apposita convenzione con il MIBACT.

 

I commi dal 822 al 830 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) individuano la Cassa depositi e prestiti S.p.A. come istituto nazionale di promozione ai sensi della normativa europea sugli investimenti strategici e come possibile esecutore degli strumenti finanziari destinatari dei fondi strutturali e di eventuali fondi apportati da amministrazioni ed enti pubblici o privati, abilitandola a svolgere le attività previste da tale normativa anche utilizzando le risorse della gestione separata.

 In particolare, il comma 822 prevede che, onde perseguire l'obiettivo di supportare la costituzione delle Piattaforme di investimento (cfr. infra) previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015, c.d. Regolamento Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), le operazioni finanziarie delle piattaforme di investimento ammissibili al FEIS promosse dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. possano essere assistite dalla garanzia dello Stato. Tale garanzia statale è qualificata come onerosa, a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile. 

 

Le «banche o istituti nazionali di promozione» sono le entità giuridiche che espletano attività finanziarie su base professionale, cui è stato conferito un mandato da uno Stato membro o da un'entità di uno Stato membro, a livello centrale, regionale o locale, per svolgere attività di sviluppo o di promozione così come definite all'articolo 2, n. 3 del Regolamento (UE) 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici, al polo europeo di consulenza sugli investimenti e al portale dei progetti di investimento europei e che modifica i regolamenti (UE) n. 1291/2013 e (UE) n. 1316/2013. Secondo la Comunicazione COM (2015) 361, la principale motivazione economica dell'istituzione di una banca di promozione risiede nel fatto che i fallimenti del mercato possono ridurre gli investimenti e, di conseguenza, rallentare la crescita futura portandola a livelli non efficienti sotto il profilo economico, e che un istituto con un mandato pubblico si trova in posizione migliore rispetto agli operatori privati per rimediare ai fallimenti del mercato. Il documento prefigura la cooperazione tra le banche nazionali di promozione e la BEI tramite accordi di co-investimento (piattaforme di investimento) che vengono strutturati al fine di aggregare i progetti d'investimento, ridurre i costi delle operazioni e dell'informazione e ripartire più efficacemente il rischio fra i vari investitori. Le piattaforme d'investimento possono essere società veicolo, conti gestiti, accordi di cofinanziamento o di condivisione dei rischi basati su contratti oppure accordi stabiliti con altri mezzi tramite i quali le entità incanalano un contributo finanziario al fine di finanziare una serie di progetti di investimento.

 

Il comma 826, in particolare, attribuisce alla CDP la qualifica di istituto nazionale di promozione, come definito dall’articolo 2, n. 3, del Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), secondo quanto previsto nella Comunicazione COM (2015) 361 del 22 luglio 2015 della Commissione Europea.

Il comma 827 abilita la CDP a svolgere le attività degli istituti nazionali di promozione previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017, nonché i compiti previsti dal Regolamento (CE) n. 1303/2013 e dal Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012.

Il Regolamento (CE) n. 1303/2013 del 17 dicembre 2013 in materia di disposizioni comuni sui fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) reca disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.  Il Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012 del 25 ottobre 2012, stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione.

 

Il comma 828 autorizza la CDP a impiegare le risorse della gestione separata di cui all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, per contribuire a realizzare gli obiettivi del FEIS, tra l’altro mediante il finanziamento di piattaforme d’investimento e di singoli progetti ai sensi del Regolamento (UE) n. 2015/1017, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea sugli aiuti di Stato. 

 

L’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ha istituito un sistema separato ai soli fini contabili ed organizzativi, la cui gestione è uniformata a criteri di trasparenza e di salvaguardia dell'equilibrio economico. Sono assegnate alla gestione separata le partecipazioni e le attività a essa strumentali, connesse e accessorie, e le attività di assistenza e di consulenza in favore dei soggetti finanziati da CDP.  La CDP finanzia sotto qualsiasi forma lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato. L'utilizzo dei fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A. effettuata nei confronti dei medesimi soggetti, o dai medesimi promossa, nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati con D.M., tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione. Le operazioni adottate nell'ambito delle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo possono essere effettuate anche in cofinanziamento con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali, nel limite annuo stabilito con apposita convenzione stipulata tra la medesima CDP e il Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 829 stabilisce che la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e le società dalla stessa controllate possono esercitare i compiti di esecuzione degli strumenti finanziari destinatari dei Fondi SIE, di cui al Regolamento n. 966/2012 e al Regolamento n. 1303/2013, in forza di un mandato della Commissione europea ovvero mediante affidamenti da parte delle autorità di gestione.

 

In forza del comma 830 le amministrazioni e gli enti pubblici o i privati, anche a valere su risorse europee possono contribuire a finanziare le attività di cui al comma precedente. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, vengono individuate, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, le eventuali risorse delle amministrazioni statali.

 

In base al comma 4, il decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze che disciplina il funzionamento del Fondo, di cui al comma 1, può destinare una quota delle risorse al finanziamento di un fondo di garanzia per la concessione di contributi in conto interessi e di mutui per interventi di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale.

Il fondo di cui al presente comma è gestito e amministrato a titolo gratuito dall'Istituto per il credito sportivo in gestione separata secondo le modalità definite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

L'Istituto per il credito sportivo è un ente pubblico economico istituito con la legge n. 1295 del 1957, e successivamente disciplinato dal D.P.R. n. 453 del 2000, che opera nel settore del credito per lo sport e per le attività culturali. Si tratta quindi di una banca pubblica che opera ai sensi e per gli effetti dell’articolo 151 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario). Finalità dell'Istituto è quella di erogare, a favore di soggetti pubblici e privati, finanziamenti a medio e lungo termine, volti alla progettazione, costruzione, ampliamento e miglioramento di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle aree e degli immobili relativi a dette attività. Alle menzionate finalità l'Istituto provvede con le risorse derivanti del proprio patrimonio e con l'emissione di obbligazioni.

Il patrimonio dell'Istituto, la cui consistenza è accertata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, tenendo conto dei diritti eventualmente acquisiti dai soggetti partecipanti al fondo di dotazione, è costituito:

§  dal fondo di dotazione, conferito dai partecipanti, nonché dal fondo di garanzia, conferito dal CONI;

§  dal fondo patrimoniale di cui al quarto comma dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295, e successive modificazioni;

§  dalle riserve.

Dai dati più recenti, riportati dal bilancio dell'esercizio finanziario 2018, risulta un patrimonio netto di circa 860 milioni di euro e un utile di esercizio pari a circa 13 milioni di euro.

Il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo esercita sull'Istituto la vigilanza a norma dell'articolo 157, comma 3, del decreto legislativo n. 112 del 1998, dell'articolo 2, comma 2, lettera g), del decreto legislativo n. 368 del 1998, e dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 300 del 1999. Il Ministero dell'economia e delle finanze esercita i poteri di vigilanza per quanto di propria competenza

 

In base al comma 5, il Fondo può essere incrementato, nella misura di 50 milioni di euro per l’anno 2021 mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC), di cui all'art. 1, co. 6, della L. 147/2013, previa delibera del CIPE volta a rimodulare e ridurre di pari importo, per il medesimo anno, le somme già assegnate con le delibere del CIPE n. 3 del 2016, n. 100 del 2017 e n. 10 del 2018 al Piano operativo "Cultura e turismo" di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

Il Piano operativo "Cultura e turismo" è stato inizialmente finanziato nell'ambito del c.d. Piano Stralcio "Cultura e turismo" a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, adottato ai sensi dell'art. 1, co. 703, lett. d), della L. 190/2014, con la delibera CIPE n. 3/2016 (1.000 milioni di euro). La dotazione del Piano Stralcio "Cultura e Turismo" è stata poi successivamente integrata con la delibera CIPE n. 100/2017 – Primo Addendum (30,4 milioni). Con la delibera CIPE n. 10/2018 il CIPE ha approvato il Piano operativo «Cultura e Turismo» (740 milioni di euro), ad integrazione e rafforzamento del Piano stralcio e relativo Addendum già approvati con le citate delibere n. 3/2016 e n. 100/2017, per un valore complessivo di 1.770,4 milioni di euro ed un orizzonte di spesa delle risorse assegnate che si estende dall’anno 2018 all’anno 2025. Per un'analisi del Piano allegato alla delibera 10/2018 si veda qui.

In base alla delibera 10/2018, l’articolazione finanziaria annuale è la seguente: anno 2018, 30 milioni di euro; anno 2019, 50 milioni di euro; anno 2020, 50 milioni di euro; anno 2021, 100 milioni di euro; anno 2022, 70 milioni di euro; anno 2023, 10 milioni di euro; anno 2024: 10 milioni di euro; anno 2025, 420 milioni di euro.

Per un riepilogo di tutti gli interventi adottati con le suddette delibere nell'ambito del FSC si veda qui.

Per una panoramica approfondita sul Fondo di sviluppo e coesione si veda il corrispondente tema web della Camera dei deputati.

 

Il comma 6 stabilisce che alla copertura degli oneri, pari a 50 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell'articolo 265, su cui si rinvia alla relativa scheda.


 

Articolo 185
(Disposizioni relative al pagamento dei crediti
dell’IMAIE in liquidazione)

 

 

L’articolo 185 fissa innanzitutto il termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge per il deposito da parte dei commissari liquidatori del bilancio finale di liquidazione dell’Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori (IMAIE) in liquidazione.

Inoltre, interviene sulla disciplina per il pagamento dei creditori, anche fissando in via legislativa il termine per la riscossione dei crediti, e su quella per la destinazione degli eventuali residui attivi e delle somme relative ai diritti non esercitati nei termini stabiliti.

 

Preliminarmente si ricorda che l’IMAIE era stato previsto dall’art. 4 della L. 93/1992, che ne aveva affidato la costituzione alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie degli artisti interpreti o esecutori firmatarie dei contratti collettivi nazionali. Inoltre, per quanto maggiormente interessa, aveva previsto che la finalità statutaria dell’Istituto consisteva nella tutela dei diritti degli artisti interpreti e esecutori previsti dalla L. 633/1941 (c.d. diritti connessi al diritto d’autore)[17] e nell’attività di difesa e promozione degli interessi collettivi delle categorie.

A sua volta, l’art. 5 della stessa L. 93/1992 – come modificato dall’art. 36 del d.lgs. 68/2003 – aveva stabilito che i compensi spettanti agli artisti ai sensi della già citata L. 633/1941 dovevano essere versati all’IMAIE dai produttori di fonogrammi o dalle loro associazioni di categoria i quali dovevano trasmettere anche la documentazione necessaria alla identificazione degli aventi diritto (co. 1).

L’IMAIE determinava l’ammontare dei compensi spettanti a ciascun artista interprete o esecutore in base ai criteri definiti da accordo concluso fra le associazioni di categoria dei produttori di fonogrammi e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie degli artisti interpreti o esecutori, firmatarie dei contratti collettivi nazionali (co. 2).

Entro il primo mese di ogni trimestre, l’IMAIE comunicava agli aventi diritto l’ammontare dei compensi maturati nel trimestre precedente e pubblicava l’elenco nominativo degli aventi diritto nella Gazzetta ufficiale (co. 3).

Gli artisti interpreti o esecutori o i loro aventi causa avevano diritto di riscuotere i compensi ad essi spettanti, al netto delle spese, entro 1.095 giorni (3 anni) dalla pubblicazione del suddetto elenco (co. 4).

Trascorso tale termine, le somme relative ai diritti non esercitati dovevano essere devolute all’IMAIE ed utilizzate per le attività e per le finalità indicate dall'art. 7, co. 2, della stessa L. 93/1992, ovvero per attività di studio e ricerca, nonché per fini di promozione, formazione e sostegno professionale degli artisti interpreti o esecutori (co. 5).

 

A seguito delle particolari criticità emerse con riferimento alla gestione dell’Istituto, l’IMAIE è stato dichiarato estinto per incapacità di raggiungere gli scopi per i quali era stato costituito con decreto del Prefetto di Roma n. 33961/606/2009 del 30 aprile 2009[18], che ha chiesto altresì al Presidente del Tribunale di Roma di nominare i commissari liquidatori ai sensi dell’art. 11 delle disposizioni di attuazione del codice civile[19].

Ne è derivato un contenzioso amministrativo che ha visto il TAR del Lazio, Sez. I-ter, accogliere l’istanza cautelare avverso il decreto prefettizio con ordinanza n. 2769/2009. La stessa istanza cautelare è stata, poi, respinta dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con ordinanza n. 3530 del 14 luglio 2009. Nel merito, il TAR Lazio, Sez. I-ter, con sentenza n. 13897/2010, ha, poi, dichiarato improcedibile il ricorso promosso avverso il decreto prefettizio.

Intanto, con provvedimento del 28 maggio 2009 il presidente del Tribunale di Roma ha nominato tre commissari liquidatori[20], con poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria, compresa la riscossione e la distribuzione agli aventi diritto dei compensi maturati e non riscossi prima e nel corso dell’attività liquidatoria.

 

Al contempo, l'art. 7 del D.L. 64/2010 (L. 100/2010) – nel testo come modificato dall’art. 47 del d.lgs. 35/2017 (di recepimento della direttiva 2014/26/UE) –, al fine di assicurare la realizzazione degli obiettivi di cui alla L. 93/1992, ha istituito il nuovo IMAIE come associazione con personalità giuridica di diritto privato, costituita direttamente dagli artisti interpreti esecutori, assistiti dalle organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative, e ha disposto che, a decorrere dal 14 luglio 2009, venivano trasferiti al nuovo IMAIE i compiti e le funzioni del vecchio istituto e, in particolare, il compito di incassare e ripartire fra gli artisti interpreti esecutori, tra l’altro, i compensi di cui agli artt. 71-septies, 71-octies, 73, 73-bis, 80, 84 e 180-bis della L. 633/1941[21] (per i quali, v. box infra)[22].

 

Da ultimo, il già citato art. 47 del d.lgs. 35/2017 – abrogando la previsione recata dall’art. 7, co. 2, del D.L. 64/2010, in base alla quale, al termine della procedura di liquidazione, l'eventuale residuo attivo ed i crediti maturati dovevano essere trasferiti al nuovo IMAIE – aveva disposto che l'eventuale residuo attivo doveva essere ripartito a favore degli artisti interpreti ed esecutori con modalità e criteri di destinazione delle somme definiti con DPCM, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che i commissari liquidatori dell’IMAIE in liquidazione depositano il bilancio finale di liquidazione, comprensivo anche dell’ultimo piano di riparto, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 

Nello specifico, nel bilancio finale di liquidazione devono essere indicati i nominativi dei creditori dell’ente e, come voce distinta dal residuo attivo, l’entità dei crediti vantati da artisti, interpreti ed esecutori, come risultanti dagli stati passivi esecutivi per i quali sia stato autorizzato il pagamento dei creditori, con la distinzione per crediti riferibili ad artisti, interpreti ed esecutori dell’area musicale e crediti riferibili ad artisti, interpreti ed esecutori dell’area audiovisiva.

 

Il comma 2 dispone, anzitutto, che a tali crediti si applica il medesimo termine per la riscossione di 1.095 giorni (pari a 3 anni) di cui all’art. 5, co. 4, della L. 93/1992, calcolato a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avviso di pubblicazione dei nominativi degli aventi diritto, ai sensi dell’art. 5, co. 3, della stessa L. 93/1992.

Al contempo, stabilisce che i titolari dei crediti ammessi agli stati passivi i cui nominativi sono già stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 3 novembre 2016 hanno diritto di richiedere il pagamento entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 

In argomento, si ricorda che, con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – parte seconda, n. 130, del 3 novembre 2016, i commissari liquidatori avevano comunicato che in data 3 novembre 2016 era avvenuta la pubblicazione ufficiale sul sito internet dell'IMAIE in liquidazione dell'elenco di tutti i nominativi degli artisti interpreti o esecutori aventi diritto alla corresponsione di compensi maturati ma non ancora riscossi – in tutto o in parte – in relazione a 4 stati passivi dell'ente depositati presso la Cancelleria della presidenza del Tribunale ordinario di Roma nelle date del 19 aprile 2010, del 24 gennaio 2013, del 6 febbraio 2014 e del 30 luglio 2015.

Da ultimo, con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – parte seconda, n. 23, del 23 febbraio 2019, i commissari liquidatori avevano comunicato che, in data 29 novembre 2018, il Presidente del Tribunale di Roma aveva autorizzato il pagamento dell'integrazione del V stato passivo e del VI e ultimo stato passivo dell'IMAIE in liquidazione. Da tale data tutti gli artisti, interpreti ed esecutori che vantavano crediti nei confronti della liquidazione potevano chiedere alla procedura il saldo del proprio diritto di credito riportato negli stati passivi depositati nella Cancelleria della Presidenza del Tribunale di Roma. L'elenco dei nominativi degli aventi diritto è pubblicato sul sito istituzionale della procedura. Dalla data di pubblicazione dell’avviso è iniziato a decorrere il termine triennale di prescrizione dei suddetti diritti.

Qui l’ultima relazione dei commissari liquidatori sulle attività liquidatorie alla data del 30 aprile 2019. Dalla stessa si evince che, alla medesima data, erano stati effettuati i seguenti pagamenti:

§  stato passivo del 19 aprile 2010: totale pagamenti effettuati € 24.490.180,90 (pari al 56,98% del totale iscritto);

§  stato passivo del 24 gennaio 2013: totale pagamenti effettuati € 4.970.282,55 (pari al 56,43% del totale iscritto);

§  stato passivo 6 febbraio 2014: totale pagamenti effettuati € 10.625.065,05 (pari all’81,3% del totale iscritto);

§  stato passivo 30 luglio 2015: totale pagamenti effettuati € 16.612.118.96 (pari al 49% del totale iscritto).

Nel complesso, dunque, risultavano effettuati pagamenti per € 56.697.647,46 (pari al 57,3% del totale iscritto).

La stessa relazione dava, inoltre, conto, di alcuni giudizi di opposizione allo stato passivo e di altri giudizi pendenti.

 

Con riguardo alla disciplina relativa alla destinazione degli eventuali residui attivi e delle somme relative ai diritti non esercitati nei termini stabiliti, il comma 3 stabilisce che, una volta approvato il bilancio finale, le somme corrispondenti al residuo attivo, comprese quelle relative ai diritti non esercitati nei termini stabiliti, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate allo stato di previsione del MIBACT e ripartite in favore degli artisti, interpreti ed esecutori, secondo modalità da definire con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo – per la cui emanazione non è fissato un termine –, anche tenendo conto dell’impatto economico conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19.

A sua volta, il comma 4 dispone che, al termine della procedura di esecuzione dell’ultimo piano di riparto, le somme corrispondenti all’eventuale ulteriore residuo attivo, comprese quelle ulteriori relative ai diritti non esercitati nei termini stabiliti, sono anch’esse versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate allo stato di previsione del MIBACT e ripartite in favore degli artisti, interpreti ed esecutori, secondo le modalità definite con il già citato decreto del Ministro.

 

Conseguentemente, il comma 5 abroga l’art. 47, co. 2, del d.lgs. 35/2017.

 

Di seguito si ricapitolano le principali disposizioni della L. 633/1941 che prevedono la corresponsione di compensi a favore degli artisti, interpreti e esecutori.

 

L’art. 71-septies della L. 633/1941 – come modificato, da ultimo, dall’art. 39 del D.L. 207/2008 (L. 14/2009) – ha previsto, in particolare, che gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali.

L’art. 71-octies – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 335, della L. 208/2015 – ha disposto che il compenso di cui all’art. 71-septies per gli apparecchi e i supporti di registrazione audio è corrisposto alla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), la quale provvede a ripartirlo, al netto delle spese, per il 50% agli autori e loro aventi causa e per il 50% ai produttori di fonogrammi, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative. I produttori di fonogrammi devono corrispondere senza ritardo, e comunque entro sei mesi, il 50% del compenso loro attribuito per apparecchi e supporti di registrazione audio agli artisti interpreti o esecutori interessati. Il compenso di cui all'art. 71-septies per gli apparecchi e i supporti di registrazione video è sempre corrisposto alla SIAE, la quale provvede a ripartirlo al netto delle spese, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative, per il 30% agli autori, per il restante 70% in parti uguali tra i produttori originari di opere audiovisive, i produttori di videogrammi e gli artisti interpreti o esecutori. La quota spettante agli artisti interpreti o esecutori è destinata per il 50% alle attività e finalità di cui all’art. 7 della L. 93/1992 (v. infra).

L’art. 73 della L. 633/1941 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 56, della L. 124/2017 – ha stabilito, in particolare, che il produttore di fonogrammi, nonché gli artisti interpreti e gli artisti esecutori che abbiano compiuto l'interpretazione o l'esecuzione fissata o riprodotta nei fonogrammi, indipendentemente dai diritti di distribuzione, noleggio e prestito loro spettanti, hanno diritto ad un compenso per l'utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi. Il compenso è riconosciuto, per ciascun fonogramma utilizzato, distintamente al produttore di fonogrammi ed agli artisti interpreti o esecutori.

Ai sensi dell’art. 73-bis, gli artisti interpreti o esecutori e il produttore del fonogramma utilizzato hanno diritto ad un equo compenso anche quando l'utilizzazione di cui all'art. 73 è effettuata a scopo non di lucro.

L’art. 80 – come modificato, da ultimo dall’art. 20, co. 1, del d.lgs. 68/2003 –, per quanto maggiormente interessa, ha incluso fra i diritti degli artisti interpreti e degli artisti esecutori anche quello di autorizzare il noleggio o il prestito delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni, stabilendo che gli stessi, anche nel caso di cessione del diritto di noleggio ad un produttore di fonogrammi o di opere cinematografiche o audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, conservano il diritto di ottenere un’equa remunerazione per il noleggio concluso dal produttore con terzi.

L’art. 84, co. 2, stabilisce che agli artisti interpreti ed esecutori che nell'opera cinematografica e assimilata sostengono una parte di notevole importanza artistica, anche se di artista comprimario, spetta, per ciascuna utilizzazione dell'opera cinematografica e assimilata a mezzo della comunicazione al pubblico via etere, via cavo e via satellite un equo compenso a carico degli organismi di emissione. Per ogni utilizzazione diversa da questa, l’equo compenso è a carico di coloro che esercitano i diritti di sfruttamento economico della stessa.

L’art. 180-bis stabilisce che il diritto esclusivo di autorizzare la ritrasmissione via cavo è esercitato dai titolari dei diritti d'autore e dai detentori dei diritti connessi esclusivamente attraverso la SIAE. Per i detentori dei diritti connessi la SIAE agisce sulla base di apposite convenzioni da stipulare con l'Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori per i diritti degli artisti interpreti esecutori ed eventualmente con altre società di gestione collettiva appositamente costituite per amministrare, quale loro unica o principale attività, gli altri diritti connessi.


 

Capo II -  Misure per l'editoria

Articolo 186
(Credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari)

 

 

L'articolo 186 rafforza il regime straordinario di accesso al credito di imposta per gli investimenti pubblicitari introdotto per il 2020 dal D.L. 18/2020 che, in considerazione dell’attesa caduta dei volumi di investimento derivante dall’emergenza sanitaria, ha commisurato l'importo del medesimo credito al valore totale degli investimenti effettuati, anziché ai soli investimenti incrementali. In particolare, l’importo massimo dell’investimento ammesso al credito d’imposta è ora elevato (dal 30) al 50% ed è direttamente fissato in € 60 mln il tetto di spesa.

 

Nell’ambito di tale tetto di spesa, si stabilisce che il beneficio è concesso nel limite di 40 mln per gli investimenti pubblicitari effettuati sui giornali quotidiani e periodici, anche online, e nel limite di € 20 mln per gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato.

 

A tali fini, si novella il comma 1-ter dell'art. 57-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017), introdotto dall’art. 98, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

 

L'art. 98 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) – nell’introdurre il comma 1-ter nell'art. 57-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) – ha operato un primo rafforzamento del credito di imposta per gli investimenti pubblicitari previsto a regime dallo stesso art. 57-bis (sul quale si rinvia al tema web Interventi per l’editoria curato dal Servizio Studi della Camera) stabilendo, per il 2020, un regime straordinario, in base al quale l'importo del credito di imposta è commisurato al valore totale degli investimenti effettuati, anziché ai soli investimenti incrementali..

In particolare, per l’anno 2020, aveva stabilito che il credito d’imposta era concesso nella misura unica del 30% del valore degli investimenti effettuati (e non già entro il 75% dei soli investimenti incrementali) nel limite massimo di spesa stabilito ai sensi del co. 3 del medesimo art. 57-bis - ossia nel limite stabilito con il DPCM che annualmente suddivide le risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico - e in ogni caso nei limiti del regime europeo degli aiuti di Stato.

In considerazione della novità introdotta, ha, altresì, disposto che la comunicazione per l’accesso al beneficio è presentata tra il 1° ed il 30 settembre 2020. Le comunicazioni trasmesse nel periodo compreso tra il 1° ed il 31 marzo 2020 restano comunque valide. Al riguardo, Il 23 marzo 2020 il Dipartimento per l’informazione e l’editoria ha precisato, che “chi vorrà ampliare i propri investimenti pubblicitari per utilizzare appieno le più favorevoli condizioni stabilite per il 2020 potrà “sostituire” la prenotazione già inviata a marzo con una nuova, sempre nel periodo dal 1° al 30 settembre 2020. Il sistema, il modello telematico, e le relative istruzioni saranno opportunamente adeguati alla nuova normativa prima dell’apertura della nuova finestra temporale, dal 1° al 30 settembre 2020, per l’invio delle comunicazioni telematiche per l’accesso al credito di imposta per l’anno 2020”.

Infine, ha disposto che, ai fini della concessione del credito d’imposta si applicano, per i profili non derogati, le norme recate dal regolamento di cui al DPCM 16 maggio 2018, n. 90, emanato in sede di prima attuazione dell’art. 57-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017).

 

Alla copertura dei relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, da imputare per € 40 mln alla quota spettante alla Presidenza del Consiglio dei ministri e per € 20 mln alla quota spettante al Ministero dello sviluppo economico. A tal fine, il Fondo è incrementato nella misura di € 32,5 mln per il 2020.

 

Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

Il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’articolo 1 della L. 198/2016.

Esso è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con DPCM.

Per il 2017 è intervenuto il DPCM 12 ottobre 2017, per il 2018 è intervenuto il DPCM 17 aprile 2018, per il 2019 è intervenuto il DPCM 6 maggio 2019. Da ultimo, l’art. 3-bis del D.L. 59/2019 (L. 81/2019), nel prevedere che alla copertura degli oneri derivanti dagli incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici e sulle emittenti radiofoniche e televisive locali (v. par. Le misure adottate a seguito dell’emergenza Coronavirus (COVID-19): in particolare, il rafforzamento del credito di imposta per gli investimenti pubblicitari del tema web Interventi per l’editoria, predisposto dal Servizio Studi della Camera), si provvede, a regime, mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, nel limite complessivo stabilito ogni anno con il DPCM che ripartisce le risorse fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, ha disposto che tale DPCM deve essere emanato entro il 31 marzo di ogni anno. Il DPCM relativo al 2020 non risulterebbe, tuttavia, intervenuto.

La destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei ministri è stabilita annualmente con altro DPCM. Per il 2017 è intervenuto il DPCM 27 novembre 2017, che ha ripartito € 114.429.960; per il 2018 è intervenuto il DPCM 18 ottobre 2018, che ha ripartito € 112.589.609; per il 2019 è intervenuto il DPCM 29 ottobre 2019, che ha ripartito € 143.316.7127,50.

 


 

Articolo 187
(Regime di forfettizzazione delle rese dei giornali)

 

 

L’articolo 187 introduce, per l’anno 2020, un regime straordinario di forfettizzazione delle rese di giornali quotidiani e periodici, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, che ne consente la riduzione del 95% (invece dell’80% previsto in via ordinaria).

 

Come evidenzia la relazione illustrativa, l’intervento è volto a sostenere i prodotti editoriali in edizione cartacea.

 

Più nello specifico, il comma 1 stabilisce che, limitatamente all’anno 2020, per il commercio di giornali quotidiani e di periodici e dei relativi supporti integrativi, l’IVA può applicarsi, in deroga al regime vigente, in relazione al numero delle copie consegnate o spedite, diminuito a titolo di forfetizzazione delle rese del 95% (in luogo dell’80 per cento previsto in via ordinaria).

Resta fermo che sono esclusi dall’agevolazione i giornali pornografici e quelli ceduti unitamente a beni diversi dai supporti integrativi.

 

L’art. 74, co. 1, lett. c), del DPR 633/1972 (decreto IVA) prevede che, per il commercio di giornali quotidiani, di periodici, di libri, dei relativi supporti integrativi e di cataloghi, l’imposta è dovuta dagli editori sulla base del prezzo di vendita al pubblico, in relazione al numero delle copie vendute. L'imposta può applicarsi in relazione al numero delle copie consegnate o spedite, diminuito a titolo di forfetizzazione della resa del 70% per i libri e dell'80% per i giornali quotidiani e periodici, esclusi quelli pornografici e quelli ceduti unitamente a beni diversi dai supporti integrativi.

In base alla stessa disposizione, per periodici si intendono i prodotti editoriali registrati come pubblicazioni ai sensi della L. 47/1948; per supporti integrativi si intendono i nastri, i dischi, le videocassette e gli altri supporti sonori, videomagnetici o digitali ceduti, anche gratuitamente, in unica confezione, unitamente ai libri per le scuole di ogni ordine e grado e per le università, inclusi i dizionari, e ai libri fruibili dai disabili visivi, a condizione che i beni unitamente ceduti abbiano prezzo indistinto e che, per il loro contenuto, non siano commercializzabili separatamente.

L’agevolazione si applica anche se i giornali quotidiani, i periodici ed i libri sono ceduti unitamente a beni diversi dai supporti integrativi, con prezzo indistinto ed in unica confezione, sempreché il costo del bene ceduto, anche gratuitamente, congiuntamente alla pubblicazione non sia superiore al cinquanta per cento del prezzo dell'intera confezione; in ogni caso, l'imposta si applica con l'aliquota di ciascuno dei beni ceduti.

 

Ai sensi del comma 2, agli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 13 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede secondo quanto previsto dall’articolo 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 188
(Credito d’imposta per l’acquisto della carta dei giornali)

 

 

L’articolo 188 prevede, in via straordinaria, per l’anno 2020, un credito d’imposta per le spese sostenute per l’acquisto, nel 2019, della carta utilizzata per la stampa di quotidiani e periodici, quale misura di sostegno fiscale al settore editoriale a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19.

 

In particolare, in base al comma 1, il credito di imposta è riconosciuto, per l’anno 2020, a favore delle imprese editrici di quotidiani e di periodici iscritte al registro degli operatori di comunicazione (ROC) ed è pari all’8% della spesa sostenuta nell'anno 2019 per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa delle testate edite.

Il credito d’imposta è riconosciuto entro il limite di € 24 mln per l’anno 2020, che costituisce tetto di spesa.

Per il riconoscimento del credito d’imposta si applicano le disposizioni introdotte per il credito d’imposta per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa delle testate edite e dei libri sostenuta nell'anno 2004, ossia l’art. 4, co. 182, 183, 184, 185 e 186 della L. 350/2003, e il DPCM 318/2004, la cui disciplina è stata successivamente estesa  alle spese sostenute nel 2005 dall'art. 1, co. 484, della L. 311/2004.

 

L’art. 4, co. 181-186, della L. 350/2003 (L. finanziaria per il 2004) ha riconosciuto alle imprese editrici di quotidiani e di periodici e alle imprese editrici di libri iscritte al registro degli operatori di comunicazione un credito d'imposta pari al 10% della spesa per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa di quotidiani e periodici e dei libri sostenuta nell'anno 2004.

In particolare, la spesa per l'acquisto della carta deve risultare dal bilancio certificato delle imprese editrici. Nel caso in cui la carta sia acquistata da soggetti diversi dall'editore, essa deve comunque essere ceduta agli editori con fatturazione distinta da quella relativa ad ogni altra vendita o prestazione di servizio.

Sono previste alcune fattispecie di esclusione dal beneficio, fra le quali: quotidiani ed i periodici che contengono inserzioni pubblicitarie per un'area superiore al 50%dell'intero stampato, su base annua; quotidiani e periodici non posti in vendita, cioè non distribuiti con un prezzo effettivo per copia o per abbonamento, ad eccezione di quelli informativi delle fondazioni e delle associazioni senza fini di lucro; quotidiani o periodici che siano ceduti a titolo gratuito per una percentuale superiore al 50% della loro diffusione; quotidiani e periodici diretti a pubblicizzare prodotti o servizi contraddistinti con il nome o con altro elemento distintivo e diretti prevalentemente ad incentivarne l'acquisto; quotidiani e periodici di vendita per corrispondenza; quotidiani e periodici di promozione delle vendite di beni o di servizi;  cataloghi, cioè pubblicazioni contenenti elencazioni di prodotti o di servizi; pubblicazioni aventi carattere postulatorio, ad eccezione di quelle utilizzate dalle organizzazioni senza fini di lucro e dalle fondazioni religiose esclusivamente per le proprie finalità di autofinanziamento; quotidiani e periodici delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici, nonché di altri organismi, comprese le società riconducibili allo Stato ovvero ad altri enti territoriali o che svolgano una pubblica funzione; prodotti editoriali pornografici.

Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito imponibile e può essere fatto valere anche in compensazione, non è rimborsabile, ma non limita il diritto al rimborso ad altro titolo spettante; l'eventuale eccedenza è riportabile al periodo di imposta successivo.  L'ammontare della spesa complessiva per l'acquisto della carta e l'importo del credito d'imposta sono indicati nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta durante il quale la spesa è stata effettuata.

In caso di utilizzo del credito d'imposta in tutto o in parte non spettante si rendono applicabili le norme in materia di accertamento, riscossione e contenzioso nonché le sanzioni previste ai fini delle imposte sui redditi.

 

Il credito d’imposta non è cumulabile con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici, di cui all'art. 2, co. 1 e 2, della L. 198/2016, e al d.lgs. 70/2017, conseguentemente emanato.

Sulla disciplina relativa ai contributi diretti all’editoria, si veda il tema web Interventi per l’editoria curato dal Servizio Studi della Camera.

 

Inoltre, ai fini del recupero di quanto indebitamente fruito, si applicano le disposizioni di cui all’art. 1, co. 6, del D.L. 40 /2010 (L. 73/2010).

La disposizione richiamata prevede, al fine di contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta e per accelerare le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta agevolativi la cui fruizione è autorizzata da amministrazioni ed enti pubblici, anche territoriali, che l'Agenzia delle entrate trasmetta a tali amministrazioni ed enti, tenuti al recupero, i dati relativi ai crediti utilizzati in diminuzione delle imposte dovute o in compensazione. Le somme recuperate sono riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario.

 

Alla copertura del relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione che, a tal fine, è incrementato di € 24 mln per il 2020.

Il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 1 della L. 198/2016.

Al Fondo affluiscono:

§  le risorse statali destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica;

§  le risorse statali destinate all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale;

§  le somme derivanti dal gettito annuo di un contributo di solidarietà, pari allo 0,1% del reddito complessivo dei: concessionari della raccolta pubblicitaria sulla stampa quotidiana e periodica, sui mezzi di comunicazione radiotelevisivi e digitali; società operanti nel settore dell'informazione e della comunicazione che svolgono raccolta pubblicitaria diretta; altri soggetti che esercitano l'attività di intermediazione nel mercato della pubblicità attraverso la ricerca e l'acquisto, per conto terzi, di spazi sui mezzi di informazione e di comunicazione, con riferimento a tutti i tipi di piattaforme trasmissive, compresa la rete internet.

Inoltre, la L. di bilancio 2019 (L. 145/2018: art. 1, co. 90) ha stabilizzato la previsione – già vigente per il 2017 e il 2018 – secondo cui la metà delle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone RAI (c.d. extra gettito) è riversata all’Erario, per essere destinata, fino ad un importo massimo di € 125 mln annui, al finanziamento del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione.

Da ultimo, l’art. 1, co. 389-392, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato il Fondo di € 20 mln annui dal 2020 ai fini della concessione di contributi a favore delle scuole statali e paritarie e di alcune categorie di studenti, per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste scientifiche e di settore. L’importo complessivo dei contributi, nel limite indicato, è fissato annualmente dal DPCM che stabilisce la destinazione delle risorse del Fondo ai diversi interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Esso è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con DPCM.

Per il 2017 è intervenuto il DPCM 12 ottobre 2017, per il 2018 è intervenuto il DPCM 17 aprile 2018, per il 2019 è intervenuto il DPCM 6 maggio 2019. Da ultimo, l’art. 3-bis del D.L. 59/2019 (L. 81/2019), nel prevedere che alla copertura degli oneri derivanti dagli incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici e sulle emittenti radiofoniche e televisive locali (v. par. Le misure adottate a seguito dell’emergenza Coronavirus (COVID-19): in particolare, il rafforzamento del credito di imposta per gli investimenti pubblicitari del tema web Interventi per l’editoria, predisposto dal Servizio Studi della Camera), si provvede, a regime, mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, nel limite complessivo stabilito ogni anno con il DPCM che ripartisce le risorse fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, ha disposto che tale DPCM deve essere emanato entro il 31 marzo di ogni anno. Il DPCM relativo al 2020 non risulterebbe, tuttavia, intervenuto.

La destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei ministri è stabilita annualmente con altro DPCM.

Per il 2017 è intervenuto il DPCM 27 novembre 2017, che ha ripartito € 114.429.960; per il 2018 è intervenuto il DPCM 18 ottobre 2018, che ha ripartito € 112.589.609; per il 2019 è intervenuto il DPCM 29 ottobre 2019, che ha ripartito € 143.316.7127,50.

 

Non si specifica – a differenza di quanto previsto nell’articolo 189 – se si provvede a valere sulla quota del Fondo spettante alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Si valuti, dunque, l’opportunità di un chiarimento.

 

Le risorse destinate al riconoscimento del credito d'imposta sono iscritte nel pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e sono trasferite nella contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - fondi di bilancio» per le necessarie regolazioni contabili.

 

Ai sensi del comma 2, ai relativi oneri, valutati in € 24 mln per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 


 

Articolo 189
(
Bonus una tantum edicole)

 

 

L'articolo 189 riconosce un bonus una tantum agli esercenti delle edicole, a titolo di sostegno per gli oneri straordinari sostenuti per lo svolgimento dell’attività durante l’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del COVID-19.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che, nell’ambito delle disposizioni limitative dell’esercizio delle attività produttive adottate, a seguito del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) e del D.L. 19/2020, per fronteggiare l'emergenza connessa alla diffusione del Coronavirus, l’attività delle edicole non è mai stata sospesa.

 

Infatti, come ha sottolineato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega per l’editoria nell’ambito dellaudizione nella VII Commissione della Camera, il 29 aprile 2020, il Governo, in considerazione della funzione di pubblico servizio svolta dal sistema dell’informazione, ha ritenuto di escludere le edicole e l’intera filiera della stampa dal novero delle attività commerciali e produttive soggette agli obblighi di sospensione.

In particolare, ha evidenziato come tale scelta sia stata imposta dal rispetto del dettato costituzionale che, attraverso l'art. 21, garantisce il diritto fondamentale di informare e di essere informati; un diritto tanto più rilevante in un così grave frangente per la vita civile e istituzionale del Paese.

 

Nello specifico, il bonus è riconosciuto alle persone fisiche esercenti punti vendita esclusivi per la rivendita di giornali e riviste, non titolari di redditi da lavoro dipendente o pensione.

La disciplina delle modalità e condizioni di vendita della stampa quotidiana e periodica è recata principalmente dal d.lgs. 170/2001, il cui art. 2 – da ultimo modificato dall’art. 64-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) – stabilisce che il sistema di vendita si articola, su tutto il territorio nazionale, in punti vendita esclusivi (esercizi tenuti alla vendita generale di quotidiani e periodici) e non esclusivi (esercizi che possono vendere, alle condizioni stabilite dallo stesso d.lgs., quotidiani e/o periodici in aggiunta ad altre merci[23]).

 

Il contributo una tantum è riconosciuto a ciascun soggetto fino a un massimo di € 500, entro il limite di spesa complessivo di € 7 mln per il 2020, previa domanda diretta al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Nel caso di insufficienza delle risorse disponibili rispetto alle richieste ammesse, si procede alla ripartizione delle stesse tra i beneficiari in misura proporzionale.

Le modalità, i contenuti, la documentazione richiesta e i termini per la presentazione della domanda devono essere stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

Il contributo una tantum non concorre alla formazione del reddito a fini IRPEF.

 

Ai fini indicati, si provvede mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, nell’ambito della quota spettante alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, allo scopo incrementate di € 7 mln per l’anno 2020.

Alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

Il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 1 della L. 198/2016[24].

Esso è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con DPCM[25].

La destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei ministri è stabilita annualmente con altro DPCM[26].


 

Articolo 190
(Credito d’imposta per le testate edite in formato digitale)

 

 

L’articolo 190 riconosce, per il 2020, alle imprese editrici di quotidiani e di periodici che occupano almeno un dipendente a tempo indeterminato, - quale misura di sostegno fiscale a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19 un credito d'imposta pari al 30% della spesa effettiva sostenuta nel 2019 per l’acquisizione dei servizi di server, hosting e banda larga per le testate edite in formato digitale, entro il limite di € 8 mln.

 

Più in dettaglio, ai sensi del comma 1, per l’anno 2020, il credito d'imposta - nel limite di € 8 mln che costituisce tetto di spesa - è riconosciuto per la spesa effettiva sostenuta nel 2019 per l’acquisizione dei servizi di server, hosting e manutenzione evolutiva per le testate edite in formato digitale, e per information technology di gestione della connettività.

Il beneficio è concesso nel rispetto delle norme europee sugli aiuti di Stato (regolamento n. 1407/2013 della Commissione, relativo agli aiuti de minimis).

 

In base al comma 2, l'agevolazione è concessa a ciascuna impresa a seguito di istanza diretta al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Nel caso di insufficienza delle risorse disponibili rispetto alle richieste ammesse, si procede alla ripartizione delle stesse tra i beneficiari in misura proporzionale.

 

Ai sensi del comma 3, le spese si considerano sostenute secondo quanto previsto dall'art. 109 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi, vale a dire nell’esercizio di competenza.

Il predetto articolo 109 Tuir stabilisce che le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell'atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale.

L’effettuazione delle spese deve risultare da apposita attestazione rilasciata dai soggetti abilitati a rilasciare il visto di conformità, ovvero dai soggetti che esercitano la revisione legale dei conti.

 

Il comma 4 dispone che il credito d'imposta è alternativo e non cumulabile, in relazione a medesime voci di spesa, con ogni altra agevolazione prevista da normativa statale, regionale o europea, salvo che successive disposizioni di pari fonte normativa non prevedano espressamente la cumulabilità delle agevolazioni stesse. In particolare, esso non è cumulabile con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici

Sulla disciplina dei contributi diretti all’editoria, si veda il tema web Interventi per l’editoria, curato dal Servizio Studi della Camera.

 

Ai sensi del comma 5, il credito d’imposta si può utilizzare esclusivamente in compensazione, con modello F24 presentato tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate. Il modello è scartato qualora l’ammontare del credito d’imposta utilizzato in compensazione risulti eccedente l’importo spettante

 

Il comma 6 prevede inoltre la revoca del credito d’imposta nel caso che venga accertata l’insussistenza di uno dei requisiti previsti, ovvero nel caso in cui la documentazione presentata contenga elementi non veritieri o risultino false le dichiarazioni rese. La revoca parziale del credito d’imposta è disposta solo nel caso in cui dagli accertamenti effettuati siano rilevati elementi che condizionano esclusivamente la misura del beneficio concesso. Ai fini del recupero di quanto indebitamente fruito, si applica l’art. 1, co. 6, del D.L. 40/2010 (L. 73/2010).

La disposizione richiamata prevede, al fine di contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta e per accelerare le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta agevolativi la cui fruizione è autorizzata da amministrazioni ed enti pubblici, anche territoriali, che l'Agenzia delle entrate trasmetta a tali amministrazioni ed enti, tenuti al recupero, i dati relativi ai crediti utilizzati in diminuzione delle imposte dovute o in compensazione. Le somme recuperate sono riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario.

 

Il comma 7 demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, le modalità, i contenuti, la documentazione richiesta ed i termini per la presentazione della domanda.

 

Ai sensi del comma 8, ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione che, a tal fine, è incrementato di € 8 mln per l’anno 2020.

Le risorse destinate al riconoscimento del credito d'imposta sono iscritte nel pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e sono trasferite nella contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - fondi di bilancio» per le necessarie regolazioni contabili.

 

Il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 1 della L. 198/2016.

Esso è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con DPCM.

La destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei ministri è stabilita annualmente con altro DPCM.

Per ulteriori dettagli sul Fondo si rinvia alla scheda dell’articolo 188.

 

Ai sensi del comma 9, alla copertura degli oneri si provvede ai sensi dell’articolo 165, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 


 

Articolo 191
(
Procedura straordinaria semplificata per il pagamento dei
contributi diretti ad alcune imprese editoriali
)

 

 

L'articolo 191 semplifica la procedura di pagamento della rata di anticipo dei contributi diretti riferiti all’annualità 2019 a favore di alcune categorie di imprese editoriali, prevedendo che la verifica della regolarità previdenziale e fiscale sia effettuata solo al momento del pagamento del saldo.

 

In particolare, si tratta dei contributi cui hanno diritto, in base all’art. 2, co. 1, lett. da a) a d), del d.lgs. 70/2017, emanato sulla base della delega conferita dalla L. 198/2016, e richiamato dal testo:

a) cooperative giornalistiche che editano quotidiani e periodici;

b) imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti senza fini di lucro[27];

c) enti senza fini di lucro, ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è interamente detenuto da tali enti;

d) imprese editrici che editano quotidiani e periodici espressione di minoranze linguistiche.

 

La semplificazione è introdotta al fine di garantire ai beneficiari indicati il pagamento della rata di anticipo entro i termini previsti dalla legislazione vigente.

La relazione illustrativa sottolinea che la previsione è assunta in considerazione della situazione di difficoltà economica e gestionale in cui si trovano le imprese editrici nell’attuale periodo di emergenza sanitaria.

 

Al riguardo, si ricorda che, in base all’art. 11 del medesimo d.lgs. 70/2017 – esplicitamente riferito al procedimento di liquidazione dei contributi diretti ai soggetti di cui all’art. 2, co. 1, lett. da a) a c), ma le cui previsioni si applicano, in base all’art. 14, anche ai soggetti di cui alla lett. d) dello stesso co. 1 dell’art. 2 –, il contributo è erogato in due rate annuali.

La prima rata, consistente nell'anticipo di una somma pari al 50% del contributo erogato nell'anno precedente, è versata entro il 30 maggio successivo alla presentazione della domanda che, in base all’art. 2 del DPCM 28 luglio 2017 – emanato in attuazione dell’art. 10 dello stesso d.lgs. 70/2017 – deve avvenire dall'1 al 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento del contributo[28].

Le imprese editrici che presentano per la prima volta domanda di contributo possono beneficiare del pagamento della rata di anticipo a decorrere dall'annualità successiva a quella in cui percepiscono il primo contributo.

La rata di anticipo è erogata previo accertamento del possesso dei requisiti sulla base dei documenti istruttori (indicati nel già citato DPCM 28 luglio 2017), e previa verifica della regolarità contributiva previdenziale, nonché della verifica di non inadempimento fiscale di cui all’art. 48-bis del DPR 602/1973.

Qualora l'impresa editrice non produca la documentazione richiesta, ovvero in caso di documentazione incompleta, la stessa non può beneficiare della rata di anticipo e il contributo è liquidato in un'unica soluzione entro il termine di conclusione del procedimento ove l'istruttoria abbia dato esito positivo.

La seconda rata è versata, a saldo, subordinatamente all'esito positivo dell'istruttoria e agli stessi accertamenti previsti per il pagamento della rata di anticipo, entro il termine di conclusione del procedimento, fissato dall’art. 12 dello stesso d.lgs. 70/2017 nel 28 febbraio dell'anno successivo a quello di presentazione della domanda.

In base all’art. 12, a tal data il provvedimento è comunque adottato sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, fermo restando il potere dell'amministrazione di procedere al recupero delle somme che risultino indebitamente percepite all'esito dei controlli successivi disposti annualmente ai sensi dell'art. 6, co. 2, del D.P.R. 223/2010.


 

Articolo 192
(Misure per il riequilibrio finanziario dell’INPGI e sospensione della norma sul commissariamento)

 

 

L'articolo 192 modifica alcuni termini temporali relativi al processo di riequilibro finanziario dell’INPGI (Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani "Giovanni Amendola") e alla sospensione della norma sull’eventuale commissariamento. La novella, in particolare, differisce dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2020: il termine entro cui l’Istituto deve trasmettere ai Ministeri vigilanti un bilancio tecnico attuariale, che tenga conto degli effetti delle misure adottate; il termine finale della sospensione - con esclusivo riferimento all'INPGI - della norma che prevede la nomina di un commissario straordinario per il caso in cui un ente di diritto privato che gestisca forme di previdenza obbligatoria presenti un disavanzo economico-patrimoniale.

 

Resta fermo - ai sensi della disciplina oggetto della presente novella  (disciplina di cui all’articolo 16-quinquies, comma 2, del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, e successive modificazioni) - che l'INPGI deve adottare misure di riforma del regime previdenziale e che, nel caso di mancato conseguimento (tramite esse) di una prospettiva  - indicata nel suddetto bilancio tecnico attuariale - di sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo, sono emanati uno o più regolamenti governativi per l'ampliamento della platea contributiva relativa al medesimo INPGI.

Riguardo alla sospensione della norma sulla nomina di un commissario straordinario, la suddetta disciplina (oggetto della presente novella) fa letteralmente riferimento alla sola gestione relativa ai giornalisti lavoratori dipendenti ("gestione sostitutiva"), la quale presenta attualmente un disavanzo, anziché all’intero Istituto.

 

Più in dettaglio, il citato articolo 16-quinquies, comma 2, demanda all'INPGI di adottare, entro il 30 giugno 2020, misure di riforma intese al riequilibrio finanziario della gestione pensionistica concernente i giornalisti aventi un rapporto di lavoro dipendente ed alla sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo della stessa gestione. Le misure devono intervenire, in via prioritaria, sul contenimento della spesa e, in subordine, sull'incremento delle entrate contributive. Le delibere in esame sono approvate - ai sensi della disciplina generale, di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, sull'adozione delle misure in materia di contributi e prestazioni degli enti di diritto privato che gestiscono forme di previdenza obbligatoria - da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze[29]. Per i casi in cui le delibere concernano (come nel caso in esame) lavoratori dipendenti, la norma generale prevede che esse siano adottate sulla base delle determinazioni definite dalla contrattazione collettiva nazionale. La norma in oggetto non specifica se le nuove misure possano essere adottate in deroga a quest’ultima fase procedurale.

Come detto, l'INPGI deve trasmettere - entro il termine ora posto al 31 dicembre 2020 e che è qualificato come perentorio - ai Ministeri vigilanti un bilancio tecnico attuariale, che tenga conto degli effetti delle misure adottate.

Qualora il suddetto bilancio tecnico non evidenzi la sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo della gestione pensionistica relativa ai giornalisti aventi un rapporto di lavoro dipendente, il Governo adotta uno o più "regolamenti di delegificazione", intesi a definire un allargamento della platea contributiva dell'INPGI. Ai fini della copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'eventuale adozione delle suddette norme regolamentari - le quali potrebbero comportare un passaggio di assicurati dall'INPS all'INPGI -, si prevede che sia accantonato e reso indisponibile nel bilancio dello Stato un importo pari a 159 milioni di euro per il 2023, 163 milioni per il 2024, 167 milioni per il 2025, 171 milioni per il 2026, 175 milioni per il 2027, 179 milioni per il 2028, 183 milioni per il 2029, 187 milioni per il 2030, 191 milioni annui a decorrere dal 2031[30].

Riguardo alla norma sul commissariamento, si ricorda che l'articolo 2, comma 4, del citato D.Lgs. n. 509 del 1994, e successive modificazioni, prevede che, in caso di disavanzo economico-finanziario, rilevato dai rendiconti annuali e confermato anche dal bilancio tecnico, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti, si provveda alla nomina di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione. Sino al ristabilimento dell'equilibrio finanziario sono sospesi tutti i poteri degli organi di amministrazione dell'ente.

Ai fini dell'eventuale attivazione della procedura di commissariamento, la Commissione parlamentare per il controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale segnala ai Ministeri vigilanti le situazioni di disavanzo economico-finanziario di cui sia venuta a conoscenza nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo dei bilanci degli enti privati suddetti.


 

Articolo 193
(Contribuzione figurativa per giornalisti ammessi
a cassa integrazione in deroga)

 

 

L’articolo 193 dispone l’accreditamento presso l’INPGI della contribuzione figurativa dei giornalisti dipendenti ammessi a cassa integrazione in deroga, iscritti alla relativa gestione sostitutiva

 

In particolare, ai fini dell’accreditamento della contribuzione figurativa, riconosciuta ai sensi dell’articolo 22, comma 1 del dl 18/2020, l’INPS trasmette mensilmente all’INPGI l’elenco dei beneficiari dei suddetti trattamenti. Entro il mese successivo, l’INPGI presenta al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la rendicontazione necessaria al fine di ottenere il rimborso degli oneri fiscalizzati.

     La disposizione conferma  il ricorso alle procedure previste per la cassa integrazione in deroga di cui all’articolo 22, comma 4 del dl 18/2020 in base alle quali è l’INPS che provvede all'erogazione delle prestazioni in esame, con pagamento diretto ai beneficiari[31]. L'INPS medesimo provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale controllo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle regioni e province autonome. Qualora dal monitoraggio emerga che sia stato raggiunto - anche in via prospettica - il limite di spesa, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le regioni e le province autonome non possono emettere altri provvedimenti concessori.

 


 

Articolo 194
(
Proroga degli affidamenti dei servizi di informazione primaria)

 

 

L’articolo 194 autorizza la Presidenza del consiglio dei ministri a prorogare di ulteriori sei mesi, fino al 30 giugno 2021, la durata dei contratti, già in essere alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, stipulati con le agenzie di stampa per l'acquisto di servizi giornalistici e informativi.

 

La suddetta possibilità di proroga - che opera nelle more della revisione organica della normativa a tutela del pluralismo dell'informazione e nei limiti delle disponibilità di bilancio – era prevista sino al 31 dicembre 2020 dall’art. 11, c. 2-ter, del D.L. 162/2019 e riguarda i contratti stipulati ai sensi della L. 237/1954 e dell’art. 55, c. 24, della L. 449/1997 (comma 1).

L’art. 55, co. 24, della L. 449/1997 – come modificato dall’art. 7, co. 2, della L. 198/2016 – ha stabilito che l’art. 2 della L. 237/1954 va interpretato nel senso che, al fine di un più razionale uso delle risorse e per garantire alle amministrazioni dello Stato una più completa informazione attraverso la più ampia pluralità delle fonti, la Presidenza del Consiglio dei ministri, le regioni, le province, le città metropolitane e i comuni sono autorizzati ad acquistare dalle agenzie di stampa, mediante appositi contratti, notiziari ordinari e speciali, servizi giornalistici e informativi, ordinari e speciali, e loro raccolte anche su supporto informatico, nonché il servizio di diramazione di notizie e di comunicati degli organi centrali e periferici delle amministrazioni dello Stato.

Da quanto si evince dal sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del consiglio dei ministri, per la fornitura dei citati servizi le agenzie di stampa sono selezionate mediante gare europee, ricorrendo a procedure aperte suddivise in lotti ai sensi del d.lgs. 50/2019 (Codice dei contratti pubblici).

 

A quanto disposto dall’articolo in commento, si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato (comma 2).

 


 

Articolo 195
(Fondo emergenze emittenti locali )

 

 

L’articolo 195 istituisce un contributo straordinario per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da COVID-19 a beneficio delle emittenti radiotelevisive locali per l’anno 2020. L’entità del contributo è pari a 50 milioni di euro.

 

In particolare il comma 1 richiede che le emittenti radiotelevisive locali beneficiarie si impegnino a trasmettere i messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei propri spazi informativi.

Si prevede che il contributo sia erogato conformemente ai criteri previsti con decreti del Ministero dello sviluppo economico, contenenti le modalità di verifica dell’effettivo adempimento degli oneri informativi, in base alle graduatorie per l’anno 2019 approvate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146.

 

Per l'annualità 2019 hanno presentato la richiesta di contributo al MISE 999 soggetti: 151 TV commerciali, 217 radio commerciali, 306 TV comunitarie e 325 radio comunitarie. La pubblicazione delle graduatorie avviene sul sito del MISE. Con il decreto direttoriale 9 aprile 2020 n. 331 sono stati approvati la graduatoria definitiva e gli elenchi degli importi dei contributi da assegnare alle Radio a carattere commerciale.

Con decreto direttoriale del 9 aprile 2020, numero 332 sono stati approvati le graduatorie definitive e gli importi dei contributi da assegnare alle TV commerciali.

Con decreto direttoriale del 3 aprile 2020, numero 309, sono stati approvati la graduatoria definitiva e gli elenchi degli importi dei contributi da assegnare alle Radio a carattere comunitario.

Con decreto direttoriale del 3 aprile 2020, al numero 308, sono stati approvati la graduatoria definitiva e gli elenchi degli importi dei contributi da assegnare alle Tv a carattere comunitario.

Qui è possibile trovare i link ai decreti e ai relativi allegati.

Per approfondimento ai criteri in base ai quali si formano la graduatorie per l’assegnazione dei citati fondi si rinvia all’apposito tema pubblicato sul sito della Camera dei deputati.

 

La finalità del contributo è quella di consentire alle emittenti radiotelevisive locali di continuare a svolgere il servizio di interesse generale informativo sui territori attraverso la quotidiana produzione e trasmissione di approfondita informazione locale a beneficio dei cittadini.

Il comma 2 dispone che la copertura finanziaria dell’intervento sarà assicurata ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda si rinvia per approfondimenti).

Capo III -  Misure per le infrastrutture e i trasporti

Articolo 196
(
Interventi a favore delle imprese ferroviarie)

 

 

L'articolo 196 autorizza, al comma 1, la spesa di 115 milioni di euro a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A, a compensazione dei minori introiti scaturenti dalla riscossione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e dei corrispettivi dei servizi relativamente al periodo tra il 10 marzo e il 30 giugno 2020, con la finalità di sostenere l'attività del gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale per i danni derivanti dalla contrazione del traffico ferroviario a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Il comma 2 stabilisce che, per il medesimo periodo, RFI dispone una riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria per i servizi ferroviari passeggeri e merci non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico per la quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario. Si autorizza poi per le medesime finalità la spesa di 155 milioni di euro per l’anno 2020 a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. Tale stanziamento è dedotto da Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. dai costi netti totali afferenti ai servizi del pacchetto minimo di accesso al fine di disporre, dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, entro il limite massimo dello stanziamento, una riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria nelle percentuali indicate (co. 3). Il canone per l’utilizzo dell’infrastruttura su cui applicare la riduzione di cui al comma 3 è determinato sulla base delle vigenti misure di regolazione definite dall’Autorità di regolazione dei trasporti (co. 4) e si prevede che il residuo dello stanziamento di cui al comma 3 è destinato a compensare il gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale delle minori entrate derivanti dal gettito del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria per l’anno 2020. Si prevede l'invio di una rendicontazione da parte di RFI al MIT sull'attuazione del presente articolo, entro il 30 aprile 2021 (co. 5).

Si reca la copertura finanziaria degli oneri, pari a 270 milioni di euro per il 2020, della disposizione, ai sensi dell'articolo 265 (co. 6).

 

Il comma 1 autorizza la spesa di 115 milioni di euro a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., a compensazione dei minori introiti scaturenti dalla riscossione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria relativamente al periodo tra il 10 marzo e il 30 giugno 2020.

Si indica la finalità di sostenere il settore ferroviario nazionale per i danni derivanti dalla contrazione del traffico ferroviario a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

La relazione illustrativa afferma che l'indennizzo a RFI quale gestore nazionale è finalizzato a compensare parzialmente lo stesso a fronte dei minori introiti derivanti relativi alla riscossione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria nel periodo tra il 10 marzo 2020 e il 30 giugno 2020 a causa dei mancati pedaggi.

 

Il comma 2 stabilisce che, per il medesimo periodo compreso tra il 10 marzo 2020 e il 30 giugno 2020, RFI dispone una riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria da applicarsi ai servizi ferroviari sia passeggeri sia merci non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico per la quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all’articolo 17, comma 4, del D. Lgs. n. 112 del 2015.

 

Il decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 reca attuazione della direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico.

Il comma 1 dell'articolo 17 di tale decreto prevede che, fermo restando il generale potere di indirizzo del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, ai fini dell'accesso e dell'utilizzo equo e non discriminatorio dell'infrastruttura ferroviaria da parte delle imprese ferroviarie, è l'Autorità di regolazione dei trasporti (di cui all'articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) che definisce, fatta salva l'indipendenza del gestore dell'infrastruttura e tenendo conto dell'esigenza di assicurare l'equilibrio economico dello stesso, i criteri per la determinazione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria da parte del gestore dell'infrastruttura e dei corrispettivi dei servizi. Il comma 4 del dell'articolo 17 prevede inoltre che i canoni per il pacchetto minimo di accesso e per l'accesso all'infrastruttura di collegamento agli impianti di servizio siano stabiliti al costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario, sulla base di quanto disposto al comma 1 e tenuto conto delle modalità di calcolo definite dall'atto di esecuzione di cui all'articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2012/34/UE.

 

L'articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2012/34/UE prescrive che i canoni per il pacchetto minimo di accesso e per l’accesso all’infrastruttura di collegamento agli impianti di servizio siano stabiliti al costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario. L'articolo attribuisce inoltre alla Commissione europea competenze di esecuzione in merito alle modalità applicabili al calcolo del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario.

La Commissione europea ha adottato a tal fine il Regolamento di esecuzione (UE) 2015/909, del 12 giugno 2015, relativo alle modalità di calcolo dei costi direttamente legati alla prestazione del servizio ferroviario.

 

In base a quanto affermato dalla relazione illustrativa, la proposta di cui al comma 2 stabilisce che, per il periodo compreso dal 10 marzo 2020 al 30 giugno 2020, il canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, da applicarsi ai servizi ferroviari passeggeri e merci non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico per la quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all’articolo 17 comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, non è dovuto. Si segnala che invece in base a quanto previsto al comma 2, si prevede invece una riduzione del canone.

 

L'Autorità di regolazione dei trasporti (ART) è stata istituita ai sensi dell'articolo 37 del D.L. n. 201/2011 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) nell'ambito delle attività di regolazione dei servizi di pubblica utilità di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481, come Autorità "competente nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori, in conformità con la disciplina europea e nel rispetto del principio di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti locali di cui al titolo V della parte seconda della Costituzione".

Con delibera n. 96/2015 del 13 novembre 2015, l’Autorità di regolazione dei trasporti ha approvato i principi e criteri per la determinazione dei canoni di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria (vd. anche l'Allegato alla delibera e il testo consolidato redatto dagli Uffici a seguito delle modifiche intervenute con la delibera n. 130/2019).

La delibera definisce, nell'Allegato, la componente B del canone di accesso all'infrastruttura. In base a quanto previsto, essa dovrà concretizzarsi in una tariffa variabile, market-based, ossia: basata sull’importo medio chilometrico definito a partire dal costo correlato alla componente A (canone base) del pedaggio; rettificata, attraverso un coefficiente di maggiorazione, in funzione dell’importo dei costi residui per il recupero dell’Efficient Total Cost; ripartita in tre sub-componenti additive fra loro, sulla base di due fattori, stabiliti dal Gestore sulla base di motivate scelte di carattere tecnico-economico.

 

Si ricorda che i principi e i criteri per la determinazione dei canoni di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria sono attualmente definiti in Allegato alla delibera n. 96/2015.

 

Il comma 3 dispone che, per le stesse finalità di cui al comma 1 e allo scopo di promuovere la ripresa del traffico ferroviario, è autorizzata la spesa di 155 milioni di euro per l’anno 2020 a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. Tale stanziamento è dedotto da RFI dai costi netti totali afferenti ai servizi del pacchetto minimo di accesso al fine di disporre, dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, entro il limite massimo del citato stanziamento, una riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria:

a)   pari al 60 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all’articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 per i servizi ferroviari passeggeri non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico;

b)   pari al 40 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all’articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 per i servizi ferroviari merci.

La relazione tecnica alla norma rileva che dai dati acquisiti da RFI risulta che la quota mensile della componente B definita dalla delibera 96/2015 con la riduzione del 60% per i servizi ferroviari passeggeri e del 40% per i servizi ferroviari merci, nell’arco temporale compreso tra 1° luglio 2020 ed il 31 dicembre 2020, comporta una minore entrata stimata per circa 112.000.000 per i passeggeri e circa 17 milioni di euro per le merci. In tale stima  si registrerebbe una riduzione di ricavi da pedaggio legati alla componente B per circa 130.000.000 milioni di euro.

 

Il comma 4 stabilisce che il canone per l’utilizzo dell’infrastruttura su cui applicare la riduzione di cui al comma 3 è determinato sulla base delle vigenti misure di regolazione definite dall’Autorità di regolazione dei trasporti di cui all’articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

Il comma 5 dispone che il residuo dello stanziamento di cui al comma 3, conseguente anche a riduzioni dei volumi di traffico rispetto a quelli previsti dal piano regolatorio 2016-2021 e riferiti al periodo compreso dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2020, è destinato a compensare il gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale delle minori entrate derivanti dal gettito del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria per l’anno 2020. Si prevede l'invio di una rendicontazione da parte di RFI al MIT sull'attuazione del presente articolo, entro il 30 aprile 2021.

 

Il Contratto di programma - Parte Servizi 2016-2021 è stato sottoscritto il 14 giugno 2017 e reso operativo dal 2 ottobre 2017. Oggetto principale del CdP-S è la disciplina del finanziamento delle attività di manutenzione della rete ferroviaria nazionale per interventi di tipo:

§  “ordinario” (finalizzati al contenimento del normale degrado dell’infrastruttura nell’ambito del previsto ciclo di vita utile degli oggetti tecnici in cui è articolata l’infrastruttura e di primo intervento);

§  “straordinario” (volti al rinnovo/sostituzione di componenti di sottosistema o sottosistemi interi, che determinano l’incremento del valore patrimoniale del bene e contestualmente ne migliorano l’affidabilità, la produttività, l’efficienza e la sicurezza).

Per il periodo 2016-2021 il Contratto di Programma– parte Servizi prevede un ammontare di fabbisogni pari a circa 10,5 miliardi (media annua circa 1,8 mld) a fronte di un totale di coperture disponibili a legislazione vigente pari a circa 9,3 miliardi.

Si ricorda che è attualmente all'esame delle Commissioni parlamentari competenti lo schema di aggiornamento 2018-2019 al Contratto di programma - parte investimenti 2017-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana S.p.A. (A.G. 160); per approfondimenti, si veda qui.

 

Il comma 6 reca la copertura finanziaria della disposizione. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione, pari ad euro 270 milioni per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

 


 

Articolo 197
(Ferrobonus e Marebonus)

 

 

L’articolo 197 prevede ulteriori risorse, pari complessivamente a 50 milioni di euro per l’anno 2020, per finanziare sia il cosiddetto “marebonus” (30 milioni di euro), di cui all’articolo 1, comma 647, della legge di stabilità 2016, che il cosiddetto “ferrobonus” (20 milioni di euro) previsto dall’articolo 1, comma 648, della medesima legge, mantenendo comunque ferme le risorse già assegnate dalla legge di bilancio 2020.

 

In particolare il comma 1 prevede l’attribuzione di 30 milioni di euro per l’anno 2020 per finanziare il cosiddetto “marebonus”, mantenendo ferme le risorse già assegnate dall’articolo 1, comma 110, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019).

 

Con il cosiddetto "marebonus", previsto, dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 647), si è disposta la concessione di contributi per l'attuazione di progetti per migliorare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria, riguardanti l'istituzione, l'avvio e la realizzazione di nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci o il miglioramento dei servizi su rotte esistenti, in arrivo e in partenza da porti situati in Italia, che collegano porti situati in Italia o negli Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo. A tal fine era stata autorizzata la spesa annua di 45,4 milioni di euro per l'anno 2016, di 44,1 milioni di euro per l'anno 2017 e di 48,9 milioni di euro per l'anno 2018. Con il decreto-legge n. 50 del 2017 è stata successivamente autorizzata la spesa di ulteriori 35 milioni di euro per l'anno 2018.

La legge di bilancio 2020 ha rifinanziato il cosiddetto "marebonus" per il quale è stata autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2021 (art. 1, comma 110).

 

Il comma 2 prevede l’attribuzione di 20 milioni di euro per l’anno 2020 per finanziare il cosiddetto “ferrobonus”, mantenendo ferme le risorse già assegnate dall’articolo 1, comma 111, della legge di bilancio 2020.

 

Con il cosiddetto "ferrobonus" sono stati autorizzati contributi per servizi di trasporto ferroviario intermodale in arrivo e in partenza da nodi logistici e portuali in Italia. A tal fine è stata autorizzata la spesa annua di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 (art. 1, comma 648 della legge di Stabilità 2016). Con il decreto-legge n. 50 del 2017 è stata successivamente autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2018 per il "ferrobonus".

La legge di bilancio ha autorizzato a spesa di 14 milioni di euro per l'anno 2020 e di 25 milioni di euro per l'anno 2021 (art. 1, comma 111).

Per ulteriori elementi informativi relativi al cosiddetto “marebonus” e al cosiddetto “ferrobonus” si rinvia all’apposito approfondimento “Gli incentivi per il miglioramento della logistica: ferrobonus e marebonus”.

 

Il comma 3 individua la copertura finanziaria ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda si rinvia per approfondimenti).


 

Articolo 198
(Istituzione Fondo compensazione danni trasporto aereo )

 

 

L’articolo 198 istituisce un Fondo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con una dotazione di 130 milioni di euro per l’anno 2020 al fine di compensare i danni subiti dagli operatori nazionali nel settore del trasporto aereo in ragione dell’epidemia di COVID 19.

 

In particolare il comma 1 sarà destinato alla compensazione dei danni subiti dagli operatori nazionali, diversi da quelli previsti dall’articolo 79, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, in possesso del prescritto Certificato di Operatore Aereo (COA) in corso di validità e titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciati dall'Ente nazionale dell’aviazione civile, che impieghino aeromobili con una capacità superiore a 19 posti.

 

Il comma 2 dell’articolo 79  del decreto-legge n. 18 del 2020 riconosce misure compensative dei danni subiti, come conseguenza diretta dell’evento eccezionale, alle imprese titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciata dall’ENAC che adempiano ad oneri di servizio pubblico alla data di entrata in vigore del decreto-legge n.18 del 2020, in considerazione dei danni subiti dall’intero settore dell’aviazione a causa dell’insorgenza dell’epidemia da COVID 19, al fine di consentire la prosecuzione dell’attività.

 

Come condizione necessaria per l’accesso al fondo si prevede che gli operatori applichino ai propri dipendenti, con base di servizio in Italia ai sensi del regolamento (UE) 5 ottobre 2012 n. 965/2012, nonché ai dipendenti di terzi da essi utilizzati per lo svolgimento della propria attività, trattamenti retributivi comunque non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

 

I titolari di Certificato di Operatore Aereo Nazionale sono indicati in questo link.

Le imprese titolari di licenza di trasporto aereo sono indicate in questo elenco.

Nell’elenco delle imprese titolari di licenze di trasporto aereo sono indicate le imprese che possiedono aeromobili per il trasporto passeggeri con capacità superiore a 19 posti con licenza non sospesa. Si tratta di: Air Dolomiti S.p.A. Linee Aeree Regionali Europee; AIR ITALY S.p.A.; Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A.; Alitalia Cityliner  S.p.A.; Blue Panorama Airlines S.p.A.e Neos S.p.A.

Tutte queste società sono titolari anche del Certificato di Operatore Aereo.

Il regolamento (UE) 5 ottobre 2012 n. 965/2012, definisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative per quanto riguarda le operazioni di volo ai sensi del regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio che disciplina, tra l’altro i Certificati di Operatore Aereo (COA), e il concetto di “base di servizio” definita come “il luogo assegnato dall’operatore al membro d’equipaggio dal quale il membro d’equipaggio normalmente inizia e finisce un periodo di servizio o una serie di periodi di servizio e dove, in circostanze normali, l’operatore non è responsabile della fornitura dell’alloggio al membro d’equipaggio interessato”.

Le modalità di applicazione della disposizione saranno definite con decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Al fine di accelerare i tempi di erogazione dei citati fondi andrebbe valutata l’opportunità di indicare un termine per l’emanazione del citato decreto di natura non regolamentare.

 

L'efficacia della disposizione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.

 

L’articolo 108, comma 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea prevede che siano comunicati alla Commissione europea, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, la Commissione inizierà senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

La Commissione europea ha emanato la Comunicazione C(2020)1863 (GU C 91I, 20.3.2020) avente ad oggetto il “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del  COVID-19” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 20 marzo 2020, modificato poi dalla Comunicazione 2020/C 112 I/01 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 4 aprile 2020 e dalla Comunicazione 2020/C 164/03 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 maggio 2020.

Il comma 2 individua la copertura finanziaria ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda si rinvia per approfondimenti).

Articolo 199
(
Disposizioni in materia di lavoro portuale e di trasporti marittimi)

 

 

L'articolo 199 prevede la possibilità per le Autorità di sistema portuale e l'Autorità portuale di Gioia Tauro di accordare delle riduzioni fino all'azzeramento dei canoni concessori sia per le concessioni dei beni demaniali sia per le concessioni per i servizi portuali e relativi a operazioni portuali e per concessioni di aree e banchine marittime e servizi di supporto ai passeggeri. La riduzione riguarda i canoni dovuti in relazione all’anno 2020, ivi compresi quelli previsti dall’articolo 92, comma 2, del decreto-legge Cura Italia, e può essere riconosciuta in favore dei concessionari che dimostrino di aver subito nei periodi indicati una diminuzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento del fatturato registrato nel medesimo periodo dell’anno 2019 (co. 1, lett. a). Si prevede, inoltre, la possibilità per le richiamate Autorità di corrispondere al soggetto fornitore di lavoro portuale un contributo, nel limite massimo di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, pari a 60 euro per ogni dipendente in relazione a ciascuna minore giornata di lavoro rispetto al corrispondente mese del 2019 (co. 1, lett. b).
Il comma 2 prevede la proroga di due anni delle autorizzazioni attualmente in corso in materia di disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo, facendo fermo quanto previsto all’articolo 9-ter del decreto – legge n. 109 del 2018 (D.L. Genova). Si recano poi al comma 3 una serie di proroghe al fine di ridurre gli effetti economici derivanti dalla diffusione del COVID–19 e dalle conseguenti misure di prevenzione e contenimento adottate, quali la proroga di 12 mesi della durata delle autorizzazioni rilasciate per le operazioni portuali (lett. a), la proroga di 12 mesi della durata delle concessioni di aree demaniali e per  aree e banchine e per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri (lett. b) e la proroga di 12 mesi della durata delle concessioni per il servizio di rimorchio (lett. c), che siano attualmente in corso o scadute tra la data del 31 gennaio 2020 e quella di entrata in vigore del decreto-legge. La proroga di cui alle lettere a) e b) del comma 3 non si applica in presenza di procedure di evidenza pubblica ove già definite con l’aggiudicazione alla data del 23 febbraio 2020 (comma 4). Il comma 5 estende l’agevolazione del credito d'imposta di cui ai commi da 98 a 106 della legge di stabilità 2016 anche ai soggetti operanti nei settori del magazzinaggio e supporto ai trasporti.

Il comma 6 riconosce alle società cooperative di cui all’articolo 14, comma 1-quinquies, della legge in materia portuale, un indennizzo per le ridotte prestazioni di ormeggio rese da dette società dal 1° febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 rispetto ai corrispondenti mesi dell’anno 2019, nel limite complessivo di euro 24 milioni per l’anno 2020. Per le finalità previste, il comma 7 prevede l’istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un fondo, con una dotazione complessiva di euro 30 milioni per l’anno 2020. Il comma 8 demanda a un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto, la assegnazione delle risorse di cui al comma 7. Il comma 9 prevede, al fine di far fronte alle fluttuazioni dei traffici portuali di merci e passeggeri riconducibili all’emergenza COVID-19, che fino allo scadere dei sei mesi successivi alla cessazione dello stato d’emergenza, le Autorità di sistema portuale e l’Autorità portuale di Gioia Tauro possono, con provvedimento motivato, destinare temporaneamente aree e banchine di competenza a funzioni portuali diverse da quelle previste nei piani regolatori portuali vigenti. La disposizione di cui al comma 10 reca la copertura finanziaria degli oneri.

 

Il comma 1 prevede che - in considerazione del calo dei traffici nei porti italiani derivanti dall’emergenza COVID19 - le Autorità di sistema portuale e l'Autorità portuale di Gioia Tauro, compatibilmente con le proprie disponibilità di bilancio, possano stabilire la riduzione o sino all’azzeramento di canoni concessori, ed in particolare possano:

 

a)   disporre, fino all’azzeramento, la riduzione dell’importo dei canoni concessori demaniali di cui all’articolo 36 del codice della navigazione e di quelli relativi a operazioni portuali e alla concessione di aree e banchine, previsti dagli articoli 16, 17 e 18 della legge n. 84  del 1994 (Riordino della legislazione in materia portuale); la riduzione fino all'azzeramento è prevista anche per  i canoni relativi alle concessioni per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto ai passeggeri.

La riduzione riguarda i canoni dovuti in relazione all’anno 2020 ed ivi compresi quelli previsti dall’articolo 92, comma 2, del decreto – legge 17 marzo 2020, n. 18 (Cura Italia).

Si ricorda che il comma 2 dell’articolo 92 del D.L. Cura Italia ha disposto la sospensione dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e fino al 31 luglio 2020, prevedendo tuttavia il pagamento di quanto dovuto entro il 31 dicembre del medesimo anno:

§  delle tariffe per le operazioni portuali (carico, scarico, trasbordo, deposito, movimentazione) e i servizi portuali (individuati dalle Autorità di sistema portuale) di cui all’articolo 16 della legge n. 84 del 1994;

§  delle tariffe per la fornitura di lavoro temporaneo alle imprese che svolgono operazioni e servizi portuali ovvero ai titolari di concessione di aree e banchine da corrispondere ai soggetti di cui all’articolo 17 della legge n. 84 del 1994 (ossia o da parte dell’impresa autorizzata alla somministrazione di lavoro portuale ovvero da agenzie promosse dalle Autorità di sistema portuale);

§  dei canoni di concessione di aree e banchine portuali previsti dall’articolo 18 della legge n. 84 del 1994.

Con riferimento ai corrispettivi in parola è stato disposto dal Cura Italia un differimento, rimettendo alle singole Autorità di sistema portuale la definizione delle modalità di pagamento dei canoni sospesi anche mediante rateazione senza applicazione di interesse.

La norma qui in esame specifica che la riduzione o azzeramento avviene nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e nel rispetto degli equilibri di bilancio, allo scopo anche utilizzando il proprio avanzo di amministrazione.

La disposizione stabilisce che la riduzione di cui alla lettera a) può essere riconosciuta, per i canoni dovuti fino alla data del 31 luglio 2020, in favore dei concessionari che dimostrino di aver subito nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2020 e il 30 giugno 2020, una diminuzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento del fatturato registrato nel medesimo periodo dell’anno 2019 e, per i canoni dovuti dal 1° agosto 2020 al 31 dicembre 2020, in favore dei concessionari che dimostrino di aver subito subito, nel periodo compreso tra il 1° luglio 2020 e il 30 novembre 2020, una diminuzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento del fatturato registrato nel medesimo periodo dell’anno 2019.

La parametrazione è dunque fatta, per il secondo periodo dell'anno, sul fatturato da luglio a novembre (anziché sul medesimo periodo dell'anno, vale a dire comprensivo di dicembre).

   

L'articolo 36 del codice della navigazione reca la concessione di beni demaniali. L'amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo. Le concessioni di durata superiore a nove anni sono di competenza del ministro per le comunicazioni. Le concessioni di durata superiore a due ma non a nove anni, e quelle di durata non superiore al biennio che importino impianti di difficile sgombero, sono di competenza del direttore marittimo. Le concessioni di durata non superiore al biennio, quando non importino impianti di difficile sgombero, sono di competenza del capo di compartimento marittimo.

L'articolo 16 della legge di riordino del sistema portuale disciplina le operazioni portuali quali il carico, lo scarico, il trasbordo, il deposito, il movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale. Sono servizi portuali quelli riferiti a prestazioni specialistiche, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali e i servizi ammessi sono individuati dalle Autorità di sistema portuale, attraverso una specifica regolamentazione, prevedendosi che le Autorità di sistema portuale disciplinano e vigilano sull'espletamento delle operazioni portuali e dei servizi portuali, nonché sull'applicazione delle tariffe indicate da ciascuna impresa ai sensi del comma 5 della disposizione. Le imprese autorizzate sono iscritte in appositi registri distinti e sono soggette al pagamento di un canone annuo e alla prestazione di una cauzione determinati dalle medesime autorità. Le tariffe delle operazioni portuali sono rese pubbliche. L'art. 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, reca la disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo, alle imprese di cui agli articoli 16 e 18 per l'esecuzione delle operazioni portuali e dei servizi portuali autorizzati ai sensi dell'articolo 16, comma 3, costituendo tale disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo una disciplina speciale. L'articolo 18 della legge di riordino disciplina infine la concessione di aree e banchine comprese nell'ambito portuale.

Si ricorda che l'autorità Portuale di Gioia Tauro indicata dal comma 1 della norma in esame è un Ente Pubblico dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia amministrativa, istituita con Decreto del Presidente della Repubblica del 16 luglio 1998.

 

b)   corrispondere, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, al soggetto fornitore di lavoro portuale di cui all’articolo 17 della legge n. 84 del 1994[32], un contributo, nel limite massimo di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, pari a 60 euro per ogni dipendente e in relazione a ciascuna minore giornata di lavoro rispetto al corrispondente mese del 2019 riconducibile alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale italiano conseguenti all'emergenza COVID -19. Tale contributo è erogato dalla stessa Autorità di sistema portuale o dall’Autorità portuale ed è cumulabile con l'indennità di mancato avviamento (IMA).

L’indennità di mancato avviamento (IMA) è uno specifico strumento di sostegno al reddito introdotto dall’articolo 19, comma 12, del D.L. 185/2008, e successivamente prorogato più volte, fino alla messa a regime effettuata dall’articolo 3, comma 2, del D.L. 92/2012. L’indennità è riconosciuta a specifiche categorie di lavoratori del settore portuale addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese e nelle agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5, della L. 84/1994, nonché ai lavoratori dipendenti delle società cooperative derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima L. 84/94.

L’indennità è pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, nonché la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare:

§  per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro;

§  per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile.

Tale indennità spetta quindi per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ogni mese, incrementato dal numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.

La relazione illustrativa in relazione al comma 1, lettera b), sottolinea la finalità di salvaguardare la continuità delle operazioni portuali e la fornitura di lavoro temporaneo - quale strumento ad alta flessibilità, funzionale in un periodo di congiuntura economica sfavorevole come quello attuale,  per cui si prevede la facoltà per le Autorità di sistema portuale di corrispondere, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, al soggetto fornitore di lavoro temporaneo portuale il contributo previsto.

Il criterio delineato ricalca la disciplina già prevista dall’articolo 9–ter del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (come modificato dall’art. 33, c. 1, lett b), n.1, del D.L. 162/2019) che ha autorizzato l'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale a corrispondere al soggetto fornitore di lavoro portuale analogo contributo, nel limite massimo di 3 milioni di euro per l'anno 2020, per eventuali minori giornate di lavoro rispetto all'anno 2017 riconducibili alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale del Mar Ligure occidentale conseguenti all'evento del crollo del ponte Morandi.

 

La disposizione di cui al comma 1 in esame fa fermo quanto previsto dall’articolo 9-ter del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (D.L. Genova), in materia di lavoro portuale temporaneo.

Il D.L. n. 109/2018, recante Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze, ha recato all'art. 9-ter disposizioni in materia di lavoro portuale temporaneo. Con tale norma si è previsto, in relazione al rilievo esclusivamente locale della fornitura del lavoro portuale temporaneo e al fine di salvaguardare la continuità delle operazioni portuali presso gli scali del Sistema portuale del Mar Ligure occidentale, compromessa dall'evento del Ponte Morandi, che le autorizzazioni in corso, rilasciate ai sensi dell'articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, fossero prorogate per sei anni. Per gli anni 2018, 2019 e 2020, l'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale è autorizzata a corrispondere, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, al soggetto fornitore di lavoro un contributo, nel limite massimo di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 3 milioni di euro per l'anno 2020, per eventuali minori giornate di lavoro rispetto all'anno 2017 riconducibili alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale del Mar Ligure occidentale conseguenti all'evento. Tale contributo è erogato dalla stessa autorità di sistema portuale a fronte di avviamenti integrativi e straordinari da attivare in sostituzione di mancati avviamenti nei terminal, da valorizzare secondo il criterio della tariffa media per avviamento applicata dai soggetti autorizzati ai sensi dell'articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, nel primo semestre dell'anno 2018.  Le eventuali minori giornate di lavoro indennizzate dal contributo non sono computate o elette dal soggetto operante ai sensi dell'articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, ai fini dell'indennità di mancato avviamento (IMA).

 

Il comma 2 prevede la proroga di due anni delle autorizzazioni attualmente in corso, rilasciate ai sensi del citato articolo 17 della legge n. 84 del 1994 in materia di disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo, in relazione al rilievo esclusivamente locale della fornitura del lavoro portuale temporaneo e al fine di salvaguardare la continuità delle operazioni portuali presso gli scali del sistema portuale italiano, compromessa dall'emergenza COVID – 19. La disposizione fa fermo altresì quanto previsto all’articolo 9-ter del decreto – legge 28 settembre 2018, n. 109 (D.L. Genova) sopra richiamato.

La relazione illustrativa evidenzia come tale facoltà sia già prevista per l'Autorità di sistema portuale del mar Ligure occidentale.

 

Si recano poi al comma 3 una serie di proroghe e disposizioni al fine di ridurre gli effetti economici derivanti dalla diffusione del COVID–19 e dalle conseguenti misure di prevenzione e contenimento adottate, quali:

a)   la proroga di 12 mesi della durata delle autorizzazioni rilasciate per le operazioni portuali, ai sensi dell’articolo 16 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, che siano attualmente in corso o scadute tra la data del 31 gennaio 2020 e quella di entrata in vigore del presente decreto-legge;

b)   la proroga di 12 mesi della durata delle concessioni di aree demaniali e per aree e banchine, rilasciate nei porti ai sensi dell'articolo 36 del codice della navigazione e dell'articolo 18 della legge n. 84, nonché per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri, che siano attualmente in corso o scadute tra la data del 31 gennaio 2020 e quella di entrata in vigore del decreto-legge;

c)   la proroga di 12 mesi della durata delle concessioni per il servizio di rimorchio attualmente in corso o scadute tra la data del 31 gennaio 2020 e quella di entrata in vigore del decreto-legge.

Si segnala che, in base alle disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, le proroghe appaiono applicarsi - oltre alle autorizzazioni già scadute nel periodo indicato - anche, in via generalizzata, a tutte le autorizzazioni in corso, e non già relativamente alle autorizzazioni che vengano a scadenza nel periodo di emergenza.

La relazione illustrativa afferma che tali disposizioni estendono di un anno la durata di tutte le concessioni di aree in ambito portuale, sia per il settore passeggeri e merci (il cui flusso ha subito una drastica riduzione, soprattutto nell'ambito crocieristico), sia per il settore della cantieristica navale (settore anch'esso in sofferenza per contrazione dell'economia di mercato), nonché per quelle turistico ricreative, anche per mantenere e/o ristabilire un equilibrio con i piani economico-finanziari che assistono le concessioni in essere. Si prevede l’estensione di dodici mesi delle concessioni di rimorchio rilasciate ai sensi dell’articolo 101 del codice della navigazione, anche in considerazione del fatto che, tra gli elementi da porre a base di gara, c'è il fatturato recente e il numero delle prestazioni eseguite dal concessionario uscente: con la drastica riduzione dei traffici dovuti all’attuale emergenza - evidenzia la Relazione - rappresenta una criticità per le Autorità marittime, che operano quali stazioni appaltanti, calcolare in modo coerente il fatturato delle società concessionarie che rappresenta uno degli elementi essenziali per l’impostazione della gara e la determinazione dell’offerta.

In base al comma 4 della norma in esame, la proroga di cui alle lettere a) e b) del comma 3 non si applica in presenza di procedure di evidenza pubblica relative al rilascio delle autorizzazioni o delle concessioni previste e già definite con l’aggiudicazione alla data del 23 febbraio 2020.

L'esclusione dall'applicazione della norma interessa, in base alla formulazione, le 'procedure di evidenza pubblica relative al rilascio delle autorizzazioni o delle concessioni previste dagli articoli 16 e 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 ovvero dell’articolo 36 del codice della navigazione', non prevedendo il comma in esame invece riferimenti alle concessioni per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri, che sono invece altresì menzionate dalla lettera b) del comma 3.

Si valuti di acquisire chiarimenti a fini di coordinamento in ordine alla formulazione del comma 4, laddove questo fa riferimento alle concessioni cui non si applicano le proroghe previste poiché oggetto di aggiudicazione, non menzionando le concessioni per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri invece menzionate nel comma 3.

Si ricorda più nel dettaglio che l'art. 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, disciplina la concessione di aree e banchine. Esso prevede che 'Autorità di sistema portuale o l'autorità marittima danno in concessione le aree demaniali e le banchine comprese nell'ambito portuale alle imprese di cui all'articolo 16, comma 3, per l'espletamento delle operazioni portuali, fatta salva l'utilizzazione degli immobili da parte di amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di funzioni attinenti ad attività marittime e portuali. E' altresì sottoposta a concessione da parte dell'Autorità di sistema portuale e dall'autorità marittima, la realizzazione e la gestione di opere attinenti alle attività marittime e portuali collocate a mare nell'ambito degli specchi acquei esterni alle difese foranee anch'essi da considerarsi a tal fine ambito portuale, purché interessati dal traffico portuale e dalla prestazione dei servizi portuali anche per la realizzazione di impianti destinati ad operazioni di imbarco e sbarco rispondenti alle funzioni proprie dello scalo marittimo. Le concessioni sono affidate, previa determinazione dei relativi canoni, anche commisurati all'entità dei traffici portuali ivi svolti, sulla base di idonee forme di pubblicità, stabilite dal Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro delle finanze, con proprio decreto. Con il medesimo decreto sono altresì indicati la durata della concessione, i poteri di vigilanza e controllo delle Autorità concedenti, le modalità di rinnovo della concessione ovvero di cessione degli impianti a nuovo concessionario, nonché i limiti minimi dei canoni che i concessionari sono tenuti a versare. Le concessioni per l'impianto e l'esercizio dei depositi e stabilimenti di cui all'articolo 52 del codice della navigazione e delle opere necessarie per l'approvvigionamento degli stessi, dichiarati strategici ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239, hanno durata almeno decennale. Inoltre, le concessioni o gli accordi sostitutivi possono comprendere anche la realizzazione di opere infrastrutturali. In base alla normativa, ai fini del rilascio della concessione di cui al comma 1 è richiesto che i destinatari dell'atto concessorio: a) presentino, all'atto della domanda, un programma di attività, assistito da idonee garanzie, anche di tipo fideiussorio, volto all'incremento dei traffici e alla produttività del porto; b) possiedano adeguate attrezzature tecniche ed organizzative, idonee anche dal punto di vista della sicurezza a soddisfare le esigenze di un ciclo produttivo ed operativo a carattere continuativo ed integrato per conto proprio e di terzi; c) prevedano un organico di lavoratori rapportato al programma di attività di cui alla lettera a). Inoltre, in ciascun porto l'impresa concessionaria di un'area demaniale deve esercitare direttamente l'attività per la quale ha ottenuto la concessione, non può essere al tempo stesso concessionaria di altra area demaniale nello stesso porto, a meno che l'attività per la quale richiede una nuova concessione sia differente da quella di cui alle concessioni già esistenti nella stessa area demaniale, e non può svolgere attività portuali in spazi diversi da quelli che le sono stati assegnati in concessione; l'Autorità di sistema portuale o l'autorità marittima sono tenute ad effettuare accertamenti con cadenza annuale al fine di verificare il permanere dei requisiti in possesso al momento del rilascio della concessione e l'attuazione degli investimenti previsti nel programma di attività, disponendosi che, in caso di mancata osservanza degli obblighi assunti da parte del concessionario, nonché di mancato raggiungimento degli obiettivi indicati nel programma di attività, di cui al comma 6, lettera a), senza giustificato motivo, l'Autorità di sistema portuale  o l'autorità marittima revocano l'atto concessorio. Le disposizioni dell'articolo 18 richiamato si applicano anche ai depositi e stabilimenti di prodotti petroliferi e chimici allo stato liquido, nonché di altri prodotti affini, siti in ambito portuale.

 

Il comma 5 estende l’agevolazione del credito d'imposta di cui ai commi da 98 a 106 della legge di stabilità 2016 - fermo quanto previsto dal comma 107 del medesimo articolo - anche ai soggetti operanti nei settori del magazzinaggio e supporto ai trasporti.

 

L'articolo 1, comma 107, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge di stabilità 2016) prevede che l'agevolazione di cui ai commi da 98 a 106 sia concessa nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). In particolare, l'articolo 14 del regolamento disciplina gli aiuti a finalità regionale agli investimenti. Tale articolo precisa che le misure di aiuto a finalità regionale agli investimenti sono compatibili con il mercato interno, ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del TFUE, e sono esentate dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, del trattato, purché vengano soddisfatte le condizioni, sia generali che specifiche, stabilite dal regolamento stesso.

L’agevolazione di cui ai commi da 98 a 106 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 riguarda in particolare le imprese che effettuano l'acquisizione di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del TFUE, e nelle zone assistite delle regioni Molise e Abruzzo, ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020 (C(2014)6424 del 16 settembre 2014, come modificata dalla decisione C(2016)5938 del 23 settembre 2016) Fino al 31 dicembre 2020 è attribuito un credito d'imposta nella misura massima consentita dalla citata Carta. Inoltre, alle imprese attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, nel settore della pesca e dell'acquacoltura, disciplinato dal regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, e nel settore della trasformazione e della commercializzazione di prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura, che effettuano l'acquisizione di beni strumentali nuovi, gli aiuti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico.

La relazione illustrativa, con riferimento al co. 5, afferma che tale disposizione si rende necessaria al fine di chiarire che, per ciò che concerne il settore dei trasporti, ai sensi del Regolamento UE 651/2014, si intendono escluse dal credito d’imposta le sole classi di Codice Ateco 49, 50 e 51 della sezione H Trasporto e Magazzinaggio, al fine di chiarire che il codice Ateco 52 rientra invece nell'agevolazione prevista. La relazione evidenzia la necessità di chiarire che, tra le attività incentivabili all’interno delle Zona Economica Speciale, che hanno come obiettivo l’aumento della competitività delle imprese insediate, l’attrazione di investimenti, l’incremento delle esportazioni, la creazione di nuovi posti di lavoro e il più generale impulso alla crescita economica e all’innovazione, sono ricomprese quelle relative al settore della logistica, in particolare quelle classificate con il codice 52. “magazzinaggio e attività di supporto ai trasporti”.

Si ricorda che la Comunicazione della Commissione del 19 marzo C (2020) 1863 final Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” è stata modificata e integrata dapprima dalla Comunicazione della Commissione del 3 aprile C(2020) 2215 final, e successivamente dalla Comunicazione della Commissione dell’8 maggio (C(2020 3156 final). Per approfondimenti ed aggiornamenti sul “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare

 

Il comma 6 prevede che, al fine di mitigare gli effetti economici derivanti dall’emergenza COVID – 19 ed assicurare la continuità del servizio di ormeggio nei porti italiani, è riconosciuto alle società cooperative di cui all’articolo 14, comma 1-quinquies, della legge in materia portuale, un indennizzo per le ridotte prestazioni di ormeggio rese da dette società dal 1° febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 rispetto ai corrispondenti mesi dell’anno 2019. A tal fine, si prevede il limite complessivo di euro 24 milioni per l’anno 2020.

Si ricorda che l'articolo 14 della legge sul sistema portuale reca le Competenze dell'autorità marittima. In particolare, il comma 1-quinquies di tale disposizione prevede che, a seguito dell'esercizio dei poteri del comandante del porto previsti dall'articolo 81 del Codice della navigazione e dall'articolo 209 del relativo Regolamento di esecuzione, gli ormeggiatori iscritti nel relativo registro, previa specifica procedura concorsuale, si costituiscono in società cooperativa. Il funzionamento e l'organizzazione di tale società sono soggette alla vigilanza e al controllo del comandante del porto e lo statuto e le sue eventuali modifiche sono approvate dal comandante del porto secondo le direttive emanate in materia dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Si ricorda che tale comma è stato aggiunto dall'art. 10, comma 1, lett. b), D.Lgs. 13 dicembre 2017, n. 232, in materia di Autorità portuali.

Si ricorda in materia che l'articolo 92 del DL n. 18 del 2020 (cura Italia) ha previsto, al comma 1, la disapplicazione della tassa di ancoraggio nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del decreto-legge e la data del 30 aprile 2020. La tassa di ancoraggio di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2009 si applica alle operazioni commerciali in un porto, rada o spiaggia dello Stato ovvero nell'ambito di zone o presso strutture di ormeggio, quali banchine, moli, pontili, piattaforme, boe, torri e punti di attracco, in qualsiasi modo realizzati. Si ricorda che soggette alla tassa sono le navi nazionali, le navi estere equiparate alle nazionali in virtù di trattati, nonché le navi operate da compagnie di navigazione di Stati con i quali l'Unione europea abbia stipulato accordi di navigazione e di trasporto marittimo, ancorché non battano la bandiera di detti Stati. L'importo della tassa è calcolato per ogni tonnellata di stazza netta della nave in misura crescente al crescere della stessa.Il gettito della tassa d’ancoraggio è attribuito alle Autorità di sistema portuale.

Si segnala che, a differenza di altre disposizioni della norma, il comma 6 non prevede che l'indennizzo sia connesso alla dimostrazione della diminuzione di fatturato rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2019. La norma non appare chiarire i parametri per il riconoscimento di tale indennizzo, atteso che il successivo comma 8 si limita a rinviare ad un decreto ministeriale per l'assegnazione delle risorse (si vedano i co. 7, lett. b), e il co. 8).

Si valuti di chiarire i profili applicativi della norma di cui al comma 6, atteso che la stessa non appare indicare parametri in relazione all'indennizzo previsto.

Per le finalità di cui ai commi 1 e 6, il comma 7 prevede l’istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un fondo, con una dotazione complessiva di euro 30 milioni per l’anno 2020, destinato:

a)   nella misura di complessivi euro 6 milioni a finanziare il riconoscimento dei benefici previsti dal comma 1 da parte delle Autorità di sistema portuale o dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, 'qualora prive di risorse proprie utilizzabili a tali fini';

b)   nella misura di complessivi euro 24 milioni all’erogazione, per il tramite del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell’indennizzo di cui al comma 6.

 

Il comma 8 stabilisce che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in esame, si procede all’assegnazione delle risorse di cui al comma 7, nonché alla determinazione delle quote di avanzo di amministrazione eventualmente utilizzabili da ciascuna delle Autorità di sistema portuale e dalle Autorità portuali per le finalità di cui al comma 1, lettera a), in materia di riduzione dei canoni concessori, nel limite complessivo di 10 milioni di euro per il 2020.

Si segnala che la norma non reca riferimenti all'Autorità portuale di Gioia Tauro, invece indicata nel comma 1 della disposizione richiamato, mentre contiene il riferimento alle autorità portuali, risultando opportuno un chiarimento a fini di coordinamento.

 

La disposizione di cui al comma 9 prevede, al fine di far fronte alle fluttuazioni dei traffici portuali di merci e passeggeri riconducibili all’emergenza COVID-19, che fino allo scadere dei sei mesi successivi alla cessazione dello stato d’emergenza, le Autorità di sistema portuale e l’Autorità portuale di Gioia Tauro possono, con provvedimento motivato, destinare temporaneamente aree e banchine di competenza a funzioni portuali diverse da quelle previste nei piani regolatori portuali vigenti.

La disposizione di cui al comma 10 reca la copertura finanziaria degli oneri, pari a 30 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e 40 milioni in termini di fabbisogno e indebitamento, per il 2020, ai sensi dell'articolo 265 del decreto.


 

Articolo 200
(Disposizioni in materia di trasporto pubblico locale)

 

 

L’articolo 200 contiene numerose disposizioni in materia di trasporto pubblico locale. Istituisce innanzitutto un Fondo per compensare gli operatori di servizio di trasporto pubblico regionale e locale passeggeri oggetto di obbligo di servizio pubblico, degli effetti negativi in termini di riduzione dei ricavi a seguito dell’epidemia del Covid-19 (commi 1 e 2), nonchè dispone la non decurtazione dei corrispettivi per i servizi ferroviari di lunga percorrenza e interregionali indivisi (comma 3).

Prevede poi l’anticipo alle regioni a statuto ordinario, in un’unica rata entro il 30 giugno 2020, dell’80% del Fondo nazionale TPL e l’applicazione, anche per il 2020, degli attuali criteri di riparto del Fondo (commi 4 e 5), nonché un anticipo di cassa entro il 31 luglio 2020 per le imprese affidatarie dei contratti di servizio TPL (comma 6).

Viene poi sospeso fino al 2024, l’obbligo per regioni, enti locali e gestori dei servizi di trasporto pubblico passeggeri, di cofinanziare il rinnovo del parco mezzi e fino al 30 giugno 2021 l’obbligo di utilizzare mezzi ad alimentazione alternativa. Si consente l’acquisto di autobus fino 30 giugno 2021 utilizzando la convenzione Consip Autobus 3 (comma 7).

Si consente, infine, fino al 30 giugno 2021, di utilizzare una quota delle risorse statali (massimo del 5%) destinate al rinnovo del materiale rotabile automobilistico e ferroviario del trasporto pubblico locale e regionale, per l’attrezzaggio dei relativi parchi finalizzato a contenere i rischi epidemiologici per i passeggeri ed il personale viaggiante (comma 8).

 

Le compensazioni agli operatori di servizi di trasporto pubblico locale (commi 1 e 2)

In dettaglio, il comma 1 istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un apposito fondo con una dotazione iniziale di 500 milioni di euro per l’anno 2020, destinato a compensare le imprese di trasporto pubblico locale e trasporto ferroviario regionale, elencate nel comma 2, per la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020, rispetto alla media dei ricavi tariffari relativa ai passeggeri registrata nel medesimo periodo del precedente biennio.  Si tratta delle seguenti:

§  le imprese di trasporto pubblico locale e regionale;

§  gli enti affidanti nel caso di contratti di servizio grosscost: si tratta dei contratti in cui il gestore riceve un corrispettivo concordato che è commisurato ai soli costi del servizio offerto ed indipendente dalle entrate del servizio stesso: il rischio commerciale è pertanto a carico dell'ente affidante che gestisce i ricavi incassati;

§  la gestione governativa navigazione laghi;

Nell'ambito della navigazione, la navigazione sui laghi Maggiore, di Como e di Garda è affidata alla Gestione Navigazione Laghi, ente governativo al quale, a sensi della legge n. 614/57, è stato affidato l'esercizio delle linee di navigazione su tali laghi tramite un funzionario dell’Amministrazione dello Stato nominato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti che esercita la vigilanza. In via generale, in base al decreto legislativo n. 422/1997, della gestione laghi era previsto il trasferimento alla competenza regionale, previo risanamento tecnico economico, le cui procedure non sono state completate.

§  la gestione governativa della ferrovia circumetnea;

§  la concessionaria del servizio ferroviario Domodossola confine svizzero.

Si ricorda in proposito che oltre alla Rete ferroviaria nazionale, assegnata in concessione a Rete Ferroviaria Italiana S.p.a, sono presenti in Italia reti ferroviarie, sia interconnesse con la rete ferroviaria nazionale, che non interconnesse con la stessa, queste ultime denominate reti isolate, individuate dal DM n. 347 del 2019, che sono gestite da soggetti diversi. Le reti ferroviarie isolate sono oggi oggetto o di concessione regionale, in quanto trasferite alle regioni in base al decreto legislativo n. 422 del 1997, oppure sono tuttora in regime di gestione diretta governativa ovvero in concessione statale. Tra le reti isolate rientrano appunto la ferrovia tra Domodossola ed il confine svizzero, in concessione a SSIF S.p.A. e la Ferrovia Circumetnea in gestione governativa (per la sola tratta extraurbana, in quanto la tratta urbana è in fase di trasformazione in metropolitana urbana).

 

Il Fondo istituito dal comma 1 è destinato inoltre, nei limiti delle risorse disponibili, anche alla copertura degli oneri derivanti dalle misure previste dall’articolo 215, che prevede il ristoro degli abbonamenti ferroviari o di trasporto pubblico locali, ai soggetti che non abbiano potuto usufruirne durante il periodo interessato dalle limitazioni per il contrasto al Covid-19, alla cui scheda si rimanda.

 

Il comma 2 rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, la fissazione dei criteri e delle modalità per il riconoscimento della compensazione ai soggetti interessati.

I criteri, al fine di evitare sovracompensazioni, saranno definiti anche tenendo conto dei costi cessanti, dei minori costi di esercizio derivanti dagli ammortizzatori sociali applicati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e dei costi aggiuntivi sostenuti in conseguenza dell’emergenza.

Le misure per i servizi ferroviari a lunga percorrenza e interregionali indivisi (comma 3)

Il comma 3, riguarda i servizi ferroviari passeggeri di lunga percorrenza e quelli interregionali indivisi, e prevede che le riduzioni dei servizi di trasporto a seguito delle misure di contenimento del virus COVID- 19, non comportino decurtazioni di corrispettivo o l’applicazione di sanzioni o penali in ragione delle minori corse effettuate o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020.

La disposizione interviene su quanto previsto in materia dall’art. 92, comma 4-bis del D.L. n. 18/2020 che aveva previsto la non applicazione delle decurtazioni di corrispettivo, né delle sanzioni e/o delle penali nei confronti dei gestori di servizi di trasporto pubblico locale e regionale e di trasporto scolastico a seguito delle minori corse effettuate e/o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, ma aveva escluso proprio il trasporto ferroviario passeggeri di lunga percorrenza e ai servizi ferroviari interregionali indivisi.

In materia interviene peraltro anche l’art. 109 del presente decreto legge (alla cui scheda si rinvia), sopprimendo nell’art. 92, co. 4-bis, del D.L: n. 18/2020 il riferimento al trasporto scolastico, ai cui gestori pertanto si potranno applicare le decurtazioni di corrispettivi.

I servizi in questione sono i servizi di trasporto passeggeri Intercity e Intercity notte di cui al Contratto di servizio tra Trenitalia e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativo ai servizi di trasporto ferroviario passeggeri di interesse nazionale sottoposti a regime di obbligo di servizio pubblico per la media e lunga percorrenza 2017 – 2026 e dei servizi interregionali indivisi, anch’essi assoggettati ad obblighi di servizio pubblico. Con il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 113 del 13 marzo 2020 era stato ridefinito il livello di servizi minimi essenziali da assicurare con riferimento alla lunga percorrenza, ai servizi interregionali indivisi e ai servizi a mercato, successivamente modificato dal decreto 16 marzo 2020 n. 116 e dal decreto 18 marzo 2020 n. 122. Con il decreto n. 145 del 3 aprile 2020 le misure di limitazione sono state prorogate al 13 aprile 2020. Dal 14 aprile 2020 il perimetro dei servizi minimi essenziali è stato definito dall’articolo 2, e dagli allegati 1 e 2, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro degli affari sociali 12 aprile 2020, modificato con decreto ministeriale 22 aprile 2020. Con il decreto interministeriale 29 aprile 2020, le misure sono state prorogate  fino al 17 maggio 2020 a seguito dell'emanazione del DPCM 26 aprile 2020.

Anticipo alle regioni dell’erogazione del Fondo nazionale TPL e criteri per la ripartizione del Fondo nel 2020 (commi 4 e 5)

Il comma 4 dispone l’erogazione alle Regioni a statuto ordinario dell'intero ammontare dell’anticipazione del Fondo nazionale TPL relativo al 2020, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020. L’anticipazione è pari all’80% dello stanziamento annuo del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale e avverrà per la parte relativa ai pagamenti che non siano già stati effettuati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

L’anticipazione in un’unica soluzione dell’80% del Fondo deroga alle tempistiche vigenti di erogazione (articolo 27, comma 4, del decreto-legge n. 50/2017), che prevedono che la ripartizione del fondo alle regioni venga effettuata con decreto ministeriale, entro il 15 gennaio di ciascun anno e la relativa erogazione avvenga con cadenza mensile, nonché che le risorse erogate a titolo di anticipazione siano oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi.

L'anticipazione dell’80% del Fondo viene effettuata sulla base delle percentuali attribuite a ciascuna regione l'anno precedente. Si ricorda che in proposito, a seguito delle modifiche apportate all’art. 27 del DL n. 50/2017 dall’articolo 47, comma 1 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, tale modalità di riparto è applicabile, a decorrere dal gennaio 2018, nelle more dell’emanazione del decreto annuale di riparto previsto dalla riforma che sarebbe dovuta entrare a regime dal 2020 e che riguarda sia il criterio di finanziamento del Fondo, in attesa del riordino del sistema della fiscalità regionale, sia i criteri per il suo riparto.

 

Il comma 5 dispone che la ripartizione delle risorse del Fondo nazionale TPL stanziate per il 2020 sia effettuata, applicando le modalità stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013 e successive modificazioni, al fine di ridurre i tempi procedurali di erogazione, secondo quanto riportato nella Relazione illustrativa. Pertanto per il 2020 sono confermati gli attuali criteri di ripartizione del Fondo, anziché applicarsi la riforma del Fondo, con i relativi nuovi criteri descritti nell’art. 27, comma 2, del D.L. n. 50/2017.

In particolare, circa i criteri di riparto, il DPCM 11 marzo 2013 prevede che il 90% il Fondo sia assegnato alle regioni sulla base delle percentuali fissate nella Tabella 1 allegata al decreto e per il residuo 10%, sempre in base alle medesime percentuali, ma subordinatamente alla verifica del raggiungimento di specifici obiettivi di efficientamento. La riforma, che sarebbe dovuta entrare in vigore per il 2020 in base al DL n. 124/2019, invece prevede che:

§  il dieci per cento del Fondo sarà assegnato alle regioni sulla base dei proventi complessivi da traffico e dell'incremento dei medesimi registrato tra il 2014, incrementata, negli anni successivi, di un ulteriore cinque per cento annuo fino a raggiungere il venti per cento dell'importo del Fondo;

§  il dieci per cento dell'importo del Fondo, per il primo anno, in base al criterio dei costi standard, incrementato, negli anni successivi, di un ulteriore cinque per cento annuo fino a raggiungere il venti per cento dell'importo del Fondo;

§  l'80% sulla base della Tabella di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 11 novembre 2014 (tabella riportata anche nel DPCM 26 maggio 2017) ed a partire dal 2021 la ripartizione avverrà sulla base dei livelli adeguati di servizio e con penalizzazioni nel caso di affidamento dei servizi senza procedure ad evidenza pubblica.

 

In base al comma 5, resta fermo quanto previsto dall’articolo 27, comma 2-bis, del DL n. 50/2017, recentemente modificato dal DL n. 124 del 2019, che prevede che nella ripartizione del Fondo si dovrà tenere annualmente conto, determinandole a preventivo e consuntivo rispetto al riparto di ciascun anno, a partire dal saldo del 2019, delle variazioni per ciascuna Regione, in incremento o decremento rispetto al 2017, dei costi del canone di accesso all'infrastruttura ferroviaria introdotte dalla società Rete ferroviaria italiana Spa, con decorrenza dal 1° gennaio 2018, in ottemperanza ai criteri stabiliti dall'Autorità di Regolazione dei Trasporti.

L’articolo 47 del decreto legge 26 ottobre 2019, n.124 ha anche previsto che il DPCM 11 marzo 2013, come successivamente modificato, conservi efficacia fino al 31 dicembre dell’anno precedente alla data di entrata in vigore del decreto annuale di riparto del fondo, previsto dal comma 2 dell’art. 27 del D: n. 50/2017, da emanare entro il 30 giugno a decorrere dal 2020.

Lo stanziamento del Fondo nel Bilancio triennale 2020-2022 (cap. 1315/MIT) ammonta a 4.875,554 milioni di euro per il 2020 (di cui 1 mln è riservato all’adeguamento dei treni passeggeri con le misure di primo soccorso), ed a 4.874,554 milioni € per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

Il DPCM 11 marzo 2013, come modificato dal DPCM 7 dicembre 2015 e da ultimo dal DPCM 26 maggio 2017, che ha anche sostituito la tabella di ripartizione percentuale del Fondo tra le Regioni, è tuttora applicato in attesa della riforma dei criteri di attribuzione del Fondo, che è prevista dal 2020. Il DPCM prevede che il 90% il Fondo sia assegnato alle regioni sulla base delle percentuali fissate nella Tabella 1 allegata al decreto e per il residuo 10%, sempre in base alle medesime percentuali, ma subordinatamente alla verifica del raggiungimento di specifici obiettivi di efficientamento.

Per il 2020 l’anticipazione dell’80% del Fondo TPL è stata concessa con decreto MIT-MEF n. 121 del 18/3/2020, per un importo complessivo di 3.898.668,289, 2 euro, prevedendone l’erogazione con cadenza mensile. Il decreto reca in allegato la tabella di ripartizione tra le Regioni dell'anticipazione del Fondo per il 2020.

Con il Decreto dirigenziale n. 90 del 27 marzo 2020 si è autorizzato l’impegno di spesa per le erogazioni dell’anticipo per i mesi da gennaio a marzo 2020 e con il Decreto dirigenziale n. 98 del 7 aprile 2020 si è impegnato l’importo relativo ai mesi da aprile ad ottobre 2020.

Per approfondimenti sul Fondo TPL si rinvia al relativo Tema di documentazione sul portale della Camera dei deputati.

Anticipo di cassa a favore delle imprese affidatarie dei contratti di servizio passeggeri TPL (comma 6 )

Il comma 6 prevede che le autorità statali e locali titolari dei contratti di servizio eroghino alle imprese di trasporto pubblico di passeggeri, entro il 31 luglio 2020 un importo non inferiore all’80% dei corrispettivi contrattualmente previsti al 31 agosto 2020, in sostanza un anticipo di cassa al fine di garantire l’operatività.

La disposizione sembra riferirsi alle imprese affidatarie dei contratti di servizio per far fronte ai costi fissi connessi, tra l'altro, al personale ai fornitori e al mantenimento in efficienza del materiale rotabile.

Il riferimento della norma è alle autorità di cui all’articolo 2, lettere b) e c) del Regolamento (CE) n. 1370/2007:

b) «autorità competente»: un'amministrazione pubblica o un gruppo di amministrazioni pubbliche di uno Stato membro, o di Stati membri, che ha il potere di intervenire nei trasporti pubblici di passeggeri in una zona geografica determinata, o qualsiasi altro organismo investito di tale potere;

c) «autorità competente a livello locale»: qualsiasi autorità competente la cui zona di competenza geografica non è estesa al territorio nazionale.

Sospensione degli obblighi di cofinanziare il rinnovo del parco autobus e di utilizzare mezzi ad alimentazione alternativa (comma 7 )

Il comma 7, primo periodo, sospende fino al 31 dicembre 2024, l’applicazione per le regioni, gli enti locali e i gestori di servizi di trasporto pubblico locale e regionale, dell’obbligo di cofinanziamento, previsto per i soggetti beneficiari di fondi statali, nell’acquisto dei mezzi per il rinnovo del parco autobus, nonché sospende, per tutte le risorse attribuite con stanziamento di competenza sino al 30 giugno 2021, l’obbligo di utilizzo di mezzi ad alimentazione alternativa, ferma restando la facoltà di impiegare tali mezzi qualora disponibili entro il 30 giugno 2021.

Si ricorda che per finanziare il rinnovo del parco mezzi del trasporto pubblico locale e regionale è stato istituito (art. 1, comma 866 della legge n. 208 del 2015, poi modificato dal D.L. n. 50 del 2017, art. 27, comma 12-ter), il c.d. "Fondo mezzi" destinato all'acquisto diretto, anche per il tramite di società specializzate, nonché alla riqualificazione elettrica ed energetica o al noleggio dei mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale, con l'intento di allineare il parco mezzi destinato al trasporto pubblico locale e regionale agli standard europei. Al Fondo sono stati assegnati, oltre a quelli già previsti dalla legge n. 147 del 2013, finanziamenti per 210 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, 130 milioni di euro per l'anno 2021 e 90 milioni di euro per l'anno 2022 e successivamente, il comma 613 della legge di Bilancio 2017 ha incrementato le risorse di altri 200 milioni di euro per il 2019 e di 250 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033, per un totale di 3,7 miliardi €, estendendone le finalità al finanziamento delle infrastrutture tecnologiche di supporto, segnatamente le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici e finalizzando le risorse alla realizzazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile. Il MIT ha comunicato che in attuazione del Piano, dopo l’Intesa del 31 marzo 2020 in Conferenza Unificata Stato Regioni, è stato firmato il decreto interministeriale con il quale sono state ripartite tra 38 comuni capoluogo delle città metropolitane e delle province con alti livelli di inquinamento, le risorse per un totale di 398 milioni di euro nel quinquennio 2019-2023 per il rinnovo dei mezzi (acquisto del materiale rotabile ad alimentazione elettrica, a metano e ad idrogeno), finanziate con il Fondo. Si veda la tabella di ripartizione. Dal testo dell’Intesa in CU risulta che per tali fondi verrebbe escluso dalle procedure regionali e comunali l’obbligo di cofinanziamento nel primo quinquennio e che vi sarebbe la facoltà delle Regioni nel primo biennio di scegliere la modalità di alimentazione dei mezzi da acquistare, purché non inferiore ad euro 6.

Con il decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti n. 25 del 23 gennaio 2017, erano state concretamente assegnate al Fondo e ripartite tra le regioni, le risorse statali per gli anni 2017, 2018 e 2019, pari a 50 milioni € per ciascun anno, per l’acquisto di autobus da utilizzare per i servizi di trasporto pubblico locale e regionale. Il Fondo finanzia direttamente una parte dell'acquisto, richiedendo una percentuale di cofinanziamento delle Regioni, definita in base al DM n. 345 del 2016 (che aveva definito il riparto delle risorse per il rinnovo dei mezzi della legge finanziaria n.147 del 2013). Il cofinanziamento minimo regionale, è indicato in allegato al decreto stesso, per un totale di circa 35,5 mln € annui. Il decreto ha previsto l'utilizzo di una centrale unica di committenza (Consip S.p.A.), per individuare con procedure ad evidenza pubblica il soggetto fornitore per ciascuno dei lotti previsti, con cui stipulare apposite convenzioni, ai sensi dell’art. 26 della legge n. 488 del 1999. Nel 2018 sono stati aggiudicati otto dei nove lotti del bando di gara (Consip Autobus 3) a procedura aperta per l’affidamento della fornitura in acquisto di Autobus e dei servizi connessi ed opzionali per le Pubbliche Amministrazioni. Gli enti interessati possono avvalersi della convenzione Consip per l'acquisto dei mezzi dal 2 agosto 2018 per una durata di 24 mesi.

Il comma 7 autorizza l’acquisito di autobus con la convenzione Consip Autobus 3, stipulata il 2 agosto 2018 e che scadrebbe il 1° agosto 2020, fino al 30 giugno 2021.

Si consente inoltre l’acquisto di materiale rotabile anche in leasing, da parte delle amministrazioni.

 

Per le medesime finalità di contenimento degli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica, il comma 7, secondo periodo prevede che non si applichino fino al 30 giugno 2021 le disposizioni relative all’obbligo di utilizzo di mezzi ad alimentazione alternativa, qualora non sia presente idonea infrastruttura per l’utilizzo di tali mezzi.

Si ricorda in proposito che al rinnovo del parco autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, alla promozione e al miglioramento della qualità dell'aria con tecnologie innovative, in attuazione degli accordi internazionali sulla riduzione delle emissioni, nonché degli orientamenti e della normativa europea, è destinato il Piano Strategico Nazionale della Mobilità Sostenibile, approvato con Dpcm 30 aprile 2019.

Il comma 11-bis dell'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017 ha stabilito che i contratti di servizio relativi all'esercizio dei servizi di trasporto pubblico stipulati successivamente al 31 dicembre 2017 non possano prevedere la circolazione di veicoli a motore adibiti al trasporto pubblico regionale e locale appartenenti alle categorie M2 o M3, alimentati a benzina o gasolio con caratteristiche antinquinamento Euro 0 o Euro 1. Il comma 11-quater ha previsto anche che i comuni, in sede di definizione dei piani urbani del traffico, individuino specifiche modalità per la diffusione di nuove tecnologie previste dal Piano di azione nazionale sui sistemi di trasporto intelligenti (ITS), impegnandosi in tale sede ad utilizzare per investimenti in nuove tecnologie per il trasporto specifiche quote delle risorse messe a disposizione dall'Unione europea.

Disposizioni  per gli acquisti di materiale rotabile (comma 8)

Il comma 8 prevede che fino al 30 giugno 2021, una quota delle risorse statali per il rinnovo del materiale rotabile automobilistico e ferroviario destinato al trasporto pubblico locale e regionale, pari ad un massimo del 5%, possano essere utilizzate per l’attrezzaggio dei relativi parchi finalizzato a contenere i rischi epidemiologici per i passeggeri ed il personale viaggiante.

Per tali finalità si prevede che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche mediante apposite convenzioni sottoscritte con Enti pubblici di ricerca o Istituti universitari, promuova uno o più progetti di sperimentazione per incrementare, compatibilmente con le misure di contenimento dell’epidemia previste dall’articolo 1 del DL n. 6/2020 e dall’articolo 1 del DL n. 19/2020, nonché dai relativi provvedimenti attuativi, l’indice di riempimento dei mezzi di trasporto, garantendo la sicurezza dei passeggeri e del personale viaggiante.

L'articolo 27, comma 9, del decreto-legge n. 50 del 2017, ha previsto, al fine di favorire il rinnovo del materiale rotabile, la possibilità di acquisire mezzi anche ricorrendo alla locazione per quanto riguarda materiale rotabile per il trasporto ferroviario e alla locazione senza conducente per veicoli di anzianità massima di dodici anni adibiti al trasporto su gomma e per un periodo non inferiore all'anno.

 

Il comma 9 reca la copertura finanziaria degli oneri di cui al comma 1, quantificati in euro 500 milioni per l’anno 2020, ai quali si provvede ai sensi dell’articolo 256.


 

Articolo 201
(Incremento del Fondo salva-opere)

 

 

L’articolo 201, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche, di tutelare i lavoratori e sostenere le attività imprenditoriali a seguito del contagio da COVID-19, incrementa per l’anno 2020 di 40 milioni di euro la dotazione del Fondo salva-opere istituito dall’articolo 47 del D.L. 34/2019 (comma 1).

Per le medesime finalità, si prevede che l’erogazione delle risorse del Fondo salva-opere in favore dei sub-appaltatori, sub-affidatari e i sub-fornitori, che hanno trasmesso all’amministrazione aggiudicatrice ovvero al contraente generale la documentazione comprovante l’esistenza del credito entro la data del 24 gennaio 2020, è effettuata per l’intera somma spettante ai sensi del comma 1-quinquies del citato articolo 47 (ossia per il 70 per cento del credito insoddisfatto), con esclusione dell’applicazione delle previsioni (di cui al citato art. 47, comma 1-ter, settimo e ottavo periodo) che condizionano l’erogazione alla verifica da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle condizioni di regolarità contributiva e fiscale del richiedente (comma 2).

 

Più nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo in esame dispone che, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche, di tutelare i lavoratori e sostenere le attività imprenditoriali a seguito del contagio da COVID-19, il Fondo salva-opere di cui all’art. 47 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, è incrementato di ulteriori 40 milioni di euro per l’anno 2020.

Il comma 1-bis dell’art. 47 del D.L. 34/2019 (come da ultimo modificato dall’art. 15 del D.L.101/2019) prevede un fondo denominato “Fondo salva-opere”, istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e di tutelare i lavoratori.

Il Fondo è alimentato dal versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento del valore del ribasso offerto dall'aggiudicatario delle gare di appalti pubblici di lavori, nel caso di importo a base d'appalto pari o superiore a euro 200.000, e di servizi e forniture, nel caso di importo a base d'appalto pari o superiore a euro 100.000.

Si rammenta altresì che il Fondo opera solo con riferimento agli appalti di opere pubbliche di competenza statale e non può, quindi, essere attivato per le gare aggiudicate da Comuni, Città Metropolitane, Province, anche autonome, e Regioni.

La relazione illustrativa segnala che l’incremento della dotazione è finalizzato a “ridurre l’impatto economico derivante dal diffondersi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 sulle attività imprenditoriali connesse alla realizzazione delle opere pubbliche e conseguentemente sui lavoratori impegnati nello svolgimento della attività, nonché al fine di garantire il rapido completamento delle stesse opere”.

Il secondo periodo del comma 1 prevede che alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione del medesimo comma si provvede ai sensi dell’art. 265.

 

Il comma 2 stabilisce che, per le medesime finalità di cui al comma 1, l’erogazione delle risorse del Fondo salva-opere in favore dei sub-appaltatori, sub-affidatari e sub-fornitori, che hanno trasmesso all’amministrazione aggiudicatrice ovvero al contraente generale la documentazione comprovante l’esistenza del credito entro la data del 24 gennaio 2020, è effettuata:

§  ai sensi dell’art. 47, comma 1-quinquies del citato decreto legge n. 34 del 2019, per l’intera somma spettante ai sensi del comma 1-bis del medesimo articolo, e dunque nella misura del 70 per cento del credito insoddisfatto;

Il comma 1-quinquies dell’art. 47 stabilisce che per i crediti insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 34/2019, in relazione a procedure concorsuali aperte dalla data del 1° gennaio 2018 fino alla predetta data di entrata in vigore, ferma restando l'applicabilità del meccanismo generale di cui al comma 1-bis, sono appositamente stanziati sul Fondo salva-opere 12 milioni di euro per l'anno 2019 e 33,5 milioni di euro per l'anno 2020.

La relazione illustrativa al provvedimento in esame sottolinea che, a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 12 novembre 2019, n. 144 (“Regolamento recante la definizione dei criteri di assegnazione delle risorse e delle modalità operative del Fondo Salva opere”), risultano presentate entro i termini indicati dal decreto dirigenziale n. 16861 del 19 dicembre 2019 (rectius: decreto direttoriale n. 16864 del 19 dicembre 2019) domande di accesso al fondo, da parte dei creditori di cui al comma 1-quinquies dell’art. 47 (creditori insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 34/2019, in relazione a procedure concorsuali aperte dalla data del 1° gennaio 2018 fino alla predetta data di entrata in vigore) per complessivi 82 milioni di euro a fronte dei 45 milioni attualmente disponibili.

L’art. 47, comma 1-bis, del D.L. 34/2019 prevede che le risorse del Fondo sono destinate a soddisfare, nella misura massima del 70 per cento, i crediti insoddisfatti dei sub-appaltatori, dei sub-affidatari e dei sub-fornitori nei confronti dell'appaltatore ovvero, nel caso di affidamento a contraente generale, dei suoi affidatari, sub-fornitori, sub-appaltatori, sub-affidatari, quando questi sono assoggettati a procedura concorsuale, nei limiti della dotazione del Fondo.

La previsione in esame, nel prevedere la corresponsione dell’intera somma spettante ai creditori insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 34/2019, appare finalizzata a recepire in una norma di rango legislativo l’analoga previsione già contenuta nell’art. 4, comma 4, secondo periodo, del citato D.M. 144/2019, ai sensi della quale le risorse dell’unico piano di ripartizione per l’anno 2019 “sono destinate a soddisfare i crediti, per i quali è stata certificata la sussistenza delle condizioni per il pagamento, nella  misura  del  70 per  cento  dell'importo  certificato”.

Del pari, la norma in esame, con riferimento alla fissazione del termine del 24 gennaio 2020 entro cui deve essere stata presentata all’amministrazione aggiudicatrice o al contraente generale la documentazione comprovante l’esistenza del credito, recepisce l’identico termine già fissato dall’art. 1, comma 1, secondo periodo, del decreto direttoriale del MIT n. 16864 del 19 dicembre 2019.

Si fa presente, peraltro, che gli ulteriori termini previsti dal citato decreto direttoriale risultano ormai scaduti (in particolare, il termine per la trasmissione al MIT della certificazione del credito da parte delle amministrazioni aggiudicatrici – scaduto il 14 febbraio 2020 - e il termine per la predisposizione da parte della Direzione generale per l’edilizia statale e per gli interventi speciali del MIT del piano di ripartizione per l’anno 2019, scaduto il 1° aprile 2020). Al riguardo, il Consiglio di Stato, nell’esprimere il parere sullo schema di regolamento recante la definizione dei criteri di assegnazione delle risorse e delle modalità operative del Fondo Salva opere – divenuto poi il D.M. 144/2019 – aveva già sottolineato la necessità di uno slittamento dei termini ivi previsti, molti dei quali in quel momento scaduti o di prossima scadenza.

 

§  e con esclusione dell’applicazione delle previsioni relative alle verifiche di regolarità contributiva e fiscale di cui al settimo ed all’ottavo periodo del comma 1-ter del citato art. 47.

Il settimo periodo del comma 1-ter dell’art. 47 prevede che prima dell'erogazione delle risorse il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti verifica la sussistenza delle condizioni di regolarità contributiva del richiedente attraverso il DURC (documento unico di regolarità contributiva); in mancanza delle stesse, dispone direttamente il pagamento delle somme dovute, entro i limiti della capienza del Fondo salva-opere ed in proporzione della misura del credito certificato liquidata al richiedente stesso, in favore degli enti previdenziali, assicurativi, compresa la cassa edile, ai sensi del combinato disposto dell'art. 31, commi 3 e 8-bis, del D.L. 69/2013. L’ottavo periodo della medesima disposizione prevede, inoltre, che prima dell'erogazione delle risorse il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti effettua la verifica di cui all'art. 48-bis, comma 1, del D.P.R. 602/1973 e, nell'ipotesi di inadempienze, provvede direttamente al pagamento in conformità alle disposizioni del periodo precedente. Tale ultima disposizione impone alle amministrazioni pubbliche e alle società a prevalente partecipazione pubblica di verificare, anche in via telematica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, di non procedere al pagamento e segnalare la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

Si ricorda altresì che l’art. 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici prevede che un operatore economico sia escluso dalla partecipazione ad una gara d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o dei contributi previdenziali e che costituiscono violazioni gravi in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del DURC.

La relazione tecnica al provvedimento precisa che la disposizione di cui al comma 2 non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 202
(Trasporto aereo)

 

 

L’articolo 202, oltre ad un limitato intervento sul comma 2 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020 (comma 1, lettera a), modifica la disciplina concernente la costituzione di una nuova società di trasporto aereo, controllata direttamente dallo Stato o da società a prevalente partecipazione pubblica, anche indiretta, già prevista dall’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020. In particolare sono novellate le disposizioni di cui all’articolo 79, commi da 3 a 7, del citato decreto-legge. Con riguardo alla nuova società (comma 1, lettera b), si prevede che essa sia costituita per “l’esercizio dell’attività d’impresa nel settore del trasporto aereo di persone” precisando che, per tale operazione, è necessaria l’autorizzazione della Commissione europea (nuovo comma 3). Sono modificate le modalità di istituzione e funzionamento della costituenda società e viene altresì quantificato in 3 miliardi di euro il limite di partecipazione del Ministero dell’economia e delle finanze al capitale della società (nuovo comma 4). Viene inoltre esplicitato che spetti alla nuova società predisporre un piano industriale di sviluppo e ampliamento dell’offerta e si riconosce la possibilità che la società possa costituire, a sua volta, società controllate e che possa acquistare o prendere in affitto rami d’azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall’ENAC, anche in amministrazione straordinaria (nuovo comma 4-bis). Si prevede poi la stipula di un apposito contratto di servizio tra lo Stato e la nuova società per la prestazione di servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale, e nell’ottica della continuità territoriale, con la possibilità di subentrare in quelli già in essere con società in amministrazione straordinaria (nuovo comma 4-ter). Con riferimento (comma 1, lettera c) alla disciplina applicabile si esclude che alla nuova società si applichino i limiti ai compensi per gli amministratori e per i dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni previsti dall’articolo 23-bis della legge n. 201 del 2011 (nuovo comma 5). Si prevede poi che la società possa avvalersi dell’Avvocatura dello Stato (nuovo comma 5-bis) e che tutti gli atti connessi all’applicazione della disposizione in commento siano esenti da imposizione fiscale (nuovo comma 5-ter). Vengono inoltre soppresse le disposizioni del comma 6 dell’articolo 79 in materia di trasferimento del personale. Viene infine istituto un nuovo Fondo di 3 miliardi di euro per finanziare gli interventi di capitalizzazione e di acquisizione di cespiti da parte della nuova società e rimodulata l’entità del Fondo previsto per il sostegno del trasporto aereo di cui al comma 2 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020 (nuovo comma 7).

 

Il comma 1 dell’articolo 202, alla lettera a) modifica il comma 2 dell’articolo 79 del decreto-legge n.18 del 2020 al fine di prevedere che anche il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dia il proprio concerto sul decreto del Ministro dello sviluppo economico che dovrà definire le modalità per attuare le misure a compensazione dei danni subiti come conseguenza diretta dell’epidemia di COVID 19 e al fine di consentire la prosecuzione dell'attività dalle compagnie aeree che adempiano ad oneri di servizio pubblico.

Il comma 1 dell’articolo 202, alla lettera b), novella i commi 3 e 4 dell’articolo 79 del decreto-legge n.18 del 2020 e aggiunge i commi 4-bis e 4-ter.

La novella al comma 3 prevede la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze ovvero controllata da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta per l’esercizio dell’attività d’impresa nel settore del trasporto aereo di persone e merci, e subordina l’efficacia della disposizione all’autorizzazione della Commissione europea.

 

Con riferimento alla possibilità per gli Stati di operare nel mercato attraverso imprese di proprietà pubblica il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea prevede, all’articolo 345, che: “I trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri”. Tuttavia l’operatore pubblico, ai fini della valutazione dell’operazione posta in essere, è assoggettato ai principi in materia di aiuti di Stato. In particolare entra in considerazione quanto stabilito dalla Comunicazione 2016/C 262/01 della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con particolare riferimento al “criterio dell'operatore in un'economia di mercato” (si veda in particolare il paragrafo 4.2) richiamata anche dalla Comunicazione 2020/C 164/03 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 maggio 2020.

 

Rispetto al testo del precedentemente vigente comma 3 dell’articolo 79 viene pertanto escluso un collegamento tra la costituzione della nuova società e la situazione determinatisi per l’emergenza COVID 19, non vengono più menzionate le società del gruppo Alitalia e si precisa che, per la costituzione della società medesima sarà necessaria l’autorizzazione della Commissione europea.

Il medesimo comma 1, lettera b), novella altresì integralmente il comma 4 del decreto-legge n. 18 del 2020 concernente le modalità di costituzione e funzionamento della nuova società.

La disposizione stabilisce in particolare che essa sia costituita con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di natura non regolamentare e sottoposto alla registrazione della Corte dei Conti.

Tale decreto rappresenta l’atto costitutivo della società, e in esso è definito l’oggetto sociale, il capitale sociale iniziale e ogni altro elemento necessario per la costituzione e il funzionamento della società.

Con lo stesso decreto è, altresì, approvato lo statuto della società, sono nominati gli organi sociali per il primo periodo di durata in carica, sono stabilite le remunerazioni degli stessi organi ai sensi dell’articolo 2389, primo comma, del codice civile, e sono definiti i criteri, in riferimento al mercato, per la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche da parte del consiglio di amministrazione ai sensi dell’articolo 2389, comma 3, del codice civile.

Rispetto al testo del comma 4 precedentemente vigente si prevede innanzi tutto che la costituzione della società avvenga attraverso un unico decreto escludendo la facoltà, prevista dal testo del decreto-legge n. 18 del 2020, di utilizzare più decreti ministeriali.

Una seconda differenza risiede nel fatto che il citato decreto ministeriale non “costituisce” ma “approva” lo statuto della nuova società. Inoltre si prevede che la nomina degli organi sociali sia effettuata con il sopra indicato decreto ministeriale solo per “il primo periodo di durata in carica” e non più in deroga alle diposizioni vigenti in materia.

Una terza differenza concerne il riferimento all’articolo 2389, commi 1 e 3, del Codice civile sia con riguardo alla definizione delle remunerazioni degli organi sociali sia con riferimento ai criteri per la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche da parte del consiglio di amministrazione.

 

L’articolo 2389 del Codice civile prevede, al comma 1, che “I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea”. Il comma 2 precisa che

essi possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione.

Il comma 3 prevede che la rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

 

Il comma 4, come novellato, precisa poi che le successive modifiche allo statuto e le successive nomine dei componenti degli organi sociali sono deliberate a norma del Codice civile.

Altra importante novità, rispetto al testo precedentemente in vigore, è rappresentata dalla previsione che il Ministero dell’economia e delle finanze sia autorizzato a partecipare al capitale sociale e a rafforzare la dotazione patrimoniale della società con un apporto complessivo di 3.000 milioni di euro, da sottoscrivere nell’anno 2020 e versare anche in più fasi e per successivi aumenti di capitale o della dotazione patrimoniale, anche tramite società a prevalente partecipazione pubblica.

Infine non compare più alcun riferimento ad attività che il commissario di Alitalia SAI S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A. possa essere autorizzato a porre in essere nelle more dell'espletamento della procedura di cessione dei complessi aziendali delle due società in amministrazione straordinaria e fino all'effettivo trasferimento dei medesimi complessi aziendali all'aggiudicatario della procedura di cessione.

Il nuovo comma 4-bis dispone che spetti alla nuova società il compito di redigere “senza indugio” un piano industriale di sviluppo e ampliamento dell’offerta, che includa “strategie strutturali di prodotto”.

Si prevede inoltre che la società possa costituire una o più società controllate o partecipate per la gestione dei singoli rami di attività e per lo sviluppo di sinergie e alleanze con altri soggetti pubblici e privati, nazionali ed esteri e che sia altresì autorizzata ad acquistare e prendere in affitto, anche a trattativa diretta, rami d’azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, anche in amministrazione straordinaria.

 Tale riferimento sembra richiamare, pur in termini assai meno diretti rispetto alle previsioni del testo originario dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020, il rapporto esistente tra la costituzione della nuova compagnia aerea e la situazione attuale delle società Alitalia SAI S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A.

Il nuovo comma 4-ter prevede che la nuova società, ovvero le società dalla stessa controllate o partecipate, stipuli un contratto di servizio con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e con il Ministero dello sviluppo economico e con gli enti pubblici territorialmente competenti.

La finalità del citato contratto sono quelle di assicurare la “prestazione di servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale, e nell’ottica della continuità territoriale”.

La nuova società (o anche le società controllate o partecipate dalla stessa) possono, in tale quadro, anche subentrare ai contratti già stipulati da imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, anche in amministrazione straordinaria.

 

Gli obblighi di servizio pubblico nel settore del trasporto aereo sono disciplinati dagli articoli 16 e 17 del Regolamento n. 1008/2008 del Parlamento e del Consiglio. Va inoltre considerata la Comunicazione della Commissione — Orientamenti interpretativi relativi al regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio — Oneri di servizio pubblico 2017/C 194/01. Tali disposizioni disciplinano i presupposti, le modalità e le procedure per l’imposizione di oneri di servizio pubblico.

Per una sintetica descrizione della disciplina ivi contenuta si rinvia all’apposito tema di documentazione pubblicato sul sito della Camera dei deputati.

 

Il comma 1, lettera c), dell’articolo in commento sostituisce il comma 5, dell’articolo 79, del decreto-legge n. 18 del 2020 ed aggiunge i commi 5-bis e 5-ter. Rispetto al testo originario dell’articolo 79, comma 5, la novella conferma l’esclusione dell’applicazione alla nuova società delle disposizioni previste dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico delle società a partecipazione pubblica) ed aggiunge la non applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 23-bis del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 in materia di compensi agli amministratori e ai dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni.

 

Tra le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, Testo unico delle società a partecipazione pubblica, si segnala come l’articolo 4 preveda che le amministrazioni pubbliche non possano, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. L’articolo 5 prescrive che l'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'articolo 4, evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. L’articolo 7 prevede che la deliberazione di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione di una società è adottata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i ministri competenti per materia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali. Sono inoltre previste norme specifiche in materia di gestione delle partecipazioni (art. 9), alienazione delle stesse (art. 10), crisi d’impresa (art. 12), legittimazione ad agire per la denunzia di gravi irregolarità (art. 13), monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica (art. 15) e gestione del personale (artt. 19 e 25).

L’articolo 23-bis del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 prevede, al comma 1, che per le società direttamente o indirettamente controllate da amministrazioni dello Stato e dalle altre amministrazioni pubbliche ad esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, il limite dei compensi massimi per i membri dei consigli di amministrazione di dette società fa riferimento ad indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi delle specifiche imprese, classificate in cinque fasce. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi che non potranno comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni.

 

Il nuovo comma 5-bis prevede che la nuova società possa avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’articolo 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell'Avvocatura dello Stato.

 

Andrebbe chiarito se tale facoltà si estende anche alle società controllate o partecipate eventualmente costituite dalla nuova società ai sensi del comma 4-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 introdotto dalla disposizione in commento.

 

Il nuovo comma 5-ter prevede che tutti gli atti connessi all’operazione di cui al presente articolo sono esenti da imposizione fiscale, diretta e indiretta e da tasse.

 

Il comma 1, lettera d), dell’articolo in commento abroga il comma 6 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Il comma 6 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020 disponeva che ai fini dell’eventuale trasferimento di personale ricompreso nel perimetro dei complessi aziendali di Alitalia e Cityliner in amministrazione straordinaria, efficientati e riordinati in base al programma dell’amministrazione straordinaria integrato con le iniziative di riorganizzazione ed efficientamento della struttura come previsto all’art. 1, co. 3 del DL n. 137/2019, si applicasse l’art. 5, co. 2-ter del DL n. 347 del 2003, con espressa esclusione di ogni altra disciplina applicabile.

L’art. 5, co. 2-ter richiamato prevede che nel caso di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese e ai fini della concessione degli ammortizzatori sociali, siano ridotti della metà i termini previsti dalla legislazione vigente (articolo 4, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 2, comma 6, del DPR 10 giugno 2000, n. 218, e articolo 47, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 428). Inoltre la norma prevede che nell'ambito delle consultazioni relative al trasferimento d'azienda, ovvero esaurite le stesse infruttuosamente, il Commissario e il cessionario possano concordare il trasferimento solo parziale di complessi aziendali o attività produttive in precedenza unitarie e definire i contenuti di uno o più rami d'azienda, anche non preesistenti, con individuazione di quei lavoratori che passano alle dipendenze del cessionario. I passaggi anche solo parziali di lavoratori alle dipendenze del cessionario possono essere effettuati anche previa collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria o cessazione del rapporto di lavoro in essere e assunzione da parte del cessionario.

 

Il comma 1, lettera e), dell’articolo in commento novella il comma 7 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020.

La disposizione conferma il Fondo, già previsto dal decreto-legge n. 18 del 2020 ma ne riduce l’importo da 500 a 350 milioni di euro e ne limita le finalità al conseguimento di quanto indicato dal comma 2 dell’articolo 79. Nel testo originario le risorse erano invece assegnate a copertura del complesso degli interventi previsti dalla disposizione.

 

Ciò appare coerente con quanto previsto dal Documento di economia e finanza, esaminato dalla Camera dei deputati nella seduta del 29 aprile 2020, che destinava 350 milioni di euro (dei 500 indicati dal testo originario decreto-legge n. 18 del 2020) per le compensazioni alle imprese titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri. Si ricorda inoltre che ulteriori 130 milioni di euro sono stati attribuiti per la compensazione dei danni subiti dagli operatori nazionali del trasporto aereo, dall’articolo 198 del presente decreto-legge.

 

La medesima disposizione istituisce poi un Fondo ulteriore, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione di 3 miliardi di euro per l’anno 2020 per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 3 a 4-bis.

 

La norma precisa infine che per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 3, 4 e 4-bis il Ministero dell'economia e delle finanze si avvale di primarie istituzioni finanziarie, industriali e legali nel limite di 300 mila euro per l’anno 2020 (a tal fine, è autorizzata la spesa di 300 mila euro per l’anno 2020).

Viene infine confermata la possibilità, già prevista dal testo del comma 7 del decreto-legge n. 18 del 2020 che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possa essere riassegnata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una quota degli importi derivanti da operazioni di valorizzazione di attivi mobiliari e immobiliari o da distribuzione di dividendi o riserve patrimoniali (per le finalità di cui al comma 4).

 

Il comma 2 dell’articolo in commento contiene la copertura finanziaria delle disposizioni sopra commentate.

Si prevede in particolare che alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni sopra ricordate, pari a 2.850.300.000 euro per l’anno 2020 in termini di saldo netto da finanziare e fabbisogno e 300.000 euro per l’anno 2020 in termini di indebitamento netto, si provveda secondo le seguenti modalità:

§  quanto a 2.000 milioni di euro per l’anno 2020 in termini di saldo netto da finanziare e fabbisogno, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull’indebitamento netto delle PA di cui all’articolo 3, comma 3 del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3;

§  quanto a 850.300.000 euro per l’anno 2020 in termini di saldo netto da finanziare e fabbisogno e 300.000 euro per l’anno 2020 in termini di indebitamento netto ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda descrittiva si rinvia per approfondimenti).

 


 

Articolo 203
(
Trattamento economico minimo per il personale
del trasporto aereo)

 

 

L’articolo 203 prescrive ai vettori aerei e alle imprese che operano e impiegano personale sul territorio italiano, assoggettate a concessioni, autorizzazioni o certificazioni, l’applicazione ai propri dipendenti e al personale dipendente da terzi utilizzato per le proprie attività, trattamenti retributivi comunque non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

 

In dettaglio, il comma 1 individua come destinatari dell’obbligo di applicare almeno i minimi retributivi del Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, i vettori aerei e le imprese che operano e impiegano personale sul territorio italiano e che sono assoggettate a concessioni, autorizzazioni o certificazioni previste dalla normativa dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea (EASA) o dalla normativa nazionale nonché alla vigilanza dell’Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), nei confronti del personale proprio con base di servizio in Italia , ai sensi del regolamento (CE) n. 965/2012, il quale stabilisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative per quanto riguarda le operazioni di volo ed il relativo personale di volo.

 

Il contratto collettivo nazionale sul trasporto aereo, del 30 maggio 2019, nella parte generale siglata dalla totalità delle associazioni datoriali e dalle segreterie nazionali di categoria dei sindacati CGIL,CISL,UIL e UGL, che regolamenta l’intero settore, fa espresso rinvio al Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 e all’Accordo Interconfederale del 28 febbraio 2018, i cui contenuti recepisce integralmente, in ordine alle regole sulla rappresentatività sindacale. In generale, sul tema della rappresentanza e rappresentatività sindacale si ricorda che successivamente, con la Convenzione del 27 settembre 2019, intercorsa tra l’INPS, l’Ispettorato nazionale del lavoro, CONFAPI, CGIL, CISL e UIL è stato conferito all’INPS il servizio di raccolta, elaborazione e comunicazione del dato associativo ai fini della sua pubblicizzazione entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello cui si riferisce la raccolta dei dati. All’INPS e all’Ispettorato del lavoro è conferita l’attività dir accolta dei dati elettorali delle singole Organizzazioni sindacali in occasione delle elezioni delle Rappresentanze sindacali unitarie (RSU) nelle aziende che applicano l’accordo.

 

Per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione andrebbe precisato se la locuzione “imprese che operano e impiegano personale sul territorio italiano” sia comunque riferita al personale di volo.

 

Il Regolamento CE n. 965/2012, che stabilisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative per quanto riguarda tutte le operazioni di volo, prevede all’Allegato III i requisiti che un operatore aereo deve seguire per effettuare le operazioni di volo. In particolare, al Capo FCL (Limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti di riposo), Titolo I, tra le definizioni, al punto 14) la "base di servizio" è definita come il luogo assegnato dall'operatore al membro d'equipaggio dal quale il membro d'equipaggio normalmente inizia e finisce un periodo di servizio o una serie di periodi di servizio e dove, in circostanze normali, l'operatore non è responsabile della fornitura dell'alloggio al membro d'equipaggio interessato. Al Titolo II si prevede che (regola ORO.FTL.200) l’operatore aereo commerciale debba assegnare una base di servizio a ciascun membro d'equipaggio.

L’art. 9-ter (introdotto dal Regolamento 2018/1042/UE) e la cui applicabilità è prevista dal 14 agosto 2020, prevede che l'EASA effettui un esame continuo dell'efficacia delle disposizioni concernenti i limiti dei tempi di volo e di servizio del personale e i requisiti relativi ai tempi di riposo.

Si ricorda che l’ENAC, quale ente nazionale di controllo sull’aviazione civile, effettua la sorveglianza, sia sulle manutenzioni che sulle operazioni di volo, sugli operatori italiani di trasporto aereo secondo gli standard ICAO ed i regolamenti dell’Unione europea. La responsabilità sull'idoneità tecnica ed operativa dei vettori aerei nonché della sorveglianza sul rispetto degli standard di sicurezza è di competenza dello Stato di appartenenza del vettore aereo, attraverso la propria autorità nazionale. Nell’UE è stato istituito un programma di sorveglianza comune denominato SAFA (direttiva CE 2004/36, recepita con decreto legislativo n. 192/2007. Una volta rilasciato il Certificato di Operatore Aereo (COA), che attesta la rispondenza dell'organizzazione (in termini di strutturazione funzionale interna, procedure, equipaggi, infrastrutture e aeromobili) alle normative tecnico-operative previste per le operazioni di Trasporto Aereo Commerciale, l'effettuazione dell'attività di trasporto aereo è subordinata all'emissione della relativa licenza di esercizio da parte dell'ENAC, in base al regolamento UE n. 1008/2008, una specifica abilitazione che consente di effettuare attività di trasporto aereo di passeggeri, posta e/o merci.

I titolari di Certificato di Operatore Aereo Nazionale aggiornati al 23 gennaio 2020 sono indicati in questo link. Le imprese titolari di licenza di trasporto aereo sono indicate in questo elenco. Nell’elenco delle imprese titolari di licenze di trasporto aereo sono indicate le imprese che possiedono aeromobili per il trasporto passeggeri con capacità superiore a 19 posti (con licenza non sospesa). Si tratta di: Air Dolomiti S.p.A. Linee Aeree Regionali Europee; AIR ITALY S.p.A.; Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A.; Alitalia Cityliner S.p.A.; Blue Panorama Airlines S.p.A. e Neos S.p.A.

 

Il comma 2 estende gli obblighi del comma 1 anche al personale dipendente di imprese terze, utilizzato per lo svolgimento delle proprie attività dai vettori aerei e dalle imprese di cui al comma 1.

 

Andrebbe chiarito l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione, atteso che il personale delle imprese terze utilizzato dai vettori aerei e dalle altre imprese indicate al comma 1, svolge mansioni assai eterogenee (dalla security, alla manutenzione, alla gestione bagagli, etc.) ed è talvolta assoggettato a contratti collettivi del proprio singolo comparto, diversi da quello del settore aereo.

 

Il comma 3 dispone che i soggetti di cui al comma 1, comunichino all’ENAC l’ottemperanza agli obblighi di cui ai commi 1 e 2 entro novanta giorni dall’entrata in vigore della disposizione in commento, a pena di revoca delle concessioni, autorizzazioni e certificazioni ad essi rilasciate dall'autorità amministrativa italiana.

 

Il comma 4 prevede che a decorrere dall’entrata in vigore della disposizione in commento, nelle domande dirette ad ottenere il rilascio di concessioni, autorizzazioni o certificazioni di cui al comma 1, debba essere contenuta, a pena di improcedibilità della domanda, la comunicazione all’ENAC dell’impegno a garantire al personale di volo trattamenti economici non inferiori a quelli minimi stabiliti dal contratto collettivo nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative.

 

Quanto ai soggetti titolari di concessioni, autorizzazioni e certificazioni non rilasciate dall’autorità amministrativa italiana, si prevede che la violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 o 3 comporti l’applicazione da parte di ENAC di una sanzione amministrativa compresa tra un minimo di euro 5.000 ed un massimo di euro 15.000 per ciascuna unità di personale impiegata sul territorio italiano[33] (comma 5).

 

Le somme rivenienti dall’applicazione delle sanzioni di cui al comma 5 sono destinate, nella misura dell’80 per cento, all’alimentazione del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249 e nella restante misura del 20 per cento al finanziamento delle attività dell’ENAC (comma 6).


 

Articolo 204
(Incremento dotazione del Fondo di solidarietà per il settore aereo)

 

 

L’articolo 204, destina il 50% delle maggiori somme derivanti dall’incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco al Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, a decorrere dal 1° luglio 2021.

 

In dettaglio, per far fronte alle esigenze straordinarie e urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 e della conseguente riduzione del traffico aereo, le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco, di cui all'articolo 6-quater, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, che secondo l’attuale normativa avrebbero dovuto essere interamente riversate alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell'INPS[34], a decorrere dal 1° luglio 2021 siano riversate, per il 50 per cento a tale gestione INPS e nella restante misura del 50 per cento siano destinate ad alimentare il Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249 (comma 1).

In relazione a tale modifica, il successivo comma 3 novella l'articolo 2, comma 47, della legge 28 giugno 2012, n. 92, prevedendo conseguentemente che l’integrale devoluzione delle maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell'INPS, prevista a decorrere dal 1° gennaio 2020, cessi il 30 giugno 2021.

 

Si ricorda che l'addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri, è stata introdotta nel 2003 (articolo 2, comma 11 della legge n. 350 del 2003) per un importo di 1 euro a passeggero imbarcato. La somma così riscossa, viene riassegnata quanto a 30 milioni di euro, in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti destinato a compensare l'ENAV S.p.a., secondo modalità regolate dal contratto di servizio per i costi sostenuti da ENAV S.p.a. per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa e, quanto alla residua quota, in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell'interno e ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale. L'addizionale è stata successivamente incrementata di 1 euro a passeggero dall’art. 6-quater del D.L. n. 7/2005 e, a seguito del decreto-legge 134 del 2008, che ha novellato tale disposizione, l’incremento è stato fissato in 3 € a passeggero. Tale incremento dell'addizionale è stato destinato, a seguito di diverse proroghe, fino al 31 dicembre 2018 ad alimentare il Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale (costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249) e, per l'anno 2019, all'alimentazione del predetto Fondo nella misura del cinquanta per cento. A decorrere dal 1° gennaio 2020 le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale sono state integralmente destinate, dall’art. 2, comma 47 della legge n. 92/2012, alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell'INPS (di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88).

 

Ai fini della riscossione e del versamento delle somme di cui al comma 1, si applicano le previsioni dell’articolo 6-quater, commi da 3 a 3-quater, del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7 (comma 2).

Secondo tali disposizioni, le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale sono versate dai soggetti tenuti alla riscossione direttamente su una contabilità speciale aperta presso la Tesoreria centrale dello Stato, gestita dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e intestata al Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale. L'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) provvede a comunicare semestralmente al Fondo il numero dei passeggeri registrati all'imbarco dagli scali nazionali nel semestre precedente, suddiviso tra utenti di voli nazionali e internazionali per singolo aeroporto. La riscossione dell'incremento dell'addizionale comunale avviene a cura dei gestori di servizi aeroportuali, con le modalità in uso per la riscossione dei diritti di imbarco. Il versamento da parte delle compagnie aeree avviene entro tre mesi dalla fine del mese in cui sorge l'obbligo. Le somme riscosse sono comunicate mensilmente all'INPS (la comunicazione costituisce accertamento del credito) da parte dei gestori di servizi aeroportuali con le modalità stabilite dall'Istituto e riversate allo stesso Istituto, entro la fine del mese successivo a quello di riscossione.

 

Per la copertura finanziaria degli oneri dei commi 1 e 3 pari a 65,7 milioni di euro per il 2021 e 131,4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022, il comma 4 dispone che si provveda ai sensi dell’art. 265.

La Relazione Tecnica evidenzia in proposito che “le risorse affluite al Fondo di solidarietà, derivanti dal gettito dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco per l’anno 2018 è stato di 262,7 milioni di euro”.


 

Articolo 205
(Disposizioni urgenti in materia di collegamento marittimo in regime di servizio pubblico con le isole maggiori e minori)

 

 

L’articolo 205 proroga l’efficacia della convenzione tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società CIN S.p.A. per i collegamenti marittimi di interesse nazionale, con le isole maggiori e minori, fino alla conclusione delle procedure di gara che saranno espletate in base alle norme dell’Unione europea, comunque non oltre il 18 luglio 2021.

 

In dettaglio, il comma 1, dispone la proroga dell’efficacia della convenzione per i collegamenti marittimi con le isole maggiori e minori, stipulata ai sensi dell’articolo 1, comma 998, della legge finanziaria 2007 e dell’articolo 19-ter del decreto-legge n. 135/2009: si tratta della convenzione con la società C.I.N. S.p.A. (Compagnia Italiana di Navigazione), in scadenza il 18 luglio 2020, per i servizi di collegamento marittimo in regime di servizio pubblico con le isole maggiori e minori di interesse nazionale: Sicilia, Sardegna e isole Tremiti (si veda sub il box di approfondimento “La convenzione con CIN S.p.A.”).

La proroga è concessa fino alla conclusione delle procedure di gara, obbligatorie in base all’articolo 4 del Regolamento n. 3557/92/CEE ma comunque non oltre il 18 luglio 2021, quindi la proroga è al massimo di un anno rispetto alla scadenza della Convenzione.

La proroga ha la finalità, secondo la disposizione, di evitare che gli effetti economici derivanti dalla diffusione del contagio da COVID-19 sulle condizioni di domanda e offerta di servizi marittimi possano inficiare gli esiti della nuova procedura di gara, che, secondo quanto indicato nella Relazione illustrativa, ha preso avvio ed è in corso presso il Ministero delle infrastrutture e trasporti.

In proposito il richiamato Regolamento (CEE) 3577/1992 prevede che l’Ente affidante, prima di assoggettare determinati servizi a Obblighi di Servizio Pubblico (OSP), sia tenuto a effettuare una verifica preventiva del mercato per stabilire se vi siano le condizioni per l’offerta dei servizi predetti a condizioni di mercato, senza compensazione; solo in presenza di comprovata incapacità da parte degli operatori a fornire tali servizi a condizioni di mercato l’Ente affidante può assoggettare i servizi a Obblighi di Servizio Pubblico. L'art. 4 disciplina il cabotaggio marittimo e consente, in deroga al principio di libera prestazione dei servizi (ossia la possibilità per ciascun armatore dell'Unione di offrire servizi di cabotaggio tra porti di un qualunque Stato membro), di concludere Contratti di servizio pubblico, esclusivamente in relazione a collegamenti da, tra e verso le isole. In accordo al principio di non discriminazione, sancito proprio dall’art. 4, tali contratti devono essere aggiudicati esclusivamente tramite gara aperta o ristretta. Gli obblighi di servizio pubblico sono imposti in maniera non discriminatoria per tutti gli armatori comunitari.

Nella Relazione illustrativa si evidenzia in proposito che “sono tuttora in corso presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti le procedure di analisi previste dall’art. 4 del Regolamento (CEE) n. 3577/92 e dalla delibera dell’Autorità di regolazione dei Trasporti n. 22/2019 del 13 marzo 2019 propedeutiche alla definizione delle esigenze di servizio pubblico ed alla verifica, attraverso la consultazione del mercato, della possibilità che dette esigenze possano essere soddisfatte senza alcun ricorso a misure di intervento pubblico ovvero, in subordine, attraverso il ricorso alle misure meno restrittive per la concorrenza in un’ottica di proporzionalità dell’intervento.”….”In definitiva, non appaiono sussistere allo stato le condizioni affinché l’organizzazione dei servizi possa beneficiare del massimo grado di concorrenza espresso dal mercato. Appare opportuno pertanto prorogare l’attuale convenzione fino a quando le condizioni di domanda e offerta dei servizi, con la conclusione dell’emergenza e la normalizzazione dei flussi di traffico, torneranno a regimi ordinari”.

 

Per quanto riguarda la nuova procedura di gara, dovranno essere seguite le regole recentemente approvate dall'Autorità dei Trasporti con la Delibera n. 22/2019: si tratta delle misure regolatorie per la definizione dei bandi delle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto marittimo di passeggeri da, tra e verso le isole, nonché degli schemi delle convenzioni da inserire nei capitolati delle gare, ai sensi dell'articolo 37, comma 2, lettera f), del decreto-legge n. 201/2011. Le misure si applicano ai servizi di trasporto passeggeri, per mare, da, tra e verso le isole, sia di interesse nazionale (collegamenti con le isole maggiori), sia di interesse regionale e locale, anche qualora esercito unitamente al trasporto merci.

In base al comma 2, l’efficacia della disposizione è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli oneri prevedendo che si provveda a legislazione vigente. A tal proposito la Relazione Tecnica evidenzia che: “all’onere del corrispettivo si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente preordinate a tale scopo, attualmente allocate nel capitolo 1960 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”.

 

 

La Convenzione n. 54/2012 stipulata dal Ministero delle infrastrutture e trasporti il 18 luglio 2012, per la durata di otto anni, fino al 18 luglio 2020 ed approvata per legge con il DL n. 95/2012, riguarda l’organizzazione dei servizi di collegamento marittimo in regime di servizio pubblico con le isole maggiori e minori di interesse nazionale, cioè i servizi svolti tra le regioni insulari e il territorio extraregionale. In questo caso si tratta dei collegamenti con la Sicilia, la Sardegna e le isole Tremiti, mentre sono esclusi i servizi di esclusivo interesse regionale, cioè i collegamenti interni alle regioni e tra queste e le loro isole minori, che sono disciplinati da contratti sottoscritti dalle regioni. L’articolo 19-ter del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 aveva infatti tra l’altro disposto:

§  la proroga delle convenzioni in essere fino al completamento del processo di privatizzazione;

§  il trasferimento alle regioni delle funzioni e dei compiti relativi al trasporto marittimo intra-regionale e tra le regioni e le proprie isole minori, sulla base di nuovi contratti di servizio;

§  la privatizzazione di Tirrenia spa e delle sue società controllate;

§  i contenuti delle nuove convenzioni e dei nuovi contratti di servizio pubblico;

§  contributi dello Stato in relazione agli oneri di servizio pubblico stabiliti nelle convenzioni e nei contratti di servizio.

Il corrispettivo riconosciuto a CIN S.p.a. con la Convenzione è pari a 72.685.642 euro per ciascuno degli anni di durata della convenzione.

Le tratte passeggeri a/r disciplinate dalla convenzione sono le seguenti (articolo 3 della Convenzione):

§  Genova - Porto Torres; Genova - Olbia- Arbatax; Napoli - Cagliari; Palermo- Cagliari; Civitavecchia - Cagliari - Arbatax; Civitavecchia - Olbia;

§  Napoli - Palermo;

§  Termoli – Tremiti.

Le tratte merci sono: Livorno-Cagliari e Ravenna-Catania.

La Convenzione è stata successivamente modificata con accordo del 7 agosto 2014, su istanza di CIN, stipulato ai sensi dell’art. 9 della Convenzione e approvato con decreto interministeriale n. 361 del 4 settembre 2014, con il quale è stato tra l’altro eliminato il servizio in alcune tratte (Cagliari-Trapani passeggeri e Napoli-Cagliari merci). L’art. 9 prevede che in caso di scostamenti imprevedibili a carattere strutturale superiori al 3% dei ricavi riconducibili a crisi settoriale o squilibri di mercato che determinino variazioni dei volumi trasportati, ciascuna parte ha facoltà di fare istanza di verifica delle condizioni di equilibrio economico finanziario.

Il 25 luglio 2011 era stato stipulato il contratto di cessione di Tirrenia S.p.A, in Amministrazione Straordinaria dal 2010, a CIN - Compagnia Italiana di Navigazione, risultata aggiudicataria della procedura di evidenza pubblica, con un'offerta di 200 milioni di euro, oltre a tre rate da 60 milioni di euro ciascuna da versare all'ottenimento dei contributi pubblici previsti dalla convenzione con lo Stato. La procedura di privatizzazione di Tirrenia, si è conclusa il 19 luglio 2012. Con sentenza del 7 gennaio 2013, il Tribunale di Roma, sez. Fallimentare, ha dichiarato la cessazione dell'esercizio di impresa della S.p.A. Tirrenia di Navigazione. In data 7 luglio 2015 è stata perfezionata l'acquisizione del 100 per cento delle quote della società Tirrenia Compagnia Italiana di Navigazione spa (CIN), da parte dell'imprenditore Vincenzo Onorato, già presidente della Moby spa, rilevando le quote precedentemente detenute da Clessidra SGR e dagli altri azionisti di minoranza per 100 milioni di euro.

Si ricorda che il 13 febbraio 2019, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha formulato alcune osservazioni (AS1568) al Ministero delle infrastrutture e trasporti, in relazione alla Convenzione con CIN, in scadenza a luglio 2020, in particolare a seguito della delibera, del 17 ottobre 2018, di fusione per incorporazione inversa di Moby S.p.A. in Compagnia Italiana Navigazione, titolare della Convenzione. Con tale delibera si è prevista infatti la fusione per l’incorporazione della società controllante Moby S.p.a. nella sua controllata al 100% CIN S.p.a. Moby S.p.A svolge attività di trasporto marittimo in regime di libero mercato tra la penisola e la Sicilia, la Sardegna e l’Isola d’Elba. A tale operazione di fusione, come riportato dall’AGCM, si sono opposti i creditori (in base all’art. 2503 c.c.), in particolare la gestione commissariale di Tirrenia, “ritenendo che la società risultante dalla fusione non offrisse garanzie patrimoniali sufficienti e che l’effettiva esigibilità del credito che lo Stato italiano vanta ancora nei confronti di CIN per l’acquisto del ramo d’azienda di Tirrenia potesse essere perciò messa a rischio”.

In proposito si ricorda che, da notizie di stampa, risulta che CIN deve saldare ancora due rate a Tirrenia in Amministrazione Straordinaria, rispettivamente di 55 e di 60 milioni di euro, dovute per l’acquisizione di Tirrenia. Il Tribunale di Roma, sezione imprese, ha disposto con ordinanza 4 marzo 2020 il sequestro conservativo fino a concorrenza di 55 milioni di euro sui beni mobili e immobili e sui crediti di CIN, nell’ambito del giudizio promosso dalla procedura a seguito del mancato pagamento della prima rata di prezzo differito non versata da Cin S.p.A. per Tirrenia nel mese di aprile 2016.

 


 

Articolo 206
(Interventi urgenti per il ripristino e la messa in sicurezza della tratta autostradale A24 e A25 a seguito degli
eventi sismici del 2009, 2016 e 2017)

 

 

L'articolo 206 prevede la nomina di un Commissario straordinario per l’espletamento delle attività finalizzate ad accelerare la messa in sicurezza antisismica e il ripristino della funzionalità delle Autostrade A24 e A25. Il Commissario dura in carica fino al 31 dicembre 2025.

 

Al Commissario straordinario è attribuito un compenso, determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in misura non superiore a quello stabilito dalla normativa in materia di commissari e subcommissari, i cui oneri sono posti a carico del quadro economico dell’opera. La nomina avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Per l'esercizio dei compiti assegnati, il Commissario straordinario si avvale, come struttura di supporto tecnico-amministrativo,  di una società pubblica di gestione di lavori pubblici con la quale stipula apposita convenzione nonché di esperti o consulenti, scelti anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione e anche in deroga alla normativa in materia di riduzione di spese delle P.A., di comprovata esperienza (co. 2). Si stabiliscono i poteri autorizzativi del Commissario; l'approvazione dei progetti da parte del Commissario straordinario, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali sono previsti comunque dimezzamenti di termini e specifiche previsioni procedurali (co. 3). Si stabilisce la scansione temporale delle attività del Commissario, che definisce il programma di riqualificazione delle tratte delle Autostrade A24 e A25, tenendo conto della soluzione economicamente più vantaggiosa ed individuando eventuali interventi da realizzare da parte del concessionario. Il Commissario straordinario assume direttamente le funzioni di stazione appaltante e opera in deroga alle disposizioni in materia di contratti pubblici (co. 5). In base al comma 6, il concessionario autostradale prosegue nella gestione ordinaria dell’intera infrastruttura riscuotendo i relativi pedaggi, proponendo al concedente l’atto aggiuntivo alla Convenzione e il nuovo Piano economico finanziario aggiornato con gli eventuali interventi di propria competenza. Si prevede,  per la realizza-zione degli interventi urgenti di cui al comma 1, l'apertura di apposita contabilità speciale intestata al Commissario straordinario (co. 7), cui affluiscono le risorse già destinate agli interventi in base alla legislazione vigente.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede la nomina di un Commissario straordinario per le attività finalizzate ad accelerare la messa in sicurezza antisismica e il ripristino della funzionalità delle Autostrade A24 e A25. Si fa riferimento alle attività per la programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei necessari interventi, da attuare per fasi funzionali secondo livelli di priorità per la sicurezza antisismica, nel limite delle risorse che si rendono disponibili a legislazione vigente per la parte effettuata con contributo pubblico. Il Commissario dura in carica fino al 31 dicembre 2025.

La società Strada dei Parchi è concessionaria del collegamento autostradale A24 Roma-L'Aquila-Teramo e del tronco A25 Torano-Avezzano-Pescara (per un totale di km 281,4).  La convenzione stipulata il 18 novembre 2009 tra ANAS S.p.A. e la società Strada dei Parchi disciplina il rapporto concessorio per la gestione della rete autostradale A24A25. Per una più ampia ricostruzione, anche con riferimento alla normativa più di recente adottata, anche con specifico riferimento agli interventi normativi per la messa in sicurezza e l'adeguamento sismico, si veda il box infra.

 

Al Commissario straordinario è attribuito un compenso, determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in misura non superiore a quella del trattamento economico in materia di commissari o sub commissari, i cui oneri sono posti a carico del quadro economico dell'opera.

 

L'articolo 15, co. 3, del D.L. n. 98 del 2011 (articolo recante Liquidazione degli enti dissestati e misure di razionalizzazione dell'attività dei commissari), richiamato in ordine al tema del compenso,  prevede che il compenso dei commissari o sub commissari di cui al comma 2 della norma citata è composto da una parte fissa e da una parte variabile. La parte fissa non può superare 50 mila euro, annui; la parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell'oggetto dell'incarico commissariale, non può superare 50 mila euro annui. La violazione delle disposizioni del comma costituisce responsabilità per danno erariale.

Si menziona nella disposizione in esame, oltre al fine di accelerare le attività di messa in sicurezza antisismica e il ripristino della funzionalità delle Autostrade A24 e A25, anche il necessario coordinamento dei lavori per l’adeguamento alla normativa tecnica nazionale ed europea.

La nomina avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Si fa notare che in relazione al D.M. del Ministro delle infrastrutture e trasporti che stabilirà il compenso del Commissario non è specificato un termine, invece previsto per il D.P.C.M. di nomina.

Il comma 2 prevede che per l'esercizio dei compiti assegnati il Commissario straordinario  si avvale,  come struttura di supporto tecnico-amministrativo,  di una società pubblica di gestione di lavori pubblici con la quale stipula apposita convenzione nonché fino a un massimo di 10 esperti o consulenti, scelti anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione di comprovata esperienza, nel settore delle opere pubbliche, delle discipline giuridico, tecnico-ingegneristiche, i cui costi sono a valere sulle risorse disponibili per il finanziamento dell’opera nel limite complessivo  del 3 per cento.

 

L'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di Gestione delle risorse umane prevede che le pubbliche amministrazioni garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne e l'assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all'età, all'orientamento sessuale, alla razza, all'origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell'accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro. Le pubbliche amministrazioni garantiscono altresì un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare, contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al proprio interno, stabilendosi disposizioni di garanzia al riguardo. In base al comma 5-bis dell'articolo 7, è fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente comma sono, altresì, responsabili ai sensi dell'articolo 21 del T.U. pubblico impiego e ad essi non può essere erogata la retribuzione di risultato. Fermo restando quanto previsto dal comma 5-bis, per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza degli indicati presupposti di legittimità (co. 6, art 7), risultando causa di responsabilità amministrativa la violazione di tale disposizione.

Si ricorda che l'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 vieta alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti indicati, prevedendo che gli incarichi, le cariche e le collaborazioni sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione.

 

Il comma 3 prevede, allo scopo di poter celermente stabilire le condizioni per l'effettiva realizzazione dei lavori, che il Commissario straordinario:

§  assume ogni determinazione ritenuta necessaria per l'avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi, nella soluzione economicamente più vantaggiosa

§  provvede allo sviluppo, rielaborazione e approvazione dei progetti non ancora appaltati, anche avvalendosi dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, di istituti universitari nonché di società di progettazione altamente specializzate nel settore, mediante specifici protocolli operativi per l'applicazione delle migliori pratiche, con oneri a carico del quadro economico dell’opera.

Si stabiliscono i poteri autorizzativi del Commissario.

L'approvazione dei progetti da parte del Commissario straordinario, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale, per i quali i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati, e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di adozione dell'autorizzazione, parere, visto e nulla osta è fissato nella misura massima di sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta; decorso tale termine, ove l'autorità competente non si sia pronunciata, detti atti si intendono rilasciati. L'autorità competente può altresì chiedere chiarimenti o elementi integrativi di giudizio; in tal caso il termine di cui al precedente periodo è sospeso fino al ricevimento della documentazione richiesta e, a partire dall'acquisizione della medesima documentazione, per un periodo massimo di trenta giorni, decorso il quale i chiarimenti o gli elementi integrativi si intendono comunque acquisiti con esito positivo. Ove sorga l'esigenza di procedere ad accertamenti di natura tecnica, l'autorità competente ne dà preventiva comunicazione al Commissario straordinario e il termine di sessanta giorni di cui al presente comma è sospeso, fino all'acquisizione delle risultanze degli accertamenti e, comunque, per un periodo massimo di trenta giorni, decorsi i quali si procede all'iter autorizzativo.

Il comma 4 stabilisce la seguente scansione temporale per l'esecuzione delle attività di cui al comma 3:

§  entro trenta giorni dalla nomina, il Commissario definisce il programma di riqualificazione delle tratte delle Autostrade A24 e A25 comprensivo degli interventi di messa in sicurezza antisismica e adeguamento alle norme tecniche sopravvenute, per l’esecuzione dell'attività di cui al comma 3; al riguardo si tiene conto della soluzione economicamente più vantaggiosa ed individuando eventuali interventi da realizzare da parte del concessionario.

§  entro 90 giorni dalla definizione del programma suddetto, per gli interventi individuati, il Commissario procede - autonomamente rispetto al concessionario, specifica la disposizione - alla predisposizione o rielaborazione dei progetti non ancora appaltati, definisce il fabbisogno finanziario e il cronoprogramma dei lavori nel limite delle risorse che si rendono disponibili a legislazione vigente e realizza i lavori a carico del contributo pubblico per fasi funzionali secondo livelli di priorità per la sicurezza antisismica.

Al momento del perfezionamento dell’iter approvativo, il Commissario procede all’affidamento dei lavori.

Dal momento dell’affidamento dei lavori e per l’intera durata degli stessi il Commissario straordinario sovraintende alla gestione delle tratte interessate e agli eventuali interventi realizzati dal concessionario ed emana, d'intesa con il concessionario, i conseguenti provvedimenti per la regolazione del traffico.

 

Il comma 5 dispone che in relazione alle attività di cui al comma 3, il Commissario straordinario assume direttamente le funzioni di stazione appaltante e opera in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici; viene fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. Per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione degli interventi, il Commissario straordinario, con proprio decreto, provvede alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento.

 

In base al comma 6, il concessionario autostradale prosegue nella gestione ordinaria dell’intera infrastruttura riscuotendo i relativi pedaggi.

Si ricorda che l'articolo 9-tricies semel (Sospensione dell’incremento delle tariffe di pedaggio delle Autostrade A24 e A25) del D.L. 123/2019 (proroga termini) ha disposto la sospensione dell’incremento delle tariffe di pedaggio delle Autostrade A24 e A25 nelle more della rinegoziazione con la società concessionaria delle condizioni della concessione.  Il comma 1 di tale disposizione ha previsto che, nelle more della rinegoziazione tra Governo e società concessionaria delle condizioni della concessione delle Autostrade A24 e A25 prevista dall'art. 1, comma 183, della legge n. 228/2012, sia sospeso l’incremento delle tariffe di pedaggio. Detta sospensione - anche finalizzata ad evitare gli effetti di eventuali incrementi sugli utenti - è disposta per il periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2019 e il 31 ottobre 2021, in ogni caso non oltre la data di conclusione della verifica della sussistenza delle condizioni per la prosecuzione dell’attuale concessione qualora tale data sia anteriore al 31 ottobre 2021. Nel periodo di sospensione si applicano le tariffe di pedaggio vigenti alla data del 31 dicembre 2017. Si è previsto che sia contestualmente sospeso l’obbligo del concessionario delle Autostrade A24 e A25 di versare le rate del corrispettivo della concessione di cui all’art. 3, comma 3.0, lettera c), della Convenzione Unica stipulata il 18 novembre 2009, relative agli anni 2017 e 2018, ciascuna dell’importo di euro 55.860.000, comprendente gli interessi di dilazione; le rate del corrispettivo sospese saranno versate - con maggiorazione degli interessi maturati calcolati al tasso legale - dal concessionario delle Autostrade A24 e A25 ad ANAS S.p.A. al termine della concessione.  Restano ferme le scadenze delle restanti rate del corrispettivo di cui all’art. 3, comma 3.0, lettera c), della Convenzione Unica stipulata il 18 novembre 2009, spettanti ad ANAS S.p.A.

Il comma 6 prevede inoltre che entro 30 giorni dalla definizione del programma degli interventi stilato dal Commissario, il concessionario propone al concedente l’atto aggiuntivo alla Convenzione e il nuovo Piano economico finanziario aggiornato secondo la disciplina prevista dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART), 'in coerenza con il presente articolo e con gli eventuali interventi di propria competenza.

Si fa presente che l'ART ha espresso il Parere n. 8/2019 con riferimento all'autostrada A24-A25, " Parere al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti reso dall’Autorità di regolazione dei trasporti ai sensi dell’articolo 43 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, avente ad oggetto la revisione del rapporto concessorio dell’autostrada A24/A25 – Strada dei Parchi S.p.A.". Nel testo del parere si legge, peraltro, che gli atti aggiuntivi da sottoscrivere ed i relativi allegati dovranno fare espresso riferimento al sistema tariffario definito dall’Autorità con la delibera n. 66/2019, con anche esplicito richiamo agli “obiettivi di incremento di produttività da efficientamento” stabiliti nella predetta delibera e dovranno essere inoltre introdotte tutte le clausole necessarie ad assicurarne la piena e completa attuazione.

La disposizione di cui al comma 6, secondo periodo, potrebbe essere chiarita, atteso che la stessa fa riferimento alla proposta di un atto aggiuntivo alla Convenzione, non risultando definite le modalità con cui si addiviene successivamente al mutamento del quadro convenzionale di riferimento.

 

Il comma 7 prevede, per la realizzazione degli interventi urgenti di cui al comma 1,  l'apertura di apposita contabilità speciale intestata al Commissario straordinario, alla quale affluiscono annualmente le risorse già destinate agli interventi del presente articolo nell'ambito dei riparti dei Fondi di investimento di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge di bilancio 2018 e all'articolo 1, comma 95, della legge 31 dicembre 2018, n. 145 per il finanziamento dei lavori di ripristino e della messa in sicurezza della tratta autostradale A24 e A25 a seguito degli eventi sismici del 2009, 2016 e 2017, nei limiti dei relativi stanziamenti di bilancio annuali e delle disponibilità allo scopo destinate a legislazione vigente.

Il citato co. 1072 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 rifinanzia il fondo da ripartire di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232,  per 800 milioni di euro per l'anno 2018, per 1.615 milioni di euro per l'anno 2019, per 2.180 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, per 2.480 milioni di euro per l'anno 2024 e per 2.500 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033. Le predette risorse sono ripartite nei settori di spesa relativi a: a) trasporti e viabilità; b) mobilità sostenibile e sicurezza stradale; c) infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione; d) ricerca; e) difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche; f) edilizia pubblica, compresa quella scolastica e sanitaria; g) attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni; h) digitalizzazione delle amministrazioni statali; i) prevenzione del rischio sismico; l) investimenti in riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie; m) potenziamento infrastrutture e mezzi per l'ordine pubblico, la sicurezza e il soccorso; n) eliminazione delle barriere architettoniche. Restano fermi i criteri di utilizzo del fondo di cui al citato comma 140 della medesima legge di bilancio 2018. In attuazione è stato adottato D.P.C.M. 28 novembre 2018, il D.M. 4 giugno 2019, n. 450/2019 e il D.M. 7 agosto 2019. Il comma 95, della legge 31 dicembre 2018, n. 145 ha invece istituito il fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese.

 

Si ricorda che Strada dei Parchi S.p.A. è un’azienda della Toto Holding S.p.A. Nata nel 2003 come joint venture tra il Gruppo Autostrade per l’Italia e il Gruppo Toto, dal 2011, con l’uscita della società del Gruppo Atlantia, è interamente controllata dalla Holding del Gruppo Toto. L’opera si sviluppa per un tracciato totale di 281 km. costituisce un sistema infrastrutturale strategico per il Paese, che unisce il versante tirrenico a quello adriatico e che è basato sull’integrazione funzionale e trasportistica di due importanti itinerari autostradali: 1) Autostrada A24, di estesa complessiva pari a Km 166,5, con funzione di collegamento tra le direttrici A1 “Milano – Napoli”, il Grande Raccordo Anulare di Roma, la stessa area metropolitana di Roma, L'Aquila e Teramo; 2) Autostrada A25, di estensione pari a Km 114,9, con funzione di collegamento tra la stessa Autostrada A24 (svincolo direzionale di Torano), le città di Chieti, Pescara e l’Autostrada A14 “Bologna – Bari”. Strada dei Parchi S.p.A. ha in concessione la costruzione e l’esercizio dell’autostrada A24 (Roma-Teramo) e della A25 (Torano- Pescara) e i servizi a loro connessi, subentrando alla precedente “gestione per conto ANAS”.  Le autostrade A24 e la A25 attraversano un’area che interessa i territori delle regioni Lazio e Abruzzo che comprende 6 parchi naturali e il massiccio del Gran Sasso. Dal punto di vista ambientale il sistema autostradale A24-A25 si sviluppa per 281,4 km in un territorio orograficamente complesso ed articolato e caratterizzato da un elevato rischio sismico.

Dalla Relazione sulle attività 2017 della Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si ricavano, altresì, i seguenti elementi informativi in merito al rapporto concessorio:

§  la scadenza della concessione è fissata al 31 dicembre 2030; in data 18 novembre 2009, è stato sottoscritto lo schema di Convenzione Unica tra ANAS e la Società;

§  in data 29 novembre 2010, è stato sottoscritto l’Atto di recepimento della Delibera CIPE n. 20 del 13/5/2010, di approvazione della medesima Convenzione; la Società ha richiesto il riequilibrio del Piano Economico-Finanziario previsto dalla Delibera CIPE 39/2007; è in corso la procedura di aggiornamento/revisione quinquennale del Piano Economico-Finanziario per la realizzazione degli interventi per la messa in sicurezza dell’infrastruttura, ai sensi della L. n. 228/2012.

Si ricorda poi che l’art. 1, co. 183 della L. 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) prevede la possibilità per il Governo, fatta salva la preventiva verifica presso la Commissione europea della compatibilità comunitaria, di rinegoziare con la società concessionaria delle autostrade A24 e A25 le condizioni della concessione anche al fine di evitare un incremento delle tariffe non sostenibile per l'utenza, in ragione della classificazione delle autostrade A24 e A25 quali opere strategiche per le finalità di protezione civile (per effetto del DPCM 21 ottobre 2003, Disposizioni attuative dell’art. 2, commi 2, 3 e 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”), ove i maggiori oneri per gli investimenti per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza siano di entità tale da non permettere il permanere e/o il raggiungimento delle condizioni di equilibrio del piano economico finanziario di concessione nel periodo di durata della concessione stessa.

Si ricorda che l'articolo 16, comma 2, del D.L. 109/2018 (D.L. Genova) ha recato la Rimodulazione dell’autorizzazione di spesa per la messa in sicurezza della tratta autostradale A24-A25. Il comma 2 dell’articolo 16 prevede una rimodulazione temporale dell’autorizzazione di spesa disposta (dall’art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge n. 91/2017) a favore della società concessionaria Strada dei Parchi S.p.A., incrementando di 192 milioni di euro le risorse a disposizione nel biennio 2018-2019 (50 milioni in più per il 2018 e 142 milioni in più per il 2019). Tale anticipazione di risorse è finalizzata a consentire l'immediata esecuzione degli interventi di ripristino e messa in sicurezza sulla tratta autostradale A24 e A25 che si sono resi necessari in conseguenza degli eventi sismici del 2009, del 2016 e del 2017.

Più nel dettaglio, il comma 2 dell’art. 16 – mediante alcuni interventi in novella all’art. 1, comma 725, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – ha previsto una rimodulazione temporale dell’autorizzazione di spesa disposta a favore della società concessionaria Strada dei Parchi S.p.A. dall’art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge n. 91/2017 al fine di consentire l'immediata esecuzione degli interventi di ripristino e messa in sicurezza sulla tratta autostradale A24 e A25 che si sono resi necessari in conseguenza degli eventi sismici del 2009, del 2016 e del 2017.Tale autorizzazione di spesa, che era stata già rimodulata dall’art. 1, comma 725, della citata legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) è stata ulteriormente incrementata  per il biennio 2018-2019, con un incremento di 50 milioni di euro per il 2018 e un contributo di 142 milioni di euro per l’anno 2019 (anno per il quale in precedenza non erano previsti stanziamenti), mentre per gli anni successivi il contributo a favore della società concessionaria veniva ridotto di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025.

Si segnala, inoltre, che già l'art. 52-quinquies del D.L. n. 50/2017 aveva dettato disposizioni finalizzate, attraverso la sospensione del versamento delle rate relative agli anni 2015 e 2016 del corrispettivo della concessione da parte della società concessionaria Strada dei Parchi (e dunque non con un apposito finanziamento dei lavori di messa in sicurezza, come poi si è provveduto a disporre in termini più generali a partire dall’art. 16-bis del DL 91/2017), a consentire l'immediato avvio dei lavori di messa in sicurezza antisismica delle autostrade A24 e A25. Sulla disposizione da ultimo richiamata si era peraltro pronunciata la Corte costituzionale, la quale, con sent. n. 128/2018, aveva dichiarato non fondate le relative questioni di legittimità costituzionale sollevate in via principale dalla regione Abruzzo per l’asserita violazione delle competenze regionali concorrenti in materia di protezione civile, governo del territorio e grandi reti di trasporto, osservando, in motivazione, che la norma impugnata fosse volta ad evitare “che l’aggravio di costo per i lavori di messa in sicurezza sismica delle due autostrade finisse per essere traslato sull’utenza determinando un aumento delle tariffe”. La copertura finanziaria degli oneri recati dalle precedenti disposizioni era mediante la corrispondente riduzione per gli anni 2018 e 2019 e l’incremento di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025 del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020. Sulla normativa inerente Strada dei parchi è altrsì successivamente intervenuta la Corte costituzionale con sent. 181 del 2019, dichiarando la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 52-quinquies del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), e non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 52-quinquies medesimo.

 

La relazione tecnica al decreto riporta la seguente tabella relativa alle risorse a legislazione vigente, con il dettaglio degli stanziamenti previsti per annualità, iscritti nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, capitolo 7701:

 

       (in mln di euro)

 


 

Articolo 207
(Disposizioni urgenti per la liquidità delle imprese appaltatrici)

 

 

L’articolo 207 dispone che – nei casi di procedure di gara i cui bandi o avvisi siano già stati pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alla medesima data siano già stati inviati gli inviti a presentare le offerte ma non siano scaduti i relativi termini e in ogni caso per le procedure disciplinate dal D.Lgs. n. 50/2016 avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 30 giugno 2021 – l’importo dell’anticipazione prevista dall’art. 35, comma 18, del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) a favore dell’appaltatore può essere incrementato fino al 30 per cento, nei limiti delle risorse stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante (comma 1).

Si prevede inoltre che, fuori dei casi previsti dal comma 1, l’anticipazione del prezzo, sempre nel limite massimo del 30 per cento, può essere riconosciuta anche a favore degli appaltatori che hanno già usufruito di un’anticipazione contrattualmente prevista ovvero che abbiano già dato inizio alla prestazione senza aver usufruito di anticipazione (comma 2).

 

Più nel dettaglio, il comma 1 stabilisce che limporto dellanticipazione del prezzo prevista a favore dell’appaltatore dallart. 35, comma 18, del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) può essere incrementato fino al 30 per cento (in deroga, quindi, a quanto previsto dal citato art. 35, comma 18, che fissa l’importo massimo dell’anticipazione al 20 per cento), nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante, e che l’anticipazione si applica alle seguenti procedure disciplinate dal medesimo D.Lgs. n. 50/2016:

§  procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, sono già stati pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto;

§  in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, procedure in cui, alla medesima data di entrata in vigore del presente decreto, siano già stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi, ma non siano scaduti i relativi termini;

§  e, in ogni caso, procedure disciplinate dal medesimo D.Lgs. n. 50/2016 avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 30 giugno 2021.

Si ricorda che il comma 18 dell’art. 35 del Codice dei contratti pubblici stabilisce che sul valore del contratto di appalto (di lavori, servizi e forniture) viene calcolato l'importo dell'anticipazione del prezzo pari al 20 per cento da corrispondere all'appaltatore entro quindici giorni dall'effettivo inizio della prestazione.

Si ricorda altresì che l’art. 91, comma 2, del D.L. n. 18/2020, con novella all’art. 35, comma 18, del Codice dei contratti pubblici, ha previsto che l’erogazione dell’anticipazione del prezzo a favore dell’appaltatore è consentita anche nel caso di consegna in via d’urgenza di lavori, servizi o forniture ai sensi dell’art. 32, comma 8, del Codice.

Si ricorda, in proposito, che l’ANAC, con la deliberazione 14 novembre 2018, n. 1050, ha chiarito che non sussiste alcun divieto o limite per l’anticipazione del prezzo nelle procedure sotto soglia europea, a nulla rilevando che questa sia disciplinata, nel Codice dei contratti pubblici, all’art. 35, comma 18, rubricato "Rilevanza comunitaria e contratti sotto soglia" e al successivo art. 36, relativo invece agli appalti di importo inferiore a tale soglia. L’istituto dell’anticipazione del prezzo ha, infatti, la finalità di consentire all'appaltatore di affrontare le spese iniziali necessarie all’esecuzione del contratto, assicurando la disponibilità delle stesse nella delicata fase di avvio dei lavori e di perseguire il pubblico interesse alla corretta e tempestiva esecuzione del contratto.

 

Il comma 2 prevede che, fuori dei casi previsti dal comma 1, l’anticipazione di cui al medesimo comma può essere riconosciuta, per un importo non superiore complessivamente al 30 per cento del prezzo e comunque nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante, anche:

§  agli appaltatori che hanno già usufruito di un’anticipazione contrattualmente prevista;

Si valuti l’opportunità di chiarire se entro il limite massimo del 30 per cento debba essere computata anche la eventuale anticipazione già usufruita in precedenza, come parrebbe doversi ritenere alla luce della previsione (v. infra) secondo cui la determinazione dell’importo massimo attribuibile viene effettuata “tenendo conto” delle eventuali somme già versate all’appaltatore.

§  ovvero agli appaltatori che abbiano già dato inizio alla prestazione senza aver usufruito di anticipazione.

 

Ai fini del riconoscimento dell’eventuale anticipazione:

§  si applicano le previsioni in materia di garanzia fideiussoria di cui al secondo, terzo, quarto e quinto periodo dellart. 35, comma 18, del D.Lgs. n. 50/2016;

L’art. 35, comma 18 secondo, terzo, quarto e quinto periodo, stabilisce che l'erogazione dell'anticipazione è subordinata alla costituzione di garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa di importo pari all'anticipazione maggiorata del tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell'anticipazione stessa secondo il cronoprogramma della prestazione. La garanzia è rilasciata da imprese bancarie autorizzate ai sensi del D.Lgs. n. 385/1993 o assicurative autorizzate alla copertura dei rischi ai quali si riferisce l'assicurazione e che rispondano ai requisiti di solvibilità previsti dalle leggi che ne disciplinano la rispettiva attività. La garanzia può essere, altresì, rilasciata dagli intermediari finanziari iscritti nell'apposito albo degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del citato D.Lgs. n. 385/1993.

L'importo della garanzia viene gradualmente ed automaticamente ridotto nel corso delle prestazioni, in rapporto al progressivo recupero dell'anticipazione da parte delle stazioni appaltanti. Il beneficiario decade dall'anticipazione, con obbligo di restituzione, se l'esecuzione delle prestazioni non procede, per ritardi a lui imputabili, secondo i tempi contrattuali. Sulle somme restituite sono dovuti gli interessi legali con decorrenza dalla data di erogazione della anticipazione.

 

§  la determinazione dellimporto massimo attribuibile viene effettuata dalla stazione appaltante tenendo conto delle eventuali somme già versate a tale titolo allappaltatore.


 

Articolo 208
(Disposizioni per il rilancio del trasporto ferroviario)

 

 

L’articolo 208 contiene alcune disposizioni volte a favorire il rilancio del trasporto ferroviario. Si prevede il rifinanziamento del Fondo per il personale impiegato nel trasporto merci con la relativa copertura finanziaria (commi 1 e 2). I successivi commi (3-5) destinano risorse per alcune specifiche tratte ferroviarie e in particolare: potenziamento con caratteristiche AV/AC, delle direttrici ferroviarie Salerno-Reggio Calabria, Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia e Genova –Ventimiglia (comma 3); realizzazione del collegamento ferroviario “Bergamo – Aeroporto di Orio al Serio e della “variante di Riga” (comma 4); raddoppio selettivo della linea ferroviaria Pontremolese, Parma-La Spezia (comma 5).

 

Con il comma 1 viene rifinanziato, con l’attribuzione di 2 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo di cui all’articolo 47, comma 11-quinquies, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, destinato alla formazione di personale impiegato per la circolazione ferroviaria e, in particolare dei macchinisti del settore merci. Viene a tale scopo novellato il primo periodo del comma in oggetto.

Il comma citato era stato peraltro recentemente modificato dal decreto-legge n. 162 del 2019 (articolo 13, comma 1) che aveva soppresso le risorse destinate alla formazione di tale personale per il 2020 prevedendo tuttavia la destinazione di 100.000 euro per l'anno 2020 e di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, “per la formazione delle altre figure professionali addette alla circolazione ferroviaria”. Tale ultima destinazione non viene modificata dal testo del decreto-legge.

 

La relazione illustrativa dà conto del fatto che: “la norma riguardante la formazione dei macchinisti impiegati nel trasporto ferroviario merci è risultata fondamentale al fine di formare e procedere all’assunzione a tempo indeterminato di circa 2000 addetti nel triennio 2017-2019 (…) Tuttavia, si rappresenta che il settore del trasporto ferroviario di merci necessita ancora oggi di oltre 2000 addetti che, data la delicatezza e la specificità dello stesso, andrebbero adeguatamente formati per poter essere successivamente assunti”.

 

Il comma 2 provvede alla copertura finanziaria dell’intervento di cui al comma 1 attraverso la corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 18, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, ossia dell’autorizzazione di spesa a copertura del funzionamento dell’ANSFISA che, a decorrere dall’anno 2020, risulta essere pari a 22,3 milioni di euro annui.

 

La relazione tecnica precisa che la “prevista riduzione di 2 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 12, comma 18, del decreto – legge n. 109 del 2018, non determina alcun pregiudizio alla piena operatività dell’ANSFISA. Quest’ultima, infatti, in relazione alla medesima annualità, dispone per assunzioni e spese di funzionamento di risorse pari ad euro 29.413.523…Peraltro la predetta Autorità non ha ancora proceduto ad alcuna assunzione, né ha sostenuto gli oneri ad essa connessi (ivi comprese le c.d. spese di funzionamento). Dovendo, poi, l'Agenzia procedere al reclutamento del personale mediante apposito concorso pubblico, l'immissione nei ruoli di detto personale non potrà avvenire se non a partire dal secondo semestre dell'anno 2020”.

Si ricorda a questo proposito che Sono stati pubblicati sulla GU del 16 aprile 2020 il Decreto 13 febbraio 2020, n. 25, contenente il Regolamento di amministrazione dell'ANSFISA ed il Decreto 28 gennaio 2020, n. 24, contenente lo Statuto dell'ANSFISA. I decreti entreranno entrambi in vigore dal 1° maggio 2020.

 

Il comma 3 autorizza Rete ferroviaria italiana ad utilizzare un importo a 25 milioni di euro per l’anno 2020 e di 15 milioni di euro per l’anno 2021 –senza tuttavia indicare la ripartizione delle risorse tra i tre interventi- per la realizzazione del progetto di fattibilità tecnico-economica degli interventi di potenziamento, con caratteristiche AV/AC, delle seguenti direttrici ferroviarie:

·      Salerno-Reggio Calabria;

·      Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia;

·      Genova –Ventimiglia.

 

Con riguardo ai contenuti di dettaglio dei sopra indicati interventi e degli obiettivi che essi intendono perseguire, si rinvia a quanto indicato nella relazione illustrativa al decreto-legge.

 

Le risorse sopra indicate saranno reperite a valere sulle risorse attribuite a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. nell’ambito del riparto delle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 ma per le quali non è prevista una specifica finalizzazione nell’ambito del Contratto di programma 2017-2021.

 

Il comma 4 autorizza due interventi:

§  la cosiddetta Variante di Riga al fine di garantire l’accessibilità sostenibile del territorio in tempo utile per lo svolgimento delle Olimpiadi 2026 per la quale si autorizza Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ad utilizzare uno stanziamento di complessivi 70 milioni di euro. 

La variante di Riga identifica il collegamento ferroviario che, in direzione Sud, connetterà direttamente, fra Rio Pusteria e Bressanone, la linea San Candido - Fortezza alla direttrice Verona – Brennero.

Le risorse sono così ripartite: 7 milioni di euro nel 2020; 10 milioni di euro nel 2021; 14 milioni di euro nel 2022; 15 milioni di euro nel 2023; 15 milioni di euro nel 2024; 9 milioni di euro nel 2025;

§  il collegamento ferroviario “Bergamo – Aeroporto di Orio al Serio” per il quale si autorizza Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ad utilizzare uno stanziamento di complessivi 100 milioni di euro.

Le risorse sono così ripartite: 9 milioni di euro nel 2020; 13 milioni di euro nel 2021; 21 milioni di euro nel 2022; 17 milioni di euro nel 2023; 14 milioni di euro nel 2024; 16 milioni di euro nel 2025 e 10 milioni di euro nel 2026”.

Anche in tal caso le risorse sono quelle attribuite a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. nell’ambito del riparto delle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 ma per le quali non è prevista una specifica finalizzazione nell’ambito del Contratto di programma 2017-2021.

Si evidenzia che la relazione illustrativa segnali come “il collegamento con l'aeroporto di Bergamo ha un costo complessivo di 170 milioni di euro, alla luce della effettuazione della progettazione, cui sono stati destinati 8 milioni di euro” nel Contratto di programma 2017-2021, parte investimenti, tra RFI e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il recente aggiornamento 2018/2019 del Contratto di programma 2017-2021, parte investimenti stimava il costo dell’opera in 110 milioni di euro (pag. 57 del testo dell’Atto del Governo n.160).

 

Il comma 5 autorizza l’utilizzo di risorse pari a complessivi 92 milioni di euro per gli interventi di raddoppio selettivo della linea ferroviaria Pontremolese (Parma-La Spezia).

L’intervento viene ricondotto alla necessità di effettuare interventi urgenti relativi alla mobilità a seguito del crollo del ponte sul fiume Magra e per garantire lo sviluppo della intermodalità nel trasporto delle merci nella direttrice est-ovest del paese sulla rete TEN-T

Le risorse sono così ripartite: 2 milioni di euro nel 2020; 1 milione di euro nel 2021; 1 milione di euro nel 2022; 1 milione di euro nel 2023; 1 milione di euro nel 2024, 1 milione di euro nel 2025, 14 milioni di euro nel 2026, 20 milioni di euro nel 2027, 17 milioni di euro nel 2028, 14 milioni di euro nel 2029, 10 milioni di euro nel 2030, 7 milioni di euro nel 2031 e 3 milioni di euro nel 2032.

In tal caso gli oneri derivanti da tale intervento sono coperti a valere sulle risorse del Fondo istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, relativamente alle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero delle Economia e delle Finanze e attribuite a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., Dette risorse si intendono immediatamente disponibili alla data di entrata in vigore del decreto legge ai fini dell’assunzione di impegni giuridicamente vincolanti.

Con riferimento a tale tratta l’Aggiornamento 2018/2019 al Contratto di programma, prevede con riferimento al lotto funzionale Parma-Vicofertile, per il quale è stata sviluppata la progettazione definitiva risorse disponibili per 96 milioni di euro. Tale raddoppio ha un costo stimato di 247 milioni di euro. La relazione illustrativa dà conto del fatto che 12 milioni di euro sono stati già contabilizzati per progettazioni già sviluppate.

 

Con riferimento alla copertura finanziaria degli interventi citati la relazione tecnica precisa che “Le suindicate disposizioni non determinano nuovi o maggiori oneri in quanto la spesa prevista è a valere sulle risorse, pari a 411,4 milioni di euro, già attribuite a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. nell’ambito del riparto del Fondo di cui all’articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e destinate far fronte agli oneri finanziari derivanti dall’eventuale attualizzazione dei contributi assegnati per la realizzazione delle opere. Non essendo state effettuate operazioni finanziarie, dette risorse risultano disponibili e il relativo utilizzo, nel complessivo ammontare di 302 milioni di euro e nell’articolazione annuale indicata, non determina effetti negativi sui saldi di finanza pubblica”.


 

Articolo 209
(Misure a tutela del personale e dell’utenza dei servizi di motorizzazione e del personale dei Provveditorati interregionali
alle opere pubbliche)

 

 

L’articolo 209, al comma 1, istituisce un Fondo con una dotazione di 7 milioni di euro per l’anno 2020 e 1,4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 per assicurare la continuità dei servizi erogati dalla Motorizzazione civile e la tutela della salute dei dipendenti della stessa e dell’utenza.

Al comma 2, è prevista una autorizzazione di spesa di 345.000 euro per l’anno 2020 al fine di assicurare la continuità dei sopralluoghi nei cantieri da parte del personale dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, salvaguardando al contempo la salute dei dipendenti attraverso l’utilizzo di appositi dispositivi di protezione.

 

Per il conseguimento degli obiettivi sopra ricordati la disposizione fa riferimento, oltre che all’utilizzo di appositi dispositivi, all’adozione di modelli organizzativi e gestionali adeguati alla situazione in essere.

 

La relazione illustrativa indica, a titolo esemplificativo, gli interventi ipotizzati, consistenti nell’adozione o nell’installazione: di un sistema di termocamere per la misurazione della temperatura corporea del personale, dell’utenza e dei candidati e relativo sistema di monitoraggio e gestione; di un sistema di tornelli a tre vie per l’inibizione automatica dell’utenza con temperatura corporea superiore al limite ammesso; di un impianto del software di riconoscimento facciale, al fine di evitare la procedura di riconoscimento dei candidati prima della prova d’esame; di barriere “antifiato” in plexiglass su tutte le postazioni candidato; di installazione su ogni postazione candidato di monitor dotati di videocamera per il riconoscimento facciale dell’esaminando; di un sistema per garantire il lavoro da remoto della postazione dell’esaminatore; di un software di virtualizzazione dello sportello fisico dell’Ufficio con relativa gestione elettronica dei fascicoli e del relativo work flow;  di sistema per rendere tutte le risorse circuitali necessarie in modalità cloud, al fine di garantire la massima accessibilità e scalabilità della soluzione e non richiedere investimenti per l’acquisto di componentistica Hardware;  di un software centrale cd “Quiz patenti” per la necessaria integrazione con il software di riconoscimento facciale e la gestione remotizzata della sessione da parte dell’esaminatore.

 

Con riferimento alla copertura finanziaria dell’intervento essa è assicurata quanto a 7 milioni di euro per l’anno 2020 mediante una corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Quanto a 1,4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 la copertura è assicurata ai sensi dell’articolo 265 (al quale si rinvia per approfondimenti).

 

Il comma 2 della disposizione in esame reca, poi, una autorizzazione di spesa di 345.000 euro per l’anno 2020 finalizzata, nel quadro del contrasto alla diffusione del contagio da COVID-19, ad assicurare la continuità dei sopralluoghi nei cantieri da parte del personale dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, salvaguardando al contempo la salute dei dipendenti attraverso l’utilizzo di appositi dispositivi.

La relazione illustrativa richiama, tra i dispositivi di protezione di cui al comma in esame, mascherine, guanti e gel disinfettante mani nonché la sanificazione delle postazioni di lavoro mediante apposito spray disinfettante.

 

     Con riferimento alla copertura finanziaria degli oneri recati dal comma 2, ad essi si provvede:

§  quanto ad euro 232.000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'art. 12 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni dalla legge 16 novembre 2018, n. 130;

L’art. 12 del D.L. 109/2018 (c.d. decreto Genova) ha previsto l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2019, dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA). Il comma 18 dell’art. 12 stabilisce che agli oneri del medesimo articolo, pari a complessivi 14.100.000 euro per l'anno 2019 e 22.300.000 euro a decorrere dall'anno 2020 si provvede ai sensi dell'articolo 45. In proposito, nella relazione tecnica si specifica che le risorse utilizzate a copertura sono allocate sul capitolo 1227, piano gestionale 3 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che presenta la necessaria disponibilità, in termini di competenza e cassa per l’anno 2020, il cui utilizzo non compromette l’attuazione dell'art. 12 del D.L. n. 109/2018;

§  quanto ad euro 113.000 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


 

Articolo 210
(Disposizioni in materia di autotrasporto)

 

 

L’articolo 210 reca misure di sostegno al settore dell’autotrasporto, incrementando di 20 milioni di euro per l'anno 2020 il finanziamento al Comitato centrale per l’Albo degli autotrasportatori (comma 1).

Dispone inoltre il recupero, per destinarle ad iniziative deliberate dall’Albo degli autotrasportatori per il sostegno del settore, delle somme incassate a titolo di riduzione compensata dei pedaggi autostradali e rimaste nella disponibilità di consorzi, raggruppamenti e cooperative iscritte all’Albo degli autotrasportatori, a decorrere dal 1° gennaio 2017 e fino al 31 dicembre 2018. Il monitoraggio e controllo dei relativi adempimenti è affidato al Comitato Centrale (commi 2 e 3).

 

In dettaglio il comma 1 incrementa di 20 milioni di euro per l'anno 2020 l'autorizzazione di spesa dell'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, che assegna risorse al Comitato centrale per l'Albo degli autotrasportatori. La finalità dichiarata dalla norma è di assicurare sostegno al settore dell’autotrasporto e assicurare un adeguato sostegno di natura mutualistica, alle imprese del settore, tenuto conto del ruolo centrale rivestito nella gestione della emergenza Covid-19 che costituisce evento eccezionale ai sensi dell’articolo 107, comma 2, lett. b) del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

 

Si ricorda che il richiamato art. 2, co. 3 della legge n. 451/1998 ha previsto un finanziamento al Comitato centrale di 140 miliardi di lire per il 1998, per la protezione ambientale e per la sicurezza della circolazione, anche con riferimento all'utilizzo delle infrastrutture, da realizzare mediante apposite convenzioni con gli enti gestori delle stesse. Lo stanziamento è stato stabilizzato a decorrere dal 2000, nella misura di 130 miliardi di lire, dall’art. 45, co. 1, lett. c) della legge n. 488 del 1999 e successivamente più volte rimodulato con numerosi provvedimenti; per il 2020 lo stanziamento in legge di Bilancio ammonta a 148,54 milioni di euro. Lo stanziamento è imputato al cap. 1330 del MIT, su cui vengono iscritte le risorse finanziarie, di volta in volta definite dalle leggi di revisione della spesa pubblica in termini di modifiche, integrazioni e/o riduzioni dell'iniziale stanziamento (si veda sub l’approfondimento “I finanziamenti all’autotrasporto”). Nell’ambito di tali stanziamenti viene finanziata la riduzione compensata dei pedaggi autostradali.

Si ricorda che il Comitato centrale per l'albo nazionale degli autotrasportatori è l’organo di direzione dell’Albo nazionale dei soggetti, persone fisiche e giuridiche, che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi (Albo istituito dalla legge n. 298 del 1974). L’iscrizione all’Albo è curata dagli uffici della motorizzazione civile.

Il Comitato centrale è disciplinato dal decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284, che all’articolo 9 ne definisce i compiti ed all’articolo 10 la composizione. Le risorse finanziarie del Comitato centrale sono costituite, in base all’art. 2 del D.P.R. n. 134/2010 (Regolamento Contabile del Comitato):

a) dalle quote annuali di iscrizione all'Albo degli autotrasportatori, determinate con deliberazione del Comitato e approvate dal MIT (delibera 16 ottobre 2019 per le quote del 2020), al cui versamento sono soggette le imprese iscritte (articolo 63 della legge 6 giugno 1974, n. 298), che vengono poi riassegnate ad appositi capitoli del programma «Logistica ed intermodalità nel trasporto», nell’ambito della Missione 13 dello stato di previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; tali quote sono utilizzate esclusivamente per la tenuta dell'Albo nazionale e per le attività comunque connesse al funzionamento ed alle attribuzioni del Comitato centrale (art. 7 del regolamento contabile);

b) dagli stanziamenti di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, che sono utilizzati per l'assolvimento dei compiti istituzionali del Comitato, secondo le specifiche finalità stabilite dalla normativa che disciplina l'assegnazione degli stessi, nonché per l'espletamento di tutti gli adempimenti connessi.

Il D.P.R. n. 123/2009 contiene il regolamento di organizzazione dei Comitato.

 

Il comma 2 dispone il recupero delle somme incassate a titolo di riduzione compensate dei pedaggi autostradali (in base all’articolo 2, comma 3, del DL n. 451/1998 e dell’articolo 45 della legge n. 488/1999) che siano rimaste nella disponibilità dei soggetti che le hanno ricevute in ragione dell’impossibilità di procedere al loro riversamento in favore dei beneficiari aderenti al consorzio, alla cooperativa ovvero al raggruppamento. La finalità del recupero è quella di procedere ad una successiva riassegnazione delle somme per l’anno 2020 al Ministero delle infrastrutture e trasporti, per essere ridestinate ad iniziative deliberate dall’Albo degli autotrasportatori per il sostegno del settore e per la sicurezza della circolazione, anche con riferimento all’utilizzo delle infrastrutture.

Il comma 2 prevede in dettaglio il recupero delle somme che siano state incassate dal 1° gennaio 2017 e fino al 31 dicembre 2018, a titolo di riduzione compensate dei pedaggi autostradali.

Poiché il testo della norma fa riferimento al momento dell’incasso delle somme, sembrerebbe trattarsi di somme ricevute per la riduzione compensata dei pedaggi degli anni precedenti al 2018, atteso che la procedura per ricevere tali somme richiede un iter abbastanza complesso: a titolo di esempio con Delibera MIT 18 maggio 2018 sono state definite le procedure e le modalità per presentare, entro il 10 agosto 2018, le domande di rimborso relative ai passaggi effettuati nel 2017, secondo una complessa procedura ed utilizzando l’apposito applicativo sul portale del Comitato.

Si prevede che i consorzi, anche in forma societaria, le cooperative e i raggruppamenti aventi sede in Italia ovvero in altro paese dell’Unione europea iscritti all’Albo nazionale degli autotrasportatori (albo delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto terzi di cui all’articolo 1 della legge 6 giugno 1974, n. 298), ovvero titolari di licenza comunitaria, versino tali somme all’entrata del bilancio dello Stato tali somme entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.

 

Le risorse finanziarie relative alla riduzione compensata dei pedaggi autostradali vengono erogate alle imprese di autotrasporto aventi sede nell'Unione europea per incentivare i mezzi pesanti ad utilizzare la rete autostradale con conseguente minor congestione della rete stradale ordinaria e ricadute positive in termini di sicurezza della circolazione. Con la Delibera MIT n. 4 del 26 giugno 2019 sono state definite le disposizioni relative alla riduzione compensata dei pedaggi autostradali per transiti effettuati nell'anno 2018 e con la direttiva del Ministro n. RD 252 del 21 giugno 2019 è stato disposto che il  Comitato utilizzasse  le risorse finanziarie iscritte sul capitolo 1330 per l'anno 2019 per la copertura delle riduzioni compensate dei pedaggi autostradali, pagati per i transiti effettuati nell'anno 2018 per un importo pari a euro 146.041.587

 

Nelle Note integrative alla Legge di Bilancio 2020 sono stimati 275.000 veicoli per il 2020 ammessi alla riduzione compensata dei pedaggi. La riduzione compensata è calcolata in ragione dei diversi scaglioni di fatturato globale annuo, sulla base della classe ecologica (almeno Euro III) del veicolo, premiando i veicoli meno inquinanti, come risulta dalla tabella allegata alla Delibera del MIT n. 2 del 24 aprile 2020 contenente le disposizioni per la riduzione compensata dei pedaggi autostradali per transiti effettuati nell'anno 2019, alla quale sono ammessi i seguenti soggetti che, alla data del 31 dicembre 2018, ovvero nel corso dell'anno 2019, avessero i seguenti requisiti:

a) imprese iscritte all'Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi;

b) cooperative aventi i requisiti mutualistici, di cui all'art. 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577 e successive modificazioni, oppure consorzi o società consortili costituiti a norma del Libro V, Titolo X, Capo I, Sezione II e II-bis del codice civile, aventi nell'oggetto l'attività di autotrasporto, iscritti all’Albo nazionale degli autotrasportatori;

c) imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi oppure raggruppamenti aventi sede in uno dei Paesi dell'Unione europea titolari di licenza comunitaria prevista dal regolamento CE n. 881/1992 del 26 marzo 1992;

d) imprese o raggruppamenti aventi sede in Italia esercenti attività di autotrasporto in conto proprio, titolari di licenza in conto proprio di cui all'art. 32 della legge 6 giugno 1974, n. 298;

e) imprese o raggruppamenti aventi sede in altro Paese dell'Unione europea, che esercitavano l'attività di autotrasporto in conto proprio.

Una ulteriore riduzione compensata è calcolata sul fatturato relativo ai pedaggi notturni.

 

Il comma 3 dispone che il Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori, anche avvalendosi delle strutture centrali e periferiche del Ministero delle infrastrutture e dei traporti e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, provveda al monitoraggio ed al controllo dell’adempimento degli obblighi previsti dal comma 2 della presente disposizione, nell’ambito delle attività di cui alle lettere l-ter) e l-quater del comma 2 dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 284/2005.

Il richiamato articolo 9 del D.Lgs. n. 284/2005 definisce i compiti del Comitato Centrale, prevedendo alle lett. l-ter) e l-quater i seguenti:

§  l-ter): verificare l'adeguatezza e regolarità delle imprese iscritte, in relazione alle modalità concrete di svolgimento dell'attività economica ed alla congruità fra il parco veicolare e il numero dei dipendenti autisti, nonché alla regolarità della copertura assicurativa dei veicoli, anche mediante l'utilizzazione dei dati presenti nel CED presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dei collegamenti telematici fra i sistemi informativi dell'INAIL, dell'INPS e delle camere di commercio;

§  l-quater): svolgere attività di controllo sulle imprese iscritte, al fine di garantirne la perdurante e continua rispondenza ai requisiti previsti per l'esercizio della professione come definiti ai sensi del regolamento (CE) n. 1071/2009.

Si ricorda che gli altri compiti del Comitato sono i seguenti:

§  curare la formazione, la tenuta e la pubblicazione dell'Albo nazionale delle imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi;

§  determinare la misura delle quote dovute annualmente dalle imprese di autotrasporto, in base a quanto disposto dal d.P:R. 7 novembre 1994, n. 681, per il funzionamento del Comitato centrale (abrogato e sostituito dal DPR n. 134/2010);

§  collaborare con la Consulta per l’autotrasporto, provvedendo, in particolare, sulla base degli indirizzi dettati dalla Consulta stessa, ad effettuare studi preordinati alla formulazione delle strategie di governo del settore dell'autotrasporto, a realizzare iniziative di formazione del personale addetto ai controlli sui veicoli pesanti ed a partecipare al finanziamento delle connesse operazioni, ad attuare iniziative di assistenza e di sostegno alle imprese di autotrasporto, ad esprimere il proprio avviso su progetti di provvedimenti amministrativi in materia di autotrasporto, a formulare indirizzi in materia di certificazione di qualità delle imprese che effettuano trasporti di merci pericolose, di derrate deperibili, di rifiuti industriali e di prodotti farmaceutici;

§   accreditare gli organismi di certificazione di qualità;

§  attuare le direttive del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in materia di autotrasporto;

§  curare attività editoriali e di informazione alle imprese di autotrasporto, anche attraverso strumenti informatici e telematici;

§  svolgere funzioni di studio e di consulenza con specifico riferimento a progetti normativi, alla risoluzione delle problematiche connesse con l'accesso al mercato dell'autotrasporto e alla professione di autotrasportatore;

§  decide sui ricorsi proposti dagli interessati avverso i provvedimenti adottati dagli uffici della motorizzazione civile in materia di iscrizione, sospensione, cancellazione e radiazione dall'albo degli autotrasportatori, nonché di applicazione delle sanzioni disciplinari.

 

Il comma 5 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1, quantificati in complessivi euro 20 milioni per l’anno 2020, per la quale si provvede ai sensi dell’art. 265, alla cui scheda si rinvia.

 

Nello Stato di previsione del MIT sono iscritte le spese per i trasferimenti correnti alle imprese di autotrasporto, in particolare i finanziamenti per gli interventi posti in essere dal Comitato Centrale per l’Albo degli autotrasportatori, tra cui la riduzione compensata dei pedaggi autostradali, posti sul cap. 1330 del MIT, denominato «Somme assegnate al Comitato centrale per l'Albo degli autotrasportatori». Nella Legge di Bilancio 2020-2022, il capitolo 1330 reca uno stanziamento di circa 148,54 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 8,5 milioni per il 2022. Con direttiva del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 148 del 7 aprile 2020, è stato disposto che il Comitato utilizzi le risorse finanziarie iscritte sul capitolo 1330 per l'anno 2020 per la copertura delle riduzioni compensate dei pedaggi autostradali, pagati per i transiti effettuati nell'anno 2019 dalle imprese con sede nell'Unione europea che effettuano autotrasporto di cose, delle relative spese di procedura nonché del contenzioso pregresso, per un importo pari a euro 146.041.587.

Interventi a favore dell’autotrasporto sono stati anche previsti dalla legge di Stabilità 2015 (legge n. 190/2014), che ha autorizzato, a decorrere dall'anno 2015, la spesa di 250 milioni di euro annui, poi ridotti dal 2019, a 240 milioni di euro annui e iscritti sul cap. 1337 dello Stato di previsione del MIT. Tale importo viene ripartito annualmente con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Per il triennio 2019-2021 la ripartizione dello stanziamento per l’autotrasporto è stata definita nei seguenti termini: 140 milioni di euro per il rimborso di pedaggi autostradali, 70 milioni per le spese di viaggio non documentate, 25 milioni per investimenti sul rinnovo parco mezzi, 5 milioni per la formazione.

Nella legge di bilancio 2020-2022 complessivamente gli interventi per l’autotrasporto sul cap. 1337 ammontano a 240 milioni di euro per il solo anno 2022, mentre non vi sono autorizzazioni di spesa per il 2020 e 2021.

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, art. 1, comma 1019) ha inoltre rifinanziato la spesa di 80 milioni € per ciascuno degli anni 2019 e 2020 per il ristoro delle maggiori somme pagate dagli autotrasportatori a seguito del crollo del Ponte Morandi di Genova; tali somme si trovano sul cap. 1345/MIT. Il decreto ministeriale 7 agosto 2019 n. 376 ha definito le modalità di attuazione del finanziamento per gli anni 2019 e 2020, individuando le tipologie di spesa ammesse a ristoro nonché i criteri per l'erogazione del finanziamento.

Il decreto-legge n. 124 del 2019 ha poi stanziato altre risorse, per complessivi 12,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 destinate al rinnovo del parco veicolare delle imprese attive sul territorio italiano che siano iscritte al Registro elettronico nazionale (R.E.N.) e all'Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi per finanziare gli investimenti, effettuati fino al 30 settembre 2020, finalizzati alla radiazione, per rottamazione, dei veicoli a motorizzazione termica fino a euro IV, adibiti al trasporto merci e di massa complessiva a pieno carico pari o superiore a 3,5 tonnellate. La legge di bilancio per il 2020 ha infine stanziato ulteriori 3 milioni di euro per l'anno 2020 per il rinnovo del parco veicolare delle medesime imprese in aggiunta alle risorse previste dalla vigente legislazione (art. 1, commi 113-117).


 

Articolo 211, commi 1 e 4
(Misure per la funzionalità del Corpo delle Capitanerie di Porto e per il sostegno di sinergie produttive nei comprensori militari)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 211 autorizza la spesa di euro 2.230.000 per l’anno 2020, al fine dello svolgimento, da parte del Corpo della capitanerie di porto – Guardia Costiera, dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID- 19, in considerazione del livello di esposizione al rischio di contagio connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali del Corpo delle Capitanerie di porto, Guardia Costiera, per un periodo di novanta giorni a decorrere dal data di entrata di entrata in vigore del presente decreto. Il comma 4 reca la copertura degli oneri ai sensi dell'articolo 265 del decreto-legge.

 

Il comma 1 autorizza la spesa di euro 2.230.000 per l’anno 2020, al fine dello svolgimento, da parte del Corpo della capitanerie di porto – Guardia Costiera, dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID- 19, in considerazione del livello di esposizione al rischio di contagio da COVID-19 connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali del Corpo delle Capitanerie di porto, Guardia Costiera, per un periodo di novanta giorni a decorrere dal data di entrata di entrata in vigore del presente decreto.

Si prevede la seguente specifica destinazione delle risorse:

§  euro 1.550.000 per spese di sanificazione e disinfezione degli uffici, degli ambienti e dei mezzi e per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale;

§  euro 320.000 per l’acquisto di attrezzature tecniche;

Si valuti la formulazione letterale del testo laddove si fa riferimento alla destinazione delle risorse per 'acquisto di spese' .

§  ed euro 360.000 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario.

Si indica la finalità di consentire la sanificazione e la disinfezione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso alle medesime Forze, nonché di assicurare l’adeguata dotazione di dispositivi di protezione individuale e l’idoneo equipaggiamento al relativo personale impiegato.

 

Il comma 4 reca la copertura degli oneri di cui al comma 1, in base a quanto disposto dall'articolo 265 del decreto.

La relazione illustrativa ricorda che con  l’articolo 74 del DL n. 18 del 2020 (Cura Italia) è stata autorizzata a favore del Corpo delle Capitanerie di Porto la spesa complessiva di euro 2.230.000 per far fronte alla situazione emergenziale. Il perdurare della situazione emergenziale, nella cosiddetta “FASE 2” anche in considerazione della progressiva riapertura degli Uffici al pubblico, richiede - evidenzia la Relazione - il rafforzamento delle attività di prevenzione e sanificazione attuate per contenere il contagio, al fine di garantire la salubrità degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso al Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera , e la piena operatività del relativo personale in condizioni di sicurezza, in relazione al peculiare livello di esposizione al rischio che caratterizza maggiormente, nella fase due dell’emergenza nazionale, lo svolgimento dei compiti istituzionali inerenti l’assolvimento della missione “ordine pubblico e sicurezza” nel programma di spesa Sicurezza e controllo nei mari, e sulle coste, prevedendosi quindi il rifinanziamento degli stanziamenti già disposti ai sensi dell’articolo 74 del DL n. 18 del 2020 che - prosegue la relazione- risultano ad oggi esauriti.

 


 

Articolo 211, commi 2 e 3
(Convenzione Difesa Servizi Spa per infrastrutture
industriali e logistiche militari)

 

 

I commi 2 e 3 dell’articolo 211 attribuiscono al Ministero della difesa la possibilità di stipulare, per il tramite di Difesa servizi S.p.A., convenzioni con soggetti pubblici o privati finalizzate ad affidare, in uso temporaneo, infrastrutture industriali e logistiche militari, ferme restando le esigenze operative e manutentive delle Forze armate.

 

Nello specifico, il comma 2 riconosce al Ministero della difesa, nell’ambito delle misure volte alla valorizzazione del proprio patrimonio infrastrutturale e logistico, la facoltà di stipulare, attraverso, Difesa servizi S.p.A., convenzioni o accordi negoziali con soggetti pubblici o privati finalizzati ad affidare in uso temporaneo zone, impianti o parti di essi, bacini, strutture, officine, capannoni, costruzioni e magazzini, inclusi nei comprensori militari Tali accordi devono aver luogo “nel rispetto delle prioritarie esigenze operative e manutentive delle Forze armate” (comma 1).

Nel merito delle convenzioni, il comma 2 precisa che le medesime dovranno esplicitare l’oggetto dell’accordo (ovvero le zone, le strutture e gli impianti oggetto dell’affidamento in uso temporaneo), le obbligazioni pattuite tra le parti, le penali, le garanzie, le opzioni per il rinnovo, gli aspetti economici dell’accordo nonché le condivise modalità di gestione e di ogni altra clausola ritenuta necessaria alla regolazione dei discendenti rapporti tra le parti stipulanti.

 

L'istituzione della società per azioni denominata "Difesa Servizi Spa" è stata originariamente disposta dai commi 27, 32, 33, 34, 35 e 36 dell'articolo 2 della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010). Tali disposizioni sono state abrogate dall'articolo 2268, comma 1, del Codice dell'ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010) e il loro contenuto è stato trasposto nell'articolo 535 del medesimo Codice.

Con il decreto 10 febbraio 2011, Il Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ha adottato lo Statuto della società "Difesa Servizi Spa", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 2011 (https://www.difesa.it/Content/DSspa/Pagine/Statuto.aspx). Il decreto, oltre all'approvazione dello Statuto di "Difesa Servizi Spa", contiene la nomina del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della società. La società è divenuta operativa con la prima riunione dell'assemblea ordinaria, che si è tenuta, l'8 marzo 2011.

L'articolo 535 del Codice dell'ordinamento militare ha previsto la costituzione della società per azioni denominata "Difesa Servizi spa" ai fini dello svolgimento dell'attività negoziale diretta all'acquisizione di beni mobili, servizi e connesse prestazioni strettamente correlate allo svolgimento dei compiti istituzionali dell'Amministrazione della Difesa e non direttamente correlate all'attività operativa delle Forze Armate. Le richiamate attività sono state specificate con il richiamato decreto del Ministro della difesa del 10 febbraio 2011.  Spetta, inoltre alla società "Difesa Servizi spa" la concessione in uso temporaneo, a titolo oneroso, previa autorizzazione del Ministro della Difesa, dei mezzi e materiali prodotti dall'industria nazionale e acquisiti dalle Forze armate, per effettuare prove dimostrative, anche all'estero, ai sensi dell'art. 7 della legge n. 808 del 1985.

A tal proposito si ricorda che l'articolo 7, comma unico (Attività dimostrativa sul territorio nazionale e/o all'estero), della legge 24 dicembre 1985, n. 808 (Interventi per lo sviluppo e l'accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico) prevede che i mezzi e i materiali realizzati dalle industrie italiane ed acquisiti dallo Stato possono essere messi a disposizione delle stesse industrie per effettuare a titolo oneroso prove dimostrative in occasione di vari eventi, quali ad esempio mostre o visite di alte personalità straniere. Sempre ai sensi del comma 1, sono affidate inoltre, alla società "Difesa servizi Spa", attività di valorizzazione e gestione degli immobili militari. Viene tuttavia esclusa da tale ambito di attività l'alienazione degli immobili medesimi. Tali attività di valorizzazione e di gestione potranno essere svolte anche attraverso accordi con altri soggetti e la stipula di contratti di sponsorizzazione.

A seguito di una novella all'articolo 535 del Codice, intervenuta con la legge di stabilità per l'anno 2015 (legge n. 190 del 2014) è stato specificato che le citate attività negoziali sono svolte attraverso l'utilizzo integrale delle risorse acquisite dalla società, attraverso la gestione economica dei beni dell'Amministrazione della difesa e dei servizi da essa resi a terzi, da considerare aggiuntive rispetto a quelle iscritte nello stato di previsione del dicastero.

La società, che ha sede in Roma, è posta sotto la vigilanza del Ministro della difesa ed ha un capitale sociale stabilito in un milione di euro. Le azioni di "Difesa Servizi Spa" sono interamente sottoscritte dal Ministero della Difesa, che esercita i diritti dell'azionista e determina eventuali successivi aumenti del capitale iniziale per mezzo di decreti del Ministro. La società opera secondo gli indirizzi strategici e i programmi stabiliti con decreto del medesimo Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

Inoltre, la società per azioni espleta funzioni di centrale di committenza per gli acquisti inerenti allo svolgimento dei compiti istituzionali delle Forze armate; è previsto altresì l'espletamento delle predette funzioni di centrale di committenza anche per le altre forze di polizia, previa stipula di apposite convenzioni con le amministrazioni interessate (comma 3).

In base al comma 4 dell'articolo 535, la società, nell'esercizio delle funzioni di centrale di committenza utilizza, come limiti massimi, i parametri di prezzo-qualità, stabiliti nelle convenzioni di cui all'articolo 26 della legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999).

Si tratta di convenzioni con le quali l'impresa fornitrice di beni e servizi prescelta si impegna ad accettare ordinativi ai prezzi e alle condizioni ivi previsti. I contratti così conclusi non sono sottoposti al parere di congruità economica e non richiedono il parere del Consiglio di Stato, ma sono compresi nel controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche ad opera della Corte dei Conti (legge n. 488/1999, art. 26, commi 1 e 2). La stipulazione di contratti in violazione delle convenzioni suddette ovvero dei relativi parametri costituisce causa di responsabilità amministrativa (comma 3 dell'articolo 26 della legge n. 488/1999).

A sua volta il comma 5 ha dettato le disposizioni concernenti lo statuto della società – che, come in precedenza ricordato, è stato approvato con il decreto del Ministro della difesa del 10 febbraio 2011. Ai sensi del comma 5 le successive modifiche allo statuto e le nomine dei componenti degli organi sociali per i successivi periodi sono deliberate a norma del codice civile ed entrano in vigore a seguito dell'approvazione delle stesse con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Il comma 6 prevede alcuni vincoli statutari, tra i quali:

a) il divieto esplicito di cedere le azioni o di costituire su di esse diritti a favore di terzi;

b) la nomina da parte del Ministro della difesa dell'intero consiglio di amministrazione e il suo assenso alla nomina dei dirigenti;

c) le modalità per l'esercizio del «controllo analogo» sulla società, nel rispetto dei princìpi del diritto europeo e della relativa giurisprudenza comunitaria;

d) le modalità per l'esercizio dei poteri di indirizzo e controllo sulla politica aziendale;

e) l'obbligo dell'esercizio dell'attività societaria in maniera prevalente in favore del Ministero della difesa;

f) il divieto di chiedere la quotazione in borsa o al mercato ristretto.

Il comma 7 prevede che la pubblicazione del decreto di approvazione dello statuto nella Gazzetta Ufficiale rispetti gli adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente mentre il  comma 8 destina a riserva gli eventuali utili netti prodotti da "Difesa Servizi Spa", lasciando tuttavia facoltà all'organo amministrativo della società di disporre altrimenti, previa autorizzazione ministeriale, mentre il comma 9 prevede che la società possa sciogliersi solo per legge. Il comma 10 disciplina soprattutto questioni relative al personale dipendente, disponendo innanzi tutto che i rapporti di lavoro siano regolati delle norme di diritto privato e dalla contrattazione collettiva. È consentito avvalersi di personale militare e civile del Ministero della Difesa, anche di livello non dirigenziale, che possieda le specifiche competenze necessarie.

In relazione alla durata della Società l'articolo 3 dello Statuto stabilisce che "la Società è a tempo indeterminato e può essere sciolta per legge o per le altre cause previste dal codice civile".


 

Articolo 212
(Rinnovo parco mezzi destinato ai servizi di trasporto pubblico urbano nel Comune di Taranto)

 

 

L'articolo 212 attribuisce risorse al comune di Taranto al fine di anticipare le misure previste dal Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile, relative al rinnovo del parco mezzi destinato ai servizi di trasporto pubblico urbano, pari a 10 milioni di euro per l’anno 2020 e 10 milioni per l’anno 2021 a valere sulle risorse attribuite al Piano Nazionale Strategico della Mobilità Sostenibile.

 

La norma attribuisce risorse al comune di Taranto al fine di anticipare le misure previste dal Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile, relative al rinnovo del parco mezzi destinato ai servizi di trasporto pubblico urbano, ed in particolare:

§  10 milioni di euro per l’anno 2020

§  e 10 milioni per l’anno 2021

Le risorse sono a valere sulle risorse attribuite al Piano Nazionale Strategico della Mobilità Sostenibile, di cui all’articolo 1, comma 613, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per la parte destinata al finanziamento di progetti sperimentali e innovativi di mobilità sostenibile di cui all’articolo 1, comma 71, della legge n. 205 del 2017. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tiene conto dell’assegnazione di tali risorse nell’ambito del decreto ministeriale di applicazione dell’articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 aprile 2019.

La relazione illustrativa afferma che il Comune di Taranto è uno dei più esposti agli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico per cui si rende estremamente urgente attivare misure atte a ridurre gli impatti delle emissioni inquinanti. Il rinnovo del parco automobilistico con mezzi più sostenibili, obiettivo del Piano Nazionale Strategico della Mobilità Sostenibile, va a garantire in tempi rapidi la sostituzione degli autobus circolanti, responsabili della produzione di emissioni inquinanti, con altri a impatto ambientale estremamente limitato, per rendere le risorse immediatamente erogabili.

Si ricorda che il Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile è destinato al rinnovo del parco autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, alla promozione e al miglioramento della qualità dell'aria con tecnologie innovative, in attuazione degli accordi internazionali sulla riduzione delle emissioni, nonché degli orientamenti e della normativa europea; la relativa emanazione è stata prevista dalla legge di Bilancio 2017 (articolo 1, commi 613- 615, della L. 232/2016)  con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il citato comma 613 della  legge di Bilancio 2017 ha disposto l'incremento delle risorse attribuite al Fondo mezzi, di cui all'articolo 1, comma 866, della legge n. 208 del 2015 di 200 milioni di euro per il 2019 e di 250 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033, per un totale di 3,7 miliardi €, e ne ha esteso le finalità al finanziamento delle infrastrutture tecnologiche di supporto, per le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici, finalizzando tali risorse alla realizzazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile. Inoltre ha previsto che nell'ambito del Piano Strategico si definisca un programma di interventi finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, attraverso il sostegno agli investimenti produttivi finalizzati alla transizione verso forme produttive più moderne e sostenibili, con particolare riferimento alla ricerca e allo sviluppo di modalità di alimentazione alternativa, per il quale è stata autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2017 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019. Per approfondimenti, anche in ordine al quadro degli stanziamenti, si veda il tema web a cura della Camera.

Si ricorda che con il citato Dpcm 17 aprile 2019 è stato adottato il Piano Strategico Nazionale della Mobilità Sostenibile, previsto dalla legge di Bilancio 2017 (articolo 1, commi 613- 615, della L. 232/2016) e che in base a tale norma è destinato al rinnovo del parco degli autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, alla promozione e al miglioramento della qualità dell'aria con tecnologie innovative (quindi mezzi meno inquinanti, elettrici, a metano o a idrogeno), in attuazione degli accordi internazionali nonché degli orientamenti e della normativa comunitaria, nonché al finanziamento delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici. L'articolo 4 del Dpcm in questione è relativo alla formazione delle graduatorie di Comuni e Città metropolitane con più di 100.000 abitanti. Nel relativo comunicato del Mit si evidenzia che le risorse del Piano vengono erogate in 3 periodi quinquennali a partire dal 2019, in base a criteri prefissati (che terranno conto ad esempio del numero di passeggeri trasportati e del numero di mezzi circolanti) su tre graduatorie distinte: una per i comuni capoluogo di città metropolitane e Comuni capoluogo di provincia ad alto inquinamento di PM10 e biossido di azoto (a cui verranno assegnati limitatamente al primo quinquennio di applicazione 398 milioni di euro); una per i comuni e le città metropolitane con più di 100.000 abitanti (a cui andrà 1,1 miliardi  di euro); una per le Regioni (a cui verranno ripartiti 2,2 miliardi di euro). Le risorse assegnate nel primo triennio, sino al 50% del contributo concesso, potranno essere destinate alla realizzazione della rete infrastrutturale per l'alimentazione alternativa (es. metano, idrogeno, elettrica).

È inoltre intervenuto il decreto interministeriale, approvato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, e dal Ministero dell’economia e delle finanze, che assegna alle Regioni 2,2 miliardi di euro per favorire la sostituzione dei vecchi autobus con nuovi veicoli tecnologicamente più avanzati e a basso impatto ambientale. Lo stanziamento prevede, tra l'altro, che alle regioni del Sud sia destinato circa il 35% delle risorse stanziate e viene stabilito che le risorse assegnate nel primo triennio, sino al 50% del contributo concesso, possano essere destinate alla realizzazione della rete infrastrutturale per l’alimentazione alternativa. Sul sito del Mit le relative tabelle di ripartizione.

 


 

Articolo 213
(Finanziamento del sistema bus
rapidtransit)

 

 

L'articolo 213 autorizza la spesa di 130 milioni di euro in favore del comune di Taranto per la realizzazione di un sistema innovativo di bus rapidtransit, ivi comprese le attività di progettazione e altri oneri tecnici, modulando le relative risorse negli anni dal 2020 al 2024.

 

La norma autorizza la spesa di 130 milioni di euro in favore del comune di Taranto per la realizzazione di un sistema innovativo di bus rapidtransit, ivi comprese le attività di progettazione e altri oneri tecnici; le risorse sono così modulate:

§  - 5 milioni per l’anno 2020

§  - 10 milioni per l’anno 2021

§  - 35 milioni per l’anno 2022

§  - 40 milioni per l’anno 2023

§  - e 40 milioni per l’anno 2024.

Nell’ambito dell’autorizzazione di spesa sono quindi ricomprese anche le attività di progettazione e altri oneri tecnici.

Si indica il fine di ridurre la congestione nel comune di Taranto e nelle aree limitrofe, agevolando la mobilità dei cittadini.

Agli oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato, di cui all’articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2018, n.145, relativamente alle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il finanziamento dei sistemi di trasporto rapido di massa.

 

Il bus rapid transit (BRT) o autobus a trasporto rapido è una categoria che indica una varietà di sistemi di trasporto pubblici che utilizzano autobus o autobus a guida automatica per fornire un servizio più rapido rispetto al sistema di trasporto tradizionale su gomma. In vari paesi sono stati sviluppati sistemi BRT con filobus, autobus ibridi o totalmente elettrici, riducendo per l'effetto l'inquinamento atmosferico. In relazione al BRT, caratteristica fondamentale è la realizzazione di linee dedicate agli autobus separate dal resto del traffico, al fine della garanzia di standard di sicurezza e nell'ottica della rapidità. Con riferimento alla città di Taranto e alla relativa mobilità cittadina ridisegnata dal PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, un tavolo tecnico starebbe definendo, secondo quanto riportato dai mezzi stampa, due linee di bus elettrici a transito rapido (blu e rossa) in relazione ad un apposito bando che finanzierà la linea.

Il comma 95 della legge 30 dicembre 2018, n.145, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese con una dotazione di 740 milioni di euro per l'anno 2019, di 1.260 milioni di euro per l'anno 2020, di 1.600 milioni di euro per l'anno 2021, di 3.250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, di 3.300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028 e di 3.400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2029 al 2033. Ai sensi del co. 96 della medesima legge di bilancio una quota del fondo di cui al comma 95 è destinata alla realizzazione, allo sviluppo e alla sicurezza di sistemi di trasporto pubblico di massa su sede propria. A valere sul fondo di cui al comma 95, sono state destinate al prolungamento della linea metropolitana 5 (M5) da Milano fino al comune di Monza risorse pari ad almeno 15 milioni di euro per il 2019, 10 milioni di euro per il 2020, 25 milioni di euro per il 2021, 95 milioni di euro per il 2022, 180 milioni di euro per il 2023, 245 milioni di euro per il 2024, 200 milioni di euro per il 2025, 120 milioni di euro per il 2026 e 10 milioni di euro per il 2027. Si ricorda che il D.L. n. 18 del 2020 recante Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (Cura Italia), all'Art. 94-bis recante Disposizioni urgenti per il territorio di Savona a seguito degli eccezionali eventi atmosferici del mese di novembre 2019 ha rideterminato la suddetta autorizzazione di spesa di cui al comma 95, operando a valere delle relative risorse.

La relazione illustrativa afferma che il nuovo sistema di bus rapidtransit essendo costituito da una serie di interventi (realizzazione corsie riservate, impianti di fermata, sistemi di priorità semaforica) che comporteranno una razionalizzazione della rete di autobus urbani e una drastica riduzione del trasporto su mezzo privato, permetterà la conseguente riduzione della congestione stradale ed abbattimento delle emissioni inquinanti.


 

Articolo 214, commi 1 e 2
(Contributo straordinario a compensazione
dei minori incassi ANAS)

 

 

L’articolo 214, commi 1 e 2, introduce un contributo straordinario a favore dell’ANAS, a compensazione della diminuzione degli introiti del canone sui pedaggi delle concessionarie autostradali causata dalla riduzione della circolazione autostradale conseguente alle misure di contenimento dell'emergenza COVID-19. A tal fine viene autorizzata la spesa massima di 25 milioni di euro annui dal 2021 al 2034 e demandata la determinazione esatta della compensazione ad un apposito decreto ministeriale emanato sulla base della rendicontazione fornita dall’ANAS.

 

Il comma 1 introduce un contributo straordinario, a favore dell’ANAS, a compensazione della diminuzione degli introiti, relativi al 2020, del canone sui pedaggi delle concessionarie autostradali causata dalla riduzione della circolazione autostradale conseguente alle misure di contenimento e prevenzione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Tale canone annuo è stato istituito dall’art. 10, comma 3, della legge 537/1993. In base a tale disposizione, a decorrere dal 1° gennaio 1994, gli enti concessionari di autostrade sono tenuti a corrispondere allo Stato un canone annuo, la cui misura è stata più volte modificata: dal comma 1020 della L. 296/2006, dall’art. 19, comma 9-bis, del D.L. 78/2009 e dall’art. 15, comma 4, del D.L. 78/2010.

Il citato comma 1020 ha fissato la misura del canone annuo al 2,4% dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari. Il 21% di tale canone (percentuale fissata dal comma 362 della L. 190/2014) è corrisposto direttamente all’Anas che lo destina prioritariamente alle sue attività di vigilanza e controllo.

Come ricordato nella relazione della Corte dei conti sulle concessionarie autostradali (delibera 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G), il canone sui pedaggi è corrisposto “in unica soluzione, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento. A tal fine, si provvede a richiedere la certificazione degli introiti e copia della quietanza di versamento della quota dello Stato. Inoltre, viene richiesta ad Anas conferma dei pagamenti ricevuti”.

L’art. 19, comma 9-bis, del D.L. 78/2009 ha incrementato il canone in questione, incorporandovi un sovrapprezzo sui pedaggi (in precedenza previsto dal comma 1021 della L. 296/2006, abrogato dal comma 9-bis). Tale sovrapprezzo è calcolato sulla percorrenza chilometrica di ciascun veicolo che ha fruito dell’infrastruttura autostradale, pari a 3 millesimi di euro a km per i veicoli leggeri e a 9 millesimi a km per i veicoli pesanti. Tali risorse, per espressa previsione del comma 9-bis, sono destinate alla manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché all’adeguamento e al miglioramento delle strade e delle autostrade in gestione diretta, riducendo corrispondentemente i trasferimenti dello Stato all’Anas a titolo di corrispettivo del contratto di programma (parte servizi). Lo stesso comma prevede che i concessionari recuperino il suddetto importo mediante l’equivalente incremento della tariffa di competenza non soggetto a canone.

Il comma 4 dell’art. 15 del D.L. 78/2010 ha successivamente previsto un ulteriore aumento della misura del canone annuo corrisposto all’ANAS dai concessionari autostradali dei seguenti importi calcolati sulla percorrenza chilometrica: 1 millesimo di euro a km per i veicoli leggeri e 3 millesimi di euro a km per i veicoli pesanti a decorrere dal 1° luglio 2010; 2 millesimi di euro a km per i veicoli leggeri e a 6 millesimi di euro a km per quelli pesanti a decorrere dal 1° gennaio 2011.

Nel bilancio ANAS 2018 le entrate derivanti dal canone, in virtù del disposto del comma 1020 della L. 296/2006, sono state pari a circa 29 milioni di euro, mentre le entrate derivanti dalle integrazioni al canone (disposte con i decreti-legge 78/2009 e 78/2010) sono state pari a circa 660 milioni di euro.

 

Per la prevista compensazione, il comma in esame autorizza la spesa complessiva massima di 350 milioni di euro (25 milioni di euro annui dal 2021 al 2034).

 

Il comma 2 prevede che la compensazione di cui trattasi è determinata, nei limiti degli stanziamenti annuali autorizzati dal comma 1, con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che dovrà essere emanato, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 31 marzo 2021.

Lo stesso comma precisa che l’emanazione dovrà avvenire previa acquisizione, entro il 31 gennaio 2021, di una rendicontazione fornita dall’ANAS sulla riduzione delle entrate in questione per il periodo interessato dalle misure di contenimento e prevenzione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, riferita al differenziale per lo stesso periodo del livello della circolazione autostradale tra gli anni 2019 e 2020.


 

Articolo 214, commi 3-7
(Contributi alle imprese ferroviarie per i servizi
non sottoposti ad obblighi di servizio pubblico)

 

 

L’articolo 214 commi 3-7, prevede un contributo alle imprese ferroviarie per i servizi di trasporto passeggeri e merci in regime di libero mercato per compensare gli effetti economici subiti direttamente imputabili dall’emergenza COVID-19. A tal fine viene autorizzata una spesa complessiva 1 miliardo e 190 milioni di euro (ripartiti negli anni dal 2020 al 2034). Con un apposito decreto ministeriale saranno determinate le modalità con le quali le imprese ferroviari dovranno rendicontare gli effetti economici imputabili all’emergenza.

 

Il comma 3 autorizza una spesa di 70 milioni di euro per l’anno 2020 e di 80 milioni di euro annui dal 2021 al 2034 (per un totale appunto di 1 miliardo e 190 milioni di euro) al fine di sostenere le imprese che effettuano servizi di trasporto ferroviario di passeggeri e merci non soggetti a obblighi di servizio pubblico per gli effetti economici subiti direttamente imputabili dall’emergenza COVID-19 registrati a partire dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 luglio 2020.

 

Il comma 4 prevede che le modalità di rendicontazione degli effetti economici siano definite con un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto-legge in commento.

Il citato comma stabilisce inoltre il termine, fissato al 30 settembre 2020, in cui le imprese procedono a rendicontare gli effetti economici sopra indicati.

 

Il comma 5 prevede che il complesso delle risorse (ossia l’intera cifra di 1 miliardo e 190 milioni di euro, come ripartita per annualità ai sensi del comma 3) sia assegnata alle imprese beneficiarie con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 31 dicembre 2020.

 

Il comma 6 subordina l’erogazione dei fondi assegnati alla dichiarazione di compatibilità da parte della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

 

L’articolo 108, comma 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea prevede che siano comunicati alla Commissione europea, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, la Commissione inizierà senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

La Commissione europea ha emanato la Comunicazione C(2020)1863 (GU C 91I, 20.3.2020) avente ad oggetto il “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del  COVID-19” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 20 marzo 2020, modificato poi dalla Comunicazione 2020/C 112 I/01 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 4 aprile 2020 e dalla Comunicazione 2020/C 164/03 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 maggio 2020.

 

Il comma 7 dispone che, con riguardo alla copertura finanziaria dell’intervento, si provveda ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda si rinvia per approfondimenti).


 

Articolo 215
(Misure di tutela per i pendolari di trasporto ferroviario e TPL)

 

 

L’articolo 215 prevede il ristoro a chi non abbia potuto usufruirne, in tutto o in parte, durante il periodo interessato dalle limitazioni per il contrasto al Covid-19, dei titoli di viaggio e degli abbonamenti ferroviari o di trasporto pubblico locali, tramite l’emissione di un voucher o con il prolungamento dell’abbonamento.

 

In dettaglio il comma 1 dispone che i vettori possano scegliere una delle seguenti modalità di ristoro:

a) emissione di un voucher di importo pari all'ammontare del titolo di viaggio, compreso l’abbonamento, da utilizzare entro un anno dall'emissione;

b) prolungamento della durata dell’abbonamento per un periodo corrispondente a quello durante il quale non ne è stato possibile l’utilizzo.

 

Per quanto riguarda i soggetti interessati, mentre la rubrica dell’articolo fa riferimento ai pendolari, l’articolato fa più genericamente riferimento alla mancata utilizzazione di titoli di viaggio, senza identificare specifiche tipologie di soggetti. I soggetti interessati potranno pertanto accedere alla richiesta di ristoro qualora:

a) possiedano un titolo di viaggio, compresi gli abbonamenti, ferroviari o di trasporto pubblico locale in corso di validità durante il periodo interessato dalle misure governative per il contrasto all’epidemia di Covid-19, di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri attuativi dei decreti legge 23 febbraio 2020, n. 6, e 25 marzo 2020, n. 19;

b) dichiarino al vettore, sotto propria responsabilità, con autocertificazione, ai sensi dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di non aver potuto utilizzare, in tutto o in parte, il titolo di viaggio a causa delle citate misure governative.

Il comma 2 detta le modalità da seguire per la richiesta. Occorre:

§   comunicare al vettore il ricorrere delle situazioni di cui al comma 1, quindi di non aver potuto utilizzare in tutto o in parte il titolo di viaggio, all’interno del periodo in questione;

§  allegare la documentazione comprovante il possesso del titolo di viaggio valido nel periodo interessato dalle misure di contenimento dell’emergenza;

§  allegare l'autocertificazione di non aver potuto utilizzare in tutto o in parte il titolo di viaggio a causa delle misure di contenimento.

 

Il comma 3 prevede che entro tenta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 2, il vettore proceda al ristoro, scegliendo una delle modalità previste.

 

Per quanto riguarda la copertura finanziaria di tali disposizioni, l’articolo 200 del presente decreto legge prevede che il Fondo di 500 milioni di euro ivi istituito, per compensare gli operatori di servizio di trasporto pubblico regionale e locale passeggeri dei minori ricavi tariffari, sia destinato anche, nei limiti delle risorse disponibili, alla copertura degli oneri derivanti dalle misure previste dall’articolo 215.

 


 

Capo IV -  Misure per lo sport

Articolo 216, commi 1 e 2
(Disposizioni in tema di impianti sportivi)

 

 

L’articolo 216 consente alle federazioni sportive nazionali, agli enti di promozione sportiva, alle società e alle associazioni sportive, innanzitutto (comma 1) di sospendere fino al 30 giugno 2020 il versamento dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali. I canoni possono essere versati in un'unica soluzione entro il 31 luglio 2020 ovvero rateizzati fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di luglio 2020.

Inoltre (comma 2), l'articolo dispone che le parti dei rapporti di concessione in godimento, comunque denominati, o di gestione degli impianti sportivi pubblici possono concordare tra loro, su richiesta del concessionario, la revisione dei rapporti concessori in scadenza entro il 30 luglio 2023, mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziarie originariamente pattuite, anche attraverso la proroga della durata del rapporto.

 

In particolare il comma 1 dispone la proroga dal 31 maggio al 30 giugno 2020 della sospensione dei termini per il pagamento dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali prevista dal decreto-legge n. 18 del 2020, articolo 95, comma 1, per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le società e associazioni sportive, professionistiche e dilettantistiche, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato. La sospensione decorre dal 17 marzo 2020, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 18.

Il medesimo comma 1 dispone altresì la proroga dal 30 giugno al 31 luglio 2020 del termine per i versamenti in un'unica soluzione dei canoni, senza applicazione di sanzioni ed interessi, prevista dal medesimo decreto-legge n. 18 del 2020, articolo 95, comma 1. In alternativa, si prevede la facoltà di rateizzare il versamento fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di luglio 2020 (anziché 5 rate a decorrere dal mese di giugno, come previsto dal decreto-legge n. 18)

 

Con il D.P.C.M. 9 marzo 2020, attuativo del decreto-legge n. 6 del 2020, sono state estese per la prima volta a tutto il territorio nazionale le misure previste dal D.P.C.M. 8 marzo 2020 inizialmente solo per alcune zone, e in particolare (articolo 1, comma 1, lettera s), del D.P.C.M. 8 marzo) - per quanto qui di interesse - la sospensione delle attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori. Il D.P.C.M. 9 marzo 2020 è entrato in vigore il 10 marzo 2020.

Successivamente il decreto-legge n. 19 del 2020 (in fase di conversione presso le Camere, A.C. 2447 - A.S. 1811), all'articolo 1, ha previsto la possibilità di adottare specifiche misure per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, tra cui per quanto di interesse:

-       la limitazione o sospensione di eventi e competizioni sportive di ogni ordine e disciplina in luoghi pubblici o privati, ivi compresa la possibilità di disporre la chiusura temporanea di palestre, centri termali, sportivi, piscine, centri natatori e impianti sportivi, anche se privati, nonché di disciplinare le modalità di svolgimento degli allenamenti sportivi all'interno degli stessi luoghi (articolo 1, comma 2, lettera m));

-       la limitazione o sospensione delle attività ludiche, ricreative, sportive motorie svolte all'aperto o in luoghi aperti al pubblico (articolo 1, comma 2, lettera n)).

 

L'articolo 2, comma 1 e 2, del decreto-legge n. 19 del 2020 indica le modalità di attuazione delle summenzionate misure di contenimento.

In attuazione, è intervenuto da ultimo il D.P.C.M. 26 aprile 2020, efficace a partire dal 4 maggio 2020, che ha confermato - fino al 17 maggio 2020 - la sospensione delle  attività  di  palestre, centri  sportivi, piscine, centri natatori (articolo 1, comma 1, lettera u)).

Dal 18 maggio 2020, con il decreto-legge n. 33 del 2020 sono state date le prime indicazioni per un graduale allentamento delle misure di contenimento, efficaci fino al 31 luglio 2020, demandando ad ulteriori provvedimenti attuativi, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, il dettaglio degli interventi, anche a seguito delle Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province  autonome del 16 maggio 2020. Il D.P.C.M. 17 maggio 2020, attuativo sia del decreto-legge n. 19 del 2020 sia del decreto-legge n. 33 del 2020 ed efficace fino al 14 giugno 2020, ha stabilito, per quanto qui di interesse:

-       la ripresa dell'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere svolte presso palestre, piscine, centri e circoli sportivi, pubblici e privati, ovvero presso altre strutture, nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, a decorrere dal 25 maggio 2020, ferme restando decisioni diverse delle Regioni. A tali fini, sono emanate linee guida a cura dell'Ufficio per lo Sport (articolo 1, comma 1, lettera f));

-       la ripresa dell'attività sportiva o motoria all'aperto, anche presso aree attrezzate e parchi pubblici (articolo 1, comma 1, lettera d));

-       la sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati (articolo 1, comma 1, lettera e)), fatte salve disposizioni specifiche per l'allenamento degli atleti.

 

Nella relazione illustrativa e tecnica, il Governo chiarisce che la norma intende agevolare le associazioni e società sportive, professionistiche e dilettantistiche, che operano sull’intero territorio nazionale, affidatarie di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali, che nel periodo in considerazione sono rimasti inutilizzati.

Richiamando le rilevazioni del Comitato olimpico nazionale (CONI) e dell’Istituto per il credito sportivo (ICS), il Governo indica in circa 76.000 unità il numero totale degli impianti pubblici censiti, di cui 2/3 (circa 51.000 unità) sarebbero di proprietà pubblica e il restante 1/3 (circa 25.000 unità) di proprietà privata.

A eccezione dello Stadio Olimpico e del Foro Italico, che risultano di pertinenza statale (il primo di proprietà della struttura operativa Sport e Salute S.p.a. e il secondo dato in usufrutto a Sport e Salute S.p.a.), la stragrande maggioranza di questi impianti è di proprietà di enti territoriali. Peraltro, non tutti gli impianti in esame sono dati in concessione onerosa: molti di essi sarebbero infatti affidati (in diritto di superficie, ad esempio) senza alcuna controprestazione, esclusi ovviamente gli oneri di manutenzione.

Quanto all'ammontare dei canoni di utilizzazione, citando una sommaria classificazione prodotta da Fitness Network Italia, dividendo per cluster di impianti grandi e piccoli-medi, pubblici e privati, la relazione stima un impatto mensile della disposizione non superiore a 200 milioni di euro per canoni di concessione e affitto.

Questo dato viene scomposto in termini dimensionali.

Il costo medio di concessione di un impianto di media grandezza è di circa 4.000 euro mensili.

Per l’impiantistica sportiva di maggiore dimensione, relativa alle attività sportive professionistiche di calcio e basket, viene riportato dalla relazione il seguente quadro di sintesi.

 

CALCIO

 

Stadi Serie A:

Atalanta e Sassuolo (a Reggio Emilia) di proprietà

Juventus, Udinese e Frosinone diritto di superficie (canone pagato alla società di scopo)

Roma e Lazio (Olimpico, proprietà Sport e Salute)

tutti gli altri di proprietà comunale

Per gli tali impianti la relazione stima un canone di concessione o affitto medio pari a circa 100.000 euro al mese per ognuno dei club.

 

Stadi Serie B:

tutti di proprietà comunale

Per tali impianti, invece, la relazione stima un canone di concessione o affitto medio pari a circa 20.000 euro al mese per ognuno dei 20 club.

 

Stadi Serie C/Lega Pro:

- tutti di proprietà comunale

Per tali impianti, invece, la relazione stima un canone di concessione o affitto medio pari a circa 5.000 euro al mese per ognuno dei 60 club.

 

BASKET

 

Palazzetti Serie A e Serie A2:

- tutti di proprietà comunale

Si stima un canone di concessione o affitto medio di 15.000 euro al mese per ognuno dei 17 club A, nonché di 5.000 euro al mese per ognuno dei 28 club A2.

Su queste basi, tenuto conto che il differimento dei versamenti è comunque previsto nello stesso anno di bilancio, non risultano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 2 dispone che le parti dei rapporti di concessione in godimento, comunque denominati, o di gestione degli impianti sportivi pubblici possono concordare tra loro, ove il concessionario ne faccia richiesta, la revisione dei rapporti concessori in scadenza entro il 30 luglio 2023, mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziarie originariamente pattuite, anche attraverso la proroga della durata del rapporto.

Tale facoltà è concessa, in ragione della sospensione delle attività sportive disposta con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri attuativi dei decreti- legge n. 6 e n. 19 del 2020, allo scopo di favorire il graduale recupero dei proventi non incassati e l’ammortamento degli investimenti effettuati o programmati.

La revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all’operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto di concessione.

In caso di mancato accordo, le parti possono recedere dal contratto.

In tale caso, il concessionario ha diritto al rimborso del valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l’opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, dei costi effettivamente sostenuti dal concessionario, nonché delle penali e degli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza dello scioglimento del contratto.

 

Nella relazione illustrativa e tecnica, il Governo chiarisce che la disposizione è stata caldeggiata da diversi enti territoriali sulla scorta delle seguenti ragioni:

-       dal giorno della chiusura degli impianti sportivi, la maggior parte degli introiti derivanti dall’attività sportiva a favore di terzi è venuta meno, mentre i gestori dovranno comunque fronteggiare rilevanti spese fisse quali utenze, canoni di concessione, tasse e, in alcuni casi, anche compensi per i vari collaboratori sportivi;

-       considerato che la stagione sportiva 2019/2020 deve considerarsi oramai compromessa, per i gestori si pone la necessità di rimodulare la programmazione per la nuova stagione sportiva;

-       gli operatori dei centri sportivi dovranno presumibilmente anche affrontare maggiori spese di riqualificazione degli impianti sportivi per garantire le condizioni minime di sicurezza tra gli utenti, ivi inclusa una possibile riduzione del numero delle presenze all’interno degli impianti sportivi.

 

Costituisce dunque interesse economico generale quello di agevolare il riequilibrio economico-finanziario dei bilanci dei soggetti concessionari le cui convenzioni scadranno entro il 31 luglio 2023 (entro cioè tre anni dalla data di cessazione dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020). Per i rapporti concessori più lunghi il Governo ritiene che le diseconomie determinate dalla emergenza COVID-19 potranno essere nel tempo “assorbite” attraverso piani di recupero e di miglioramento dell'efficienza adottati autonomamente dal gestore.


 

Articolo 216, comma 3
(Riduzione dei canoni di locazione per palestre,
piscine e impianti sportivi)

 

 

L’articolo 216, comma 3, prevede una riduzione, limitatamente alle mensilità da marzo a luglio 2020, dei canoni di locazione di palestre, piscine e ogni altro impianto sportivo.  

 

La disposizione prevede che la sospensione delle attività sportive si consideri sempre valutata, ai sensi degli articoli 1256, 1464, 1467 e 1468 del codice civile, come fattore di sopravvenuto squilibrio dell’assetto di interessi pattuito con il contratto di locazione di palestre, piscine e impianti sportivi di ogni tipo[35]. A motivo di tale squilibrio si riconosce al conduttore il diritto, limitatamente alle cinque mensilità da marzo 2020 a luglio 2020, ad una corrispondente riduzione del canone locatizio che, salva la prova di un diverso ammontare a cura della parte interessata, si presume pari al cinquanta per cento del canone contrattualmente stabilito.

 

L’art. 1256 c.c. stabilisce che l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diviene impossibile. L'impossibilità sopravvenuta non imputabile al debitore costituisce un modo di estinzione della obbligazione diverso dall'adempimento, di tipo non satisfattorio. Requisiti della impossibilità sopravvenuta quale causa estintiva della obbligazione sono da un lato la sopravvenienza, nel senso che l'impossibilità deve essere connessa ad eventi che si siano verificati in epoca successiva alla costituzione del rapporto obbligatorio e deve riguardare la prestazione e, dall'altro,

Tra le cause invocabili ai fini della richiamata “impossibilità della prestazione” - che fungono da esimente della responsabilità del debitore a prescindere dalle previsioni contrattuali in essere - rientrano gli ordini o i divieti sopravvenuti dell’autorità amministrativa c.d. “factum principis”, ovvero i provvedimenti legislativi o amministrativi, dettati da interessi generali, che rendano impossibile la prestazione, indipendentemente dal comportamento dell’obbligato. In proposito è opportuno rilevare che secondo la giurisprudenza – l’impossibilità nell’adempimento contrattuale non può essere invocata qualora il factum principis sia «ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione» ovvero «rispetto al quale non abbia sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza della pubblica amministrazione» (Cass. Civ., Sez. III, n. 14915 del 08.06.2018). Nel caso invece, dell’ impossibilità temporanea, l’art. 1256 c.c. si limita ad escludere, fino a quando tale impossibilità persiste, la responsabilità del debitore per il ritardo nell’adempimento. Ne deriva, in via generale, che il debitore, venuta meno la suddetta impossibilità, è obbligato sempre ad eseguire la prestazione, indipendentemente da un suo diverso interesse economico che può, eventualmente, far valere sotto il profilo dell’eccessiva onerosità sopravvenuta.

 

Se in linea generale (art. 1258 c.c.) l'impossibilità parziale della prestazione non estingue l'obbligazione e il debitore è liberato se esegue la prestazione per la parte che è rimasta, nei contratti a prestazioni corrispettiva l’articolo 1464 del codice civile introduce un correttivo, legittimando il creditore a pretendere una corrispondente riduzione della propria prestazione o a recedere dal contratto, ove non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale.

Ai sensi dell’articolo 1467 del codice civile nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta, al momento dell'esecuzione, eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari o imprevedibili, comunque non imputabili al contraente, la parte tenuta a tale prestazione può domandare la risoluzione, sempre che la sopravvenuta onerosità non rientri nell'alea del normale contratto. L’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per poter dar luogo quindi alla risoluzione del contratto richiede due requisiti: un intervenuto squilibrio tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto e la riconducibilità della eccessiva onerosità ad “eventi straordinari ed imprevedibili”, che non rientrano nell’ambito della normale alea contrattuale. In particolare, il carattere della “straordinarietà” deve essere valutato in modo oggettivo, dovendosi qualificare in base alla frequenza dell’evento, alle dimensioni, all’intensità ecc.; l’“imprevedibilità” ha natura, invece, soggettiva, «facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza» Si vedano Cass. Civ. n. 22396 del 19.10.2006 e Trib. Roma, Sez. II, n. 7407 del 13.04.2017. Ne consegue quindi che la domanda di risoluzione di un contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione deve essere corredata dalla rigorosa prova del fatto la cui sopravvenienza abbia «determinato una sostanziale alterazione delle condizioni del negozio originariamente convenuto tra le parti e della riconducibilità di tale alterazione a circostanze assolutamente imprevedibili» (si veda Trib. Milano, Sez. Spec. Impr., n. 8878 del 03.07.2014).

Nei contratti "con obbligazioni di una sola parte", invece, diversamente dall'articolo1464, il codice civile (art. 1468) concede alla parte eccessivamente onerata come unico rimedio la modifica del regolamento negoziale. Sempre in base all'articolo 1468 c.c. l'eccessiva onerosità deve essere valutata raffrontando il valore originario della prestazione con quello che la stessa ha assunto al momento dell'esecuzione.

Con particolare riguardo ai contratti di locazione, è opportuno ricordare che l’articolo 1571 c.c definisce la locazione come il contratto con cui una parte, il locatore, si obbliga a far godere all'altra parte, il conduttore o locatario, un bene mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo (il canone locatizio). Oltre alla disciplina codicistica la materia locatizia è regolata anche dalla normativa speciale dettata dalla legge 27 luglio 1978 n. 392 (cosiddetta “legge sull’equo canone”) e dalla legge 9 dicembre 1998 n. 431 (recante Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo).

 

Per contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica ad alcuni soggetti esercenti attività d’impresa l'art. 65, comma l il decreto-legge n. 18 del 2020 (conv. legge n. 27 del 2020) ha riconosciuto una agevolazione sotto forma di credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione, per il mese di marzo 2020 a favore soltanto dei conduttori di locali commerciali rientranti nella categoria catastale C/1, tra cui non rientrano gli impianti sportivi. Il decreto-legge n. 18 ha comunque lasciato impregiudicata la questione se la legge civile attribuisca al conduttore il diritto ad una riduzione del canone (ed eventualmente ad un esonero dal relativo pagamento) relativamente al periodo di tempo in cui egli sia stato costretto, per factum principis, a tenere chiusa la sua attività commerciale.

A legislazione vigente l’indisponibilità dei locali per effetto delle misure di contenimento dell’epidemia, non legittima il conduttore dall’ astenersi dal versare il canone, né dal ridurlo unilateralmente rispetto all’importo contrattualmente convenuto. Secondo la giurisprudenza, infatti, l’autoriduzione del canone da parte del conduttore è un fatto arbitrario ed illegittimo; neppure l’art. 1578 c.c., comma 1, c.c. – che prevede la possibilità del conduttore di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo in presenza di un inadempimento del locatore, consistente in un vizio della cosa locata che ne diminuisca l’idoneità all’uso pattuito – facoltizza il conduttore di operare detta autoriduzione.

A ciò si aggiunga che, con riguardo alla situazione emergenziale attuale, il mancato godimento dei locali oggetto di locazione non è certo ricollegabile ad alcun inadempimento del locatore (come invece presuppone la norma di cui all’art. 1578 c.c), bensì deriva da una causa di forza maggiore, sub specie di factum principis, e dunque non legittima in alcun modo il conduttore a sospendere o ridurre il canone di locazione, avvalendosi dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.

 

L'articolo 216, comma 3, qui in commento, di fatto - come evidenzia la relazione illustrativa - introduce un rimedio "conservativo" azionabile dal locatore "per ricondurre il rapporto all' equilibrio originariamente pattuito, consistente del diritto alla riduzione del canone locatizio mensile per tutto il periodo in cui, per il rispetto delle misure di contenimento, sono stati di fatto privati del godimento degli immobili locali".

L'assegnazione di un rimedio conservativo "appare giustificato alla luce delle seguenti considerazioni:

a)   il conduttore ha un forte interesse a mantenere in vita il contratto in ragione della «specificità ubicativa» dell'impianto sportivo e del rischio di non ricollocabilità altrove della sua attività;

b)   il locatore non ha alcun apprezzabile interesse a rifiutare la revisione, poiché da tale rimedio non subisce un pregiudizio che, in questa fase, potrebbe scongiurare ricorrendo al mercato".

Tale disposizione - precisa sempre la relazione - si applica a decorrere dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri attuativi dei decreti legge 23 febbraio 2020, n. 6, e 25 marzo 2020, n. 19, e dunque disciplina effetti di fatti verificatisi (anche) nel passato. La limitata retroattività della disposizione (da marzo 2020 a luglio 2020) appare rispondere ai parametri di riferimento dello scrutinio di non arbitrarietà e ragionevolezza elaborati dalla giurisprudenza costituzionale, e segnatamente: i) l'esistenza di una inderogabile esigenza normativa; ii) la proporzionalità tra il peso imposto ai destinatari della norma e il fine perseguito dal legislatore (sentenza n. 203 del 2016).

 

Sulla sospensione delle attività sportive si veda la scheda di lettura relativa all'articolo 216, commi 1 e 2.


 

Articolo 216, comma 4
(Rimborso degli abbonamenti per l'accesso a impianti sportivi)

 

 

L'articolo 216, comma 4, consente il rimborso per gli abbonamenti relativi all'accesso a impianti sportivi, a causa della sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta alla sospensione delle attività sportive, disposta dalle misure di contenimento del virus COVID-19. Il rimborso può consistere, in alternativa alla restituzione del corrispettivo, nella emissione di un voucher di pari valore.

 

In dettaglio, la disposizione stabilisce che, a seguito della sospensione delle attività sportive disposta con i D.P.C.M. attuativi dei DD.LL. 6/2020 (L. 13/2020) e 19/2020, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di abbonamento per l'accesso a palestre, piscine e impianti sportivi, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1463 del codice civile.

In base al principio generale di cui all'articolo 1463 del codice civile, nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.

 

Per la ricostruzione dei diversi provvedimenti con cui è stata disposta la sospensione delle attività sportive a seguito dell'emergenza da COVID-19 e poi la successiva ripresa a partire dal 25 maggio 2020, si rinvia alla scheda di lettura relativa all'art. 216, commi 1 e 2.

 

La disposizione stabilisce che la sopravvenuta impossibilità della prestazione ricorre dalla data di entrata in vigore dei citati provvedimenti attuativi dei DD.LL. 6/2020 e 19/2020. Parrebbe dunque che il termine iniziale di decorrenza dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione - dal quale dovrebbe sorgere il diritto al rimborso - sia da riferire alla data di efficacia del primo dei provvedimenti che ha previsto la sospensione delle citate attività, ossia il D.P.C.M. 9 marzo 2020, divenuto efficace dal 10 marzo 2020. Si valuti l'opportunità di un chiarimento.

 

La conseguenza della sopravvenuta impossibilità della prestazione ai sensi dell'art. 1463 del codice civile è il rimborso di quanto corrisposto in relazione ai contratti di abbonamento. Parrebbe dunque che il rimborso non possa essere esteso a quanto corrisposto per il pagamento di singole mensilità. Si valuti l'opportunità di un chiarimento.

I soggetti acquirenti possono presentare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, istanza di rimborso del corrispettivo già versato per tali periodi, allegando il relativo titolo di acquisto o la prova del versamento effettuato.

Il gestore dell’impianto sportivo, entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di rimborso, in alternativa al rimborso del corrispettivo, può rilasciare un voucher di pari valore incondizionatamente utilizzabile presso la stessa struttura entro un anno dalla cessazione delle predette misure di sospensione dell’attività sportiva. Si valuti l'opportunità di specificare se il rimborso alternativo a mezzo voucher sia rimesso alla discrezionalità del venditore ovvero richieda il consenso dell'avente titolo al rimborso.

Si segnala che gli artt. 88 (oggetto di novella dall'art. 183, co. 11, del provvedimento in esame) e 88-bis del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) prevedono una disciplina analoga a quella in commento relativa al rimborso per impossibilità sopravvenuta della prestazione relativa a titoli di accesso a spettacoli o eventi culturali, di viaggio, di soggiorno, di pacchetti turistici. In questi casi, la validità del voucher è di un anno dalla data di emissione ed è dunque parametrata al momento finale della procedura di rimborso.

Parrebbe invece che la validità del voucher in questione, essendo parametrata alla cessazione delle misure di sospensione - che terminano il 24 maggio 2020, potendo riprendere le attività presso palestre e impianti a partire dal 25 maggio 2020, in base al D.P.C.M. 17 maggio 2020[36] - permanga fino al 24 maggio 2021.

 


 

Articolo 217
(Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale)

 

 

L’articolo 217 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, il Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale, finanziato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2022, da una quota pari allo 0,3% del totale della raccolta da scommesse relative a eventi sportivi al netto della quota riferita all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse. Il finanziamento del Fondo è in ogni caso determinato in misura non inferiore a 40 milioni di euro per l’anno 2020, e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

 

In dettaglio, il comma 1 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale, le cui risorse sono trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per essere assegnate all’Ufficio per lo sport.

La finalità della disposizione è di fronteggiare le conseguenze economiche gravanti sui "soggetti operanti nel sistema sportivo" a seguito delle misure di contenimento dell'emergenza da COVID-19.

 

A seguito delle predette misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 è stata prevista, fra l'altro, la sospensione delle attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori (art. 1, co.1, lett. s), del D.P.C.M. 8 marzo) con il D.P.C.M. 9 marzo 2020, attuativo del D.L. 6/2020 (L. 13/2020), che ha esteso per la prima volta a tutto il territorio nazionale le misure previste dal D.P.C.M. 8 marzo 2020 inizialmente solo per alcune zone.

Successivamente il D.L. 19/2020 (in fase di conversione presso le Camere, A.C. 2447 - A.S. 1811) all'art. 1, ha previsto la possibilità di adottare specifiche misure per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, tra cui per quanto di interesse:

§  la limitazione o sospensione di eventi e competizioni sportive di ogni ordine e disciplina in luoghi pubblici o privati, ivi compresa la possibilità di disporre la chiusura temporanea di palestre, centri termali, sportivi, piscine, centri natatori e impianti sportivi, anche se privati, nonchè di disciplinare le modalità di svolgimento degli allenamenti sportivi all'interno degli stessi luoghi (art. 1, co. 2, lett. m));

§  la limitazione o sospensione delle attività ludiche, ricreative, sportive motorie svolte all'aperto o in luoghi aperti al pubblico (art. 1, co. 2, lett. n)).

L'art. 2, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020 indica le modalità di attuazione delle summenzionate misure di contenimento.

In attuazione, è intervenuto da ultimo il D.P.C.M. 26 aprile 2020, efficace a partire dal 4 maggio 2020, che ha confermato - fino al 17 maggio 2020 - la sospensione delle  attività  di  palestre, centri  sportivi, piscine, centri natatori (articolo 1, comma 1, lettera u)).

Dal 18 maggio 2020, con il decreto-legge n. 33 del 2020 sono state date le prime indicazioni per un graduale allentamento delle misure di contenimento, efficaci fino al 31 luglio 2020, demandando ad ulteriori provvedimenti attuativi, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, il dettaglio degli interventi, anche a seguito delle Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province  autonome del 16 maggio 2020. Il D.P.C.M. 17 maggio 2020, attuativo sia del decreto-legge n. 19 del 2020 sia del decreto-legge n. 33 del 2020 ed efficace fino al 14 giugno 2020, ha stabilito, per quanto qui di interesse:

§  la ripresa dell'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere svolte presso palestre, piscine, centri e circoli sportivi, pubblici e privati, ovvero presso altre strutture, nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, a decorrere dal 25 maggio 2020, ferme restando decisioni diverse delle Regioni. A tali fini, sono emanate linee guida a cura dell'Ufficio per lo Sport (articolo 1, comma 1, lettera f));

§  la ripresa dell'attività sportiva o motoria all'aperto, anche presso aree attrezzate e parchi pubblici (articolo 1, comma 1, lettera d));

§  la sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati (articolo 1, comma 1, lettera e)), fatte salve disposizioni specifiche per l'allenamento degli atleti.

 

Le risorse, per il triennio 2020-2022, derivano da una quota delle scommesse sportive (si veda infra) e sono destinate all’adozione di misure di sostegno e di ripresa del movimento sportivo.

 

Il comma 2 precisa le modalità di finanziamento del Fondo di cui al comma 1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2021, una quota pari allo 0,5% del totale della raccolta da scommesse relative a eventi sportivi di ogni genere, anche in formato virtuale, effettuate in qualsiasi modo e su qualsiasi mezzo, sia on-line, sia tramite canali tradizionali, come determinata con cadenza quadrimestrale dall’ente incaricato dallo Stato, al netto della quota riferita all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse di cui al decreto legislativo n. 504 del 1998, viene versata all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione sul Fondo.

Il finanziamento del predetto Fondo è determinato nel limite massimo di 40 milioni di euro per l’anno 2020, e 50 milioni di euro per l'anno 2021.

Qualora, negli anni 2020 e 2021, l'ammontare delle entrate corrispondenti alla percentuale di cui al presente comma fossero inferiori alle somme iscritte nel Fondo ai sensi del precedente periodo, verrà corrispondentemente ridotta la quota di cui all'articolo 1, comma 630, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).

 

Nella relazione illustrativa e tecnica il Governo fornisce alcune informazioni di dettaglio sulle entrate sui giochi, chiarendo le motivazioni sottostanti la determinazione della quota pari allo 0,5% del totale della raccolta per il finanziamento del Fondo.

Le entrate generate dal comparto dei giochi si distinguono a seconda che il gettito rientri tra le entrate extra-tributarie o tributarie.

Nel primo caso il prelievo fiscale coincide con il margine erariale residuo, una sorta di utile di gestione, e si ottiene sottraendo dall’importo complessivo delle giocate (raccolta), le vincite pagate ai giocatori e l’aggio spettante al gestore del punto di gioco. La riscossione di tali entrate rientra nelle competenze dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM), la quale esercita in modo diretto l’attività di raccolta presso i concessionari autorizzati. Questo prelievo si applica solo al Lotto, alle Lotterie istantanee e a estrazione differita e, fino al 2016, al Bingo. Tali entrate confluiscono ugualmente tra le imposte indirette del Bilancio dello Stato e del conto economico delle Amministrazioni pubbliche.

Il gettito generato da tutte le altre tipologie di gioco, viene classificato, invece, fra le entrate tributarie.

I soggetti passivi di imposta sono i concessionari e le basi imponibili e le aliquote variano a seconda della diversa tipologia di gioco. In particolare, la base imponibile può essere la raccolta lorda o il margine lordo del concessionario (differenza tra la raccolta e le vincite) e attualmente esistono quattro tipi di imposta:

i.          Il Prelievo erariale unico (PREU), istituito nel 2003 per i giochi praticati su macchine da intrattenimento (AWP e VLT). La base imponibile dell’imposta è rappresentata dalle somme giocate (raccolta), mentre l’aliquota, diversa fra AWP e VLT, viene in genere fissata dalle leggi di bilancio, anche se ADM, con propri decreti può emanare tutte le disposizioni in materia al fine di assicurare maggiori entrate, potendo tra l’altro variare la misura del PREU.

 

Gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) del regio decreto n. 773 del 1931, cosiddetti amusement with prizes (AWP o new slot),  sono quelli che, dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti rilasciato dal MEF - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica, si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del MEF - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali insieme con l'elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all'avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina.

Le vincite, computate dall'apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali (articolo 110, comma 6, lettera a)).

Si tratta inoltre (articolo 110, comma 6, lettera b) del regio decreto n. 773 del 1931) degli apparecchi facenti parte della rete telematica che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa, c.d. Video Lottery Terminal (VLT). Per tali apparecchi, con regolamento del MEF di concerto con il Ministro dell'interno sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:

1.    il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

2.    la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3.    l'importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

4.    le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5.    le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;

6.    le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera.

 

ii.          L’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse (di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504), che si applica invece ai giochi numerici a totalizzatore, ai giochi a base sportiva e a base ippica, ai giochi di abilità a distanza, ai giochi di carte, ai giochi di sorte a quota fissa, ai poker cash e ai giochi da casinò. La base imponibile può corrispondere sia alla raccolta sia al margine lordo (GGR), calcolato quest’ultimo come differenza fra la raccolta e i premi restituiti ai giocatori. Le aliquote sono variabili fra i vari tipi di gioco e anche in questo caso possono essere modificate da interventi legislativi o da ADM.

iii.          Imposta sugli intrattenimenti (ISI), che si applica ai giochi nei quali non è prevista vincita in denaro (i videogiochi, i simulatori, il biliardo, il calcio balilla, ecc.) come gli apparecchi da intrattenimento. In genere, in questo caso la base imponibile viene calcolata in modo forfettario, a seconda della tipologia di gioco.

iv.          Aliquota IVA, che si applica esclusivamente ai giochi per i quali non è prevista vincita in denaro.

 

Dal 2012, infine, per alcuni tipologie di gioco è stata introdotta una tassazione ulteriore sulle vincite superiori a 500 euro, la cosiddetta tassa sulla fortuna. Da ottobre 2017 tale prelievo è stato esteso anche ad altre tipologie di gioco: ad oggi risultano tassate, anche se con aliquote diverse, le vincite oltre i 500 euro per i giochi numerici a totalizzatore, i giochi numerici a quota fissa, le lotterie e i premi corrisposti dalle VLT.

Il comparto delle scommesse sportive è oggi costituito prevalentemente dalle scommesse sportive (93,4 per cento nel 2016) e solo in piccolissima parte dalle scommesse ippiche, che hanno perso rilevanza soprattutto a causa della riduzione dell’offerta. Fino al 1998 inoltre, le uniche scommesse sportive possibili erano quelle a totalizzatore come il Totocalcio, il Totogol e il Totosei. Successivamente, oltre alle scommesse a quota fissa, non solo è stata prevista la possibilità di scommettere su eventi sportivi non organizzati dal Coni ma è anche stata introdotta, seguendo l’esempio di alcuni paesi europei, la possibilità di scommettere su eventi non sportivi. La tecnologia ha permesso di incrementare notevolmente il numero di scommesse grazie anche all’opportunità di poter effettuare scommesse on-line e live, anche dai propri dispositivi e su eventi già iniziati. Nel 2016 il volume di gioco delle scommesse sportive off-line si è assestato su valori prossimi ai 4,5 miliardi di euro ai quali si aggiungono oltre 4 miliardi provenienti dalla raccolta online.

Per quanto riguarda le scommesse ippiche, sia al totalizzatore sia a quota fissa, possono effettuare la raccolta i concessionari autorizzati da ADM attraverso le agenzie aderenti alle rispettive reti distributive. La raccolta è però anche permessa all’interno degli ippodromi presso gli appositi sportelli e i picchetti degli allibratori. Le altre scommesse sportive possono invece essere raccolte esclusivamente dai concessionari presso le ricevitorie facenti parte della loro rete distributiva.

Nel 2016, le scommesse sportive e ippiche a quota fissa sono state oggetto di una importante innovazione fiscale (per effetto dell’articolo 1, comma 945, della legge di stabilità 2016 - legge n. 208 del 2015). In particolare, le scommesse sportive sono passate a un sistema di tassazione sul margine lordo, definito come differenza fra la raccolta e le vincite dei giocatori, con un’aliquota del 18% per la rete fisica e del 22% per la rete telematica. Per le scommesse ippiche il cambio di regime è previsto dal 2018 con aliquote del 33% sulla rete fisica e del 37% sulla rete telematica. La ragione di questa differenziazione di aliquote risiede nel fatto che le ricevitorie on-line sopportano costi operativi di gestione molto più bassi rispetto alle ricevitorie fisiche. Da un punto di vista economico il passaggio dal sistema di tassazione sulla raccolta a uno sul margine lordo equivale a una trasformazione dell’imposta che si sposterebbe dalla quantità al prezzo.

Attualmente, sulle scommesse a quota fissa l’imposta si applica con l’aliquota del 20%, se la raccolta avviene su rete fisica, e del 24%, se la raccolta avviene a distanza, così aumentata dall’articolo 1, comma 1052, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), mentre sulle scommesse su eventi virtuali l’aliquota è del 22%.

Come esemplificato dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli, considerato che per una raccolta di 100 euro la vincita sulle scommesse è di circa 82 euro con un margine di circa 18 euro, emerge che un aumento di 1 euro su una raccolta di 100 euro si trasla parimenti sul prelievo applicato al margine portandolo da 3,6 euro a 4,6 euro per il gioco fisico. L’ultimo aumento previsto nella legge di bilancio 2018 è stato – proseguendo nell'esempio – di 2 euro sul margine, equivalente a circa 0,35 euro sulla raccolta; ed in tale periodo si rammenta non vi era la crisi finanziaria in corso e la sospensione del gioco. Analoghe considerazioni per scommesse a distanza e virtuali.

Per la determinazione del prelievo nella misura dello 0,5% si è dunque tenuto conto del delicato momento di crisi di liquidità e di sospensione dei giochi.

Gli importi sono stati determinati prudenzialmente, partendo dall’ammontare della raccolta sportiva realizzatasi negli anni precedenti ed operando le necessarie correzioni al ribasso in ragione del periodo di lockdown del 2020.

Il Centro Studi della Federazioni Italiana Gioco Calcio, in un documento datato 27 marzo 2020, ha evidenziato che “solo tra il 2006 e il 2019 la raccolta delle scommesse sul Calcio è aumentata di quasi 5 volte, passando da 2,1 a 10,4 miliardi di euro, e nel medesimo periodo il relativo gettito erariale è passato da 171,7 a 248,5 milioni di euro”. La fonte dei dati indicati nel riportato documento della FIGC è la “Direzione Centrale gestione tributi e monopoli giochi – Ufficio scommesse e giochi sportivi a totalizzatore” del Ministero dell’Economia.

Il Governo chiarisce che, poiché il predetto livello di finanziamento del Fondo è stabilito al netto della quota riferita all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse di cui al decreto legislativo n. 504 del 1998, la norma non introduce alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica.

 

In base al comma 3, i criteri di gestione del Fondo sono determinati con decreto dell’Autorità delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 10 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.

Si valuti l'opportunità di specificare anche i criteri per l'individuazione dei soggetti beneficiari delle risorse.


 

Articolo 218
(Disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici)

 

 

L'articolo 218, in considerazione dell’eccezionale situazione determinatasi a causa della emergenza epidemiologica da Covid-19, reca disposizioni straordinarie e temporanee dirette a contenere in tempi certi l'eventuale contenzioso che potrebbe scaturire dalle decisioni che le federazioni sportive nazionali saranno presumibilmente costrette ad adottare, a causa del lockdown, in materia di prosecuzione e conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, per la stagione sportiva 2019/2020, e conseguenti misure organizzative per la successiva stagione sportiva 2020/2021.

 

Il comma 1 conferisce facoltà alle federazioni sportive nazionali, riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (Coni) e dal Comitato Italiano Paralimpico (Cip), di adottare - anche in deroga alle vigenti disposizioni dell’ordinamento sportivo - provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, ivi compresa la definizione delle classifiche finali, con riferimento alla stagione sportiva 2019/2020.

Le medesime federazioni possono, inoltre, adottare i conseguenti provvedimenti relativi all’organizzazione, alla composizione e alle modalità di svolgimento delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, per la successiva stagione sportiva 2020/2021.

 

Il comma 2 prevede che - nelle more dell’adeguamento dello statuto e dei regolamenti del Coni, e, a seguire, degli statuti delle federazioni sportive disciplinati  dagli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n. 242/1999 - la competenza degli organi di giustizia sportiva sia concentrata, in unico grado e con cognizione estesa al merito, nel Collegio di garanzia dello sport, il quale giudica sulla base di specifiche norme di giustizia sportiva per la trattazione delle controversie aventi a oggetto i provvedimenti di cui al comma 1, redatte in conformità ai criteri e ai requisiti stabiliti dal comma in esame.

Il comma 2, sotto il profilo procedurale, dispone, infatti, che: 1) il ricorso relativo a tali controversie, previamente notificato alle altre parti, sia depositato presso il Collegio di garanzia dello Sport entro 7 giorni dalla pubblicazione dell’atto impugnato a pena di decadenza; 2) il Collegio di garanzia dello sport decida in via definitiva sul ricorso, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, entro il termine perentorio di 15 giorni dal deposito, decorso il quale il ricorso si ha per respinto e l’eventuale decisione sopravvenuta è priva di effetti; 3) la decisione del Collegio di garanzia dello sport sia impugnabile ai sensi del comma 3.

 

Il decreto-legge n. 220 del 2003 (modificato dal codice del processo amministrativo) reca norme in materia di giustizia sportiva.

In attuazione del principio di autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale (art. 1), l'art. 2 riserva all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni relative all'osservanza e all'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, finalizzate a garantire il corretto svolgimento delle attività sportive (art. 2, comma 1, lett. a)), nonché la disciplina delle questioni relative ai comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e all'irrogazione ed applicazione delle conseguenti sanzioni disciplinari (art. 2, comma 1, lett. b)).

In tali materie, le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Coni e delle Federazioni sportive nazionali, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo (art. 2, comma 2).

Con riferimento a tale disciplina (in particolare all'art. 2, commi 1, lett b), e 2), la Corte costituzionale ha recentemente ribadito la posizione espressa nella precedente sent. n. 49/2011, sulla base della quale le menzionate disposizioni sono frutto del non irragionevole bilanciamento operato dal legislatore fra il principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale e le esigenze di salvaguardia dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, che trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 Cost. (sent. n. 160/2019).

 

Il sistema di giustizia sportiva è delineato dagli artt. 12 e sgg. dello Statuto del Coni, che istituisce presso il Coni, in piena autonomia e indipendenza, il Collegio di Garanzia dello Sport e la Procura Generale dello Sport.

Il Collegio di Garanzia dello Sport è organo di ultimo grado della giustizia sportiva, cui è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva dagli organi di giustizia federale (ad esclusione di quelle in materia di doping, per le quali è istituito il Tribunale Nazionale Antidoping, e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di minore rilevanza).

La Procura generale dello Sport ha il compito di coordinare e vigilare le attività inquirenti e requirenti svolte dalle procure federali.

Il Codice della giustizia sportiva (adottato dal Consiglio Nazionale del Coni) regola l’ordinamento e lo svolgimento dei procedimenti di giustizia dinanzi alle Federazioni sportive nazionali e alle Discipline sportive associate, nonché l’ordinamento e lo svolgimento dei procedimenti di giustizia dinanzi al Collegio di garanzia dello Sport e i rapporti tra le procure federali e la Procura generale dello Sport.

Avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia (ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a 90 giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro) è proponibile ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, di cui all’art. 12-bis dello Statuto del Coni.

Il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti.

Il Collegio di Garanzia dello Sport giudica altresì le controversie ad esso devolute dalle disposizioni del Codice, nonché dagli Statuti e dai Regolamenti federali, sulla base di speciali regole procedurali definite d’intesa con il Coni. In tali casi il giudizio può essere anche di merito e in unico grado.

La disposizione in commento interviene, dunque, a limitare temporaneamente l'autonomia dell'ordinamento sportivo, incidendo sia sulla disciplina statutaria del Coni in materia di giustizia sportiva sia sulle disposizioni procedurali recate dal Codice della giustizia sportiva.

 

Il decreto legislativo n. 242/99 (modificato dal decreto legislativo n. 15/2004) ha provveduto al riordino del CONI ai sensi dell'art. 11 della legge n. 59 del 1997 (successivamente l'art. 8 del decreto-legge n. 138 del 2002 ha costituito una società per azioni con la denominazione «CONI Servizi spa»).

In particolare, l'art. 15 - che reca disposizioni in materia di Federazioni sportive nazionali e discipline sportive associate - ha statuito che le Federazioni sportive nazionali hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato, non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto nel decreto legislativo n. 242, alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione.

Il successivo art. 16 reca disciplina degli Statuti delle Federazioni sportive nazionali.

 

Il comma 3 prevede che le controversie sulle decisioni del Collegio di garanzia dello sport rese ai sensi del comma 2, ovvero direttamente sui provvedimenti di cui al comma 1 qualora la decisione dell'organo di giustizia sportiva non sia resa nei termini, siano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza inderogabile del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma.

Il comma reca inoltre disposizioni procedurali: 1) il termine per ricorrere decorre dalla pubblicazione della decisione impugnata, ovvero dalla scadenza del termine relativo, ed è di 15 giorni. Entro tale termine il ricorso, a pena di decadenza, è notificato e depositato presso la segreteria del giudice adito; 2) si applicano i limiti dimensionali degli atti processuali previsi per il rito elettorale, di cui all’articolo 129 del codice del processo amministrativo, dal decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 dicembre 2016; 3) la causa è discussa nella prima udienza utile decorsi 7 giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, senza avvisi; 4) a pena di decadenza, i ricorsi incidentali e i motivi aggiunti sono notificati e depositati, al pari di ogni altro atto di parte, prima dell’apertura dell’udienza e, ove ciò si renda necessario, la discussione della causa può essere rinviata per una sola volta e di non oltre 7 giorni; 5) il giudizio è deciso all’esito dell’udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicare entro il giorno successivo a quello dell’udienza; 6) la motivazione della sentenza può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie; 7) qualora la complessità delle questioni non consenta la pubblicazione della sentenza entro il giorno successivo a quello dell’udienza, entro lo stesso termine è pubblicato il dispositivo mediante deposito in segreteria e la motivazione è pubblicata entro i 10 giorni successivi.

 

Ai sensi dell'art. 3 del decreto-legge n. 220/2003, in materia di giustizia sportiva, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è affidata un "ulteriore forma di tutela giustiziale" (Corte cost., sent. n. 49/2011) "relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra società, associazioni sportive, atleti (e tesserati) - demandati (...) al giudice ordinario - e, per altro verso, pur scaturendo da atti del CONI e delle Federazioni sportive, non rientra fra le materie che, ai sensi dell'art. 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, sono riservate - in quanto (...) non idonee a far sorgere posizioni soggettive rilevanti per l'ordinamento generale, ma solo per quello settoriale - all'esclusivo interesse degli organi della giustizia sportiva" (sent. n, 49/2011).

L'art. 3 del decreto-legge n. 220/2003 è stato modificato dall'art. 1, comma 647, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), il quale ha in ogni caso riservato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed alla competenza funzionale inderogabile del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche.

E' stabilito che per le dette controversie resta esclusa ogni competenza degli organi di giustizia sportiva, fatta salva la possibilità che lo statuto e i regolamenti del Coni, e conseguentemente delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, prevedano organi di giustizia dell'ordinamento sportivo che, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto n. 220/2003 decidono tali questioni anche nel merito ed in unico grado e le cui statuizioni, impugnabili di fronte al Tar Lazio, siano rese in via definitiva entro il termine perentorio di 30 giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato.

Con lo spirare di tale termine il ricorso all'organo di giustizia sportiva si ha per respinto, l'eventuale decisione sopravvenuta di detto organo è priva di effetto e i soggetti interessati possono proporre, nei successivi 30 giorni, ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio.

 

Il comma 4 prevede che - nei giudizi proposti ai sensi del comma 3 - il giudice provveda sulle eventuali domande cautelari prima dell’udienza, con decreto del presidente, soltanto qualora ritenga che possa verificarsi un pregiudizio irreparabile nelle more della decisione di merito assunta nel rispetto dei termini fissati dal medesimo comma 3.

In ipotesi differenti dalla precedente, il giudice riserva la decisione su tali domande all’udienza collegiale e in tale sede provvede su di esse con ordinanza, a meno che, entro il giorno successivo a quello dell’udienza, non venga pubblicata la sentenza in forma semplificata e la pubblicazione del dispositivo non esaurisca le esigenze di tutela anche cautelare delle parti.

Ai giudizi di cui al comma 3 non si applica l’art. 54, comma 2, del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo n. 104/2010, il quale prevede la sospensione dei termini processuali dal 1° al 31 agosto di ciascun anno.

 

Il comma 5 dispone che l’appello al Consiglio di Stato sia proposto, a pena di decadenza, entro 15 giorni decorrenti dal giorno successivo a quello dell’udienza, qualora entro tale data sia stata pubblicata la sentenza in forma semplificata, e in ogni altro caso dalla data di pubblicazione della motivazione.

Al relativo giudizio si applicano le disposizioni dei commi 3 e 4.

 

Il comma 6 prevede che le disposizioni di cui all'articolo in commento si applichino esclusivamente ai provvedimenti, richiamati al comma 1, adottati tra la data di entrata in vigore del decreto in esame e il sessantesimo giorno successivo a quella in cui ha termine lo stato di emergenza dichiarato con la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020.

 


 

Capo V -  Misure in materia di giustizia

Articolo 219.
(Misure urgenti per il ripristino della funzionalità delle strutture dell’amministrazione della giustizia e per l’incremento delle risorse per il lavoro straordinario del personale del Corpo di polizia penitenziaria, dei dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria nonché dei direttori degli istituti penali per minorenni)

 

 

L'articolo 219 reca una pluralità di misure finalizzate a garantire la funzionalità dell'amministrazione della giustizia, assicurando condizioni di sicurezza rispetto al rischio di contagio da Covid-19 all'interno sia degli uffici giudiziari, sia delle carceri, e stanziando le relative risorse economiche.

 

Il comma 1, prevede una serie di interventi volti a consentire, nell'immediato, lo svolgimento di compiti istituzionali improrogabili ed urgenti da parte degli uffici giudiziari e delle articolazioni centrali del Ministero della giustizia, e, al termine dell'emergenza epidemiologica, la ripresa ordinaria delle attività in condizioni di sicurezza. Per tali misure è autorizzata una spesa complessiva di euro 31.727.516 per l'anno 2020, destinata:

§  all'acquisto di materiale igienico sanitario e dispositivi di protezione individuale per attività di sanificazione e disinfestazione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso all'amministrazione giudiziaria;

§  all'acquisto di apparecchiature informatiche e delle relative licenze d'uso.

 

Al comma 2 è altresì previsto uno stanziamento di euro 4.612.454 per l'anno 2020, finalizzato all'acquisto di apparecchiature informatiche (e delle relative licenze d'uso) destinate al personale degli istituti e dei servizi dell’amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile e di comunità per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali, tanto in presenza quanto nella modalità da remoto.

 

Il comma 3 contempla invece l'aumento della spesa già prevista dall'art. 74 del decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. “cura Italia”) per la copertura di interventi in ambito carcerario, che comprendono il pagamento delle ore di lavoro straordinario svolte dal personale dell'amministrazione penitenziaria al fine di assicurare l'ordine e la sicurezza all'interno degli istituti penitenziari e le attività di sanificazione degli ambienti.

In dettaglio, lo stanziamento per l'anno 2020, che passa dai 6.219.625 euro previsti dal d.l. 18 ai 9.879.625 euro del d.l. in esame, è così ripartito:

§  7.094.500 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo di polizia penitenziaria, dei dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria nonché dei direttori degli istituti penali per minorenni;

§  1.585.125 euro per gli altri oneri connessi all’impiego temporaneo fuori sede del personale necessario;

§  1.200.000 euro per le spese di sanificazione e disinfezione degli ambienti nella disponibilità del medesimo personale e a tutela della popolazione detenuta.

 

L'incremento di 3.660.000 euro è imputato per intero alla copertura di prestazioni di lavoro straordinario, il cui pagamento è corrisposto anche in deroga ai limiti vigenti, in considerazione dell'aumento del carico di lavoro dovuto alle eccezionali misure messe in atto per fronteggiare l'emergenza epidemiologica e garantire la sicurezza e la tutela dei detenuti, oltreché dello stesso personale dell'amministrazione penitenziaria chiamato ad operare.

 

La relazione tecnica riferisce che gli stanziamenti di cui al comma 3 consentono la retribuzione di ulteriori 10 ore di lavoro straordinario a favore dei 255 dirigenti penitenziari e dei 17 direttori degli istituti per minori individuati nella relazione tecnica del d.l. 18/2020 come destinatari della norma e, per quello che riguarda gli oneri connessi all'impiego di personale fuori sede, la liquidazione dello stesso trattamento già previsto per 500 unità di personale dall'art. 74, comma 7, del d.l. 18/2020 ad ulteriori 800 unità di personale.

 

Gli oneri complessivi previsti dall'articolo in esame, pari a 40.000 euro per l'anno 2020, sono coperti ai sensi dell'art. 265, comma 7.


 

Articolo 220
(Disposizioni urgenti in materia di Fondo unico giustizia)

 

 

L’articolo 220 destina, soltanto per il 2020, le risorse del Fondo Unico Giustizia al finanziamento di interventi urgenti finalizzati al contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 o al ristoro di somme già anticipate per le medesime esigenze.

 

Più nel dettaglio la disposizione prevede che per il solo anno 2020, in deroga alle vigenti disposizioni in materia, le somme versate nel corso dell’anno 2019 all’entrata del bilancio dello Stato sul capitolo 2414 art. 2 e art. 3 (per complessivi euro 116.587.953,25, come ricorda la relazione illustrativa) relative alle confische e agli utili della gestione finanziaria delle quote intestate al Fondo unico giustizia alla data del 31 dicembre 2018, siano riassegnate al Ministero della giustizia e al Ministero dell’interno, nella misura del 49% per ciascuna delle due amministrazioni.  Tali somme devono essere destinate prioritariamente al finanziamento di interventi urgenti finalizzati al contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nonché al ristoro di somme già anticipate per le medesime esigenze.

 

Il Fondo Unico di Giustizia è un fondo dinamico in cui confluiscono:

§  i rapporti finanziari ed assicurativi sottoposti a sequestro penale o amministrativo oppure a confisca di prevenzione;

§  le somme non ritirate trascorsi 5 anni dalla definizione dei processi civili e delle procedure fallimentari.

 

Il Fondo Unico di Giustizia riceve le comunicazioni di sequestro, dissequestro e confisca degli uffici giudiziari o amministrativi i flussi informativi trasmessi dagli operatori finanziari (banche, Poste Italiane, SGR, ecc.) e assicurativi, mediante il sistema Entratel dell’Agenzia delle Entrate (DM 25.09.2009 e DM 07.11.2011).

 

La gestione delle risorse del Fondo è affidata a Equitalia Giustizia s.p.a. la quale versa allo Stato più nel dettaglio:

§  le somme confiscate dall’Autorità Giudiziaria o Amministrativa (art. 6, comma 1, del DM n. 127/2009);

§  l’utile della gestione finanziaria delle risorse liquide del FUG (art. 2 del DM 20 aprile 2012);

§  una quota delle risorse sequestrate stabilita con decreto ministeriale, in base a criteri statistici che tengono conto delle probabilità di restituzione (cd. «anticipazione») (comma 7   dell’art. 2 del DL n. 143/2008, conv. l. n. 181 del 2008).

Le somme versate allo Stato da Equitalia Giustizia sono destinate alla riassegnazione (art. 2 del DL n. 143/2008, conv. l. n. 181 del 2008):

§  in misura non inferiore a 1/3, al Ministero dell’Interno;

§  in misura non inferiore a 1/3, al Ministero della Giustizia;

§  all’entrata del bilancio dello Stato.

Le quote di riassegnazione sono stabilite annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. I DPCM finora emanati hanno sempre previsto la destinazione del 49% al Ministero dell’Interno, del 49% al Ministero della Giustizia e del 2% all’entrata del bilancio dello Stato. Si precisa che alcuni versamenti residuali vengono eseguiti da Equitalia Giustizia in specifici capitoli di bilancio con differenti ripartizioni.

 

DATI PATRIMONIALI DEL FUG AL 30.09.2019[37]

Natura della risorsa

Importo

 Totale Liquide (1)

 2.085.282.257

di cui già “anticipate” (2)

 701.880.000

 


 

DATI PATRIMONIALI DEL FUG AL 30.09.2019[38]

Totale Non liquide 

 

   2.251.220.978

di cui deposito titoli (3)

1.614.399.719*

di cui gestioni patrimoniali (3)

57.884.662

di cui gestione collettiva del risparmio (3)

125.625.840

di cui contratti assicurativi (4)

239.779.211

di cui mandati fiduciari (5)

159.395.268

di cui altri rapporti

54.136.278

Totale FUG

4.336.503.235

 (*) In tale voce l'importo di 1,16 Miliardi è relativo alla sottoscrizione del prestito obbligazionario ILVA

Natura della risorsa:

1.     Conti correnti e depositi a risparmio

2.     Somme sequestrate «anticipate» allo Stato da Equitalia Giustizia ai sensi dell’art. 2, comma 7, del DL n. 143/2008

3.     Gli operatori finanziari comunicano a Equitalia Giustizia in via telematica (Entratel) il valore dei rapporti alla data di intestazione al FUG (valore «storico»)

4.     Gli operatori assicurativi comunicano a Equitalia Giustizia in via telematica (Entratel) il valore del capitale assicurato al momento della stipula del contratto

5.    Le società fiduciarie comunicano a Equitalia Giustizia in via telematica (Entratel) l’importo del capitale ad esse affidato per l’esecuzione del mandato. Per il valore dei singoli rapporti finanziari ed assicurativi aperti in esecuzione di tali mandati si rinvia, rispettivamente, alla nota n. 3 e alla nota n. 4. Occorre inoltre considerare che, nell’importo dei mandati sequestrati comunicato dalle società fiduciarie, è ricompreso anche il valore di rapporti aperti all’estero, che, tuttavia, affluiscono effettivamente al FUG soltanto in caso di esito positivo di procedure di cooperazione giudiziaria internazionale.


 

Articolo 221
(Modifiche all’art. 83 del decreto-legge n. 18 del 2020)

 

 

L’articolo 221 interviene sull’articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 - che rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell’epidemia, e della quarantena, sul sistema giudiziario nazionale – estendendo la disciplina della sospensione dei termini processuali ai termini previsti per la presentazione delle querele.

 

In estrema sintesi, l’articolo 83 del DL n. 18/2020 - come convertito dalla legge n. 27 del 2020, e prorogato dal decreto-legge n. 23 del 2020, tuttora in corso di conversione alla Camera (A.C. 2461) - dispone in tutta Italia il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo all’11 maggio nonché la possibilità, dal 12 maggio al 31 luglio, di adottare misure organizzative - che possono comprendere l’ulteriore rinvio delle udienze - volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari.

A partire dal 12 maggio, dunque, spetta ai singoli capi degli uffici giudiziari l'adozione di misure organizzative volte a consentire la trattazione degli affari giudiziari nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie dettate per prevenire la diffusione del virus COVID-19. Nei singoli uffici giudiziari sarà possibile:

-          limitare l'accesso del pubblico e l'orario di apertura al pubblico, eventualmente prevedendo una previa prenotazione per scaglionare gli ingressi;

-          celebrare le udienze a porte chiuse;

-          svolgere udienze civili mediante collegamenti da remoto;

-          rinviare ulteriormente le udienze civili e penali a data successiva al 31 luglio 2020, nel rispetto delle esclusioni già attualmente previste.

Specifiche disposizioni sono volte a potenziare il processo telematico, anche penale, ed a consentire, nella fase di emergenza, lo svolgimento di attività processuali – dalle indagini alle udienze di trattazione – da remoto.

 

Il decreto-legge in commento interviene sul comma 2 dell’art. 83, che ha sospeso dal 9 marzo al 15 aprile (termine poi prorogato fino all’11 maggio 2020) il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali: dai termini di durata delle indagini preliminari, ai termini per l’adozione e il deposito di provvedimenti giudiziari, dai termini per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, a quelli per proporre impugnazione.

L’art. 221 inserisce un ultimo periodo al comma 2, per sospendere – per il periodo dal 9 marzo all’11 maggio 2020 – anche il termine per proporre querela, di cui all’art. 124 del codice penale. La disposizione è destinata ad applicarsi retroattivamente, così da rimettere in termini quanti, a causa dell’emergenza epidemiologica, non abbiano potuto esercitare il proprio diritto di querela.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 124 del codice penale, salvo che la legge disponga diversamente, il diritto di querela non può essere esercitato decorsi 3 mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato.

 

Si segnala che l’art. 83 testualmente circoscrive la c.d. fase 1 dell’emergenza al periodo 9 marzo-15 aprile mentre la proroga di tale emergenza fino all’11 maggio è contenuta nel decreto-legge n. 23 del 2020, che non modifica espressamente l’art. 83. L’inserimento della previsione, fino all’11 maggio, della sospensione del termine per sporgere querela, fa sì che il comma 2 dell’art. 83 testualmente sospenda tutti i termini processuali fino al 15 aprile e il solo termine per la querela fino all’11 maggio.

Si valuti l’esigenza di coordinare i termini previsti dall’art. 83, aggiornandoli con l’entrata in vigore dei decreti-legge successivi al n. 18 del 2020.

 


 

Capo VI -  Misure per l'agricoltura, la pesca e l'acquacoltura

Articolo 222
(Fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 222 istituisce nello stato di previsione del MIPAAF il Fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2020, finalizzato all’attuazione di interventi di ristoro per i danni subiti dal settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura.

Il comma 2 demanda a uno o più decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, da adottare entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione del Fondo. Gli aiuti concessi a valere su tale fondo possono essere stabiliti anche nel rispetto di quanto previsto dal Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19, adottato dalla Commissione europea.

Il comma 3 rinvia all’articolo 265 per la copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame, pari a 500 milioni di euro per il 2020.

 

Il comma 1 istituisce nello stato di previsione del MIPAAF il Fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2020, finalizzato all’attuazione di interventi di ristoro per i danni subiti dal settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura.

Il comma 2 demanda a uno o più decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, da adottare entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione del Fondo. Gli aiuti concessi a valere su tale fondo possono essere stabiliti anche nel rispetto di quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, C(2020) 1863 final, recante Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19.


 

Il Quadro temporaneo in materia di aiuti di Stato nell'emergenza del COVID-19

 

Per rispondere alla crisi economica e sanitaria legata alla diffusione del COVID-19, la Commissione europea ha deciso di concedere agli Stati membri la piena flessibilità nell'applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato.

A tal fine il 19 marzo scorso ha adottato il Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19, con il quale ha autorizzato, sino al 31 dicembre 2020, alcune tipologie di aiuti di Stato. Il Quadro temporaneo è stato oggetto di una prima modifica il 3 aprile scorso e di una seconda modifica l'8 maggio scorso, attraverso le quali è stato ampliato il ventaglio di misure da esso consentite[39].

In particolare, il 19 marzo scorso sono state autorizzate 5 tipologie di aiuti: sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e pagamenti anticipati fino a 800.000 euro per impresa; garanzie di stato; prestiti pubblici agevolati alle imprese; garanzie per le banche; assicurazioni al credito all'esportazione a breve termine[40].

Alle suddette misure il 3 aprile scorso la Commissione europea, attraverso una sua Comunicazione, ne ha aggiunte ulteriori 5: aiuti per la ricerca e lo sviluppo in materia di Covid-19; aiuti agli investimenti per le infrastrutture di prova e upscaling; aiuto agli investimenti per la produzione di prodotti connessi al COVID-19; aiuti sotto forma di differimento delle imposte e/o dei contributi previdenziali; aiuti sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID-19.

Più nel dettaglio gli Stati membri possono concedere aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per attività di ricerca e sviluppo in materia di coronavirus e di terapie antivirali. Un sostegno supplementare può essere concesso a progetti transfrontalieri di cooperazione tra Stati membri;

gli Stati membri possono concedere aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali o anticipi rimborsabili e garanzie a copertura di perdite per sostenere investimenti che consentano di costruire o ammodernare le infrastrutture necessarie per elaborare e testare prodotti utili a fronteggiare la pandemia di coronavirus fino alla prima applicazione industriale. Tali prodotti comprendono: medicinali (compresi i vaccini) e trattamenti; dispositivi e attrezzature mediche (compresi i ventilatori meccanici, gli indumenti e i dispositivi di protezione e gli strumenti diagnostici); disinfettanti; strumenti per la raccolta e il trattamento dei dati utili per combattere la diffusione del virus. Al fine di incoraggiare la cooperazione e sostenere la rapidità d'azione, le imprese possono beneficiare di un sostegno supplementare se in esse investe più di uno Stato membro e se l'investimento è concluso entro due mesi dalla concessione dell'aiuto;

gli Stati membri possono concedere “aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali, anticipi rimborsabili e garanzie a copertura di perdite per sostenere investimenti che consentano di produrre rapidamente prodotti connessi al coronavirus.”. Anche in questo caso le imprese possono beneficiare di un sostegno supplementare se in esse investe più di uno Stato membro e se l'investimento è concluso entro due mesi dalla concessione dell'aiuto;

gli Stati membri possono concedere differimenti del pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali per i settori, le Regioni o i tipi di imprese particolarmente colpiti dalla pandemia;

gli Stati membri possono “contribuire ai costi salariali di imprese in settori o Regioni che hanno maggiormente sofferto a causa della pandemia di coronavirus e che altrimenti avrebbero dovuto licenziare del personale”.

La Commissione europea l'8 maggio scorso ha poi  pubblicato la Comunicazione con la quale ha esteso le misure previste dal Quadro temporaneo. Con la suddetta Comunicazione la Commissione europea ha fissato i criteri in base ai quali gli Stati membri possono erogare un sostegno pubblico sotto forma di strumenti di capitale e/o strumenti ibridi di capitale a favore di imprese che si trovino in difficoltà finanziarie a causa della pandemia di Covid-19, ed ha previsto la possibilità di concedere debiti subordinati alle imprese in difficoltà.

La Commissione europea ha posto un accento particolare sulla necessità di evitare indebite distorsioni della concorrenza nel Mercato unico.

Al punto 2 della Comunicazione la Commissione europea chiarisce preliminarmente l’importanza di evitare distorsioni del Mercato interno affermando che: “Un’applicazione mirata e proporzionata del controllo degli aiuti di Stato dell’UE garantisce che le misure di sostegno nazionali aiutino efficacemente le imprese colpite durante la pandemia di Covid-19, limitando nel contempo indebite distorsioni del Mercato unico, preservando l’integrità di quest’ultimo e garantendo condizioni di parità. Ciò contribuirà alla continuità dell’attività economica durante la pandemia di Covid-19 e offrirà all’economia una solida piattaforma per superare la crisi, tenendo conto di quanto sia importante conseguire la duplice transizione verde e digitale conformemente agli obiettivi dell’UE.”.

La Commissione europea ha introdotto quindi dei criteri anti-distorsivi che devono essere seguiti dagli Stati membri nel porre in essere operazioni di sostegno pubblico alle imprese.

Il primo criterio riguarda la verifica delle condizioni di necessità, dell’adeguatezza e dell'entità dell'intervento: “L’operazione dovrebbe essere presa in considerazione solo se non è possibile trovare nessun’altra soluzione adeguata e dovrebbe essere soggetta a condizioni rigorose. Ciò si deve al fatto che tali strumenti hanno effetti altamente distorsivi per la concorrenza tra le imprese.

Se il sostegno dovesse essere concesso a livello dell’UE, tenendo conto dell’interesse comune dell’Unione, il rischio di distorsione del mercato interno potrebbe essere inferiore e potrebbero essere imposte condizioni meno rigorose.”

Il secondo criterio impone che lo Stato sia adeguatamente retribuito per i rischi che assume attraverso l'aiuto alla ricapitalizzazione. Inoltre, per garantire la natura temporanea dell'intervento dello Stato, il meccanismo di remunerazione deve incentivare i beneficiari e/o i loro proprietari a riacquistare le azioni acquisite dallo Stato con la misura di aiuto”.

Il terzo criterio riguarda necessità che lo Stato esca il prima possibile dal capitale delle società: “Se, sei anni dopo l'aiuto alla ricapitalizzazione nel caso delle società quotate in borsa o sette anni nel caso delle altre imprese, l'uscita dello Stato è in dubbio, dovrà essere notificato alla Commissione un piano di ristrutturazione per il beneficiario.”

Il quarto criterio fa riferimento alla questione della governance. La Commissione europea prevede che fintanto che lo Stato non sia uscito dal capitale “i beneficiari siano soggetti al divieto di versare dividendi e riacquistare azioni” e “fino al momento in cui sarà rimborsato almeno il 75 % della ricapitalizzazione, si applica una rigorosa limitazione della remunerazione della dirigenza”.

L’ultimo criterio fissato dalla Commissione europea è volto ad evitare il rischio che i beneficiari utilizzino indebitamente l'aiuto alla ricapitalizzazione da parte dello Stato, a detrimento della leale concorrenza nel Mercato unico.  La Commissione europea quindi prevede che “essi non possano utilizzare l'aiuto per sostenere le attività economiche di imprese integrate che si trovavano in difficoltà economiche prima del 31 dicembre 2019. Inoltre, fino al momento in cui sarà rimborsato almeno il 75 % della ricapitalizzazione, ai beneficiari, diversi dalle piccole e medie imprese (PMI), è impedito in linea di massima di acquisire una partecipazione superiore al 10 % in concorrenti o altri operatori della stessa linea di attività, comprese le operazioni a monte e a valle.”.

Per quanto attiene alla possibilità della concessione di debito subordinato, la Commissione ritiene che esso “possa essere uno strumento adeguato a sostenere le imprese in difficoltà finanziarie a causa della pandemia di Covid-19. Si tratta, nello specifico, di uno strumento meno distorsivo del capitale o del capitale ibrido, dato che non può essere convertito in capitale quando l’impresa è in attività”.

La Comunicazione della Commissione europea ha infine fatto specifico riferimento alla necessità di rispettare le regole della trasparenza prevedendo che gli “Stati membri devono pubblicare informazioni sull'identità delle imprese che hanno ricevuto un aiuto e sull'importo, entro tre mesi dalla ricapitalizzazione. Inoltre, i beneficiari diversi dalle PMI devono pubblicare informazioni sull'uso degli aiuti ricevuti, compreso il modo in cui l'utilizzo degli aiuti ricevuti sostiene le attività dell'impresa in linea con gli obblighi dell'UE e nazionali legati alla trasformazione verde e digitale.”.

Sulla base del predetto Quadro temporaneo e dei suoi aggiornamenti, la Commissione europea ha già provveduto ad autorizzare diversi progetti di aiuti di Stato notificati da numerosi Stati membri tra cui l’Italia.

Per una panoramica aggiornata sugli aiuti di Stato concessi agli Stati membri si veda la pagina a cura della Commissione europea.

 

1.1 Gli aiuti di Stato autorizzati all'Italia a norma del Quadro temporaneo

Il 22 marzo scorso la Commissione europea ha autorizzato un regime di aiuti che destina 50 milioni di euro a sostegno della produzione di dispositivi medici, come  ventilatori, e di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, occhiali, camici e tute di sicurezza. Il regime è diretto alle imprese di qualsiasi dimensione che: i) istituiscano nuovi impianti per la produzione di dispositivi medici e di protezione individuale; ii) amplino le strutture esistenti che producono questi dispositivi; o iii) convertano la loro linea di produzione in tal senso. Gli aiuti saranno erogati sotto forma di sovvenzioni dirette o di anticipi rimborsabili, che potranno essere convertiti in sovvenzioni dirette se i beneficiari forniranno alle autorità i dispositivi richiesti in tempi stretti. Il sostegno non sarà superiore a 800.000 euro per impresa, come previsto dal Quadro temporaneo.

Tale misura di sostegno è prevista dall'articolo 5 del decreto legge 17 marzo 2020, n.18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19[41]. Il suddetto articolo autorizza il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica, di cui all’articolo 122 del decreto, a erogare finanziamenti in favore delle imprese produttrici di dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale da destinare in via prioritaria ai medici e agli operatori sanitari e sociosanitari. A tal fine è autorizzata una spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2020.

Il  25 marzo scorso è stato autorizzato un regime di aiuti che consiste in una misura di garanzia dello Stato a sostegno di una moratoria sui debiti delle PMI. Tale misura interessa il rinvio dei rimborsi dei prestiti sotto forma di scoperti di conto, anticipi bancari, prestiti con rimborso integrale alla scadenza, mutui ipotecari e leasing. La copertura della garanzia riguarda in particolare una serie ben definita di esposizioni finanziarie ed e? limitata nel tempo: il regime resta in vigore fino al 30 settembre 2020 e la garanzia si protrae per 18 mesi dopo la fine della moratoria. La garanzia copre gli obblighi di pagamento rientranti nella moratoria e il rischio assunto dallo Stato e? limitato al 33 %; in ogni caso, gli intermediari finanziari sono tenuti a tentare il recupero del credito in prima persona prima di ricorrere alla garanzia dello Stato. I beneficiari ammissibili non devono aver avuto esposizioni deteriorate prima del 17 marzo 2020. Essi devono altresì? certificare che le loro attività? d'impresa abbiano risentito degli effetti economici dell'emergenza del coronavirus.

Anche il suddetto regime di aiuti rientra tra le misure previste dal Decreto-legge 17 marzo 2020 che all'articolo 56 istituisce un sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19[42].

Il 14 aprile è stata autorizzata una misura di garanzia per i nuovi prestiti per gli investimenti e per il capitale di esercizio concessi dalle banche a sostegno delle imprese colpite dall'emergenza del coronavirus. La garanzia sarà erogata attraverso l'ente statale SACE. L'obiettivo del regime è limitare i rischi associati alla concessione di prestiti alle imprese maggiormente colpite dall'impatto economico del coronavirus, aiutando le imprese a coprire il fabbisogno immediato di capitale di esercizio e per gli investimenti al fine di garantire il proseguimento della loro attività. Le autorità italiane hanno comunicato per questo regime un bilancio totale di 200 miliardi di euro.

La Commissione ha constatato che la misura è in linea con le condizioni stabilite nel Quadro temporaneo in quanto le garanzie saranno concesse soltanto fino alla fine del 2020, esse hanno una durata non superiore a sei anni e i premi relativi alle commissioni delle garanzie sono in linea con i livelli stabiliti nel quadro temporaneo.

Tale misura di sostegno è prevista dall'articolo 1 del Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto Liquidità).  L'articolo, che reca misure temporanee per il sostegno alla liquidità alle imprese, prevede, fino al 31 dicembre 2020, l'erogazione da parte di SACE di garanzie alle banche e a tutti gli istituti adibiti all'esercizio del credito. Le garanzie saranno rilasciate sulla base di una serie dettagliata di condizioni. Gli impegni assunti da SACE non superano i 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi sono destinati alle PMI.

Il 14 aprile inoltre è stato autorizzato un altro regime di aiuti che prevede una garanzia  a sostegno dei lavoratori autonomi, delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione che risentono dell'emergenza del coronavirus.

In base a questo regime di aiuti, il Fondo centrale di garanzia PMI erogherà un sostegno finanziario sotto forma di:

garanzie di Stato sui prestiti per gli investimenti e per il capitale di esercizio;

sovvenzioni dirette sotto forma di rinuncia alla commissione applicabile alle garanzie concesse.

Potranno usufruirne i lavoratori autonomi e le imprese con un massimo di 499 dipendenti.

Tale misura è prevista dall'articolo 13 del menzionato Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, che stabilisce nuove regole per il Fondo centrale di garanzia PMI (istituito con legge 23 dicembre 1996, n. 662). Le regole, valevoli fino al 31 dicembre 2020, prevedono, tra l'altro: la gratuità della garanzia; un importo massimo garantito per singola impresa elevato da 2,5 a 5 milioni di euro; l'estensione della garanzia su singole operazioni alle grandi imprese con numero di dipendenti non superiore a 499.

Il 21 aprile è stato autorizzato un regime di aiuti con un bilancio previsionale di 50 milioni di euro che prevede prestiti agevolati per sostenere le imprese di tutte le dimensioni operanti nei settori dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca nell'emergenza Covid-19 in Friuli-Venezia Giulia. Il sostegno sarà concesso sotto forma sia di prestiti a tassi d'interesse agevolati erogati tramite enti finanziari sia di sovvenzioni dirette. L'obiettivo della misura è aiutare le imprese di questi settori ad affrontare i problemi di liquidità dovuti all'emergenza del coronavirus, consentendo loro di accedere ai mezzi finanziari necessari per sopperire al fabbisogno immediato di capitale di esercizio e d'investimenti, permettendo loro di continuare a portare avanti le loro attività.

Tale regime proposto dalla Regione Friuli prevede che essa potrà erogare  attraverso il proprio Bilancio  regionale contributi per un valore di 50 milioni di euro a favore delle imprese che operano nel campo dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca (si veda al riguardo il Comunicato della Giunta regionale del Friuli).

Si ricorda che il Quadro temporaneo autorizza l'erogazione di sovvenzioni dirette fino a 100.000 euro a un'impresa operante nel settore agricolo primario, 120.000 euro a un'impresa operante nel settore della pesca e dell'acquacoltura e 800.000 euro a un'impresa operante in qualsiasi altro settore che deve far fronte a urgenti esigenze in materia di liquidità. Esso inoltre autorizza prestiti agevolati o garanzie su prestiti che coprono il 100 % del rischio fino al valore nominale di 800.000 euro per impresa, ad eccezione del settore agricolo primario e del settore della pesca e dell'acquacoltura, per cui si applicano i limiti rispettivamente di 100.000 euro e 120.000 euro per impresa.

Il 21 aprile è stato autorizzato inoltre un regime che prevede garanzie da 100 milioni di euro a sostegno delle PMI nei settori dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca e dell'acquacoltura che risentono dell'emergenza del coronavirus.

Il sostegno alle PMI sarà fornito dall'ente pubblico ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) sotto forma di:

garanzie di Stato sui prestiti per gli investimenti e per il capitale di esercizio;

sovvenzioni dirette sotto forma di rinuncia alla commissione applicabile alle garanzie concesse.

Per quanto riguarda queste ultime l'aiuto non può superare 100 000 euro per impresa operante nel settore agricolo primario, 120 000 euro per impresa operante nel settore della pesca e 800 000 euro per impresa operante nel settore della silvicoltura o della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Per quanto riguarda le garanzie di Stato sui prestiti, esse possono essere concesse sui prestiti che coprono il 100 per cento del rischio fino al valore nominale di 100 000 euro per impresa operante nel settore agricolo primario, di 120 000 euro per impresa operante nel settore della pesca, di 800 000 euro per impresa operante nel settore della silvicoltura o della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

In tutti gli altri casi le garanzie coprono fino al 90 per cento del rischio legato ai prestiti. Esse saranno concesse soltanto fino a dicembre 2020 e non avranno una durata superiore a sei anni. Le PMI operanti nei suddetti settori potranno quindi accedere ai mezzi finanziari necessari per sopperire al fabbisogno immediato di capitale di esercizio e d'investimenti e continuare a portare avanti le loro attività.

Tale regime è previsto dall'articolo 13, comma 11, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto Liquidità), che dispone che le prescrizioni dell'articolo 13, relativo alla concessioni di prestiti alle imprese, in quanto compatibili, si applicano anche alle garanzie in favore delle imprese agricole e della pesca previste dal decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102 (articolo 17, comma 2) e assegna all'ISMEA una dotazione di 100 milioni di euro per concedere le suddette garanzie. 

Il 4 maggio la Commissione europea ha approvato un regime di aiuti per 30 milioni di euro concessi dallo Stato italiano a sostegno delle piccole e medie imprese  attive nei settori dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca nel contesto dell'emergenza Covid-19. Il regime mira a che tali imprese abbiano accesso agli strumenti finanziari necessari per coprire il fabbisogno immediato di capitale circolante, aiutandole così a proseguire le loro attività.

Nell'ambito del suddetto regime, il sostegno sarà concesso sotto forma di prestiti a tasso zero da parte dell'Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA). La Commissione ha constatato che il regime italiano è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. In particolare, l'importo del prestito a tasso zero per impresa non supererà 30 000 euro e i contratti di prestito saranno firmati entro il 31 dicembre 2020.

Tale regime è previsto dall'articolo 13, comma 11, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto Liquidità).

 

1.2 Contesto

Il Quadro temporaneo integra la Comunicazione  "Risposta economica coordinata all'emergenza COVID-19" del 13 marzo scorso, con la quale la  Commissione ha fornito chiarimenti in materia di aiuti di Stato, specificando che gli Stati membri possono adottare le seguenti misure di sostegno senza violare la normativa dell'Unione.

misure applicabili a tutte le imprese, ad esempio integrazioni salariali o la sospensione dei pagamenti delle imposte sulle società, dell'imposta sul valore aggiunto o dei contributi sociali;

sostegno finanziario diretto ai consumatori, ad esempio per i servizi o i biglietti annullati non rimborsati dagli operatori coinvolti;

soddisfare un eventuale grave fabbisogno di liquidità e sostenere le imprese a rischio di fallimento a causa dell'epidemia (articolo 107, par. 3, lett. c) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, TFUE);

compensare le imprese per i danni subiti in circostanze eccezionali, come quelle dovute all'epidemia. A titolo di esempio, rientrerebbero in questa fattispecie eventuali compensazioni a settori colpiti in modo particolarmente grave (trasporti, turismo e comparto alberghiero) o misure volte a compensare gli organizzatori di manifestazioni annullate che hanno subito danni (articolo 107, par. 2, lett. b), TFUE);

aiuti che, per la loro minima entità, sono sottratti al regime autorizzatorio della Commissione (aiuti fino a 200.000 euro nell'arco di tre anni, ovvero 100.000 euro nell'arco di tre anni per il settore del trasporto di merci su strada, ovvero 25.000 e 30.000 euro rispettivamente nei settori dell'agricoltura e della pesca)[43].

Le prime due misure possono essere adottate senza il coinvolgimento della Commissione europea.

Nella Comunicazione, con specifico riferimento all'Italia, la Commissione ha valutato che la necessità di porre rimedio al grave turbamento dell'economia determinato dall'epidemia giustificasse l'esenzione dalla normativa in materia di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, par. 3, lett. b) del TFUE.

 

Il comma 3 rinvia all’articolo 265 per la copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame, pari a 500 milioni di euro per il 2020.


 

Articolo 223
(Contenimento produzione e miglioramento della qualità)

 

 

L’articolo 223 stanzia 100 milioni di euro, per l’anno 2020, da destinare alle imprese viticole - obbligate alla tenuta del Registro telematico - che si impegnano alla riduzione volontaria della produzione di uve destinate a vini a denominazione di origine ed a indicazione geografica.

 

Nello specifico, ai sensi del comma 1, ciò avviene attraverso la pratica della cosiddetta vendemmia verde parziale (la vendemmia verde, in genere, a mente dell’art. 47 del regolamento (UE) 1308/2013, consiste nella distruzione totale o l'eliminazione dei grappoli non ancora giunti a maturazione, riducendo a zero la resa della relativa superficie), da realizzare nella corrente campagna.

La riduzione di produzione di uve destinate alla vinificazione non può essere inferiore al 15% rispetto al valore medio delle quantità prodotte negli ultimi 5 anni.

Sono escluse le campagne con produzione massima e minima, come risultanti dalle dichiarazioni di raccolta e di produzione presentate ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 18 luglio 2019, n. 7701, da riscontrare con i dati relativi alla campagna vendemmiale 2020/21 presenti nel Registro telematico, istituito con decreto ministeriale n. 293 del 20 marzo 2015.

Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi d’intesa con la Conferenza Stato-regioni entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le procedure attuative, le priorità di intervento e i criteri per l’erogazione del contributo da corrispondere alle imprese agricole.

 

Agli oneri derivanti dall’articolo in commento, pari a 100 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 (comma 2).


 

Articolo 224
(Misure in favore della filiera agroalimentare)

 

 

L’articolo 224:

§  aumenta dal 50% al 70% la percentuale di anticipo dei contributi PAC che può essere richiesta con la procedura ordinaria, specificando che, in alternativa, può essere richiesta quella semplificata, introdotta con il decreto-legge n.18/2020, per la quale era stato già disposto l’innalzamento in pari percentuale per il 2020 (comma 1);

§  modifica la normativa introdotta con l’art. 78 del decreto-legge n.18/2020 (comma 2) specificando:

§  al comma 3-ter, nel caso di utilizzo agronomico di alcune materie derivanti dal latte, compreso il siero, che la normativa di riferimento sia quella prevista per gli effluenti di allevamento;

aggiungendo un comma 3-decies con il quale l’ISTAT è delegato ad introdurre una specifica classificazione merceologica, ai fini dell’attribuzione del codice ATECO, alle attività di coltivazione di idroponica e acquaponica;

sostituendo il comma 4-sexies, che ha previsto la possibilità per le imprese agricole di rinegoziare i mutui, in modo da specificare che la misura, da intendersi come facoltà, non riguarda i mutui concessi dallo Stato, ma solo mutui e altri finanziamenti concessi dal sistema finanziario e non trova copertura – non ulteriormente necessaria – sul Fondo garanzia PMI, come originariamente disposto;

§  prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2021, la resa massima di uva a ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo debba essere pari o inferiore a 30 tonnellate. Sono fatte salve quelle rivendicate per produrre vini a DOP e a IGP ed è previsto che un decreto stabilirà le aree vitate dove è ammessa una resa fino a 40 tonnellate (comma 3);

§  modifica, da tre mesi a sei mesi il termine per l’esercizio del diritto di prelazione riconosciuto agli affittuari o a coloro che detengono il fondo nei confronti del proprietario che intende alienarlo (comma 4);

§  prevede, in relazione all’obbligo di monitoraggio della produzione di latte vaccino e ovino, che le modalità di applicazione siano stabilite con decreti separati, uno riguardante la produzione latte bovino, l’altro la produzione di latte ovino (comma 5).

 

Nello specifico, il comma 1 modifica l’articolo 10-ter del decreto-legge n. 27 (c.d. decreto-legge emergenze agricole) prevedendo:

§  al comma 2, che la percentuale di contributi PAC che le imprese agricole hanno diritto di avere a titolo di anticipo secondo la procedura ordinaria sale al 70% rispetto al 50% originariamente previsto (secondo quanto specificato nella relazione, l’impatto finanziario della misura è di 400 milioni di euro in termini di cassa);

§  al comma 4-bis, che la procedura semplificata ivi prevista, introdotta con l’articolo 78 del DL Cura Italia, si applichi in alternativa al procedimento ordinario previsto al comma 2.

Si ricorda, al riguardo, che la procedura semplificata è stata introdotta dai commi 1 e 1-bis dell’articolo 78 del decreto-legge n. 18 del 2020, che hanno, in particolare, aggiunto un comma 4-bis all’articolo 10-ter del decreto-legge n.27/2019. Le disposizioni richiamate hanno previsto che le imprese agricole che non hanno potuto presentare la domanda ordinaria a causa dell’emergenza COVID-19 possano richiedere, per il solo 2020 e a determinate condizioni, l’anticipo del 70 per cento dell'importo richiesto per i pagamenti diretti dovuti a titolo di politica agricola comune (PAC).  Il calcolo è rapportato al valore del portafoglio titoli 2019 di cui si trovano in possesso gli agricoltori che conducono superfici agricole alla data del 15 giugno 2020; l’elargizione è condizionata all’impegno di presentare una domanda unica per la campagna 2020 per il regime di base. La richiesta dell’anticipazione non consente di cedere titoli sino a quando non sia stata compensata l’anticipazione. Gli aiuti connessi all’anticipazione sono erogati sotto forma di aiuti di Stato, autorizzati dalla Commissione europea nel “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid 19”.

Il comma 2 dell’articolo 10-ter del decreto-legge n. 27/2019 prevedeva, invece, prima della modifica in esame, che le imprese agricole potessero ricevere con procedimento ordinario, entro il 31 luglio di ciascun anno, un anticipo del 50% dei contributi per i pagamenti diretti dovuti in base alla politica agricola comune -PAC. Tale percentuale viene ora elevata al 70 per cento.

 

La possibilità di chiedere in via ordinaria l’anticipo del 50% è stata definita - in attuazione dell’articolo 10-ter del DL n.27/2019 - dal DM  3 giugno 2019 che, oltre a richiedere che vengano effettuati i controlli di ammissibilità prima dell’elargizione dell’anticipo, esclude la concessione del beneficio nei confronti dei soggetti:

§  con una situazione debitoria con importi esigibili nel Registro nazionale debiti o nel Registro debitori dell'organismo pagatore e non esigibili ma comunque conosciuti dall'organismo pagatore;

§  con provvedimenti di sospensione dei pagamenti attivati dall'organismo pagatore;

§  con trasferimenti dei titoli in qualità di cedente non perfezionati al momento della concessione del finanziamento.

Sono poi esclusi i soggetti che già beneficiano dell’anticipazione bancaria dei contributi PAC attivata sulla base delle convenzioni sottoscritte dall’Organismo pagatore con gli istituti bancari, i soggetti che non soddisfano il requisito di agricoltore attivo e coloro per il quali l’importo dell’aiuto non trovi piena capienza dalle risultanze della consultazione del Registro nazionale degli aiuti di stato (RNA).

Il DM 8 aprile 2020 (pubblicato nella GU del 14 maggio 2020) ha prorogato al 2020 le disposizioni contenute nel suddetto DM 3 giugno 2019.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 78, commi 1-quater e 1-quinquies del decreto-legge Cura Italia ha, inoltre, previsto, limitatamente al periodo dell’emergenza sanitaria in atto, che le amministrazioni pubbliche possano posticipare al momento del saldo le verifiche richieste, per la conformità dei provvedimenti di elargizione dei sussidi, alla regolarità europea in materia di aiuti di Stato, alla regolarità contributiva e fiscale e alla conformità alla certificazione antimafia

 

Si ricorda, infine, che il Reg. 2020/531 del 16 aprile 2020, consente, per l’anno 2020, di erogare gli anticipi dei pagamenti diretti nella misura del 70% e non più del 50%, aumentando, altresì, la percentuale erogabile dei pagamenti relativi allo sviluppo rurale, che passa dal 75% all’85%. Agea e gli Organismi pagatori possono, pertanto, pagare un anticipo del 70% dei pagamenti, a partire dal 16 ottobre 2020. I pagamenti che possono essere oggetto di anticipo sono quattro: pagamento di base, pagamento del regime dei piccoli agricoltori, pagamento greening, qualora siano stati effettuati gli specifici controlli amministrativi; pagamenti giovani agricoltori. Dal pagamento anticipato sarà, con ogni probabilità, escluso il pagamento accoppiato, in quanto – alla data del 16 ottobre – non saranno ancora disponibili i dati nazionali per il conteggio degli importi.

 

Il comma 2 apporta talune modifiche all’articolo 78 del decreto-legge n.18/2020.

 

In particolare:

 

§  specifica, al comma 3-ter, che nel caso di utilizzo agronomico di alcune materie derivanti dal latte, compreso il siero, la normativa di riferimento sia quella prevista per gli effluenti di allevamento.

 

Si ricorda, al riguardo, che il comma 3-ter ha autorizzato le Regioni e le Province autonome ad agevolare l’utilizzo del latte, dei prodotti e derivati del latte negli impianti di digestione anaerobica siti nel proprio territorio regionale, derogando, limitatamente al periodo di crisi, alle procedure di autorizzazione previste per l’uso e la trasformazione delle biomasse.

In tal senso, le Regioni e le province autonome sono state chiamate a definire specifiche disposizioni transitorie cui dovranno attenersi i titolari di impianti di biogas.

Il gestore dell’impianto, nel caso in cui non sia in possesso delle autorizzazioni prescritte ai sensi del Reg. 1069/2009, è tenuto a formulare richiesta preventiva all’autorità sanitaria competente che, svolte le verifiche necessarie, è tenuta ad accogliere o respingere la richiesta entro tre giorni dalla data della richiesta.

Agli imprenditori agricoli è stato consentito, previa autorizzazione dell’Autorità sanitaria competente, l’utilizzo agronomico delle acque reflue addizionate con siero, scotta, latticello e acque di processo delle paste filate nonché l’utilizzo di siero puro o in miscela con gli effluenti di allevamento su tutti i tipi di terreno in deroga alle disposizioni vigenti. Proprio in relazione a tale disposizione interviene la specifica in esame, prevedendo che tale utilizzo debba avvenire ai sensi della normativa prevista per gli effluenti di allevamento.

 

§  aggiunge un comma 3-decies, al medesimo art. 78, con il quale l’ISTAT viene delegato ad introdurre una specifica classificazione merceologica, ai fini dell’attribuzione del codice ATECO, alle attività di coltivazione di coltivazione idroponica e acquaponica;

 

La coltivazione idroponica fa parte della categoria più ampia della coltivazione senza suolo, che può essere:

a) con substrato (in particolare, con l'uso di vasi contenenti varie tipologie di substrati, come la torba, dove - ad esempio - possono essere coltivati pomodori o altri ortaggi)

b) senza substrato, dove l'acqua e i nutrienti vengono dati al prodotto agricolo direttamente, ad esempio per immersione delle radici delle piante in contenitori privi di terra e di concime. In quest'ultimo caso, si parla di coltivazione idroponica che, di regola, avviene in serra, in particolare per ortaggi e fiori.

Per coltivazione acquaponica si intende la coltivazione fuori suolo di specie vegetali realizzata in un ambiente controllato derivante dall'integrazione tra coltivazione idroponica e acquacoltura.

La XIII Commissione Agricoltura ha iniziato l’esame della proposta di legge C. 1258, recante delega al Governo per la disciplina, la valorizzazione e la promozione delle pratiche colturali fuori suolo applicate alle coltivazioni idroponica e acquaponica. Nell’ambito dell’istruttoria del provvedimento la Commissione ha deliberato lo svolgimento di un ciclo di audizioni.

 

§  sostituisce il comma 4-sexies, che ha previsto la possibilità per le imprese agricole di rinegoziare i mutui, in modo da specificare che la misura, da intendersi come facoltà, non riguarda i mutui concessi dallo Stato, ma solo mutui e altri finanziamenti concessi dal sistema finanziario, sopprimendo il riferimento alle disponibilità finanziarie contenute nel Fondo di garanzia per la PMI, di cui all’art. 56 del decreto-legge n.18/2020.

 

Il comma 4-sexies ha previsto che sono rinegoziati i mutui e gli altri finanziamenti in essere al 1° marzo 2020 richiesti dalle imprese agricole per soddisfare le esigenze di conduzione e/o miglioramento delle strutture produttive. La rinegoziazione deve portare ad un miglioramento delle condizioni applicabili, incidendo sul piano di ammortamento e sulla misura del tasso di interesse. Le operazioni di rinegoziazione sono esenti da ogni imposta e da ogni onere, anche amministrativo a carico dell’imprese, comprese le spese istruttorie.

Le modifiche apportate, come è dato leggere nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge 34/2020, sono finalizzate ad evitare effetti negativi per la finanza pubblica, escludendo mutui concessi dallo Stato, riformulando in termini di facoltà e non di diritto la procedura di rinegoziazione configurata e sopprimendo, infine, il riferimento, ai fini della copertura, alle risorse finanziarie del Fondo di garanzia PMI di cui all’articolo 56 del DL 18/2020.

 

Il comma 3 dell’articolo in commento modifica l’articolo 8 della legge 12 dicembre 2016 n. 238 (Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino), che ha dettato specifiche disposizioni in merito allo schedario vitivinicolo e l’inventario del potenziale produttivo.

Il comma in esame prevede nello specifico che:

§  a decorrere dal 1° gennaio 2021, e comunque non prima dell’entrata in vigore del decreto di cui al nuovo comma 10-bis, la resa massima di uva a ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo è pari o inferiore a 30 tonnellate, salvo per quelle rivendicate per produrre vini a DOP e a IGP (periodo aggiunto al comma 10 dal comma in esame);

§  con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono definite le aree vitate nelle quali è ammessa, in deroga, una resa massima di uva ad ettaro fino a 40 tonnellate in base alle risultanze degli ultimi cinque anni di produzione (nuovo comma 10-bis introdotto dal comma in esame).

 

Si ricorda che l’articolo 8 della legge n. 238 del 2016 ha istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali uno schedario viticolo contenente le informazioni aggiornate sul potenziale produttivo viticolo, ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013.  Ogni unità vitata idonea alla produzione di uva da vino deve essere iscritta nello schedario. L’amministrazione competente, proprio sulla base dello schedario, presenta, entro il 1º marzo di ogni anno, alla Commissione europea l’inventario aggiornato del potenziale produttivo. Sulla base degli elementi tecnici delle unità vitate, è attribuita l’idoneità ai vigneti alla produzione id uve atte a dare vini a DOCG, DOC e IGT. Il comma 10, in particolare, oggetto della modifica in esame, prevede che la resa massima di uva per ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo diverse da quelle rivendicate per produrre vini a DOP e IGP è pari o inferiore a 50 tonnellate.

 

Il comma 4 interviene sull’articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, recante disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice.

L’articolo 8 prevede che l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante di fondi, qualora il proprietario decida di trasferire la proprietà a terzi, hanno diritto, a parità di condizioni, di esercitare, la prelazione purché:

§  coltivi il fondo stesso da almeno due anni;

§  non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo in caso di ricomposizione fondiaria;

§  il fondo sul quale si intende esercitare la prelazione non superi, insieme ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi, il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.

La prelazione non è esercitabile nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni siano destinati, in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica.

Qualora il trasferimento a titolo oneroso sia proposto, per quota di fondo, da un componente della famiglia coltivatrice, sia in costanza di comunione ereditaria che in ogni altro caso di comunione familiare, gli altri componenti hanno diritto alla prelazione purché siano coltivatori manuali o continuino l'esercizio dell'impresa familiare in comune.

 

Il comma in esame interviene sul sesto comma del suddetto art. 8, dove si prevede che nel caso il diritto di prelazione venga esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall'avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti.

La modifica porta da tre mesi a sei mesi il termine per l’esercizio del diritto di prelazione.

 

Il comma 5 interviene sull’articolo 3 del decreto-legge n.27/2019 (c.d decreto emergenze agricole) che ha recato norme sul monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino e dell'acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari a base di latte importati da Paesi dell'Unione europea e da Paesi terzi..

In particolare, è stato previsto che i primi acquirenti devono registrare mensilmente, nella banca dati del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) i quantitativi di:

§  latte ovino, caprino e il relativo tenore di materia grassa che vengono a loro consegnati loro dai singoli produttori nazionali;

§  latte di qualunque specie acquistati direttamente dai produttori;

§  latte acquistato da altri soggetti non produttori, situati in Paesi dell'Unione europea o in Paesi terzi;

§  prodotti lattiero-caseari semilavorati provenienti da Paesi dell'Unione europea o da Paesi terzi, con indicazione del Paese di provenienza.

Si prevede, poi, che le aziende che producono prodotti lattiero-caseari con latte vaccino, ovino o caprino sono tenute a registrare trimestralmente, nella banca dati del SIAN, i quantitativi di ciascun prodotto fabbricato, i quantitativi di ciascun prodotto ceduto e le relative giacenze di magazzino.

Le modalità di applicazione delle disposizioni introdotte sono state rinviate ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali da adottarsi, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 dicembre 2020. 

Il comma in esame interviene sul comma 3 dell’articolo 3, prevedendo che, al posto di un unico decreto, siano previsti distinti decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, differenziando il settore del latte vaccino e il settore del latte ovi-caprino.

Si ricorda, al riguardo, che al comma 2 del medesimo art. 3 è inoltre previsto che, con il decreto previsto al comma 3, si debba prevedere un eventuale diverso periodo di assolvimento dell'obbligo di registrazione per i piccoli produttori.


 

Articolo 225
(Mutui consorzi di bonifica)

 

 

L’articolo 225 permette a Cassa depositi e prestiti o altri istituti finanziari abilitati di erogare mutui ai consorzi di bonifica, di importo complessivo non superiore a 500 milioni di euro, per lo svolgimento dei compiti istituzionali loro attribuiti. Gli interessi sono a carico del bilancio dello Stato, nel limite complessivo di 10 milioni di euro annui, corrisposti nel periodo 2021-2025, durante il quale viene restituito il capitale in rate annuali di pari importo.

 

Nel dettaglio, il comma 1, nel prevedere la possibilità da parte di Cassa depositi e prestiti e di altri istituti finanziari di erogare mutui ai consorzi di bonifica, esclude la possibilità che essi siano utilizzati per assunzioni di personale, anche in caso di carenza di organico. La disposizione in commento fa riferimento alla “situazione di crisi di liquidità derivante dalla sospensione dei pagamenti dei contributi di bonifica disposta” dall’articolo 62 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 - il quale ha sospeso i termini di taluni adempimenti tributari e contributivi (senza che si faccia esplicito riferimento, nei sette commi del citato art. 62, ai contributi di bonifica) - “aggravata dalla difficoltà di riscossione del contributo dovuto dalle aziende agricole per il servizio di irrigazione”. 

 

Al riguardo, si fa presente che l’art. 62 del decreto-legge n. 18 del 2020 – richiamato come titolo giustificativo della sospensione del tributo - non fa espresso riferimento alla “sospensione dei pagamenti dei contributi di bonifica”.

 

Il suddetto art. 62 - in particolare - al comma 1, sospende ai soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e diversi dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020.

 

Si ricorda, in generale, che i consorzi di bonifica ed i relativi contributi a carico dei proprietari dei terreni che si trovano nei relativi perimetri, aventi, questi ultimi, natura di oneri reali sulla proprietà ed essendo considerati tributi, trovano la loro disciplina di base nel regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 e nel codice civile (agli articoli 857-865) e sono inoltre disciplinati da leggi regionali.

In particolare, l’art. 860 del codice civile prevede che i “proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica”, mentre l’art. 864 c.c. prevede che i “contributi dei proprietari nella spesa di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario sono esigibili con le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria. La Corte costituzionale, da ultimo, con la sentenza n. 188 del 2018, dopo aver ricostruito la citata normativa statale che prevede il contributo di bonifica, e la ripartizione di competenze tra Stato e regioni in materia, ha dichiarato incostituzionale l’art. 23, comma 1, lettera a) della legge della regione Calabria n. 11 del 2003, nella parte in cui prevede che il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali dei Consorzi, sia dovuto indipendentemente dal beneficio fondiario, invece che «in presenza del beneficio».

 

Ai sensi del comma 2, i suddetti mutui sono concessi nell’importo massimo complessivo di 500 milioni di euro, con capitale da restituire in rate annuali di pari importo per cinque anni, a decorrere dal 2021 e fino al 2025.

 

Il comma 3 prevede che gli interessi, a carico del bilancio dello Stato, che maturano nel corso del periodo di utilizzo del finanziamento, con decorrenza dal giorno successivo alla erogazione, saranno determinati nel limite massimo complessivo di 10 milioni di euro annui.

 

Per tale finalità, è quindi autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025 (comma 4).

 

Il comma 5 prevede che con decreto del  Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro quindici giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame, siano stabiliti i termini e la modalità di presentazione delle domande, nonché i  criteri per la rimodulazione dell’importo del mutuo concedibile nel caso in cui gli importi complessivamente richiesti superino la disponibilità - sopra indicata - di 500 milioni di euro.

 

Il comma 6 dispone in merito alla relativa copertura finanziaria, prevedendo che agli oneri derivanti dal comma 4 (pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025) si provveda ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 226
(Fondo emergenza alimentare)

 

 

L’articolo 226 incrementa di 250 milioni di euro le risorse destinate alla distribuzione di derrate di alimentari agli indigenti.

 

Nello specifico, il comma 1 – così come risultante da un avviso di rettifica del testo del provvedimento in esame, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  del 20 maggio 2020 – prevede che, a valere sulle disponibilità del Fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183 – indicato senza che venga specificato il riferimento all’articolo 5 - sia destinato l’importo di 250 milioni di euro, ad integrazione delle iniziative di distribuzione delle derrate alimentari per l'emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid-19, e con le procedure previste dal Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, di cui all'articolo 58, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012), cui concorre il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) 2014/2020, istituito dal  regolamento (UE) n. 223/2014.

 

Il comma 2 prevede che alle erogazioni delle risorse di cui sopra provveda l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA).

 

Si ricorda che il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti (Fondo nazionale indigenti) è stato istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA, ed ha le proprie risorse allocate nello stato di previsione del MIPAAF (cap. 1526).

Ai sensi dell’art. 58, comma 2, del citato decreto-legge n. 83 del 2012, si prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, venga adottato, entro il 30 giugno di ciascun anno, il relativo programma annuale di distribuzione, che identifica le tipologie di prodotto, le organizzazioni caritatevoli beneficiarie nonché le modalità di attuazione, anche in relazione alle erogazioni liberali e donazioni fornite da parte di soggetti privati e tese ad incrementare le dotazioni del Fondo.

Si precisa inoltre che, ai sensi del medesimo art. 58, comma 4, del decreto-legge n. 83 del 2012, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura è il soggetto responsabile dell'attuazione del suddetto programma.

 

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha incrementato, da ultimo, di 1 milione di euro per ciascuna delle annualità 2019, 2020 e 2021 lo stanziamento del Fondo nazionale indigenti, il quale già presentava stanziamenti per 5 milioni di euro annui (art. 1, comma 668).

È stato quindi emanato il decreto ministeriale 15 luglio 2019, che ha adottato il programma annuale di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti per l'anno 2019, destinando 6 milioni di euro all'acquisto di polpa di pomodoro in scatola.

L'articolo 5 del decreto-legge n. 27 del 2019 (legge n. 44 del 2019) ha ulteriormente incrementato le risorse del suddetto Fondo, al fine di favorire la distribuzione gratuita di alimenti ad alto valore nutrizionale. Sono stati quindi stanziati 14 milioni di euro, per il 2019, per l'acquisto di formaggi DOP, fabbricati esclusivamente con latte di pecora, con stagionatura minima di 5 mesi e massima 10 mesi, con contenuto in proteine non inferiore al 24,5 per cento, con umidità superiore al 30 per cento e con cloruro di sodio inferiore al 5 per cento. In attuazione di quest'ultima disposizione, è stato quindi emanato il decreto ministeriale 25 luglio 2019, recante il "Programma nazionale 2019 per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti - Formaggio pecorino DOP".

Inoltre, la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha ulteriormente rifinanziato di 1 milione di euro annui, per il triennio 2020-2022, il suddetto Fondo (art. 1, comma 511), dopo che il disegno di legge iniziale aveva previsto un definanziamento - per il medesimo triennio - di 100 mila euro annui.

È stato quindi emanato il decreto ministeriale 17 marzo 2020, che ha adottato il "Programma nazionale 2020 per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti", destinando 6 milioni di euro all'acquisto di latte crudo da destinare alla trasformazione in latte UHT.

Infine, il decreto-legge n. 18 del 2020 (convertito dalla legge n. 27 del 2020) ha incrementato di ulteriori 50 milioni di euro per il 2020 il suddetto Fondo, al fine di assicurare la distribuzione delle derrate alimentari per l'emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid-19 (art. 78, comma 3). In attuazione di tale ultima disposizione, è stato emanato il decreto ministeriale 8 aprile 2020, recante "Integrazione al decreto di ripartizione del «Fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti» per l'anno 2020". Il predetto decreto ha destinato:

- 14,5 milioni di euro per l'acquisto di formaggi DOP;

- 4 milioni di euro per conserve di verdure appertizzate ottenute da prodotto fresco;

- 2 milioni di euro per zuppe di legumi da verdura fresca;

- 2 milioni di euro per minestrone da verdura fresca;

- 2,5 milioni di euro per succhi di frutta;

- 2 milioni di euro per omogeneizzato d'agnello;

- 9 milioni di euro per prosciutto DOP;

- 4 milioni di euro per salumi IGP e/o DOP;

- 10 milioni di euro per carne bovina in scatola.

 

Il regolamento (UE) n. 223/2014 ha poi istituito il citato Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) che è andato a sostituire il Programma europeo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti (PEAD), concluso a fine 2013. Con l'istituzione del Fondo di aiuti europei agli indigenti è proseguito il sistema di donazioni di prodotti alimentari e di base a chi si trova in condizioni di povertà estrema.

 

Le risorse disponibili del FEAD, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2020, sono state pari a complessivi 3,395 miliardi di euro per tutti gli Stati membri (in prezzi del 2011). Ai sensi del medesimo Regolamento la dotazione contemplata per l'Italia è stata di 595 milioni (riferita sempre al 2011), pari a circa 670 milioni di euro a prezzi correnti. È stato, inoltre, previsto un cofinanziamento da parte dell'Italia pari a 118,3 milioni di euro.

L'attuazione del Programma Operativo per il periodo 2014-2020 ha previsto un coordinamento fra il Fondo nazionale, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Mipaaf e l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, che opera in qualità di Organismo intermedio, cui è delegata la gestione degli interventi per la distribuzione degli aiuti alimentari.

Da ultimo, è stato adottato il regolamento (UE) 2020/559 che ha modificato il citato regolamento (UE) n. 223/2014 per quanto riguarda l'introduzione di misure specifiche volte ad affrontare l'epidemia di COVID-19.

 

Si ricorda infine che l’art. 5 della citata legge n. 183 del 1987 ha istituito, nell'ambito del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche europee, con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio. A mente del successivo art. 6, tale fondo, su richiesta delle competenti amministrazioni e nei limiti delle quote indicate dal CIPE, eroga alle amministrazioni pubbliche ed agli operatori pubblici e privati interessati la quota di finanziamento a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione dei programmi di politica europea e può, altresì, concedere ai soggetti titolari dei progetti compresi nei programmi medesimi, che ne facciano richiesta, anticipazioni a fronte dei contributi spettanti a carico del bilancio delle Comunità europee.

 


 

Capo VII -  Misure per l'ambiente

Articolo 227
(
Sostegno alle Zone economiche ambientali)

 

 

L’articolo 227 prevede l’istituzione di un Fondo di 40 milioni di euro per l’anno 2020, per la concessione di un contributo straordinario aggiuntivo di sostegno alle micro, piccole e medie imprese, che operano nelle zone economiche ambientali (ZEA), costituite nei parchi nazionali, che svolgono attività economiche eco-compatibili e attività di guida escursionistica ambientale e di guida del parco, le quali abbiano sofferto una riduzione del fatturato in conseguenza dell’emergenza determinata dalla diffusione del Covid-19.

 

Il comma 1 dell’articolo 230 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di un Fondo di 40 milioni di euro per l’anno 2020, per la concessione di un contributo straordinario aggiuntivo, a favore delle micro, piccole e medie imprese, operanti nelle zone economiche ambientali (ZEA), istituite dall’art. 4-ter, commi 1 e 2, del D.L. 111/2019, che svolgono attività economiche eco-compatibili, ivi incluse le attività di guida escursionistica ambientale (GAE), aderenti alle associazioni professionali, di cui all’art. 2 della legge 14 gennaio 2013 n. 4 e di guida del parco, ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, che hanno sofferto una riduzione del fatturato in conseguenza dell’emergenza determinata dalla diffusione del Covid-19.

L’art. 2 della L. n. 4/2013 stabilisce che coloro che esercitano una professione non organizzata in ordini o collegi possono costituire associazioni a carattere professionale di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.

L’art. 14, comma 5, della legge quadro sulle aree protette (L. n. 394/1991) stabilisce che l'ente parco organizza, d'intesa con la regione o le regioni interessate, speciali corsi di formazione al termine dei quali rilascia il titolo ufficiale ed esclusivo di guida del parco.

Le zone economiche ambientali (ZEA) sono state costituite dall’art. 4-ter (Misure per contrastare i cambiamenti climatici e migliorare la qualità dell'aria nelle aree protette nazionali e nei centri urbani) del D.L. 111/2019 (cd. decreto clima), nel territorio di ciascun parco nazionale (disciplinati, tra l’altro, dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 in materia di aree protette), al fine di potenziare il contributo delle aree naturalistiche a livello nazionale per il contenimento delle emissioni climalteranti e di assicurare il rispetto dei limiti previsti dalla direttiva 2008/50 sulla qualità dell'aria, nonché di favorire in tali aree investimenti orientati al contrasto ai cambiamenti climatici, all'efficientamento energetico, all'economia circolare, alla protezione della biodiversità e alla coesione sociale e territoriale e di supportare la cittadinanza attiva di coloro che vi risiedono. Nell'ambito delle suddette zone economiche ambientali possono essere concesse, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente e nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, forme di sostegno ad imprese nuove o esistenti, che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti di natura incrementale, compatibile con i progetti ambientali (come individuati dall'art. 19, comma 6, lettere a), b), d), d)-bis e h), del D.Lgs. n. 30/2013, che disciplina gli interventi per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra), e che rispettano determinati requisiti; si prevede, inoltre, al fine di stabilire i criteri e le modalità per la concessione di tali misure di sostegno economico, l’emanazione di un decreto del Ministro dell'ambiente, di cui non è previsto un termine di emanazione e che non risulta ancora pubblicato (art. 4-ter, comma 1). L’art. 4-ter prevede, inoltre, per le medesime finalità di cui sopra, e nell'ambito dei medesimi progetti ambientali, la destinazione di una parte dei proventi derivanti dallo scambio delle quote di CO2 (come disciplinati dal citato D. Lgs. 30/2013), per gli anni 2020, 2021 e 2022, riservati al Ministero dell'ambiente, a favore  delle micro, piccole e medie imprese, che svolgono attività eco-compatibili e che hanno sede legale e operativa nei Comuni, aventi almeno il 45% della propria superficie compreso all’interno di una Zea (art. 4-ter, comma 2). Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente link.

Successivamente, la legge di bilancio per il 2020 (art. 1, commi 85, 86 e 88 della L. n. 160/2019) ha istituito un nuovo Fondo, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, finalizzato alla crescita sostenibile (Green new deal), con risorse previste per oltre 4,2 miliardi di euro per il periodo 2020-2023 (470 milioni di euro per l'anno 2020, 930 milioni di euro per l'anno 2021, 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023).

Detto Fondo è destinato ad operare secondo due distinti regimi: da una parte, si prevede che una quota, pari almeno a 150 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, sia destinata ad interventi coerenti con le finalità ambientali previste dal citato art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 30/2013, di cui una quota parte di 150 milioni deve essere destinata, nella misura minima di 20 milioni di euro annui, alle iniziative  da  avviare  nelle  Zone  Economiche Ambientali (ZEA), da definirsi con un decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, per il quale non è previsto alcun termine di emanazione e che ancora non risulta pubblicato.

La restante dotazione del suddetto Fondo, pari alle somme residue rispetto allo stanziamento totale previsto per il periodo 2020-2022, è destinata a favorire l’intervento del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la concessione di una o più garanzie, a titolo oneroso, anche con riferimento ad un portafoglio collettivo di operazioni  e  nella  misura  massima  dell’80  per  cento,  al  fine  di  sostenere  programmi  specifici  di investimento  e  operazioni,  anche  in  partenariato  pubblico-privato,  finalizzati  a  realizzare  progetti economicamente sostenibili. Per approfondire ulteriormente, si rinvia al seguente link.

 

Il comma 2 disciplina la copertura degli oneri derivanti dal comma 1, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2020, per cui si provvede ai sensi dell’articolo 265.

Il comma 3 prevede l’erogazione del contributo straordinario fino all’esaurimento delle risorse del Fondo di cui al comma 1, in proporzione alla differenza tra il fatturato registrato nel periodo tra gennaio e giugno 2019 e quello registrato nello stesso periodo del 2020.

 Le modalità di erogazione del contributo straordinario sono definite con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’ambiente e del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Per ottenere il contributo straordinario, i soggetti beneficiari devono risultare attivi alla data del 31 dicembre 2019, avere sede legale e operativa nei comuni aventi almeno il 45 per cento della propria superficie compreso all'interno di una ZEA, svolgere attività eco-compatibile, essere iscritti all'assicurazione generale obbligatoria o alle forme esclusive e sostitutive della medesima oppure alla Gestione separata INPS[44] .

 

Il comma 3 prevede inoltre che il contributo ricevuto non è assoggettato a tassazione sui redditi (più precisamente, non concorre alla formazione del reddito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR) ed è riconosciuto nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore (cd. “de minimis”).

Quanto agli aiuti di Stato concessi in regime de minimis, si ricorda che questi fanno eccezione all'obbligo di notifica preventiva alla Commissione UE. Si tratta di aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, il Regolamento (UE) n. 1407/2013 è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale di aiuto previsto da tale regolamento è di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316, secondo il quale l'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro a un'impresa unica non può superare 20.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per il settore ittico (della pesca e dell'acquacoltura), la disciplina del regime de minimis è contenuta nel Regolamento (UE) n. 717/2014. L'importo complessivo degli aiuti concessi da uno Stato membro a un'impresa unica nel settore della pesca e dell'acquacoltura non può superare 30.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

 


 

Articolo 228
(Misure urgenti in materia di valutazione di impatto ambientale)

 

 

L’articolo 228 sopprime il Comitato tecnico istruttorio previsto (dall’art. 8 del D.Lgs. 152/2006, c.d. Codice dell’ambiente) per assicurare un supporto tecnico-giuridico alla “Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS” posta alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente. Tale soppressione è compensata dalla facoltà, concessa alla Commissione, di potersi avvalere di enti pubblici di ricerca.

 

Si ricorda che la disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA), contenuta nella parte seconda del Codice dell’ambiente, è stata riscritta dal D.Lgs. 104/2017 (attuativo della nuova direttiva europea sulla VIA, n. 2014/52/UE). Tale riscrittura ha interessato anche l’articolo 8 del Codice, volto a disciplinare la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale. Nel riscrivere tale articolo, il D.Lgs. 104/2017 ha, da un lato, confermato il ruolo della Commissione quale organo di supporto tecnico-scientifico al Ministero dell’ambiente nonché il numero di componenti (pari a 40[45]) previsto dalla legislazione previgente, e dall’altro previsto l’istituzione di un nuovo organismo (denominato “Comitato tecnico istruttorio” e posto anch’esso alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente), formato da 30 unità di personale pubblico, a cui è stato affidato il compito di assicurare il necessario supporto tecnico e giuridico alla citata Commissione (v. comma 3 dell’art. 8 del D.Lgs. 152/2006).

La riscrittura in questione ha inoltre demandato la disciplina dell’articolazione, dell'organizzazione, del funzionamento della Commissione e del Comitato, nonché la determinazione dei costi di funzionamento di tali organismi, a decreti del Ministero dell'ambiente (v. commi 4 e 5).

Si ricorda inoltre che l’art. 23, comma 5, del D.Lgs. 104/2017, reca una disposizione transitoria volta, tra l’altro, a prevedere la nomina (entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto stesso), da parte del Ministro dell'ambiente, della nuova Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS e dei componenti del Comitato tecnico istruttorio, nonché a stabilire la permanenza in carica degli attuali componenti della Commissione fino al subentro dei nuovi.

La stessa disposizione transitoria prevede che l'entrata in carica dei nuovi componenti della Commissione e del Comitato è condizionata all'entrata in vigore dei decreti attuativi previsti dai succitati commi 4 e 5 dell’art. 8 del Codice.

Si ricorda che all’attuazione delle disposizioni recate dai commi 4 e 5 si è provveduto, rispettivamente, con il D.M. Ambiente 342/2017 e con il D.M. Ambiente 2/2018.

Nella relazione illustrativa al presente decreto-legge viene invece evidenziato, con riferimento alla nomina della nuova Commissione tecnica VIA-VAS, che “a causa dell’emergenza Covid-19 è stato impossibile procedere a costituire il suddetto Comitato con l’effetto che la nuova Commissione VIA-VAS - nominata con decreto del Ministro dell’ambiente n. 241 del 2019 registrato in Corte dei Conti a febbraio 2020 – non si è potuta insediare e prosegue ad operare, in deroga e solo per alcuni tipi di valutazione, la medesima Commissione già scaduta 5 anni fa con costi nettamente superiori rispetto alla nuova Commissione (applicandosi la previgente normativa sui compensi dei commissari)”.

 

L’esame di dettaglio delle disposizioni recate dall’articolo in esame evidenzia che:

§  la lettera b) prevede la soppressione del Comitato tecnico istruttorio;

§  Tale soppressione è operata mediante l’abrogazione della norma istitutiva del Comitato medesimo, recata dal comma 3 dell’art. 8 del Codice dell’ambiente.

§  le lettere c) e d) recano disposizioni conseguenti, volte ad eliminare, in ragione della soppressione del Comitato, i riferimenti a tale organismo previsti nei commi 4 e 5 dell’art. 8 del Codice;

§  la lettera a) amplia le possibilità di avvalimento concesse alla Commissione tecnica VIA-VAS, prevedendo che la stessa, per lo svolgimento delle istruttorie tecniche, può avvalersi (tramite appositi protocolli d'intesa) non solo del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (come previsto dalla norma vigente), ma anche degli altri enti pubblici di ricerca, a condizione che ciò avvenga senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Oltre a quanto già riportato in precedenza, la relazione illustrativa sottolinea che il mancato insediamento della nuova Commissione tecnica VIA-VAS “potrebbe comportare un significativo ritardo nel rilascio dei pareri VIA-VAS necessari per assicurare l’avvio di lavori strategici per il Paese specialmente alla luce dell’emergenza Covid-19” e, pertanto, al fine di consentire l’immediato insediamento della Commissione, la norma in esame “sopprime il Comitato tecnico istruttorio e, al contempo, estende, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, la possibilità di siglare protocolli di intesa non solo con il SNPA ma anche con altri enti pubblici di ricerca come l’ISPRA e il CNR”. La stessa relazione evidenzia altresì che “il venir meno di tale organo trova fondamento nel fatto che si tratta di una struttura di supporto tecnico-giuridico alla Commissione VIA VAS che a sua volta già svolge attività di supporto tecnico-scientifico … talché le competenze richieste per i membri del Comitato tecnico sono di fatto assorbite tra quelle individuate per i membri della Commissione VIA/VAS”.


 

Articolo 229
(Misure per incentivare la mobilità sostenibile)

 

 

L'articolo 229 reca disposizioni per incentivare forme di mobilità sostenibile alternative al trasporto pubblico locale, in considerazione dei cambiamenti indotti dalle misure di contenimento del covid-19 alla mobilità nelle aree urbane e metropolitane.

Il comma 1, lett. a), novellando l’art. 2 del decreto-legge n. 111 del 2019, prevede un buono mobilità che può essere utilizzato, dal 4 maggio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, per l'acquisto di biciclette, anche a pedalata assistita, di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica come definiti dall'art. 33-bis D.L. n. 162 del 2019, ovvero per l'utilizzo di forme di mobilità condivisa, escludendo l'utilizzo di autovetture. Il buono qui previsto copre il 60 per cento della spesa sostenuta per un ammontare non superiore a 500 euro. Il buono, che può essere richiesto una sola volta, è destinato ai maggiorenni residenti di città capoluogo (di regione o di provincia), di comuni con più di 50.000 abitanti o di città metropolitane. Un decreto ministeriale del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'economia e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro sessanta giorni dal presente decreto-legge, definisce modalità e termini per l'erogazione del beneficio, anche per il rispetto del limite di spesa.

Viene poi mantenuto il buono mobilità, già previsto dal testo finora vigente per la rottamazione di veicoli inquinanti, esteso dal presente comma 1 ai veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica. La norma in esame prevede che questo buono sia corrisposto solamente in relazione a rottamazioni effettuate nel 2021.

La lett. b) reca una modifica di coordinamento mentre la lett. c) estende alla risistemazione delle piste ciclabili uno stanziamento già previsto art. 2, co. 2, del citato D.L. n. 11 del 2019, nel testo finora vigente.

Il comma 2 reca l'incremento di 50 milioni per il 2020 della dotazione del fondo denominato "Programma sperimentale buono mobilità" e provvede alla copertura del relativo onere. Detta inoltre ulteriori disposizioni circa il decreto attuativo del buono mobilità previsto dal comma 1 per il periodo maggio-dicembre 2020.

Le due tipologie di buono, distintamente previsti per l'anno 2020 (dal 4 maggio) e per le rottamazioni effettuate nell'anno 2021, sono cumulabili.

Si recano, quindi, modifiche al Codice della strada concernenti la circolazione delle biciclette, concernenti la c.d. casa avanzata e la definizione di corsia ciclabile (comma 3).

Il comma 4 prevede che imprese o pubbliche amministrazioni con più di cento dipendenti in una singola unità locali ed ubicate in zone urbane con le caratteristiche ivi previste, provvedano, entro il 31 dicembre di ogni anno, a predisporre un piano degli spostamenti casa-lavoro del proprio personale dipendente al fine di limitare il ricorso a mezzi di trasporto privato da parte del proprio personale. Si prevede, a tal fine, la nomina del mobility manager. Si demanda la definizione delle modalità attuative ad uno o più decreti ministeriali di natura non regolamentare, prevedendosi la clausola di invarianza finanziaria per l'attuazione del comma 4.

 

Mobilità sostenibile: buono mobilità, piste ciclabili, risorse (co.1 e 2)

 

Il comma 1, lett. a), novella le disposizioni per incentivare la mobilità sostenibile nelle aree metropolitane recate dall'art. 2, comma 1, del D.L. n. 111 del 2019 (c.d. D.L. clima).

Secondo la novella, il nuovo "buono mobilità" è destinato ai residenti maggiorenni nei capoluoghi di Regione, nelle Città metropolitane, nei capoluoghi di Provincia ovvero nei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti per i seguenti acquisti:

§  biciclette, anche a pedalata assistita,

§  veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica di cui all’articolo 33-bis del D.L. n. 162 del 2019 ("Proroga termini", v. oltre),

§  per l’utilizzo dei servizi di mobilità condivisa a uso individuale esclusi quelli mediante autovetture.

 

Le risorse destinate al riconoscimento del buono in oggetto sono reperite a valere sulle disponibilità di bilancio relative all’anno 2020, anche in conto residui, nei limiti della dotazione del fondo denominato "Programma sperimentale buono mobilità", nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (v. infra) e fino ad esaurimento delle risorse.

 

Il buono qui introdotto copre il 60 per cento della spesa sostenuta ed è concesso, comunque, in misura non superiore a euro 500. Esso è utilizzabile a partire dal 4 maggio 2020 e fino al 31 dicembre 2020 e può essere richiesto per una sola volta ed esclusivamente per una delle destinazioni d’uso previste.

 

L’articolo 33-bis del D.L. n. 162 del 2019 dispone la proroga di un anno della sperimentazione riguardante la circolazione di segway, hoverboard e monowheel (comma 1) e introduce una nuova disciplina che precisa le condizioni e i limiti entro i quali è ammessa la circolazione dei monopattini elettrici; si introducono inoltre sanzioni per la violazione di tali condizioni e limiti. Sono altresì disciplinate le attività di noleggio di monopattini, anche in modalità free floating e introdotte le sanzioni amministrative per l’utilizzo non conforme alle disposizioni vigenti degli altri dispositivi di micromobilità oggetto di sperimentazione (comma 2).

 

Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definite le modalità e i termini per l'ottenimento e l'erogazione del beneficio in parola, anche ai fini del rispetto del limite di spesa. Il successivo comma 2 prevede questo sia adottato entro sessanta giorni dal presente decreto-legge.

 

La norma in esame reca quindi modifiche alla disciplina del buono mobilità per la rottamazione di veicoli e motocicli inquinanti.

Il medesimo art. 2, comma 1, del D.L. n. 111 del 2019 prevede, a valere sul fondo "Programma sperimentale buono mobilità", fino ad esaurimento, per i residenti nei comuni italiani interessati alle procedure di infrazione comunitaria per non ottemperanza ai limiti di emissione ambientale (vedi infra), un “buono mobilità” per la rottamazione di veicoli e motocicli inquinanti, pari a 1.500 euro per le autovetture ed a 500 euro per i motocicli, purché si tratti di autovetture omologate fino alla classe Euro 3 o di motocicli omologati fino alla classe euro 2 ed euro 3 a due tempi. Il buono può essere utilizzato per l’acquisto, anche a favore di persone conviventi di abbonamenti al trasporto pubblico locale e regionale, o per l'utilizzo dei servizi di mobilità condivisa a uso individuale, nonché di biciclette anche a pedalata assistita, entro i successivi tre anni.

 

Secondo le modifiche in esame, anche il presente buono per la rottamazione dei veicoli più inquinanti può essere utilizzato per l'acquisto di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica come definiti dall'art. 33-bis D.L. n. 162 del 2019.

La novella stabilisce, inoltre, che la rottamazione dovrà avvenire nel periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021.

Infine, le due tipologie di buono mobilità, distintamente previste per l'anno 2020 (dal 4 maggio) e per l'anno 2021, sono cumulabili.

Quanto alla copertura degli oneri connessi al buono rottamazione, come modificato, la novella stabilisce che vi si provveda a valere sulle risorse relative agli anni dal 2021 al 2024, nei limiti della dotazione del fondo "Programma sperimentale buono mobilità" e fino ad esaurimento delle risorse (per il fondo, v. infra).

 

Il comma 1, lett. b), reca una modifica all'ultimo periodo dell'art. 2, comma 1, del D.L. n. 11 del 2019, di coordinamento formale con le novelle di cui alla lett. a).

 

Come nel testo finora vigente, si prevede che il "buono mobilità" non costituisca reddito imponibile del beneficiario e non rilevi ai fini del computo dell'ISEE. Inoltre, si ricorda che la norma vigente demanda la definizione delle modalità e dei termini per l'ottenimento e l'erogazione del beneficio per la rottamazione in oggetto - anche ai fini del rispetto del limite di spesa - ad un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata. Si segnala che tale D.M., in quanto già previsto a legislazione vigente, prevedeva la decorrenza del termine per l'emanazione a decorrere dall'entrata in vigore del D.L n. 111 del 2019 (D.L. Clima).

In particolare la norma del D.L. clima, come modificata dalla legge di conversione del DL clima, legge 12 dicembre 2019, n. 141, ha previsto che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto clima stesso, fosse adottato un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, con cui fossero definite le modalità e i termini per l'ottenimento e l'erogazione del beneficio del buono mobilità, anche ai fini del rispetto del limite di spesa.

 

Tuttavia, attese le novelle ora recate dalla disposizione in esame, al nuovo sesto periodo del comma 1 della norma novellata  in materia di buono connesso alla rottamazione, si segnala che l'adozione del relativo decreto attuativo al riguardo - da riferire al quadro normativo come modificato dalla norma del decreto-legge in esame - dovrebbe avere una specifica decorrenza dall'entrata in vigore delle novelle qui in esame; tal senso, si fa notare infatti che, per il buono mobilità prima esaminato, di cui al terzo periodo del co. 1 della norma novellata, la disposizione fissa difatti il termine per l'adozione della regolamentazione di attuazione a decorrere dall'entrata in vigore del decreto-legge qui in esame, con autonoma disposizione del decreto-legge in esame (e non già nella norma novellata; segnatamente si veda il co. 2, primo periodo, della disposizione qui in esame).

Si valuti l'opportunità di chiarire il termine per l'adozione del D.M. attuativo, con riferimento al buono relativo alla rottamazione, a decorrere dall'entrata in vigore del decreto-legge in esame.

 

Dal Comunicato pubblicato sul sito del MIT, relativamente al buono mobilità si afferma che esso 'avrà efficacia retroattiva: potranno infatti beneficiarne quanti, avendone i requisiti, abbiano fatto acquisti a partire dal 4 maggio 2020, giorno di inizio della Fase 2. Per ottenere il contributo basterà conservare il documento giustificativo di spesa (fattura) e, non appena sarà on line, accedere tramite credenziali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) sull’applicazione web che è in via di predisposizione da parte del Ministero dell’ambiente e accessibile anche dal suo sito istituzionale. Alternativamente alla procedura a rimborso, una volta che l’applicazione sarà operativa (entro 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento in Gazzetta Ufficiale) il buono mobilità potrà essere fruito attraverso un buono spesa digitale che i beneficiari potranno generare sull’applicazione web'. La piattaforma - prosegue il Comunicato - genererà il buono spesa elettronico da consegnare ai fornitori autorizzati, insieme al saldo a proprio carico, per ritirare il bene o godere del servizio individuato. Si afferma che queste disposizioni resteranno in vigore solo fino al 31 dicembre del 2020, mentre nel 2021 torneranno efficaci le previsioni del decreto Clima che prevede un fondo a carico del Ministero dell’ambiente pari ad ulteriori 180 milioni di euro destinato ai residenti nei Comuni interessati dalle procedure di infrazione comunitaria per la non ottemperanza dell’Italia agli obblighi previsti dalla direttiva comunitaria relativa alla qualità dell’aria.

 

Ulteriori modifiche (comma 1, lett. c)) sono apportate al comma 2 dell'art. 2 del D.L. n. 111 del 2019: l'autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro - per ciascuno degli anni 2020 e 2021, ivi prevista per il finanziamento di progetti per la creazione, il prolungamento, l’ammodernamento e la messa a norma di corsie preferenziali per il trasporto pubblico locale, viene estesa a progetti per la sistemazione delle piste ciclabili.

Al relativo onere si fa fronte con le risorse attribuite al Ministero dell'ambiente, quale quota dei proventi delle aste delle quote di emissione di gas serra e destinate alla finalità sopra citate di cui all’art. 19, del D.Lgs. 13 marzo 2013, n. 30. Sono quindi dettate le modalità di presentazione dei progetti e attuative.

 

Il comma 2 incrementa la dotazione del fondo denominato "Programma sperimentale buono mobilità" di 50 milioni per l’anno 2020 (nel testo finora vigente era previsto uno stanziamento di 70 milioni di euro). Il Fondo è stato appositamente istituito dal comma 1 del medesimo art. 2, qui oggetto di modifica, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per finanziare il “bonus mobilità”. La finalità è la riduzione delle emissioni climalteranti.

La sua dotazione è pari a euro 5 milioni per l'anno 2019, euro 70 milioni per l'anno 2021, euro 55 milioni per l'anno 2022, euro 45 milioni per l'anno 2023 e euro 10 milioni per l'anno 2024. Per l'anno 2020, come già detto, si prevede un incremento di 50 milioni (per un totale di 120 milioni di euro).

Le risorse destinate al fondo sono una parte di quelle attribuite, per gli anni dal 2019 al 2024, al Ministero dell'ambiente, quale quota dei proventi delle aste delle quote di emissione di gas serra, per le finalità, contemplate dall’art. 19 del D.Lgs. 13 marzo 2013, n. 30, di ridurre le emissioni dei gas a effetto serra; tale quota è versata dal GSE, il Gestore dei Servizi Energetici a cui vengono versati i proventi delle aste (il GSE è il soggetto responsabile della messa all'asta delle quote per conto dello Stato italiano) ad apposito capitolo del bilancio dello Stato “e resta acquisita definitivamente all'erario”.

 

Si ricorda che il buono per la rottamazione dei veicoli è riconosciuto ai residenti nei comuni interessati dalle procedure di infrazione comunitaria n. 2014/2147 del 10 luglio 2014 o n. 2015/2043 del 28 maggio 2015 per la non ottemperanza dell'Italia agli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE. Ai medesimi comuni si applica la norma sulla sistemazione delle piste ciclabili.

 

In relazione alla direttiva 2008/50/CE l'Unione europea ha aperto nei confronti dell'Italia due procedure di infrazione legate al superamento, in alcune zone, dei valori limite di biossido di azoto (N02) e di polveri sottili (PM10): la n. 2014/2147 e la n. 2015/2143.

 

Procedura di infrazione n. 2014/2147

La Commissione europea ha contestato all’Italia la violazione degli articoli 13 e 23, nonché l'allegato XI della direttiva 2008/50/CE, recante l’obbligo per gli Stati membri di evitare eccessive concentrazioni nell'aria di sostanze inquinanti, fra cui le polveri PM10. In particolare, l'art. 13 della direttiva impone agli Stati UE il rispetto di soglie massime (come definite dal predetto allegato), cui si può derogare, ai sensi dell’art. 22 della direttiva, qualora sussistano determinate circostanze le quali rendano particolarmente difficoltoso, per alcune zone, il rientro al di sotto dei valori limite suindicati.

Tale deroga, tuttavia, era stata consentita dalla direttiva non oltre la data dell'11 giugno 2011 e a condizione che lo Stato membro richiedente approntasse un "piano di gestione dell'aria", recante, tra l’altro, gli accorgimenti finalizzati alla messa in regola entro il tempo concesso, rispetto ai parametri stabiliti dal già citato allegato XI. La stessa direttiva, all’articolo 13, prevede che, in ogni caso in cui il superamento dei valori limite non sia legittimo (perché non può applicarsi il regime di deroga, o in quanto lo stesso, già applicato, sia scaduto), lo Stato membro responsabile deve, comunque, approntare un "piano di gestione dell'aria", recante tra l’altro la descrizione delle misure "appropriate" per ripristinare i valori limite “entro il più breve tempo possibile”.

Si segnala che l'inottemperanza, da parte dell'Italia, alle norme sulle concentrazioni massime di PM10 (e altri inquinanti gassosi) nell'aria ambiente ha già costituito oggetto di una procedura di infrazione (n. 2008/2194 del 02/02/2009) a seguito della quale la Corte di giustizia ha accertato l’inadempimento dell’Italia. La procedura è stata archiviata il 20 giugno 2013, dietro promessa, da parte italiana, dell'adozione di un pacchetto di misure volto a ripristinare il rispetto dei massimali da essa previsti.

In base alle relazioni annuali presentate dall'Italia, risulta che - per il periodo 2008-2012 - ancora 13 zone/agglomerati hanno continuato a sforare i valori limite. La Commissione contestava il fatto che a  tali situazioni "storiche" di criticità si aggiungerebbero altre sei zone, in cui si registrerebbe una violazione dei valori limite "giornalieri" e 3 nuove zone per le quali resterebbero violati i valori limite annuali (per l’elenco completo delle zone che, secondo la Commissione europea, hanno superato i limiti si rinvia al ricorso introduttivo della causa C-644/18).

La Commissione europea, dopo aver inviato all’Italia un parere motivato ai sensi dell’articolo 258 del TFUE, ha presentato ricorso il 13 ottobre 2018 presso la Corte di giustizia per fare dichiarare l’Italia inadempiente. In particolare, con il primo motivo del proprio ricorso, la Commissione ritiene che i dati ottenuti sulla concentrazione di PM10 nell’aria dimostrino l’esistenza di una violazione sistematica e continuata del combinato disposto dell’art. 13 e dell’allegato XI (secondo il quale il livello di concentrazione di dette sostanze non può superare determinati limiti, giornalieri ed annuali). Secondo la Commissione europea detti limiti sarebbero stati violati senza alcuna interruzione per più di dieci anni.

Con il secondo motivo del ricorso, la Commissione europea considera che l’Italia sia venuta meno agli obblighi di cui all’art. 23, par. 1, della direttiva (da solo e in combinato disposto con l’allegato XV) della direttiva 2008/50/CE, poiché:

- i piani per la qualità dell’aria, adottati in seguito al superamento dei valori limite di concentrazione di PM10, non permettono né di conseguire detti valori limite, né di limitare il loro superamento al periodo il più breve possibile;

- molti di questi piani sarebbero privi delle informazioni obbligatoriamente richieste ai sensi dell’articolo 23 della succitata direttiva.

 

Procedura di infrazione n. 2015/2043

La Commissione europea ha contestato all’Italia la violazione di una serie di disposizioni della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria ambiente, con riferimento alla situazione esistente, in diversi "agglomerati" e "zone" del territorio italiano, in ordine alle concentrazioni di biossido di azoto (NO2) nell'aria.

In particolare, la Commissione ritiene l'Italia inadempiente agli obblighi di cui all’articolo 13 della direttiva (relativo ai valori limite delle sostanze inquinanti), in quanto si è verificato che, nel triennio 2010-2013, riguardo a 12 "zone", i valori limite "annuali" della concentrazione di NO2 sono stati pressoché continuamente superati, mentre, nello stesso triennio, risultano quasi continuamente oltrepassati i valori limite "orari" di NO2 per un "Agglomerato" (per l’elenco completo delle zone che, secondo la Commissione europea, hanno superato i limiti si rinvia al ricorso introduttivo della causa C-573/19).

Secondo la Commissione europea è, altresì, violato l’articolo 23 sulla base del quale gli Stati UE, che superino i valori limite predetti, devono comunicare alla Commissione i "piani di gestione dell'aria ambiente" che hanno l’obiettivo di ricondurre, "nel più breve tempo possibile", i valori effettivi entro i limiti previsti dalla direttiva; secondo la Commissione europea i piani di gestioni presentati dall’Italia appaiono lacunosi rispetto alle informazioni richieste obbligatoriamente dalla normativa europea.

La Commissione ritiene inoltre che l’Italia abbia violato l'art. 27 della direttiva (trasmissione di informazioni e relazioni) per non aver comunicato, entro i 9 mesi indicati da tale articolo, la situazione del valore di NO2 circa l'anno 2013, limitandosi ad inviare al riguardo, nel corso del 2015, solo una lacunosa informativa.

La Commissione europea, dopo aver inviato all’Italia un parere motivato ai sensi dell’articolo 258 del TFUE, ha presentato ricorso il 26 luglio 2019 presso la Corte di giustizia per fare dichiarare l’Italia inadempiente.

In particolare, con il primo motivo del proprio ricorso, la Commissione ritiene che i dati ottenuti sulla concentrazione di NO2 nell’aria dimostrino l’esistenza di una violazione sistematica e continuata del combinato disposto dell’art. 13 e dell’allegato XI della direttiva 2008/50, in base al quale il livello di concentrazione di dette sostanze non può superare determinati limiti di concentrazione annuali; secondo la Commissione europea, in alcune zone, detti limiti sarebbero stati violati senza alcuna interruzione per più di dieci anni.

Con il secondo motivo del ricorso, la Commissione considera che l’Italia sia venuta meno agli obblighi di cui all’art. 23, par. 1, della direttiva, da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, punto A, della direttiva 2008/50, in quanto:

-       i piani per la qualità dell’aria, adottati in seguito al superamento dei valori limite di concentrazione di NO2, non permetterebbero di conseguire detti valori limite, né di limitare il loro superamento al periodo il più breve possibile;

-       in secondo luogo, molti di questi piani sono privi delle informazioni richieste al punto A, dell’allegato XV, della direttiva, informazioni la cui indicazione è obbligatoria ai sensi dell’art. 23, par. 1, terzo comma di questa direttiva.

 

Per ulteriori approfondimenti si veda il dossier di documentazione sul decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229.

 

Modifiche al codice della strada (co. 3)

 

Il comma 3 dell'articolo in esame introduce le seguenti due nuove definizioni, integrando l'art. 3, comma 1, del Codice della strada (d.lgs. n. 285 del 1992):

§  casa avanzata: "linea di arresto per le biciclette in posizione avanzata rispetto alla linea di arresto per tutti gli altri veicoli";

§  corsia ciclabile: "parte longitudinale della carreggiata, posta a destra, delimitata mediante una striscia bianca discontinua, valicabile e ad uso promiscuo, idonea a permettere la circolazione sulle strade urbane dei velocipedi nello stesso senso di marcia degli altri veicoli e contraddistinta dal simbolo del velocipede. La Corsia ciclabile è parte della ordinaria corsia veicolare, con destinazione alla circolazione dei velocipedi".

 

Si ricorda che l'art. 50 del Codice stabilisce definisce i velocipedi quali veicoli con due ruote o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sul veicolo; sono altresì considerati velocipedi le biciclette a pedalata assistita, con le caratteristiche ivi specificate. In ogni caso, i velocipedi non possono superare 1,30 m di larghezza, 3 m di lunghezza e 2,20 m di altezza.

 

Con ulteriore modifica all'art. 182 del Codice sono dettate le disposizioni per la realizzazione della "casa avanzata", in corrispondenza delle intersezioni con semafori, sulla base di apposita ordinanza del sindaco (ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del Codice) e previa valutazione delle condizioni di sicurezza. La casa avanzata è estesa a tutta la larghezza della carreggiata o della semicarreggiata ed è posta a una distanza pari almeno a 3 metri rispetto alla linea di arresto stabilita per il flusso veicolare. Deve essere accessibile mediante apposita corsia di almeno 5 metri, riservata alle biciclette, situata sul lato destro in prossimità dell’intersezione. In ogni caso, può essere realizzata lungo le strade con limite di velocità a 50 km/h.

 

Piano spostamenti casa-lavoro e mobility manager (co. 4)

 

Il comma 4 prevede l'adozione, entro il 31 dicembre di ogni anno, di un piano degli spostamenti casa-lavoro del personale da parte delle imprese e le pubbliche amministrazioni con le seguenti caratteristiche:

§  aventi singole unità locali con più di 100 dipendenti;

§  ubicate in un capoluogo di Regione, in una Città metropolitana, in un capoluogo di Provincia ovvero in un Comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti.

 

Il piano è finalizzato alla riduzione dell'uso del mezzo di trasporto privato individuale, al fine di favorire il decongestionamento del traffico nelle aree urbane.

Le medesime imprese e pubbliche amministrazioni, sono tenute a nominare (comma 4) un Mobility Manager, con funzioni di supporto professionale continuativo alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali di mobilità sostenibile. Tale figura collabora all’adozione del piano di mobilità sostenibile, alla realizzazione di interventi di organizzazione e gestione della domanda di mobilità del personale, attuando interventi al fine di abbattere la circolazione veicolare all'interno dell'area urbana. Le pubbliche amministrazioni sono tenute ad individuare il Mobility Manager tra il personale in ruolo. Si demanda a uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la disciplina delle modalità attuative della previsione. Si provvede all'attuazione del comma nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il decreto del Ministro dell’ambiente 27 marzo 1998, prevede l'obbligo di redazione del piano e di individuazione della figura del responsabile della mobilità per gli enti pubblici con singole unità locali con più di 300 dipendenti e alle imprese che contano complessivamente più di 800 addetti, ubicate in comuni individuati da decreti ministeriali in relazione al rischio di inquinamento.

 

Quanto al mobility manager e ai Piani urbani per la mobilità, si ricorda che l'articolo 22 della legge n. 340 del 2000 (legge di semplificazione 1999), al comma 1 prevede l'istituzione di tali piani (PUM) intesi come progetti del sistema della mobilità che comprendono tra l'altro, interventi sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura dei mobility manager. Nel dettaglio, al fine di soddisfare i fabbisogni di mobilità della popolazione, assicurare l'abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l'aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la minimizzazione dell'uso individuale dell'automobile privata e la moderazione del traffico, l'incremento della capacità di trasporto, l'aumento della percentuale di cittadini trasportati dai sistemi collettivi anche con soluzioni di car pooling e car sharing e la riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree urbane, si prevede in tale norma l'istituzione di appositi piani urbani di mobilità (PUM) intesi come progetti del sistema della mobilità comprendenti l'insieme organico degli interventi sulle infrastrutture di trasporto pubblico e stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle tecnologie, sul parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura dei mobility manager, i sistemi di controllo e regolazione del traffico, l'informazione all'utenza, la logistica e le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle città.

Il Decreto 4 agosto 2017 (pubblicato sulla GU n.233 del 5 ottobre 2017) del Ministro per le Infrastrutture e di Trasporti ha dettato il quadro operativo dei Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile (PUMS), con apposite Linee Guida per la redazione dei PUMS sul territorio nazionale. Sono tenuti alla redazione le città metropolitane, gli enti di area vasta, i comuni e le associazioni di comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore del decreto in parola, dunque entro il 5 ottobre 2019. Il decreto in parola fa salvi i PUMS già adottati alla data di entrata in vigore del decreto che, se necessario, sono aggiornati entro il termine previsto. Il PUMS è predisposto su un orizzonte temporale decennale ed è aggiornato con cadenza almeno quinquennale. L'eventuale aggiornamento del piano è comunque valutato nei dodici mesi antecedenti all'affidamento di servizi di trasporto pubblico locale.

Infine, l'articolo 5 della legge 28 novembre 2015, n. 221 (c.d. collegato ambientale) definisce le norme volte ad incentivare la mobilità sostenibile. In particolare, al comma 6 fa riferimento al mobility manager scolastico cui competono l'organizzazione e il coordinamento degli spostamenti casa-scuola-casa del personale scolastico e degli alunni, nonché altri compiti dettagliatamente definiti.

 

Atteso che la disposizione in esame, precisamente al comma 2, fa fermo quanto previsto dall’articolo 33-bis del D.L. n. 162 del 2019, in materia di monopattini elettrici, già sopra citata, se ne richiamano di seguito nel dettaglio i contenuti; con tale disposizione si è infatti stabilito che il termine di conclusione della sperimentazione di cui all'articolo 1, comma 102, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, indicato dall'articolo 7 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019, è prorogato di dodici mesi. La circolazione mediante segway, hoverboard e monowheel, ovvero analoghi dispositivi di mobilità personale, è consentita, solo se sono a propulsione prevalentemente elettrica, nell'ambito della sperimentazione disciplinata dal citato decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019 e nel rispetto delle caratteristiche tecniche e costruttive e delle condizioni di circolazione da esso definite. Il comma 2 di tale disposizione ha poi novellato il co. 75 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160,  prevedendo che nelle more della sperimentazione e fino alla data di entrata in vigore delle nuove norme relative alla stessa sperimentazione, sono considerati velocipedi, ai sensi dell'articolo 50 del codice della strada, anche al di fuori degli ambiti territoriali della sperimentazione, i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica non dotati di posti a sedere, aventi motore elettrico di potenza nominale continua non superiore a 0,50 kW, rispondenti agli altri requisiti tecnici e costruttivi indicati nel decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019 e caratterizzati dai componenti elencati nell'allegato 1 al medesimo decreto. Chiunque circola con un monopattino a motore avente caratteristiche tecniche diverse da quelle indicate dal comma 75 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 400. Inoltre, i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica di cui al comma 75 possono essere condotti solo da utilizzatori che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età e possono circolare esclusivamente sulle strade urbane con limite di velocità di 50 km/h, ove è consentita la circolazione dei velocipedi, nonché sulle strade extraurbane, se è presente una pista ciclabile, esclusivamente all'interno della medesima. I monopattini non possono superare la velocità di 25 km/h quando circolano sulla carreggiata e di 6 km/h quando circolano nelle aree pedonali. Da mezz'ora dopo il tramonto, durante tutto il periodo dell'oscurità e di giorno, qualora le condizioni atmosferiche richiedano l'illuminazione, i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica sprovvisti o mancanti di luce anteriore bianca o gialla fissa e posteriormente di catadiottri rossi e di luce rossa fissa, utili alla segnalazione visiva, non possono essere utilizzati e possono essere solo condotti o trasportati a mano. Chiunque circola con un monopattino a propulsione prevalentemente elettrica in violazione delle disposizioni del presente comma è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 400. I conducenti dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica di cui al comma 75 devono procedere su un'unica fila in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano e, comunque, mai affiancati in numero superiore a due, devono avere libero l'uso delle braccia e delle mani e reggere il manubrio sempre con entrambe le mani, salvo che non sia necessario segnalare la manovra di svolta. I conducenti di età inferiore a diciotto anni hanno, altresì, l'obbligo di indossare un idoneo casco protettivo. E' fatto divieto di trasportare altre persone, oggetti o animali, di trainare veicoli, di condurre animali e di farsi trainare da un altro veicolo. Da mezz'ora dopo il tramonto, durante tutto il periodo dell'oscurità e di giorno, qualora le condizioni atmosferiche richiedano l'illuminazione, i conducenti dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica hanno l'obbligo di indossare il giubbotto o le bretelle retroriflettenti ad alta visibilità, e chiunque viola le disposizioni previste è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 50 a euro 200. Chiunque circola con un dispositivo di mobilità personale avente caratteristiche tecniche e costruttive diverse da quelle definite dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019, ovvero fuori dell'ambito territoriale della sperimentazione di cui al medesimo decreto è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 400. In base al co.75-septies, i servizi di noleggio dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica anche in modalità free-floating, possono essere attivati solo con apposita delibera della Giunta comunale, nella quale devono essere previsti, oltre al numero delle licenze attivabili e al numero massimo dei dispositivi messi in circolazione: a) l'obbligo di copertura assicurativa per lo svolgimento del servizio stesso; b) le modalità di sosta consentite per i dispositivi interessati; c) le eventuali limitazioni alla circolazione in determinate aree della città».

Si ricorda che con il medesimo art. 33-bis si è aggiunta una disposizione al Codice della strada in base alla quale chiunque circola con un veicolo atipico per il quale non sono state ancora definite le caratteristiche tecniche e funzionali indicate è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 200 a euro 800 e alla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo.


 

Capo VIII -  Misure in materia di istruzione

Articolo 230
(Incremento delle assunzioni di docenti nella scuola secondaria)

 

 

L’articolo 230 dispone che il numero dei posti previsti nell’ambito del concorso ordinario e della procedura straordinaria per il reclutamento di docenti nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, di recente banditi, è incrementato di complessivi 16.000 posti, equamente ripartiti fra le due procedure.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 1-16 e 19, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) ha previsto l’indizione di una procedura straordinaria, per titoli ed esami, per il reclutamento di 24.000 docenti nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, riservata a soggetti che hanno svolto – fra gli a.s. 2008/2009 e 2019-2020 – almeno tre annualità di servizio nelle scuole secondarie statali, ovvero sono stati impegnati in progetti regionali di formazione che prevedono attività di carattere straordinario.

In particolare, ha disposto che la procedura straordinaria è bandita per le regioni, le classi di concorso e le tipologie di posto per le quali si prevede che, negli a.s. dal 2020/2021 al 2022/2023, vi saranno posti vacanti e disponibili[46].

Tuttavia, in considerazione del meccanismo di assunzione dei vincitori, ha anche disposto che, ove occorra, le relative immissioni in ruolo possono essere disposte anche successivamente all’a.s. 2022/2023, fino all’esaurimento della graduatoria (co. 3).

Ha infatti stabilito (co. 4) che, annualmente, completata l'immissione in ruolo, per la scuola secondaria, degli aspiranti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) e nelle graduatorie di merito dei concorsi per docenti banditi negli anni 2016 e 2018, per le rispettive quote[47], e disposta la confluenza dell'eventuale quota residua delle GAE nella quota destinata ai concorsi, la quota parte delle facoltà assunzionali destinata alle GAE, non coperta con le stesse, è destinata per il 50% (e, allora, fino a concorrenza dei 24.000 posti) alle graduatorie della procedura straordinaria da bandire e per il 50% a quelle del concorso ordinario, per titoli ed esami, sempre per il reclutamento di docenti nella scuola secondaria, da bandire contestualmente alla procedura straordinaria. L’eventuale posto dispari è destinato alle graduatorie del medesimo concorso ordinario.

 

Il termine per bandire le due procedure – ordinaria e straordinaria –, che era stato fissato dal D.L. 126/2019 a entro il 2019, è stato posticipato al 30 aprile 2020 dall’art. 7, co. 10-quaterdecies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020).

 

I due bandi sono stati pubblicati nella GU-IV serie speciale n. 34 del 28 aprile 2020.

In particolare, con D.D. 510 del 23 aprile 2020 è stata indetta la procedura straordinaria, per titoli ed esami, organizzata su base regionale, per l'immissione in ruolo di personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado su posto comune e di sostegno, a valere sulle immissioni in ruolo previste per gli a.s. 2020/21, 2021/22, 2022/23 o successivi, qualora necessario per esaurire il contingente previsto, pari a 24.000 posti[48].

 

Con D.D. 499 del 21 aprile 2020[49] è stato indetto il concorso ordinario, per titoli ed esami, organizzato su base regionale, finalizzato al reclutamento del personale docente per posti comuni e di sostegno nella scuola secondaria di primo e secondo grado[50], per complessivi 25.000 posti che si prevede si renderanno vacanti e disponibili per il biennio 2020/2021-2021/2022[51].

 

Per la procedura straordinaria, le domande di partecipazione possono essere presentate dal 28 maggio al 3 luglio 2020, mentre per il concorso ordinario le domande possono essere presentate dal 15 giugno 2020 al 31 luglio 2020.

 

In particolare, il comma 1 dispone che il numero dei posti destinati alla procedura straordinaria è elevato (da 24.000) a 32.000.

A tal fine, fermo restando il meccanismo previsto dall’art. 1, co. 4, del D.L. 126/2019, le immissioni in ruolo dei vincitori della procedura straordinaria possono essere disposte, per le regioni e classi di concorso per cui la procedura è stata bandita, anche successivamente all'a.s. 2022/2023 (come già stabilito per i 24.000 originariamente previsti), sino all’assunzione di tutti i 32.000 vincitori.

 

A sua volta, il comma 2 dispone che anche il numero dei posti del concorso ordinario bandito contestualmente alla procedura straordinaria è incrementato di 8.000 posti. A tal fine, si introduce ora la previsione – parallela a quella relativa alla procedura straordinaria – in base alla quale, fermo restando il meccanismo previsto dall’art. 1, co. 4, del D.L. 126/2019, le immissioni in ruolo dei vincitori del concorso ordinario possono essere disposte, per le regioni e classi di concorso per cui è stata bandita la procedura, anche successivamente all'a.s. 2021/2022, sino all’assunzione di tutti i 33.000 vincitori.

Dispone, altresì, nell’ultimo periodo, che “all’onere di cui al presente articolo” – quantificato in € 4 mln per il 2023 – si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

Al riguardo, la relazione tecnica fa presente che gli oneri derivano solo dall’incremento previsto dal co. 1.

 

Si valuti, perciò, l’opportunità di fare riferimento agli oneri in un comma a sé, esplicitando che si tratta di quelli derivanti dal comma 1.

 

In particolare, la relazione tecnica fa presente che l’incremento di 8.000 posti previsto dal co. 1 non produce oneri aggiuntivi quanto ai costi di assunzione, atteso che le immissioni in ruolo dei 32.000 vincitori, nei limiti dei posti vacanti e disponibili, saranno effettuate ai sensi dell’art. 1, co. 3 e 4, del D.L. 126/2019, in tanti anni (verosimilmente, quattro) quanti ne occorreranno al fine di assicurare il rispetto della quota delle facoltà assunzionali già destinata al concorso. Quota che costituisce una parte di quelle complessive autorizzate dalla legislazione vigente.

L’incremento di posti determina, invece, maggiori oneri per effetto di quanto previsto dall’art. 1, co. 13, lett. a), dello stesso D.L. 126/2019, in base al quale lo Stato si fa carico di coprire le spese occorrenti per assicurare che tutti i neo-immessi in ruolo acquisiscano i crediti formativi universitari di cui all’art. 5, co, 1, lett. b), del d.lgs. 59/2017. In particolare, evidenzia che, ai sensi del DM 616/2017, ciò comporta una spesa di € 500 per discente. Si stima, dunque – rispetto alla spesa massima possibile indicata nella relazione tecnica correlata al D.L. 126/2019 in misura di € 4 mln per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 – una spesa aggiuntiva di € 4 mln nel 2023 necessari per coprire gli oneri di ulteriori 8.000 vincitori.


 

Articolo 231
(Misure per sicurezza e protezione nelle istituzioni scolastiche statali e per lo svolgimento in condizioni di sicurezza
dell’anno scolastico 2020/2021)

 

 

L'articolo 231 incrementa di 331 milioni di euro per il 2020 il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche destinando tali risorse ad una serie di interventi in favore delle istituzioni scolastiche ed educative statali per garantire la ripresa dell'attività scolastica in sicurezza. Tali interventi devono essere realizzati entro il 30 settembre 2020.

Sono inoltre stanziate alle istituzioni scolastiche statali e paritarie, che sono sede di esame di Stato, apposite risorse finanziarie - pari a 39,23 milioni di euro nel 2020 - per il corretto svolgimento degli esami di Stato per l’anno scolastico 2019/2020, al fine di assicurare la pulizia degli ambienti e l'utilizzo di dispositivi di protezione individuale durante le attività in presenza.

 

Ripresa delle attività scolastiche 2020/2021 (commi 1-5 e 9)

 

Il comma 1 incrementa di 331 milioni di euro nel 2020 il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche di cui all'art. 1, co. 601, della L. 296/2006, con l'obiettivo di assicurare la ripresa dell'attività scolastica nel 2020/2021 in sicurezza e in modo adeguato alla situazione epidemiologica.

Il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche è stato istituito nello stato di previsione dell'allora MIUR dall’art. 1, co. 601, della L. 296/2006.

Nella Nota 24 gennaio 2007, prot. 1306, il Ministro aveva specificato che nel Fondo citato affluivano le risorse per: il funzionamento amministrativo didattico; le funzioni connesse al subentro nei contratti per le pulizie delle scuole stipulati dagli enti locali (cosiddetti appalti storici); la stabilizzazione dei lavoratori utilizzati in lavori socialmente utili – ex LSU – in servizio presso le istituzioni scolastiche; la sperimentazione didattica e metodologica nelle classi con alunni disabili.

Le risorse del Fondo sono allocate sui capp. 1195, 1196, 1204, 1194 e 2394.

 

In base al comma 2, le risorse di cui al comma 1 sono destinate ai seguenti interventi:

a) acquisto di servizi professionali, di formazione e di assistenza tecnica per la sicurezza sui luoghi di lavoro, per la didattica a distanza e per l’assistenza medico-sanitaria e psicologica, di servizi di lavanderia, di rimozione e smaltimento di rifiuti.

Nel "Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione," adottato dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS) e pubblicato dall’INAIL ad aprile 2020, è stata definita la classificazione dei livelli di rischio connessi all’emergenza sanitaria per i differenti settori produttivi secondo la classificazione vigente ATECO. Dall’analisi del livello di rischio connesso al settore scolastico, si evidenzia un livello attribuito di rischio integrato medio-basso ed un rischio di aggregazione medio-alto.

 

b) acquisto di dispositivi di protezione e di materiali per l’igiene individuale e degli ambienti, nonché di ogni altro materiale, anche di consumo, in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19;

 

c) interventi in favore della didattica degli studenti con disabilità, disturbi specifici di apprendimento (DSA) ed altri bisogni educativi speciali (BES);

 

d) interventi utili a potenziare la didattica anche a distanza e a dotare le scuole e gli studenti degli strumenti necessari per la fruizione di modalità didattiche compatibili con la situazione emergenziale nonché a favorire l’inclusione scolastica e ad adottare le misure che contrastino la dispersione;

Si ricorda che l'art. 120 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha stanziato 10 milioni di euro nel 2020 per consentire alle istituzioni scolastiche statali di dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l'apprendimento a distanza e 70 milioni di euro nel 2020 per mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme, nonché per la necessaria connettività di rete. In attuazione è intervenuto il D.M. 187/2020,

 

e) acquisto e utilizzo di strumenti editoriali e didattici innovativi.

Si ricorda che l'art. 2 del D.L. 22/2020 (A.S. 1774) ha stabilito la conferma, per l’anno scolastico 2020/2021, dei libri di testo adottati per il corrente anno scolastico 2019/2020.

 

f) adattamento degli spazi interni ed esterni e la loro dotazione allo svolgimento dell’attività didattica in condizioni di sicurezza, inclusi interventi di piccola manutenzione, di pulizia straordinaria e sanificazione, nonché interventi di realizzazione, adeguamento e manutenzione dei laboratori didattici, delle palestre, di ambienti didattici innovativi, di sistemi di sorveglianza e dell’infrastruttura informatica.

 

La relazione tecnica precisa che le predette finalità sono state individuate "anche sulla base delle indicazioni formulate dalla Commissione di supporto tecnico nonché di preliminari approfondimenti svolti con gruppi di istituzioni scolastiche di diverso ordine e grado e sono state definite in modo da poter rispondere agli eterogenei contesti sociali e territoriali cui le scuole afferiscono".

 

Secondo il comma 3, qualora gli interventi di cui al comma 2 richiedano affidamenti, ad essi collaterali e strumentali, inerenti a servizi di supporto al responsabile unico del procedimento (RUP) e di assistenza tecnica, le istituzioni scolastiche ed educative statali possono far fronte alle relative spese utilizzando parte delle risorse del Fondo per il funzionamento loro assegnate, nel limite del 10 per cento delle stesse e nel rispetto delle tempistiche stabilite dal comma 5 (su cui si veda infra).

 

Il comma 4 stabilisce che le risorse di cui al comma 1 sono assegnate alle istituzioni scolastiche ed educative statali dal Ministero dell’istruzione, sulla base dei criteri e parametri vigenti per la ripartizione del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.

 

L'art. 1, co. 601, della L. 296/2006 stabilisce che con decreto del Ministro dell'istruzione sono stabiliti i criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche delle risorse del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, nonché per la determinazione delle misure nazionali relative al sistema pubblico di istruzione e formazione. La relazione illustrativa menziona il D.M. n. 834 del 15 ottobre 2015 che ha dettato i criteri per il riparto del suddetto Fondo, quali la tipologia dell’istituzione scolastica, la consistenza numerica degli alunni ed il numero degli alunni diversamente abili, il numero di plessi e sedi in cui si articola la scuola e il numero delle classi terminali.

 

In merito ai criteri di assegnazione, la relazione tecnica specifica che il livello di fabbisogno di ciascuna istituzione scolastica può essere misurato utilizzando i criteri di riparto del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, ai quali viene attribuita una specifica pesatura calcolata su un livello medio. Le finalità di spesa che si vogliono perseguire producono infatti dei fabbisogni diversi in ciascuna istituzione scolastica. Pertanto, "ferma restando l’eterogeneità delle 8.300 scuole presenti su tutto il territorio nazionale, le risorse, quantificate nell’importo complessivo di 331 milioni di euro, appaiono adeguate a contribuire ai fabbisogni delle istituzioni scolastiche in relazione alla diversa complessità delle stesse. È possibile infatti definire 4 cluster di fabbisogno delle scuole ed i seguenti relativi range di risorse disponibili per ogni scuola:


 

 

 CLUSTER

CARATTERISTICHE CLUSTER

NUMERO SCUOLE

RANGE RISORSE ASSEGNATE

A.    Scuole con elevati livelli di fabbisogno

1.372 alunni in media, 48 alunni disabili in media, fino a 13 plessi e contestuale presenza di gestioni economiche separate e/o aziende speciali annesse.

Scuole secondarie di secondo grado con laboratori.

424 (5%)

x >80.000

B.     Scuole con livelli medio-alti di fabbisogno

1.159 alunni in media, 35 alunni disabili in media, fino a 25 plessi. Scuole di ogni ordine e grado con presenza di corsi serali e di scuole in ospedale e domiciliari

2.567 (31%)

40.000<x<=80.000

C.     Scuole con livelli medi di fabbisogno

833 alunni in media, 27 alunni disabili in media, fino a 23 plessi. Scuole di ogni ordine e grado

4.815 (57%)

20.000<x<=40.000

D.    Scuole con ridotti livelli di fabbisogno

341 alunni in media, 10 alunni disabili in media, fino a 16 plessi. Prevalenza di Scuole del primo ciclo.

538 (7%)

X<=20.000

 

Il comma 5 detta le tempistiche per la realizzazione degli interventi o il completamento delle procedure di affidamento, che devono concludersi entro il 30 settembre 2020. Qualora, all'esito di un apposito monitoraggio, alla data del 30 settembre 2020, vi siano risorse non impegnate dalle istituzioni scolastiche ed educative, il Ministero dell'istruzione dispone un piano di redistribuzione delle risorse. A questo punto:

§  le risorse non impegnate sono versate in un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche;

§  le risorse sono assegnate alle istituzioni scolastiche ed educative che, al 30 settembre 2020, hanno già realizzato gli interventi o completato le procedure di affidamento e hanno comunicato al Dicastero - con modalità stabilite dal Ministero stesso - la necessità di ulteriori risorse per le medesime finalità di cui al comma 2. Al riguardo, si valuti l'opportunità di chiarire con quale atto sono definite le modalità di comunicazione da parte delle scuole di ulteriori esigenze finanziarie e quali siano i criteri per l'ulteriore assegnazione, o se essi siano definiti dal decreto previsto dal comma 4;

§  all'esito di questa ulteriore assegnazione, tali risorse dovranno essere utilizzate per la realizzazione di interventi o impegnate in procedure di affidamento entro il 31 dicembre 2020.

 

Il comma 9 dispone che il Ministero dell’istruzione, dal giorno seguente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento, comunica alle istituzioni scolastiche ed educative statali l’ammontare delle risorse finanziarie di cui al comma 1 da assegnare, con l’obiettivo di accelerare l’avvio delle procedure di affidamento e realizzazione degli interventi.

 

Svolgimento esami di stato 2019/2020 (commi 6, 7 e 8)

 

In base al comma 6, il Ministero dell'istruzione assegna tempestivamente alle istituzioni scolastiche statali e paritarie, che sono sede di esame di Stato, apposite risorse finanziarie, tenendo conto del numero di studenti e di unità di personale coinvolti. Tali risorse sono finalizzate a garantire il corretto svolgimento degli esami di Stato per l’anno scolastico 2019/2020, assicurando:

§  la pulizia degli ambienti scolastici secondo gli standard previsti dalla normativa vigente.

Si ricorda che l'art. 77 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha autorizzato la spesa di 43,5 milioni di euro nel 2020 per consentire alle istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale di istruzione di dotarsi di materiali per la pulizia straordinaria dei locali nonché di dispositivi di protezione e igiene personali. In attuazione è intervenuto il D.M. 20 marzo 2020, n. 186 che ha destinato le risorse a tutte le scuole (e non solo a quelle pubbliche) del sistema nazionale di istruzione e ha indicato i criteri di riparto delle risorse che tengono conto della tipologia dell’istituzione scolastica, della consistenza numerica degli alunni e della consistenza numerica del personale scolastico secondo i parametri unitari (in euro) riportati nelle allegate Tabelle 1 e 2 - Quadro A, B, C e D. In ogni caso è assicurato un finanziamento pari alla soglia minima di 500 euro per ogni scuola.

 

Quanto agli standard di pulizia, la relazione illustrativa fa riferimento alla circolare del Ministero della salute n. 5543 del 22 febbraio 2020, anche se il riferimento corretto pare essere la circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020.

 

§  la possibilità di utilizzare, ove necessario, dispositivi di protezione individuale da parte degli studenti e del personale scolastico durante le attività in presenza.

 

In merito alle modalità di svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione, si ricorda che è in corso di conversione il D.L. 22/2020 (A.S. 1774), il cui art. 1 demanda a specifiche ordinanze l'individuazione delle eccezionali modalità per l'anno scolastico 2019/2020, a seconda che l'attività scolastica riprenda o meno in presenza il 18 maggio 2020. In particolare, nel caso in cui l'attività didattica non riprenda in presenza il 18 maggio, le ordinanze disciplinano:

-       per il primo ciclo, la sostituzione dell’esame con la valutazione finale da parte del consiglio di classe, che tiene conto altresì di un elaborato del candidato, come definito dalle stesse ordinanze, nonché le modalità e i criteri per l’attribuzione del voto finale;

-       per il secondo ciclo, l’eliminazione delle prove scritte e la sostituzione con un unico colloquio, anche in modalità telematica, articolandone i contenuti e il punteggio per garantire la completezza e la congruità della valutazione.

Il Ministero dell'istruzione ha annunciato i contenuti delle due ordinanze sugli esami di Stato del primo e del secondo ciclo, quali l'ordinanza n. 9 del 16 maggio 2020 per gli esami conclusivi del primo ciclo di istruzione e l'ordinanza n. 10 del 16 maggio 2020 (con i relativi Allegato A e Allegato B) per gli esami conclusivi del secondo ciclo: questi ultimi si svolgeranno in presenza.

 

Al riguardo, il Comitato tecnico-scientifico (CTS) istituito per l’emergenza coronavirus, ha approvato un documento con proposte relative all’adozione di misure di sistema, organizzative, di prevenzione e protezione, nonché regole per l’utenza per lo svolgimento dell’esame di stato in sicurezza. Tale documento è stato recepito il 19 maggio 2020 nel Protocollo d'intesa siglato dal Ministero con le organizzazioni sindacali e recante "Linee operative per garantire il regolare svolgimento degli esami conclusivi di stato 2019/2020".

 

Le risorse assegnate per le finalità specifiche del comma 6 ammontano a 39,23 milioni di euro nel 2020, a valere sui pertinenti capitoli del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche statali e delle scuole paritarie (comma 7).

Per la dettagliata quantificazione delle risorse finanziarie si rinvia alla relazione tecnica, secondo cui dei 39,23 milioni di euro occorrenti, 3,2 milioni di euro sono destinati ai dispositivi di protezione individuale e 36 milioni di euro agli interventi di pulizia.

 

Il Ministero dell'istruzione può anticipare alle scuole le somme assegnate nel limite delle risorse iscritte in bilancio (comma 8).

 

Procedure di controllo e gestione e copertura degli oneri (commi 10, 11 e 12)

 

Il comma 10 affida ai revisori dei conti delle istituzioni scolastiche il controllo successivo sull'utilizzo delle risorse finanziarie (sia quelle per gli interventi propedeutici all'anno scolastico 2020/2021, sia quelle per gli esami di Stato dell'anno 2019/2020) in relazione alle finalità stabilite.

Il Titolo VI del D.M. 28 agosto 2018, n. 129, emanato ai sensi dell'art. 1, co. 143, della L. 107/2015, agli artt. 49-53 detta norme sul “Controllo di regolarità amministrativa e contabile" delle scuole, disciplinando i criteri generali per l’espletamento dei controlli svolti presso le istituzioni scolastiche, al fine di garantire la semplificazione delle procedure e l’efficacia delle verifiche. In particolare, l’articolo 49 prevede che il riscontro di regolarità amministrativa e contabile, ovvero l’insieme delle attività atte a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa, sia effettuato non più dal Collegio dei revisori dei conti, come era invece previsto dal D.I. 1° febbraio 2001, n. 44, bensì da due revisori dei conti, che operano in posizione paritetica e rappresentano, rispettivamente, il MIUR (ora Ministero dell'istruzione) e il MEF. L'incarico di revisione ha durata triennale, rinnovabile una sola volta con riferimento allo stesso ambito territoriale. Per una sintesi dei contenuti, si veda la circolare n. 74 del 5 gennaio 2019.

 

In base al comma 11, il Ministero dell'istruzione garantisce la gestione coordinata delle iniziative di cui all'articolo in commento ed assicura interventi centralizzati di indirizzo, supporto e monitoraggio in favore delle istituzioni scolastiche, attraverso il servizio di Help Desk Amministrativo – Contabile e la predisposizione di procedure operative, "template" e documentazione funzionali alla gestione e alla rendicontazione delle risorse.

L’Help Desk Amministrativo Contabile (HDAC), è la piattaforma dedicata al servizio di assistenza e consulenza rivolto alle Istituzioni Scolastiche per la risoluzione di problematiche connesse alla gestione amministrativo contabile, in virtù dell'art. 54 del D.M. 28 agosto 2018, n. 129.

In proposito, la relazione tecnica fa presente che per raggiungere l’obiettivo di utilizzare tempestivamente le risorse finanziarie, senza che rimangano inutilizzate, garantendo al tempo stesso di dare luogo ad operazioni negoziali utili e mirate rispetto ai bisogni effettivi delle scuole, è apparso necessario rafforzare il servizio di assistenza e consulenza alle istituzioni scolastiche già erogato dal Ministero dell’Istruzione ai sensi del citato art. 54 del D.M. 129/2018.

 

Il comma 12 prevede che agli oneri derivanti dai commi 1 e 7, pari a 370,23 milioni di euro, si provvede ai sensi dell’articolo 265, su cui si rinvia alla relativa scheda di lettura.

 


 

Articolo 232, commi 1-3 e 5-9
(Interventi in materia di edilizia scolastica)

 

 

L'articolo 232, commi 1-3 e 5-9, reca varie disposizioni in materia di edilizia scolastica finalizzate, in particolare, a semplificare le procedure di approvazione e autorizzazione degli interventi, a garantire liquidità agli enti locali e alle imprese impegnate nella realizzazione dei lavori, a velocizzare l’esecuzione di interventi durante il periodo di sospensione delle attività didattiche disposta a seguito dell’emergenza da COVID-19 e ad incrementare, per il 2020, le risorse della sezione per le emergenze del Fondo unico per l’edilizia scolastica.

Specifiche disposizioni riguardano, in particolare, gli interventi finanziati con i c.d. “mutui BEI” e quelli connessi alla realizzazione di scuole innovative.

 

Disposizioni relative a interventi finanziati con i c.d. mutui BEI

 

I commi 1 e 2 riguardano i mutui per l’edilizia scolastica di cui all’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013).

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) ha previsto che, al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico di immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica (e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica e di immobili adibiti ad alloggi e residenze per studenti universitari), nonché di favorire la costruzione di nuovi edifici scolastici pubblici e la realizzazione di palestre nelle scuole o di interventi volti al miglioramento delle palestre scolastiche esistenti, per la programmazione triennale 2013-2015 (al riguardo, v. infra), le regioni interessate potevano essere autorizzate dal MEF, d'intesa con l’allora MIUR, a stipulare mutui trentennali con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la BEI, la Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa, la Cassa depositi e prestiti e con i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del d.lgs. 385/1993.

A tal fine, ha disposto lo stanziamento di contributi pluriennali per interventi di edilizia scolastica per € 40 mln per il 2015 e per € 50 mln annui per la durata residua dell'ammortamento del mutuo, a decorrere dal 2016. Le risorse sono state appostate sul cap. 7106 dello stato di previsione dell’allora MIUR[52].

Ha, altresì, previsto che le modalità attuative dovevano essere stabilite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, in conformità ai contenuti dell'intesa, sottoscritta in sede di Conferenza unificata il 1º agosto 2013, tra il Governo, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali, sull'attuazione dei piani di edilizia scolastica formulati ai sensi dell'art. 11, co. da 4-bis a 4-octies, del D.L. 179/2012 (L. 221/2012).

In attuazione, è intervenuto il D.I. 23 gennaio 2015 che, avendo preso atto che i piani triennali regionali di edilizia scolastica relativi al triennio 2013-2015 – ai cui interventi potevano essere conferite le risorse di cui all’art. 10 del D.L. 104/2013 – non erano stati adottati, ha introdotto nell’ordinamento la programmazione unica triennale nazionale degli interventi di edilizia scolastica.

Conseguentemente, lo stesso D.I. 23 gennaio 2015 – come modificato, quanto ai termini, dal D.I. 27 aprile 2015 – aveva proceduto alla definizione di tempi certi per la trasmissione dei piani regionali[53].

La definizione di una nuova programmazione unica nazionale degli interventi di edilizia scolastica per il triennio 2018-2020 è stata poi avviata con D.I. 3 gennaio 2018[54].

Successivamente, l’art. 4, co. 3-quinquies, del D.L. 86/2018 (L. 97/2018), novellando l’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013, ha esteso la possibilità di stipulare i mutui trentennali anche per gli interventi di edilizia scolastica inclusi nelle programmazioni triennali successive.

Da ultimo, con D.I. 87 del 1 febbraio 2019 l’allora MIUR e il MEF hanno autorizzato le regioni alla stipula dei mutui 2018 e all’individuazione degli interventi.

 

Si ricorda, altresì, che, con riferimento agli immobili di proprietà pubblica adibiti all'alta formazione artistica, musicale e coreutica, i co. 2-bis e 2-ter del medesimo art. 10 del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – inseriti dall'art. 1, co. 173, della L. 107/2015 – hanno disposto che, per le medesime finalità di cui al co. 1, le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) possono essere autorizzate dal MEF, d'intesa con l’allora MIUR, a stipulare sempre mutui trentennali con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la BEI, la Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa, la Cassa depositi e prestiti e con i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del d.lgs. 385/1993. A tale fine, sono stati stanziati contributi pluriennali per € 4 mln annui dal 2016 per la durata dell'ammortamento del mutuo.

Le risorse sono state appostate sul cap. 7255 dello stato di previsione dell’allora MIUR.

Le modalità attuative sono state stabilite con D.I. 6 aprile 2018.

 

Nel quadro descritto, il comma 1 – aggiungendo un periodo alla fine dell’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – prevede che eventuali successive variazioni relative ai singoli interventi di edilizia scolastica, compresa l’assegnazione delle eventuali economie, sono disposte – qualora restino invariati le modalità di utilizzo dei contributi pluriennali e i piani di erogazione già autorizzati a favore delle singole regioni – con decreto del Ministro dell’istruzione, e comunicate al Ministero dell’economia e delle finanze.

La relazione illustrativa fa presente che così si intende semplificare le procedure di approvazione e di autorizzazione dei mutui BEI a valere sulla programmazione triennale nazionale.

 

Il comma 2 dispone, a sua volta, che, in considerazione dell’attuale fase emergenziale, è ammessa l’anticipazione del 20% del finanziamento sulle procedure dei mutui autorizzati “ai sensi dell’articolo 10” del D.L. 104/2013 (L. 128/2013), “nell’ambito della programmazione triennale nazionale 2018-2020” e nei limiti dei piani di erogazione già autorizzati ai sensi dell’art. 4, co. 177-bis, della L. 350/2003[55].

 

La relazione illustrativa sottolinea che in tal modo si intende assicurare la liquidità necessaria sia agli enti locali sia alle imprese.

 

Poiché si fa esplicito riferimento alla programmazione triennale nazionale, l’intenzione è chiaramente quella di circoscrivere la disposizione ai soli mutui per interventi di edilizia scolastica.

Si valuti, comunque, l’opportunità di richiamare esplicitamente il co. 1 dell’art. 10 del D.L. 104/2013.

 

Disposizioni per interventi di realizzazione di scuole innovative

 

Il comma 3 concerne interventi per la realizzazione di scuole innovative.

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 153-158, della L. 107/2015 ha disposto la realizzazione di edifici scolastici innovativi dal punto di vista architettonico, tecnologico, impiantistico, dell'efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzati dalla presenza di nuovi ambienti di apprendimento e dall'apertura al territorio.

In particolare, a tal fine, ha previsto l’utilizzo delle risorse – pari a complessivi € 300 mln nel triennio 2015-2017 – che, in base all’art. 18, co. 8, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), l'INAIL doveva destinare ad un piano di messa in sicurezza delle scuole e di costruzione di nuovi edifici scolastici. I canoni di locazione da corrispondere all’INAIL sono stati posti a carico dello Stato.

Ha, altresì, previsto che con decreto dell’allora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovevano essere ripartite le risorse tra le regioni e individuati i criteri per l'acquisizione da parte delle stesse regioni delle manifestazioni di interesse degli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione di una scuola innovativa.

Con altro decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza Stato-regioni, doveva essere indetto un concorso con procedura aperta avente ad oggetto proposte progettuali relative agli interventi individuati dalle regioni.

La ripartizione dei € 300 mln fra le regioni e la definizione dei criteri è stata operata con DM 593 del 7 agosto 2015.

Con DM 3 novembre 2015, n. 860 il MIUR ha annunciato l'indizione, con decreto del competente direttore generale, del "Concorso di idee per la realizzazione di scuole innovative", fissando l'importo dei premi. Il concorso è stato bandito con D.D. 7746 del 12 maggio 2016.

 

Successivamente, l’art. 1, co. 717, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha disposto che l'INAIL doveva destinare alla realizzazione di scuole innovative, compresa l'acquisizione delle relative aree di intervento, ulteriori € 50 mln. Anche in questo caso, i canoni di locazione da corrispondere all’INAIL sono stati posti a carico dello Stato.

Aveva, altresì, previsto che le somme incassate dagli enti locali attraverso la cessione delle aree di loro proprietà in favore dell'INAIL erano vincolate alla realizzazione delle ulteriori fasi progettuali finalizzate alla cantierizzazione dell'intervento oggetto del concorso previsto dalla L. 107/2015. Le eventuali somme residue sono trasferite dagli enti locali al bilancio dello Stato per la riduzione dei canoni di locazione da corrispondere all’INAIL.

Il 6 novembre 2017 sono stati proclamati i vincitori del concorso.

Successivamente, l’art. 42-bis, co. 2 e 4, del D.L. 109/2018 (L. 130/2018) ha autorizzato la spesa di € 9 mln per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 per la progettazione delle scuole innovative previste dalla L. 107/2015. Ha, altresì, previsto che le risorse destinate alla progettazione sono anticipate agli enti locali per stati di avanzamento dei livelli di progettazione e poi scomputate dall’INAIL all’atto della quantificazione dell’importo dovuto agli enti locali per l’acquisizione delle aree oggetto di intervento.

 

Nel quadro descritto, il comma 3, novellando l’art. 1, con 717, della L. 208/2015, prevede che le somme da esso previste incassate dagli enti locali attraverso la cessione delle aree di loro proprietà in favore dell'INAIL sono ora destinate (solo) prioritariamente alla realizzazione delle ulteriori fasi progettuali finalizzate alla cantierizzazione, e introduce tra le destinazioni delle stesse anche il completamento dell'intervento oggetto del concorso.

 

La relazione illustrativa sottolinea che, in tal modo, si semplifica la procedura per la realizzazione delle scuole innovative, consentendo agli enti locali, destinatari del finanziamento rientrante nel programma di investimento di cui all’art. 1, co. 153 e seguenti, della L. 107/2015 di utilizzare le risorse derivanti dall’alienazione delle aree per sostenere le spese necessarie non solo per la progettazione della scuola, ma anche per eventuali interventi di completamento.

Fa presente, infatti, che, a seguito della stima del valore delle aree, è emersa la necessità da parte degli enti locali beneficiari del finanziamento di sostenere spese per opere di demolizione e di bonifica che non erano sostenibili dall’INAIL e che non erano oggetto di finanziamento.

 

Disposizioni per accelerare l’esecuzione di interventi durante la fase di sospensione delle attività didattiche

 

I commi da 5 a 7 recano previsioni finalizzate ad accelerare l’esecuzione degli interventi di edilizia scolastica durante la fase di sospensione delle attività didattiche disposta a seguito dell’emergenza da COVID-19.

In particolare, il comma 5 prevede che, per tutti gli atti e i decreti relativi a procedure per l’assegnazione di risorse in materia di edilizia scolastica, i richiesti concerti o i pareri da parte di altre pubbliche amministrazioni centrali sono acquisiti entro 10 giorni dalla relativa richiesta formale.

Al riguardo, si ricorda che, in base all’art. 16 della L. 241/1990, che disciplina i procedimenti amministrativi, i pareri degli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni sono resi entro 20 giorni dal ricevimento della richiesta[56].

In base all’art. 17-bis della medesima L. 241/1990, invece, gli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati, di competenza di altre amministrazioni pubbliche ovvero di gestori di beni o servizi pubblici, sono resi entro 30 giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento. In caso di decorso del termine senza che sia stato comunicato l'atto di assenso, concerto o nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

 

Decorso tale termine, nei 3 giorni successivi il Ministero dell’istruzione indice apposita conferenza di servizi, convocando tutte le Amministrazioni interessate e trasmettendo contestualmente alle medesime il provvedimento da adottare.

In base al comma 6, la conferenza di servizi si svolge in forma simultanea e in modalità sincrona, anche in via telematica, e si conclude entro 7 giorni dalla sua indizione. La determinazione motivata di conclusione della conferenza sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, da parte delle amministrazioni coinvolte nel procedimento. La mancata partecipazione alla conferenza di servizi si intende quale silenzio assenso.

Con la determinazione motivata di conclusione della conferenza, il Ministero dell’istruzione procede all’adozione degli atti e dei provvedimenti di propria competenza.

In base all’art. 14-ter, co. 2, della L. 241/1990, in caso di indizione di conferenza di servizi simultanea, i lavori della stessa si concludono non oltre 45 giorni decorrenti dalla data della prima riunione. Qualora siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, il termine è fissato in 90 giorni.

 

Il comma 7 prevede, infine, che le disposizioni dei commi 5 e 6 si applicano a tutti i procedimenti in corso per i quali il Ministero dell’istruzione deve ancora acquisire concerti o pareri da parte di altre pubbliche amministrazioni centrali.

 

Al riguardo, si valuti l'opportunità di stabilire un termine univoco per i casi in cui il concerto o il parere siano stati già richiesti dal Ministero ma non ancora resi, ad esempio prevedendo che il termine di 10 giorni decorra dalla data di entrata in vigore del decreto-legge o, comunque, dalla data di una nuova richiesta formalizzata.

 

La relazione illustrativa fa presente che l’obiettivo è quello di consentire di accelerare al massimo l’assegnazione delle risorse agli enti locali e, di conseguenza, l’avvio dei cantieri, approfittando proprio della sospensione delle attività didattiche. Evidenzia, infatti, che, attualmente, l’iter di adozione degli atti e dei decreti per l’assegnazione delle risorse richiede tempi molto lunghi - anche 2 o 3 mesi - per garantire l’acquisizione di concerti e di pareri da parte di altre Amministrazioni centrali.

 

In argomento, si ricorda che il 28 aprile 2020 è stato reso noto sul sito del Ministero dell’istruzione che, al fine di snellire le procedure e velocizzare gli interventi, garantendo continuità nell’erogazione delle risorse e fornendo sostegno e liquidità a enti locali e imprese, lo stesso Ministero dell’istruzione ha deciso di mantenere sempre aperti gli applicativi informativi per la rendicontazione e per i pagamenti degli interventi di edilizia scolastica.

In particolare, il comunicato sottolineava che “Si tratta di una novità: abitualmente gli enti locali hanno a disposizione tre finestre temporali durante l’anno per richiedere risorse, inserire procedure, rendicontare. La decisione è stata presa a margine della Cabina di regia per l’edilizia scolastica che si è tenuta la scorsa settimana, per dare la possibilità di sfruttare questo momento di sospensione delle attività didattiche per mettere in sicurezza le scuole e intervenire strutturalmente sugli edifici scolastici”.

 

Incremento delle risorse della sezione per le emergenze nell’ambito del Fondo unico per l’edilizia scolastica

 

Il comma 8 prevede che, per supportare gli enti locali in interventi urgenti di edilizia scolastica, nonché per l’adattamento, per l’avvio dell’a.s. 2020/2021, degli ambienti e delle aule per il contenimento del contagio relativo al COVID-19, “il fondo per le emergenze” di cui al Fondo unico per l’edilizia scolastica è incrementato, per il 2020, di € 30 mln.

In base al comma 9, ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che il Fondo unico per l’edilizia scolastica è stato istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR dall’art. 11, co. 4-sexies dal D.L. 179/2012 (L. 221/2012)[57]. In base alla norma istitutiva, nel Fondo devono confluire tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica. Di fatto, le linee di finanziamento sono numerose e fanno capo anche ad altri Ministeri.

Successivamente, l’art. 58-octies del D.L. 124/2019 (L. 157/2019) ha previsto l’istituzione di un’apposita sezione del Fondo unico per l’edilizia scolastica, le cui risorse – pari a € 5 mln per il 2019 e a € 10 mln annui dal 2020 al 2025 – sono destinate a finanziare le esigenze urgenti e indifferibili di messa in sicurezza e riqualificazione energetica degli edifici scolastici pubblici, incluse quelle emerse a seguito delle verifiche di vulnerabilità sismica effettuate ai sensi dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 20 marzo 2003, n. 3274[58] (per le zone 3 e 4) e dell'art. 20-bis del D.L. 8/2017 (L. 45/2017[59]) (per le zone 1 e 2).

Le disposizioni attuative, incluse le modalità di accesso alle risorse e le priorità degli interventi, devono essere stabilite con decreto del Ministro dell’istruzione, che sarebbe dovuto essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, sentiti i competenti dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Si valuti, dunque, l’opportunità di fare riferimento all’incremento delle risorse destinate alla sezione del Fondo unico per l’edilizia scolastica relativa alle esigenze urgenti e indifferibili.


 

Articolo 232, comma 4
(Stati di avanzamento lavori in edilizia scolastica)

 

 

L’articolo 232, comma 4, autorizza gli enti locali a procedere al pagamento degli stati di avanzamento dei lavori (cd. SAL), per interventi di edilizia scolastica, anche in deroga ai limiti fissati per gli stessi nell’ambito dei contratti di appalto.

La deroga proposta mira alla semplificazione delle procedure di pagamento da parte degli enti locali, durante la fase emergenziale da Covid-19, per tutta la durata dell’emergenza.

 

Come ricordato dall’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) (Atto di segnalazione n. 5 del 29 aprile 2020), in materia di sospensione delle attività contrattuali rilevano le seguenti disposizioni: l’art. 107 (sospensione) del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) e gli articoli 10 (sospensione dei lavori) e 23 (sospensione dell’esecuzione) del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 7 marzo 2018, n. 49 (Approvazione delle linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell’esecuzione).

In materia, invece, di emissione e pagamento degli acconti del corrispettivo di appalto, i riferimenti normativi risultano l’art. 113-bis (termini di pagamento. clausole penali, recentemente sostituito dall’art. 5, comma 1, della L. 37/2019 – Legge europea 2018) del Codice medesimo e l’art. 14 (documenti contabili) del citato D.M. 49/2018.

Dal complesso delle richiamate disposizioni si evince che al verificarsi delle circostanze di cui ai commi 1, 2 e 4 del citato art. 107 del Codice dei contratti pubblici (cioè circostanze speciali, ragioni di necessità o di pubblico interesse, o cause imprevedibili o di forza maggiore), il direttore dei lavori dispone la sospensione dell’esecuzione del contratto, compilando, se possibile con l’intervento dell’esecutore o di un suo legale rappresentante, il verbale di sospensione in cui si dà atto dello stato di avanzamento dei lavori.

In sostanza, con l’attuale normativa vigente, non è prevista in corrispondenza della sospensione dei lavori l’emissione di un certificato di pagamento relativo allo stato avanzamento lavori, che, quindi, interviene, in aderenza a quanto previsto dall’art. 14, comma 1, lett. d), del D.M. 49/2018, secondo i termini e le modalità definite nella documentazione di gara e nel contratto, indipendentemente dalla sospensione.

Su tale ultimo punto, il Codice dei contratti pubblici disciplina la modifica dei contratti durante il periodo di efficacia all’art. 106 e, per quel che qui interessa, al comma 1, lett. c) di tale disposizione, che prevede la modifica del contratto da parte del RUP, se ricorrono entrambe le seguenti condizioni:

§  la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore (…). Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti;

§  la modifica non altera la natura generale del contratto.

 

Pertanto, la norma in esame – tenuto conto che non richiama espressamente l’art. 106, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 – sembrerebbe finalizzata a superare l’ostacolo al pagamento anticipato rappresentato dalla previsione di tale ultima disposizione, secondo cui per il pagamento anticipato del SAL occorre preliminarmente modificare – in modo consensuale – il contratto di appalto tramite un atto aggiuntivo, in cui indicare le nuove modalità di pagamento delle rate in acconto, svincolando, così, l’emissione del SAL dagli importi indicati nel contratto medesimo.

Da ultimo, si sottolinea che la norma in esame appare in linea con la richiesta formulata nella citata segnalazione ANAC n. 5/2020, ove si sottolinea che è necessario consentire “alle stazioni appaltanti di emettere lo stato di avanzamento lavori anche in deroga alle disposizioni della documentazione di gara e del contratto, limitatamente alle prestazioni eseguite sino alla data di sospensione dei lavori a causa dell’epidemia in corso, potrebbe rappresentare uno strumento di aiuto particolarmente efficace per gli operatori economici per affrontare la carenza di liquidità connessa alla sospensione delle attività”.

 

Si ricorda, infine, che il comma 4 dell’art. 6 del D.L. 162/2019 (cd. decreto proroga termini) ha prorogato (dal 31 dicembre 2019) al 31 dicembre 2020 il termine per alcuni pagamenti in materia di edilizia scolastica. In particolare, la proroga riguarda il termine per i pagamenti da parte degli enti locali, secondo gli stati di avanzamento, debitamente certificati, di lavori di riqualificazione e messa in sicurezza degli istituti scolastici statali, di cui all’art. 18, commi da 8-ter a 8-sexies, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013). Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente link.

 


 

Articolo 233, commi 1-3
(
Misure di sostegno economico al sistema integrato
da zero a sei anni
)

 

 

L'articolo 233 incrementa di 15 milioni di euro per il 2020 il Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione, di cui all'art. 12 del d. lgs. 65/2017, per il riparto del quale sono previste modalità eccezionali riferite al solo 2020 (commi 1 e 2).

È previsto inoltre un contributo di 65 milioni di euro per il 2020 in favore dei soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi e alle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali, assegnati secondo precise modalità, quale sostegno economico per far fronte alle conseguenze derivanti dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure di contenimento dell'emergenza da COVID-19 (comma 3).

 

In dettaglio, il comma 1 incrementa le risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione, di cui all'art. 12 del d. lgs. 65/2017, di 15 milioni di euro per il 2020, anche in conseguenza dell'emergenza causata dal virus COVID-19. Detto Fondo è stato istituito nello stato di previsione dell'allora Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la progressiva attuazione del Piano di azione nazionale pluriennale (su cui si veda infra) per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione. Esso finanzia:

a)   interventi di nuove costruzioni, ristrutturazione edilizia, restauro e risanamento conservativo, riqualificazione funzionale ed estetica, messa in sicurezza meccanica e in caso d'incendio, risparmio energetico e fruibilità di stabili, di proprietà delle amministrazioni pubbliche;

b)   quota parte delle spese di gestione dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia, in considerazione dei loro costi e della loro qualificazione;

c)   la formazione continua in servizio del personale educativo e docente, in coerenza con quanto previsto dal Piano nazionale di formazione di cui alla L. 10/2015, e la promozione dei coordinamenti pedagogici territoriali.

Tale Fondo è allocato attualmente sul cap. 1270 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. In base al D.M. 30 dicembre 2019, recante ripartizione in capitoli delle unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022, la dotazione del Fondo per il 2020 è pari a 249 milioni di euro.

Si ricorda che il Sistema integrato di educazione e di istruzione, disciplinato dal d.lgs. 65/2017, è rivolto alle bambine a i bambini di età compresa tra zero e sei anni. Esso è costituito dai servizi educativi per l'infanzia (nidi, micronidi, sezioni primavera, servizi integrativi) e dalle scuole dell'infanzia statali e paritarie.

 

Il comma 2 detta le modalità per il riparto del Fondo per il 2020.

A legislazione vigente, secondo gli artt. 8 e 12 del d.lgs. 65/2017, il Fondo è ripartito per ciascun anno di vigenza del Piano di azione nazionale pluriennale per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione, sulla base degli obiettivi indicati dal Piano stesso, che ha valenza triennale. Il Piano è adottato con deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione. Il primo Piano è stato adottato con deliberazione dell'11 dicembre 2017 e ha validità per il triennio 2018-2020.

Le tappe preordinate all'erogazione delle risorse sono le seguenti. Il Ministro, entro il mese di febbraio di ciascun anno di vigenza del Piano, definisce le linee strategiche d'intervento e promuove un'intesa in sede di Conferenza unificata, avente ad oggetto il riparto del Fondo.

Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il mese di marzo di ciascun anno di vigenza del Piano, definiscono le tipologie prioritarie di intervento, le relative caratteristiche, nonché le modalità di presentazione delle istanze da parte dei comuni, in forma singola o associata.

I comuni, in forma singola o associata, entro il mese di aprile di ciascun anno di vigenza del Piano, inviano alle regioni le richieste relative all'attuazione del Piano, sulla base delle tipologie prioritarie di intervento definite dalle regioni.

Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il mese di giugno di ciascun anno di vigenza del Piano, definiscono la programmazione territoriale, sentite le associazioni regionali dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e ne danno comunicazione al Ministero ai fini della ripartizione delle risorse.

Il Ministero, entro il 31 luglio di ciascun anno di vigenza del Piano, provvede ad erogare direttamente ai comuni, in forma singola o associata, le risorse, in relazione alla programmazione regionale.

 

Il comma 2 interviene in via parzialmente derogatoria sulla procedura descritta, per assicurare tempestività nell'erogazione delle risorse, stabilendo che, per il solo 2020:

§  al riparto del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione, previa intesa in Conferenza unificata;

§  si procede anche nelle more dell'adozione del (nuovo) Piano di azione nazionale pluriennale;

§  si prescinde dall'intesa qualora essa non pervenga entro quindici giorni. Si valuti l'opportunità di indicare quale sia il momento iniziale di decorrenza dei quindici giorni.

Restano fermi i criteri previsti dal suddetto art. 12 del d.lgs. 65/2017, quali il numero di iscritti, la popolazione di età compresa tra zero e sei anni e eventuali esigenze di riequilibrio territoriale, nonché i bisogni effettivi dei territori e la loro capacità massima fiscale.

 

Il comma 3 stabilisce che ai soggetti (pubblici e privati) che gestiscono in via continuativa i servizi educativi (per l'infanzia) e alle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali di cui all'art. 2 del d.lgs. 65/2017, è erogato un contributo complessivo di 65 milioni di euro nel 2020, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione  dei servizi in presenza a seguito delle misure adottate per contrastare la diffusione del Covid-19.

Si ricorda che, in base al predetto art. 2 del d.lgs. 65/2017, i servizi educativi per l'infanzia sono gestiti dagli enti locali in forma diretta o indiretta, da altri enti pubblici o da soggetti privati, mentre le scuole dell'infanzia possono essere statali o paritarie (pubbliche o private). Le sezioni primavera - che rientrano nei servizi educativi per l'infanzia - possono essere gestite anche dallo Stato.

Inoltre, l'art. 9 del d.lgs. 65/2017 stabilisce che la soglia massima di partecipazione economica delle famiglie alle spese di funzionamento dei servizi educativi per l'infanzia, pubblici e privati accreditati che ricevono finanziamenti pubblici, è definita con intesa in sede di Conferenza. Gli enti locali possono prevedere agevolazioni tariffarie sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), nonché l'esenzione totale per le famiglie con un particolare disagio economico o sociale rilevato dai servizi territoriali.

 

Quanto alla sospensione dei servizi in presenza, le prime misure di contenimento del COVID-19, per quanto qui di interesse, erano recate dall'articolo 1, co. 2, lett. d), del D.L. 6/2020 (L.13/2020), poi abrogato dal D.L. 19/2020, che aveva disposto, fra l'altro, la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, solo nei comuni o nelle aree inizialmente colpite dal virus COVID-19.

L'articolo 1, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020, abrogando il D.L. 6/2020 ad eccezione degli artt. 3, co. 6-bis, e 4, ha poi stabilito in via generale la possibilità - per periodi predeterminati ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020 - di sospendere i servizi educativi per l'infanzia e le attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado.

Si sono susseguiti diversi provvedimenti attuativi delle suddette norme primarie. Per quanto qui di interesse, il D.P.C.M. 4 marzo 2020 aveva esteso all'intero territorio nazionale la sospensione - dal 5 al 15 marzo 2020 - dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche, ferma in ogni  caso  la  possibilità  di  svolgimento  di  attività formative a distanza. Con i DD.P.C.M. 9 marzo 2020, 1° aprile 2020, 10 aprile 2020, 26 aprile 2020 (questi ultimi attuativi del D.L.19/2020), la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche sull'intero territorio nazionale era stata prorogata, rispettivamente, fino al 3 aprile 2020, fino al 13 aprile 2020, fino al 3 maggio 2020 e fino al 17 maggio 2020.

Da ultimo, il D.P.C.M. 17 maggio 2020, attuativo sia del D.L. 19/2020 che del D.L. 33/2020 - quest'ultimo ha introdotto disposizioni di allentamento delle misure di contenimento - ha confermato la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia, le attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché la frequenza delle attività scolastiche fino al 14 giugno 2020

 

Il comma 3 prevede inoltre che con decreto del Ministro dell'istruzione - per la cui adozione non è previsto un termine - il predetto contributo è ripartito tra gli Uffici scolastici regionali in proporzione alla popolazione residente in età compresa tra zero e sei anni di età.

Successivamente, gli Uffici scolastici regionali distribuiscono le risorse in favore dei servizi educativi (per l'infanzia) e delle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali, in proporzione al numero di bambini iscritti nell'anno scolastico 2019/2020.

 

In base al comma 5, ai relativi oneri si provvede ai sensi dell'articolo 265, su cui si rinvia alla relativa scheda.

 


 

Articolo 233, comma 4
(Sostegno economico all'istruzione paritaria fino a 16 anni)

 

L’articolo 233, comma 4, prevede l'erogazione di un contributo complessivo di 70 milioni di euro per il 2020 in favore delle scuole primarie e secondarie paritarie, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette a seguito della sospensione dell'attività in presenza quale misura di contenimento dell'emergenza epidemiologica.

 

In dettaglio, la disposizione assegna un contributo, per l'anno 2020, di 70 milioni di euro alle scuole primarie e secondarie paritarie facenti parte del sistema nazionale di istruzione di cui all'art. 1 della L. 62/2000.

Il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da determinati requisiti di qualità ed efficacia.

 

Detto contributo rappresenta un sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori fino ai sedici anni di età, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure adottate per contrastare la diffusione del Covid-19.

 

Sulla ricostruzione dei provvedimenti che hanno disposto la sospensione dei servizi in presenza, si veda la scheda di lettura riferita all'art. 233, commi 1-3.

 

 Con decreto del Ministro dell'istruzione - per la cui adozione non è previsto un termine -  il predetto contributo è ripartito tra gli Uffici scolastici regionali in proporzione al numero degli alunni fino a sedici anni iscritti nelle istituzioni scolastiche paritarie.  Gli Uffici scolastici regionali provvedono al successivo riparto in favore delle istituzioni scolastiche paritarie primarie e secondarie sempre in proporzione al numero di alunni fino a sedici anni di età iscritti nell'anno scolastico 2019/2020.

 

Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell'art.265, alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 234
(
Misure per il sistema informativo per il supporto
all’istruzione scolastica)

 

 

L'articolo 234 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2020 per realizzare un sistema informativo integrato per il supporto all'istruzione scolastica. La realizzazione di tale sistema informativo è affidata alla SOGEI.

 

Il comma 1 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per il 2020 finalizzata alla realizzazione di un sistema informativo per il supporto alle decisioni nel settore dell'istruzione scolastica ed in particolare:

§  per la raccolta, la sistematizzazione e l'analisi multimediale dei relativi dati;

§  per la previsione di lungo periodo della spesa per il personale scolastico;

§  per il supporto alla gestione giuridica ed economica del predetto personale, anche attraverso le tecnologie dell’intelligenza artificiale;

§  per la didattica a distanza.

I predetti interventi riguardano anche l'organizzazione e il funzionamento delle strutture ministeriali centrali e periferiche.

     La relazione illustrativa precisa che la disposizione "intende porre rimedio a una storica carenza della porzione del sistema informativo del Ministero dell’istruzione dedicata alla missione istituzionale dell’istruzione scolastica". Si tratta infatti "di un sistema di natura prevalentemente transazionale, orientato alla gestione giuridica ed economica del personale scolastico", in cui solo in minima parte "sono presenti funzioni di raccolta, sistematizzazione e validazione dei dati, che ne favoriscano l’aggregazione e l’interrogazione in base alle diverse dimensioni di analisi pertinenti. Pertanto, si prevede di costruire datawarehouse e datamart che consentano, viceversa, ai decisori politici e amministrativi di assumere le decisioni di rispettiva competenza, nella piena consapevolezza dell’impatto di sistema e delle relative conseguenze".

"Si tratterebbe, peraltro, di un sistema informativo che potrebbe condurre a una migliore previsione del fabbisogno di personale nelle diverse aree del Paese, tenuto conto delle dinamiche di lungo periodo della popolazione residente in età scolare nonché delle esigenze, anch’esse mutevoli nel tempo, derivanti dalla programmazione territoriale dell’offerta formativa."

 

Si stabilisce poi che il Ministero dell'istruzione affida la realizzazione di tale sistema informativo alla società di cui all’art. 83, co. 15, del D.L. 112/2008 - L. 133/2008 (ossia SOGEI - Società Generale d'Informatica S.p.A.).

I commi da 8 a 15 del citato art. 83 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recano un complesso di disposizioni eterogenee riguardanti l’attività di controllo e di accertamento, l’organizzazione delle Agenzie fiscali e la SOGEI. Il comma 15, per quanto rileva in questa sede, dispone che i diritti dell’azionista della società di gestione del sistema informativo dell’amministrazione finanziaria, vale a dire la SOGEI, siano esercitati da parte del Ministero dell’economia e delle finanze.

Si ricorda, in breve, che SOGEI - Società generale d’informatica s.p.a, è stata costituita nel 1976 come società a prevalente partecipazione pubblica anche in considerazione della necessità di realizzare l’anagrafe tributaria, necessaria alla luce della riforma fiscale del 1974.

Attualmente, la SOGEI è una società per azioni a totale partecipazione pubblica le cui azioni appartengono al Ministero dell’economia e finanze.

Ai sensi dell'art. 4 dello statuto del 29 dicembre 2016, la SOGEI ha per oggetto sociale, prevalente, almeno per l’80% di fatturato, la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite al MEF Ministero e alle Agenzie fiscali, e segnatamente:

§  ogni attività, compresa quella industriale, finalizzata alla realizzazione, allo sviluppo, alla manutenzione e alla conduzione tecnica del sistema informativo della fiscalità per l'amministrazione fiscale;

§  ogni altra attività connessa, direttamente o indirettamente, con quella di cui sopra, comprese il supporto, l'assistenza e la consulenza all'amministrazione fiscale per lo svolgimento delle funzioni statali ad essa spettanti;

§  le attività informatiche riservate allo Stato, ai sensi del D.Lgs. 414/1997, nonché le attività di sviluppo e gestione dei sistemi informatici ivi comprese le attività di supporto, assistenza e consulenza collegate con le attività di cui sopra;

§  ogni altra attività di carattere informatico in aree di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze.

La SOGEI, può, inoltre, svolgere le ulteriori attività conferite in base a disposizioni legislative e regolamentari, per conto di regioni, enti locali, società a partecipazione pubblica, anche indiretta, di organismi ed enti che svolgono attività di interesse pubblico o rilevanti nel settore pubblico, nonché di istituzioni internazionali e sovranazionali e di amministrazioni pubbliche estere, comprese le attività verso l’Agenzia per l’Italia digitale.

 

Il comma 2 stabilisce che ai relativi oneri si provvede a valere sulle risorse del Programma operativo nazionale (PON) "Per la scuola – competenze e ambienti per l'apprendimento", riferito al periodo di programmazione 2014/2020 a titolarità del Ministero dell’istruzione, di cui alla decisione della Commissione europea C(2014) 9952 del 17 dicembre 2014, in coerenza con quanto previsto dalla stessa programmazione.

Il Programma operativo nazionale (PON) 2014-2020 "Per la scuola – competenze e ambienti per l'apprendimento", finanziato dai Fondi strutturali europei contiene le priorità strategiche del settore istruzione e ha una durata settennale. Il PON prevede interventi di sviluppo delle competenze, finanziati dal Fondo sociale europeo (FSE), ed interventi per il miglioramento degli ambienti e delle attrezzature per la didattica, finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Per la programmazione 2014-2020 il budget complessivo ammonta a circa 3 miliardi di euro di cui:

§  2,2 miliardi di euro circa stanziati dal FSE per la formazione di alunni, docenti e adulti;

§  800 milioni di euro dal FESR per laboratori, attrezzature digitali per la Scuola e per interventi di edilizia.

Il PON è rivolto alle scuole dell’infanzia e alle scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione di tutto il territorio nazionale. È articolato in 4 assi ciascuno con i propri obiettivi specifici:

§  “Asse 1 - Istruzione” punta a investire nelle competenze, nell’istruzione e nell’apprendimento permanente;

§  “Asse 2 - Infrastrutture per l’istruzione” mira a potenziare le infrastrutture scolastiche e le dotazioni tecnologiche;

§  “Asse 3 - Capacità istituzionale e amministrativa” riguarda il rafforzamento della capacità istituzionale e la promozione di un’amministrazione pubblica efficiente;

§  “Asse 4 - Assistenza tecnica" è finalizzato a migliorare l’attuazione del Programma attraverso il rafforzamento della capacità di gestione dei Fondi.

Per maggiori approfondimenti si veda qui.

 

 


 

Articolo 235
(
Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19
presso il Ministero dell’istruzione
)

 

 

L'articolo 235 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, un Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19, con uno stanziamento di 400 milioni di euro nel 2020 e 600 milioni di euro nel 2021.

 

In dettaglio, la disposizione istituisce un nuovo Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, con l'obiettivo di contenere il rischio epidemiologico in relazione all'avvio dell'anno scolastico 2020/2021. Lo stanziamento è pari a 400 milioni di euro per il 2020 e 600 milioni di euro per il 2021.

Le risorse sono destinate a misure di contenimento del rischio epidemiologico da realizzare presso le istituzioni scolastiche statali, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica.

Al riparto del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione - per la cui adozione non è previsto un termine - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Al relativo onere si provvede ai sensi dell'art.265, alla cui scheda si rinvia.

 

 


 

Capo IX -  Misure in materia di università e ricerca

Articolo 236, commi 1 e 8
(Incremento del
Fondo per le esigenze emergenziali di università,
istituzioni AFAM, enti di ricerca
)

 

 

L'articolo 236, comma 1, prevede un incremento del Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica (AFAM) e degli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca, da utilizzare prioritariamente per iniziative a sostegno degli studenti che necessitino di servizi o strumenti per l’accesso alla ricerca o alla didattica a distanza.

Il comma 8 reca le modalità di copertura degli oneri.

 

In particolare, il Fondo – istituito nello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca – è incrementato di € 62 mln per il 2020.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 100, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha istituito nello stato di previsione del MUR[60] il Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni AFAM e degli enti pubblici di ricerca, con una dotazione di € 50 mln per il 2020, al fine di far fronte alle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza derivante dalla diffusione del COVID-19, dichiarato, fino al 31 luglio 2020, con delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020.

Sono destinatarie delle risorse le università, incluse le università non statali legalmente riconosciute, i collegi universitari di merito accreditati, le Istituzioni AFAM di cui alla L. 508/1999 e gli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca.

I criteri di riparto e di utilizzazione delle risorse devono essere individuati con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca, per la cui emanazione non è stato indicato un termine[61].

 

L’incremento è assegnato prioritariamente alle iniziative a sostegno degli studenti per i quali, in considerazione dell'emergenza sanitaria in atto, si renda necessario l’accesso da remoto a banche dati ed a risorse bibliografiche, nonché per l’acquisto di dispositivi digitali, ovvero per l’accesso a piattaforme digitali, finalizzati alla ricerca o alla didattica a distanza.

 

La relazione illustrativa fa presente che l’incremento è volto a colmare il divario digitale emerso nella fase di prima applicazione della didattica a distanza, in modo da garantire in maniera uniforme e diffusa l’erogazione dei servizi agli studenti e consentire a tutti di proseguire il percorso formativo, evitando che la ridotta consistenza iniziale del Fondo produca misure meramente frammentarie e di scarso impatto.

Al riguardo, rispondendo, il 31 marzo 2020, all’interpellanza urgente 2-00694, il rappresentante del Governo aveva fatto presente che, “ad un solo mese dall’inizio dell’emergenza relativa al COVID19, gli atenei italiani sono riusciti a trasferire sulle piattaforme a distanza ben 62 mila insegnamenti, cioè una percentuale che arriva al 94 per cento dei corsi universitari. Alla data del 20 marzo, inoltre, risultano essere stati svolti con modalità a distanza 70.500 esami di profitto e circa 26 mila lauree. Nello stesso periodo - ci si riferisce dunque a dati che risalgono ad oltre dieci giorni fa - ben 1,2 milioni di studenti universitari, pari all’80 per cento del totale, hanno concretamente avuto accesso alla didattica on line”.

Nel corso dell’audizione del 9 aprile 2020 nella VII Commissione della Camera, il Ministro dell’università e della ricerca, pur dando atto che il sistema universitario ha saputo rispondere all’emergenza come una vera e propria infrastruttura strategica del Paese, aveva sottolineato la permanenza di un digital divide, con particolare riferimento alla disponibilità di infrastrutture, da superare.

 

Il comma 8 dispone che agli oneri derivanti, fra l’altro, dal comma 1, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 236, commi 3, 4 e 8
(Interventi a sostegno del diritto allo studio nelle università e nelle
istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica)

 

 

L’articolo 236, comma 3, prevede un incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) e un incremento del Fondo per il funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) statali, destinati ad ampliare il numero degli studenti che beneficiano dell’esonero, totale o parziale, dal pagamento dl contributo onnicomprensivo annuale.

Il comma 4 prevede un incremento del Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio (FIS).

Il comma 8 reca le modalità di copertura degli oneri.

 

In particolare, il comma 3 prevede, al fine di ampliare il numero degli studenti che beneficiano dell’esonero, totale o parziale, dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale, che, per il 2020, il FFO è incrementato di € 165 mln, mentre il fondo per il funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni AFAM statali è incrementato di € 8 mln.

Per le università, i criteri di riparto delle risorse e le modalità di definizione degli esoneri, totali o parziali, da parte delle stesse devono essere definiti con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare, sentita la Conferenza dei Rettori delle università italiane (CRUI), entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Per le istituzioni AFAM, gli analoghi criteri e modalità devono essere definiti con altro decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare sempre entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 252-266, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) - le cui disposizioni non si applicano alle università non statali, alle università telematiche e alle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale, nonché all'università degli studi di Trento[62] - nel ridefinire la disciplina in materia di contributi corrisposti dagli studenti iscritti ai corsi di laurea e di laurea magistrale delle università statali, con l’istituzione di un contributo annuale onnicomprensivo che, in particolare, comprende anche i contributi per attività sportive e assorbe la pregressa tassa di iscrizione[63] – ha disposto che sono totalmente esonerati dal pagamento dello stesso contributo (c.d. no tax area) – oltre a coloro che rientrano nelle fattispecie considerate dall’art. 9 del d.lgs. 68/2012[64] – gli studenti che soddisfano congiuntamente i seguenti requisiti (co. 255):

a)   appartengono ad un nucleo familiare con ISEE fino a € 13.000;

b)   sono iscritti all’università da un numero di a.a. inferiore o uguale alla durata normale del corso di studio, aumentata di uno;

c)    nel caso di iscrizione al secondo a.a., hanno conseguito almeno 10 crediti formativi universitari (CFU) entro il 10 agosto del primo anno; nel caso di iscrizione ad anni successivi, hanno conseguito almeno 25 CFU nei 12 mesi antecedenti il 10 agosto dell’a.a. precedente la relativa iscrizione.

Ai fini dell’esonero, gli studenti iscritti al primo a.a. devono soddisfare solo il requisito relativo all’ISEE (co. 256).

 

Ha, inoltre, fissato i criteri per la determinazione dell’importo massimo del contributo onnicomprensivo annuale per determinate categorie di studenti, fino ad un ISEE di € 30.000 (c.d. esonero parziale).

In particolare:

§  per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare il cui ISEE è compreso tra € 13.001 e € 30.000, e che soddisfano i requisiti di cui alle precedenti lett. b) e c), il contributo non può superare il 7% della quota di ISEE eccedente € 13.000 (co. 257)[65];

§  per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare il cui ISEE è inferiore a € 30.000, e che soddisfano solo il requisito di cui alla precedente lett. c), il contributo non può superare quello determinato ai sensi dei co. 255 e 257, aumentato del 50%, con un valore minimo di € 200[66] (co. 258).

A decorrere dall’a.a. 2020/2021, i limiti degli importi ISEE per usufruire dell’esonero o delle riduzioni devono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, a seguito del monitoraggio dell’attuazione e dell’efficacia di tali novità.

     Ha, inoltre, esonerato dal pagamento delle tasse e dei contributi universitari gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari di borsa di studio.

Nel rispetto del principio di equilibrio di bilancio di ciascuna università statale, eventuali ulteriori casi di esonero o graduazione del contributo per specifiche categorie di studenti, individuate in relazione alla carriera universitaria o alla particolare situazione personale, possono essere disposti dal regolamento in materia di contribuzione studentesca che ogni università statale approva e che stabilisce anche l’importo stesso del contributo onnicomprensivo annuale.

Nel caso di studenti con nazionalità di paesi non appartenenti alla UE e residenti all’estero, per i quali risulti inapplicabile il calcolo dell’ISEE ai sensi dell’art. 8, co. 5, del DPCM 159/2013, l’importo del contributo onnicomprensivo annuale è stabilito dalle singole università, anche in deroga ai criteri individuati dalla nuova disciplina.

Ai fini sopra indicati, la stessa L. di bilancio 2017 ha disposto un incremento del FFO di € 55 mln per il 2017 e di € 105 mln a decorrere dal 2018, stabilendo che tali somme sono ripartite tra le università statali, a decorrere dal 2017, con riferimento all'a.a. 2016/2017, e conseguentemente per gli anni successivi, in proporzione al numero degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione ai sensi dell'art. 9 del d.lgs. 68/2012 e, dal 2018, della nuova disciplina in materia di esonero totale e parziale, moltiplicati per il costo standard di ateneo per studente in corso[67].

A sua volta, il co. 267 dello stesso art. 1 della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) ha previsto che le istituzioni AFAM dovevano adeguare i propri regolamenti in materia di contribuzione studentesca alle nuove disposizioni entro il 31 marzo 2017, applicandosi comunque le stesse disposizioni in caso di mancato adeguamento entro la data indicata. Ha, altresì, previsto che il (ora) MUR, nella ripartizione annuale delle risorse tra le istituzioni AFAM tiene conto degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione e di quelli esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale.

Da ultimo, l’art. 1, co. 283, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato le risorse destinate al funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni AFAM di € 10 mln annui dal 2020, al fine di consentire il rimborso del mancato introito derivante dall’applicazione delle disposizioni in materia di esonero dalla contribuzione studentesca.

 

Il comma 4 dispone che, al fine di promuovere il diritto allo studio universitario degli studenti capaci e meritevoli, ancorché privi di mezzi, il Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio è incrementato, per il 2020, di € 40 mln.

In particolare, l’incremento è finalizzato a sostenere prioritariamente gli interventi ordinari delle regioni in favore degli studenti che risultano idonei ad ottenere i benefici, ovvero i capaci e meritevoli, ancorché privi di mezzi, che presentino i requisiti di eleggibilità di cui all'art. 8 del d.lgs. 68/2012.

In subordine, fino a concorrenza dei fondi disponibili, l’incremento è destinato a sostenere gli eventuali ulteriori interventi promossi dalle regioni in favore degli studenti che, in conseguenza della emergenza epidemiologica da COVID-19, risultino esclusi dalle graduatorie regionali per le borse di studio per carenza dei requisiti di eleggibilità collegati al merito.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l'art. 3 del d.lgs. 68/2012 ha previsto un sistema integrato di strumenti e servizi per la garanzia del diritto allo studio, al quale partecipano, nell'ambito delle rispettive competenze, diversi soggetti. In particolare:

§  lo Stato ha competenza esclusiva in materia di determinazione dei LEP;

§  le regioni a statuto ordinario esercitano la competenza esclusiva in materia di diritto allo studio, disciplinando e attivando gli interventi per il concreto esercizio di tale diritto;

§  le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano le competenze ad esse spettanti in base ai rispettivi statuti, tenendo conto dei LEP;

§  le università e le istituzioni AFAM, nei limiti delle proprie risorse, organizzano i propri servizi – compresi quelli di orientamento e tutorato – al fine di realizzare il successo formativo degli studi e promuovono attività culturali, sportive e ricreative, nonché interscambi tra studenti di università italiane e straniere.

Inoltre, l'art. 6 – nell’indicare gli strumenti e i servizi per il conseguimento del pieno successo formativo[68] – ha disposto che regioni, province autonome, università e istituzioni AFAM possono definire altri servizi e che l'entità, le modalità di erogazione e i requisiti per l'accesso ai servizi (ad eccezione delle borse di studio) sono stabiliti dalle stesse regioni, province autonome, università e istituzioni AFAM – per gli interventi di rispettiva competenzain coerenza con i requisiti economici fissati per l'accesso alle borse di studio (art. 8, co. 4, D.Lgs. 68/2012). A tal fine, i soggetti indicati utilizzano risorse proprie (art. 18, co. 9, D.Lgs. 68/2012).

In particolare, l’art. 8 ha disposto che la concessione delle borse di studio è assicurata, nei limiti delle risorse disponibili, a tutti gli studenti in possesso dei requisiti relativi al merito e alla condizione economica definiti con il decreto interministeriale che, ai sensi dell’art. 7, deve fissare con cadenza triennale l'importo delle stesse tenendo in considerazione le differenze territoriali correlate ai costi di mantenimento agli studi.

In particolare, i requisiti di merito sono stabiliti tenendo conto della durata normale dei corsi di studio, anche con riferimento ai valori mediani della relativa classe di laurea.

Le condizioni economiche sono individuate sulla base dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), anche tenendo conto della situazione economica del territorio in cui ha sede l'università o l'istituzione AFAM. Sono previste modalità integrative di selezione, quali l'Indicatore della situazione economica all'estero (ISEE estero) e l'Indicatore della situazione patrimoniale equivalente (ISPE).

Nelle more dell'emanazione del decreto interministeriale – finora non intervenuto – continuano ad applicarsi le disposizioni relative ai requisiti di merito e di condizione economica recate dal DPCM 9 aprile 2001.

Da ultimo, il DM 6 maggio 2020, n. 63 – esplicitamente intervenuto nelle more dell’emanazione del decreto interministeriale previsto dall’art. 7 del d.lgs. 68/2012 – ha stabilito gli importi minimi delle borse di studio per l’a.a. 2020/2021, fissandole in misura pari a € 5.257,74 per gli studenti fuori sede, € 2.898,51 per gli studenti pendolari ed € 1.981,75per gli studenti in sede.

 

Con riguardo al finanziamento delle borse di studio, l’art. 18 dello stesso d.lgs. 68/2012 – come modificato dall’art. 2, co. 2-ter, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – ha disposto che, nelle more della completa definizione dei LEP e dell'attuazione delle disposizioni in materia di federalismo fiscale (d.lgs. 68/2011), al fabbisogno finanziario necessario per garantire la concessione delle stesse si provvede attraverso:

§  un nuovo Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio – sul quale sono confluite, fra l’altro, le risorse del (precedente) Fondo integrativo per la concessione di borse di studio e prestiti d’onore (art. 16, L. 390/1991) – da assegnare in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni e da ripartire secondo criteri e modalità definiti con il medesimo D.I. che fissa l’importo della borsa di studio;

§  il gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio, il cui importo è articolato in tre fasce (a seconda della condizione economica dello studente)[69];

§  risorse proprie delle regioni (oltre al gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio), pari almeno al 40% dell'assegnazione del Fondo[70].

In base al DM 30 dicembre 2019, di ripartizione in capitoli per il triennio 2020–2022, il Fondo integrativo statale è allocato sul cap. 1710 dello stato di previsione dell’allora MIUR[71] e, per il 2020, aveva una disponibilità di € 267,8 mln.

 

Il comma 8 dispone che agli oneri derivanti, fra l’altro, dai commi 3 e 4, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 236, commi 5 e 8
(Interventi a sostegno dei dottorati di ricerca)

 

 

L’articolo 236, comma 5, prevede la possibilità per i dottorandi di ricerca titolari di borse di studio che terminano il percorso di dottorato nell’anno accademico 2019/2020 di richiedere la proroga del termine finale del corso, con conseguente mantenimento della borsa di studio. A tal fine, incrementa, per il 2020, le risorse del Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO).

Inoltre, prevede il differimento del termine per la conclusione della selezione per l’ammissione ai corsi di dottorato nel 2020.

Il comma 8 reca le modalità di copertura degli oneri.

 

In particolare, il comma 5 dispone, anzitutto, che la richiesta di proroga da parte dei dottorandi di ricerca titolari di borse di studio che terminano il percorso di dottorato nell’anno accademico 2019/2020 può essere presentata per un periodo non superiore a due mesi. A tal fine, il FFO è incrementato di € 15 mln per il 2020.

Inoltre, prevede che, per il 2020, il termine per la conclusione della selezione per l’ammissione ai corsi di dottorato è differita (dal 30 settembre) al 30 novembre.

 

La disciplina relativa ai dottorati di ricerca è recata dall’art. 4 della L. 210/1998 – come modificato dall’art. 19 della L. 240/2010 – e dal regolamento emanato con DM 45/2013.

In particolare, l’art. 8, co. 1, primo periodo, del DM 45/2013 dispone che l'ammissione ai corsi di dottorato avviene sulla base di una selezione a evidenza pubblica[72], che deve concludersi entro il 30 settembre di ciascun anno. Dispone, altresì, al secondo periodo, che la domanda di partecipazione ai posti con borsa di studio – il cui numero, in base all’art. 4, co. 5, lett. c), della L. 210/1998 è determinato annualmente con decreto rettorale – può essere presentata, senza limitazioni di cittadinanza, da coloro che, alla data di scadenza del bando, sono in possesso di laurea magistrale o titolo straniero idoneo, ovvero da coloro che conseguano il titolo richiesto entro il 31 ottobre dello stesso anno.

In base all’art. 6, co. 1, i corsi di dottorato di ricerca hanno durata non inferiore a tre anni, fatto salvo il caso di frequenza congiunta di un corso di dottorato e di un corso di specializzazione medica, nel qual caso - ai sensi dell’art. 7 - la durata del corso di dottorato è ridotta a un minimo di due anni.

A sua volta, l’art. 9 dispone che le borse di studio hanno durata annuale e sono rinnovate a condizione che il dottorando abbia completato il programma delle attività previste per l'anno precedente, previa positiva valutazione, fermo restando l'obbligo di erogare la borsa a seguito del superamento della verifica.

L'importo della borsa di studio, da erogare in rate mensili, è stato determinato, da ultimo, a seguito dell’adeguamento previsto dall’art. 1, co. 639 e 640, della L. L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) – che a tal fine ha previsto un incremento del FFO – con DM 40 del 25 gennaio 2018. In particolare, quest’ultimo ha fissato l’importo annuo di ciascuna borsa a € 15.343,28, confermando – secondo quanto disposto dall’art. 9 del DM 45/2013 – che lo stesso è incrementato nella misura massima del 50% per un periodo complessivamente non superiore a 18 mesi, nel caso in cui il collegio dei docenti autorizza il dottorando a svolgere attività di ricerca all'estero.

Con riferimento al finanziamento delle borse di studio, l’art. 13, co. 1, del DM 45/2013 ha disposto che le medesime borse sono erogate dai soggetti accreditati allo svolgimento di corsi di dottorato. Il Ministero dell’università e della ricerca contribuisce annualmente al finanziamento nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie.

 

Il comma 8 dispone che agli oneri derivanti, fra l’altro, dal comma 5, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 236, comma 6
(Assegni di ricerca)

 

 

L'articolo 236, comma 6, prevede la possibilità di prorogare la durata degli assegni di ricerca di cui all’art. 22 della L. 240/2010, in essere al 9 marzo 2020, per il periodo di tempo corrispondente alla eventuale sospensione dell’attività di ricerca conseguente alle misure di contenimento della diffusione del COVID-19.

 

In particolare, si stabilisce che la proroga può essere disposta dai soggetti conferenti l’assegno di ricerca nei limiti delle risorse relative ai rispettivi progetti di ricerca o, comunque, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, qualora ciò risulti necessario ai fini del completamento del progetto di ricerca.

 

Con riguardo alla data del 9 marzo 2020, si ricorda che la prima sospensione, su tutto il territorio nazionale, delle attività di formazione superiore è stata disposta, con il DPCM 4 marzo 2020 adottato sulla base di quanto previsto dal D.L. 6/2020 (L. 13/2020) – ,a decorrere dal 5 marzo 2020 (e fino al 15 marzo 2020). Tale sospensione era stata dapprima confermata (dall’8 marzo 2020 al 15 marzo 2020) dal DPCM 8 marzo 2020 (art. 2, co. 1, lett. h), e art. 5, co. 1) e successivamente prorogata (dal 10 marzo 2020 fino al 3 aprile 2020) dal DPCM 9 marzo 2020 (che aveva esteso all’intero territorio nazionale le misure previste per la regione Lombardia e altre 14 province dall'art. 1 del medesimo DPCM 8 marzo 2020).

La medesima sospensione è stata ulteriormente confermata, con qualche variazione, dai DPCM successivamente intervenuti, adottati sulla base di quanto previsto dal D.L. 19/2020.

La possibilità di riavvio delle attività di ricerca nelle università e negli enti pubblici è stata poi prevista, a decorrere dal 4 maggio 2020, dal DPCM 26 aprile 2020 che, nello specifico, confermando la sospensione delle attività di formazione superiore fino al 17 maggio 2020, aveva previsto che, dalla data indicata, nelle università e negli enti pubblici di ricerca possono essere svolti esami, tirocini, attività di ricerca e di laboratorio sperimentale e/o didattico ed esercitazioni, ed era, altresì, consentito l'utilizzo di biblioteche, a condizione che vi fosse un'organizzazione degli spazi e del lavoro tale da ridurre al massimo il rischio di prossimità e di aggregazione e che venissero adottate misure organizzative di prevenzione e protezione, contestualizzate al settore della formazione superiore e della ricerca, anche avuto riguardo alle specifiche esigenze delle persone con disabilità, di cui al «Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione» pubblicato dall'INAIL. A tali fini, le università dovevano assicurare la presenza del personale necessario (artt. 1, co. 1, lett. k), n), o), e 10, co. 1).

Tali previsioni sono state confermate, da ultimo, dal DPCM 17 maggio 2020 – adottato in attuazione del già citato D.L. 19/2020, nonché del successivo D.L. 33/2020 – le cui disposizioni sostituiscono, dal 18 maggio 2020, quelle del DPCM 26 aprile 2020 e sono efficaci fino al 14 giugno 2020 (artt. 1, co. 1, lett. s), e 11, co. 2)

 

Si valuti, dunque, l’opportunità di una riflessione circa la data di riferimento per la sussistenza degli assegni di ricerca.

 

Si segnala, peraltro, che anche l’art. 250, co. 5, del decreto-legge in commento reca disposizioni relative, tra l’altro, alle procedure di conferimento degli stessi assegni di ricerca.

 

Si valuti l’opportunità di riportare in un unico articolo tutte le previsioni relative agli assegni di ricerca.

 

In materia, si ricorda che l’art. 22 della L. 240/2010 ha previsto, per quanto qui più interessa, che gli assegni di ricerca possono essere conferiti, fra gli altri, da università ed enti pubblici di ricerca, nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio.

Le modalità di conferimento degli assegni sono disciplinate con regolamento dei medesimi soggetti[73].

Gli assegni possono avere una durata compresa tra 1 e 3 anni, sono rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari. La durata complessiva dei rapporti, compresi gli eventuali rinnovi, non può comunque essere superiore – a seguito della modifica non testuale operata dall'art. 6, co. 2-bis, del D.L. 192/2014 (L. 11/2015) – a 6 anni, ad esclusione del periodo in cui l'assegno è stato fruito in coincidenza con il dottorato di ricerca, nel limite massimo della durata legale del relativo corso[74].

Inoltre, la durata complessiva dei rapporti instaurati con il medesimo soggetto, in quanto titolare di assegni di ricerca e di contratti a tempo determinato – di cui all’art. 24 della stessa L. 240/2010 –, non può essere superiore a 12 anni, anche se i rapporti sono stati non continuativi o sono intercorsi con soggetti differenti.

L'importo degli assegni è determinato dal soggetto che li conferisce, sulla base di un importo minimo stabilito con il DM 9 marzo 2011, n. 102.


 

Articoli 236, comma 7, e 238, comma 8
(Fabbisogno finanziario università statali)

 

 

L'articolo 236, comma 7, posticipa (dal 2021) al 2023 l’applicazione delle penalizzazioni economiche previste – nell’ambito dei criteri di ripartizione delle risorse ordinarie – per le università statali che non hanno rispettato il fabbisogno finanziario programmato nell’esercizio precedente.

L’articolo 238, comma 8, estende il criterio per la determinazione annuale del fabbisogno finanziario programmato delle università statali per il periodo 2019-2025, ai fini del concorso di tali enti alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

 

Preliminarmente, si ricorda che il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR (cap. 1694)[75] dall'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 1, co. 870, L. 296/2006) – e della spesa per le attività sportive universitarie

Da ultimo, per il 2019, il FFO è stato ripartito con DM 738 dell’8 agosto 2019. Tra i criteri di ripartizione vi sono quelli riferiti a quota base, quota premiale, interventi perequativi, specifiche obbligazioni derivanti da previsioni legislative, incentivi per chiamate dirette, prosecuzione del programma per giovani ricercatori Rita Levi Montalcini, borse di studio post-lauream per studenti.

 

In particolare, l’articolo 236, comma 7, novella l’art. 1, co. 977, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019), in base al quale – a decorrere dal 2021 (ora, dal 2023) – per le università statali che non hanno rispettato il fabbisogno finanziario programmato nell'esercizio precedente, il Ministero dell'università e della ricerca prevede, tra i criteri di ripartizione delle risorse ordinarie, penalizzazioni economiche commisurate allo scostamento registrato, nel rispetto del principio di proporzionalità.

 

La relazione illustrativa fa presente che ciò è previsto non solo in considerazione della situazione straordinaria di emergenza sanitaria venutasi a determinare con la diffusione dell’epidemia da COVID-19 e delle conseguenti spese impreviste e indispensabili sostenute da parte degli atenei ma, anche, in considerazione dell’acquisizione delle informazioni riferite alle spese per ricerca attraverso il sistema SIOPE+, che rendono necessario un biennio di sperimentazione per la costante e completa acquisizione dei dati: si tratta di informazioni indispensabili ai fini del monitoraggio in corso d’esercizio da parte degli atenei e del MUR. Sottolinea, dunque, che, con il posticipo si eviterebbe che, in un momento particolarmente delicato per le università statali, si aggiungano ulteriori criticità che potrebbero comprometterne il già precario equilibrio.

 

L’articolo 238, comma 8, con una novella del co. 971 dello stesso art. 1 della L. 145/2018, dispone che il fabbisogno finanziario programmato delle università statali per il periodo 2019-2025 in ciascun anno non deve essere superiore al fabbisogno realizzato nell'anno precedente, incrementato del tasso di crescita del PIL reale stabilito dall'ultima Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (DEF) e delle maggiori risorse assegnate, in ciascun anno di riferimento, al FFO.

Rispetto alla norma previgente, pertanto, nel calcolo dell’ammontare del fabbisogno complessivo da non superare si aggiungono le maggiori risorse assegnate, in ciascun anno di riferimento, al FFO.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. da 971 a 977, della L. 145/2018 ha ridefinito, per il periodo 2019-2025, i criteri per la determinazione annuale del fabbisogno finanziario programmato delle università statali, ai fini del concorso di tali enti alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

In particolare, il co. 971 aveva previsto che il sistema universitario statale concorre alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, per il periodo indicato, garantendo che il fabbisogno finanziario complessivamente generato dal comparto in ciascun anno non sia superiore al fabbisogno realizzato nell’anno precedente, incrementato del tasso di crescita del PIL reale stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del DEF.

Ha, altresì, previsto che non concorrono al calcolo del fabbisogno finanziario in questione le riscossioni ed i pagamenti sostenuti per investimenti e per attività di ricerca e innovazione sul territorio nazionale[76].

Il co. 972 ha disciplinato la fase transitoria del nuovo calcolo del fabbisogno, prevedendo che, nelle more della piena attuazione del sistema SIOPE +, per il solo anno 2019 non concorrevano al calcolo del fabbisogno finanziario soltanto ed esclusivamente i pagamenti per investimenti.

Pertanto, il fabbisogno programmato per il 2019 doveva essere determinato sulla base del fabbisogno programmato per il 2018, calcolato al netto della media dei pagamenti per investimenti dell’ultimo triennio, incrementato del tasso di crescita del PIL reale, stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del DEF.

Per l’anno 2020, il co. 973 ha previsto che il fabbisogno programmato è determinato sulla base del fabbisogno realizzato per il 2019, calcolato al netto della differenza tra la media delle riscossioni e dei pagamenti per ricerca dell’ultimo triennio, incrementato del tasso di crescita del PIL reale, stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del DEF.

Le modalità tecniche per l’attuazione di tali previsioni sono state definite, in base a quanto previsto dal co. 974, dal D.D. MEF-MIUR 11 marzo 2019, il quale, in particolare, ha stabilito che il tasso di crescita del prodotto interno lordo (PIL) reale è desunto, in ciascun anno, dal quadro macroeconomico tendenziale.

Quanto alla procedura di determinazione del fabbisogno per ciascuna università, il co. 975 ha disposto che, entro il 31 gennaio di ciascun anno, il MEF comunica, innanzitutto, al MUR l’assegnazione del fabbisogno finanziario del sistema universitario statale nel suo complesso.

Entro il 15 marzo di ciascun anno il MUR procede, poi, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), alla determinazione del fabbisogno finanziario programmato per ciascuna università, tenendo conto degli obiettivi di riequilibrio nella distribuzione delle risorse, nonché di eventuali esigenze straordinarie degli atenei. È assicurata comunque l’equilibrata distribuzione del fabbisogno, al fine di garantire la necessaria programmazione delle attività di didattica e della gestione ordinaria.

Al fine di monitorare costantemente il fabbisogno finanziario realizzato da ciascuna università statale nel corso di ciascun esercizio, il co. 976 ha stabilito che, entro il 10 del mese successivo a quello di riferimento, il MEF provvede a pubblicare la scheda riepilogativa del fabbisogno finanziario, riferita ai singoli atenei, all’interno dell’area riservata della banca dati amministrazioni pubbliche, istituita presso la Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell'art. 13 della L. 196/2009, denominata «Banca dati delle amministrazioni pubbliche» (BDAP).

Infine, il co. 977 ha disciplinato le penalizzazioni economiche di cui si è detto ante.


 

Articolo 236, comma 2
(Acquisto di servizi informatici per l’attività didattica di università statali e istituzioni di alta formazione artistica e musicale)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 236 dispone che per l’acquisto di beni e servizi informatici e di connettività, inerenti all’attività didattica delle università statali e delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, non trovano applicazione le disposizioni che prevedono il ricorso agli strumenti di acquisto e negoziazione della Consip S.p.A.

 

Il comma 2 prevede che per l’acquisto di beni e servizi informatici e di connettività, inerenti all’attività didattica delle università statali e delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 4, del decreto-legge n.126 del 2019.

 

L’articolo 4, del decreto-legge n.126 del 2019 dispone che non si applicano alle università statali, agli enti pubblici di ricerca e alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, per l'acquisto di beni e servizi funzionalmente destinati all'attività di ricerca, trasferimento tecnologico e terza missione, le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 449, 450 e 452, della legge n. 296 del 2006, in materia di ricorso alle convenzioni-quadro e al mercato elettronico delle pubbliche amministrazioni e di utilizzo della rete telematica, nonché le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 512-516, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 del 2015 (legge di bilancio per il 2016), in materia di ricorso agli strumenti di acquisto e negoziazione della Consip S.p.A. per gli acquisti di beni e servizi informatici e di connettività.

Tali disposizioni prevedono, in particolare, l’obbligo per le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (come individuate dall’apposito elenco ISTAT) di procedere ad acquisti di beni e servizi informatici e di connettività, esclusivamente tramite Consip S.p.A. o i soggetti aggregatori, ivi comprese le centrali di committenza regionali.

 


 

Articolo 237, comma 1
(Disposizioni in materia di esami di abilitazione
all'esercizio di alcune professioni)

 

 

L’articolo 237, comma 1, prevede, in relazione agli esami di abilitazione all'esercizio delle professioni di cui al comma 1 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 22 del 2020, le cui prove siano in corso di svolgimento, che il Ministero dell'università e della ricerca possa disporre, con decreto, modalità di svolgimento delle prove diverse da quelle previste dalla normativa vigente, ivi inclusa la possibilità di eliminazione di una prova.

 

Nel dettaglio il comma 1 dell'articolo 237 prevede che, in relazione agli esami di Stato di abilitazione all'esercizio delle professioni di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legge 8 aprile 2020, n. 22, le cui prove siano in corso di svolgimento alla data del 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del decreto qui in conversione), il Ministro dell’università e della ricerca può disporre, con decreto, su proposta dei consigli o degli organi nazionali, comunque denominati, degli ordini, collegi e federazioni delle professioni interessate, modalità di svolgimento di tali prove diverse da quelle indicate dalle vigenti disposizioni normative.

 

Le professioni indicate nel comma 1 dell'articolo 6 del d.l. n. 22 del 2020 (attualmente in corso di conversione in Senato - AS 1774) sono quelle di:

§  dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo (queste professioni sono regolamentate dal D.P.R. n. 328 del 2001);

§  odontoiatra, farmacista, veterinario, tecnologo alimentare, dottore commercialista, esperto contabile e revisore legale

 

è opportuno ricordare che, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 6 del d.l. n. 22, è stato adottato il D.M. 29 aprile 2020, prot. n. 57, recante le modalità di svolgimento della prima sessione dell'anno 2020 degli esami di Stato di abilitazione all’esercizio delle professioni regolamentate dal D.P.R. n. 328 del 2001, nonché delle professioni di odontoiatra, farmacista, veterinario, tecnologo alimentare, dottore commercialista, esperto contabile e revisore legale. Tale decreto ha previsto, in deroga alla normativa vigente, che l'esame di stato per queste professioni sia costituito per la prima sessione dell’anno 2020, da un’unica prova orale svolta con modalità a distanza.

 

Si ricorda inoltre che con il D.M. 24 aprile 2020, n. 38  è stato disposto il rinvio dell’esame di Stato, a causa dell’emergenza sanitaria, per l'abilitazione alle professioni ricordate. In particolare quanto all’esame per l’iscrizione nella sezione A dell'Albo, per la quale è necessaria la laurea specialistica o almeno quadriennale, la sessione già prevista per il 16 giugno è stata rinviata al 16 luglio. In merito all’esame per l’iscrizione nella sezione B dell'Albo, per la quale è necessaria la laurea triennale, la sessione già prevista per il 22 giugno, è stata invece rinviata al 24 luglio.

 

Sempre il comma 1 dell'articolo 237 precisa che nei casi in cui sia disposta l'eliminazione di una prova, il decreto ministeriale debba anche individuare le modalità e i criteri per la valutazione finale, salvaguardando criteri di uniformità sul territorio nazionale per lo svolgimento degli esami relativi a ciascuna professione, nonché il rispetto delle disposizioni in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, dettate dal decreto legislativo n. 206 del 2007.

 

è appena il caso di ricordare che con riguardo alle professioni disciplinate dal D.P.R. n. 328 del 2001, salvo disposizioni speciali, gli esami consistono in due prove scritte di carattere generale, una prova pratica e una prova orale (art. 5, d.P.R. n. 328 del 2001).

 


 

Articolo 237, comma 2
(Accreditamenti delle scuole di specializzazione di area sanitaria
con accesso riservato ai medici)

 

 

Il comma 2 dell'articolo 237 reca norme transitorie in materia di accreditamento delle scuole di specializzazione di area sanitaria ad accesso riservato ai medici.

 

Tali norme transitorie sono connesse alla mancata ricostituzione dell'Osservatorio nazionale per la formazione sanitaria specialistica[77], organo competente per la formulazione della proposta al Ministro della salute (il quale delibera di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca) dell'accreditamento delle scuole in esame (nonché dell'accreditamento delle singole strutture universitarie e ospedaliere rientranti nella rete formativa della scuola).

Il comma in esame prevede, in primo luogo, che l'accreditamento delle scuole di specializzazione suddette concesso per l'anno accademico 2018-2019 sia prorogato per l'anno accademico 2019-2020; la proroga fa riferimento sia agli accreditamenti definitivi sia a quelli provvisori.

Si ricorda che la disciplina dell'accreditamento in esame e delle condizioni stabilite ai fini del medesimo è posta dal D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368 (in particolare, dall'articolo 43), nonché dal D.M. 4 febbraio 2015, dal D.M. 13 giugno 2017 e dal D.M. 28 febbraio 2019. In particolare, quest'ultimo decreto ha consentito il riconoscimento di un accreditamento provvisorio, per l'anno accademico 2018-2019, in favore delle scuole di specializzazione che, per mancanza dei requisiti di docenza, fossero state accreditate provvisoriamente fino all'anno accademico precedente; la suddetta proroga era subordinata alla condizione che gli atenei (presso i quali le scuole di specializzazione in oggetto fossero istituite) dimostrassero, alla data di chiusura delle procedure di accreditamento relative all'anno accademico 2018-2019, di aver adottato le deliberazioni intese all'avvio delle procedure di reclutamento necessarie per il raggiungimento dei requisiti di docenza nel suddetto anno accademico.

La norma di proroga ha altresì l'effetto (anche riguardo agli accreditamenti definitivi già concessi) di derogare alle previsioni degli adempimenti annui di cui all'articolo 1, comma 2, all'articolo 5, comma 2, lettera c), e all'articolo 6, comma 4, del citato D.M. 13 giugno 2017 (relativi, rispettivamente, all'eventuale aggiornamento - da parte del Ministero dell'università e della ricerca - dei requisiti, degli standard e degli indicatori di attività formativa ed assistenziale, alla dichiarazione del rettore sul rispetto dei medesimi requisiti, standard e indicatori, all'attività di monitoraggio in materia).

Il comma 2 in esame prevede altresì che le scuole di specializzazione di area sanitaria ad accesso riservato ai medici che non abbiano conseguito l’accreditamento per l’anno accademico 2018-2019 possano ripresentare istanza di accreditamento per l’anno accademico 2019-2020, secondo le modalità ed i tempi comunicati dal Ministero dell’università e della ricerca. Tali istanze sono sottoposte ad una commissione di esperti, ai fini della verifica degli standard e dei requisiti di idoneità delle scuole, delle loro reti formative e delle singole strutture che le compongono, e della formulazione delle conseguenti proposte di accreditamento al Ministro della salute (come già detto, il Ministro delibera di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca). La commissione è costituita dai membri che hanno fatto parte dell'ultima composizione dell'Osservatorio summenzionato.

 

Riguardo a quest'ultima composizione[78], le nomine sono state operate con D.M. 27 marzo 2015, prot. n. 195, D.M. 30 maggio 2017, prot. n. 362, D.M. 12 luglio 2017, prot. n. 506, D.M. 2 maggio 2018, prot. n. 342, D.M. 4 settembre 2018, prot. n. 608. Il presente comma 2 fa riferimento alla composizione dell'Osservatorio alla data del 29 settembre 2018 - cioè, dal giorno successivo al "visto" del suddetto D.M. 4 settembre 2018 da parte dell'organo di controllo -.

 

Ai componenti della commissione non spettano indennità, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati, ad eccezione del rimborso delle spese documentate.

 

 


 

Articolo 237, comma 3
(Ammissione ai concorsi per l’accesso alle scuole
di specializzazione in medicina)

 

 

Il comma 3 dell'articolo 237 modifica le norme sull’ammissione ai concorsi per l’accesso alle scuole di specializzazione in medicina.

 

La modifica consente la partecipazione dei laureati in medicina e chirurgia che conseguano il medesimo diploma di laurea in tempo utile per la partecipazione alla prova (secondo le indicazioni riportate nel bando). La disposizione finora vigente richiedeva invece che il titolo venisse conseguito prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso. Resta fermo il principio secondo cui sono esclusi dall’accesso alle scuole in esame i soggetti che non conseguano l’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo entro il termine fissato per l’inizio delle attività didattiche delle scuole[79].

 

Si ricorda che i commi da 1 a 4 dell’articolo 102 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, hanno stabilito una nuova disciplina dell’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo; si è introdotto il principio della laurea abilitante, ferma restando la condizione di svolgimento e di superamento (all’interno del corso di laurea o successivamente) di un tirocinio.

 

Il comma 3 in esame, nell'opera tale modifica normativa, abroga la norma di rango regolamentare vigente in materia[80].


 

Articolo 238, commi 1-3 e 9
(Accesso di ricercatori nelle università e negli enti di ricerca)

 

 

L’articolo 238, commi 1-3, prevede l’assunzione di ricercatori a tempo determinato di tipo B nelle università e di ricercatori a tempo indeterminato negli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca, nei limiti di spesa indicati.

Il comma 9 reca le modalità di copertura degli oneri.

 

In particolare, il comma 1, al fine di sostenere, fra l’altro, l'accesso dei giovani alla ricerca e la competitività del sistema universitario e della ricerca italiano a livello internazionale, autorizza l’assunzione, nel 2021, di ricercatori universitari a tempo determinato di tipo B, in deroga alle vigenti facoltà assunzionali e in aggiunta alle analoghe assunzioni previste dall’art. 6, co. 5-sexies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020), nel limite di spesa di € 200 mln annui a decorrere dal 2021.

A tal fine, incrementa il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di € 200 mln annui a decorrere dal 2021.

 

Preliminarmente, si ricorda che la L. 240/2010 ha confermato, anticipandone la decorrenza, la scelta, già fatta dalla L. 230/2005, di messa ad esaurimento dei ricercatori a tempo indeterminato, individuando, invece, due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato.

In particolare, in base all’art. 24, co. 3 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 338, lett. b), della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) –, la prima tipologia (lett. a)) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (RtD di tipo A).

La seconda tipologia (lett. b)) consiste in contratti triennali – originariamente non rinnovabili, ma divenuti definitivamente tali proprio a seguito dell’intervento disposto dalla L. di bilancio 2017 –, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lett. a), o che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (ASN), o che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005) (RtD di tipo B).

Il co. 5 dello stesso art. 24 prevede che nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’ASN, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore di seconda fascia (associato).

 

In questo quadro, il citato art. 6, co. 5-sexies, lett. a), del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) ha autorizzato, in deroga alle vigenti facoltà assunzionali, l’assunzione di ricercatori universitari a tempo determinato di tipo B, a decorrere dal 2021, nel limite di spesa di € 96,5 mln annui dal 2021. A tal fine, il co. 5-septies dello stesso art. 6 ha incrementato il FFO di € 96,5 mln annui dal 2021.

La relazione tecnica all’emendamento 6.50 presentato dal Governo[81] faceva presente che si riteneva di poter immettere nel sistema universitario, con decorrenza 1° gennaio 2021, 1.607 nuovi ricercatori[82].

Lo stesso co. 5-sexies, lett. a), ha stabilito, inoltre, che le risorse devono essere ripartite tra le università con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, che sarebbe dovuto essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. Non sono stati indicati criteri di ripartizione.

 

Per le modalità di riparto delle risorse tra le università si richiamano le stesse di cui al già richiamato art. 6, co. 5-sexies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020). A tal fine, dunque, si provvede con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. In tal caso – a differenza di quanto si vedrà infra per gli enti pubblici di ricerca –, non sono indicati criteri di ripartizione.

 

In base alla relazione tecnica, si ritiene di poter immettere nel sistema universitario, con decorrenza 1° gennaio 2021 – considerato un costo unitario annuo per ricercatore di tipo B di € 60.027 –, 3.331 nuovi ricercatori.

 

Il comma 2 dispone che, per le medesime finalità di sostenere, fra l’altro, l'accesso dei giovani alla ricerca e la competitività del sistema della ricerca italiano a livello internazionale, il Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca di cui all’art. 7 del d.lgs. 204/1998 (FOE) – che assegna risorse agli enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR –, è incrementato di € 50 mln annui a decorrere dal 2021 per l'assunzione di ricercatori negli “enti pubblici di ricerca”[83].

In base alla relazione tecnica, si ritiene di assumere 1.044 ricercatori.

 

Le risorse sono ripartite tra gli “enti pubblici di ricerca” secondo i criteri di riparto del FOE.

Si intenderebbe, dunque, che le risorse sono finalizzate ad assunzioni di ricercatori negli enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR.

 

Si valuti, tuttavia, l’opportunità di inserire tale precisazione nel testo.

 

In base all’art. 7 del D.Lgs. 204/19988, che ha istituito FOE, lo stesso è ripartito annualmente con decreti del Ministro dell'università e della ricerca, comprensivi di indicazioni per i due anni successivi, emanati previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

Da ultimo, l’art. 5 del d.lgs. 218/2016 ha stabilito che, per la ripartizione, il MUR tiene conto della programmazione strategica preventiva (art. 5, d.lgs. 213/2009), nonché della Valutazione della qualità dei risultati della ricerca (VQR) che l’Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca (ANVUR) effettua ogni 5 anni.

In base allo stesso art. 5, le quote del FOE assegnate per specifiche finalità e che non possono essere più utilizzate per le stesse possono essere destinate ad altre attività o ad altri progetti attinenti alla programmazione degli enti, previa autorizzazione del MUR.

 

Il comma 3 dispone che la quota parte delle risorse eventualmente non utilizzata per le finalità di cui ai commi 1 e 2 rimane a disposizione, nel medesimo esercizio finanziario, per le altre finalità del FFO e del FOE.

 

Il comma 9 dispone che alla copertura degli oneri recati, fra l’altro, dai commi 1 e 2, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


§   

Articolo 238, comma 4
(Progetti di rilevante interesse nazionale - PRIN e Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica - FIRST)

 

 

L’articolo 238, comma 4, affida ad un decreto del Ministero dell'università e della ricerca la definizione di un nuovo programma per lo sviluppo dei Progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN). A tale scopo, si incrementa il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), per l'anno 2021 di 250 milioni di euro e per l'anno 2022 di 300 milioni di euro.

 

In dettaglio, la disposizione mira:

§  a promuovere il sistema nazionale della ricerca.

Del sistema nazionale della ricerca fanno parte soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca scientifica e tecnologica. Il Ministero dell'università e della ricerca svolge un ruolo di promozione e sviluppo attraverso principalmente: la definizione di linee programmatiche e strategiche, direttamente o in coordinamento con l’Unione europea e/o con altre amministrazioni centrali e regionali dello Stato; la gestione di risorse finanziarie, rivolte a sostenere, da un lato, il funzionamento dei soggetti pubblici (in particolare, università ed enti) e, dall’altro, le attività di ricerca. Il Programma nazionale della ricerca (PNR), predisposto dal Ministero dell'università e della ricerca, è il principale documento programmatico che orienta la politica di ricerca in Italia. Attualmente, è in vigore il PNR 2015-2020.

§  a rafforzare le interazioni tra università e enti di ricerca;

§  a favorire la partecipazione italiana alle iniziative relative ai Programmi quadro dell'Unione europea.

I Programmi quadro rappresentano il principale strumento - unitamente ai Fondi strutturali e al Fondo di coesione - con cui l'Unione europea sostiene la ricerca e sono elaborati su base pluriennale. I programmi quadro fissano gli obiettivi, le priorità e il pacchetto finanziario tramite cui offrire sostegno a progetti di ricerca di tipo multidisciplinare e transnazionale. Per il settennio 2014-2020 il Programma quadro per la ricerca e l'innovazione è Horizon 2020, mentre per il settennio 2021-2027 il prossimo Programma quadro proposto dalla Commissione europea è Horizon Europe (COM (2018) 435). Per una sintesi dei rispettivi contenuti si vedano i relativi temi web sul sito della Camera dei deputati.

 

In tale contesto, il Ministro dell'università e della ricerca, con proprio decreto, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in commento, definisce un nuovo programma per lo sviluppo di Progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN) i quali, per complessità e natura, richiedano la collaborazione di più atenei o enti di ricerca.

Con D.D. n. 3728 del 27 dicembre 2017 è stato emanato l'ultimo bando PRIN, di durata triennale, per complessivi 391 milioni di euro a titolo di cofinanziamento da parte del Ministero dell'università e della ricerca. In base all'art. 1 del bando, il programma PRIN è destinato al finanziamento di progetti di ricerca pubblica, "allo scopo di favorire il rafforzamento delle basi scientifiche nazionali e rendere più efficace la partecipazione alle iniziative relative ai programmi quadro dell’Unione europea". Il programma PRIN finanzia progetti triennali che per complessità e natura possono richiedere la collaborazione di più professori/ricercatori e/o le cui esigenze di finanziamento eccedono la normale disponibilità delle singole istituzioni (art. 1, co.2).

A seguito dell'emergenza sanitaria da COVID-19, il Ministero dell'università e della ricerca ha diffuso un comunicato relativo all'impatto dell'emergenza sull'attuazione dei progetti, con cui sono state previste la sospensione dei termini e la possibilità, a giugno 2020, di fissare nuove scadenze per la conclusione dei medesimi progetti.

 

Per le finalità di cui al comma in esame, è incrementato il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) di cui all’art. 1, co 870, della L. 296/2006, per l'anno 2021 di 250 milioni di euro e per l'anno 2022 di 300 milioni di euro.

 

L'art. 1, co. 870, della L. 296/2006 ha istituito il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) nel quale confluiscono le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) delle università, nonché le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), di cui all'art. 5 del d.lgs. 297/1999, del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB), di cui all'art. 104 della L.388/2000, e, per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'art. 61 della L.289/2002.

Il FIRST è allocato sul cap. 7245. In base al D.M. 30 dicembre 2019, recante la ripartizione in capitoli delle unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022, le risorse FIRST per il 2021 sono pari a 87.112.585 euro e, per il 2022, a 87.505.585 euro. Sul cap. 7345 è allocata la quota FIRST per il finanziamento di progetti di cooperazione internazionale, le cui risorse per ciascuno degli anni 2021 e 2022 ammontano a 8.220.456 euro.

Le modalità procedurali di selezione, gestione e controllo dei progetti di ricerca fondamentale ammessi a valere sul FIRST (la cd. ricerca di base) sono disciplinate dal D.M. 594/2016.


 

Articolo 238, commi 5 e 9
(Promozione dell’attività di ricerca nelle università)

 

 

L’articolo 238, comma 5, incrementa il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di € 100 mln per il 2021 ed € 200 mln annui a decorrere dal 2022 al fine di promuovere l’attività di ricerca svolta dalle università e valorizzare il contributo del sistema universitario alla competitività del paese.

Il comma 9 reca le modalità di copertura degli oneri.

 

I criteri di riparto delle risorse fra le università devono essere definiti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), da adottare entro il 31 luglio dell’anno precedente a quello di riferimento.

A seguito di tale previsione, si  dovrebbe ritenere che, sulla base dei criteri di riparto definiti annualmente con uno specifico decreto del Ministro, le risorse sarebbero effettivamente assegnate alle università con il decreto annuale di riparto del FFO che, dunque, dovrebbe intervenire successivamente.

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un chiarimento.

 

Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR (cap. 1694)[84] dall'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 1, co. 870, L. 296/2006) – e della spesa per le attività sportive universitarie.

Da ultimo, per il 2019, il FFO è stato ripartito con DM 738 dell’8 agosto 2019. Tra i criteri di ripartizione vi sono quelli riferiti a quota base, quota premiale, interventi perequativi, specifiche obbligazioni derivanti da previsioni legislative, incentivi per chiamate dirette, prosecuzione del programma per giovani ricercatori Rita Levi Montalcini, borse di studio post-lauream per studenti.

 

Il comma 9 dispone che alla copertura degli oneri recati, fra l’altro, dal comma 5, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 


 

Articolo 238, comma 6
(Deroga all'obbligo di risparmio di spesa nel settore
informatico in favore di università, istituzioni AFAM,
enti di ricerca e Fondazione IIT)

 

 

L’articolo 238, comma 6, consente alle università, alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, agli enti pubblici di ricerca e alla Fondazione Istituto italiano di tecnologia (IIT) di ricerca di non applicare, per l'anno 2020, l'art. 1, co. 610, della L. 160/2019 in materia di risparmio di spesa nel settore informatico.

 

L'art. 1, co. 610, della L. 160/2019 dispone che le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione - con esclusione degli enti territoriali e delle società da questi partecipate - assicurano, per il triennio 2020-2022, un risparmio di spesa annuale pari al 10 per cento della spesa annuale media per la gestione corrente del settore informatico sostenuta nel biennio 2016-2017. È richiamato (quale possibile modalità di perseguimento di tale risparmio di spesa) il riuso dei sistemi e degli strumenti di ICT (Information and Communications Technology, tecnologie dell'informazione e della comunicazione).

Secondo l'art. 1, co. 2, della L. 196/2009, per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), e, comunque, le amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001. L’ISTAT è tenuto, con proprio provvedimento, a pubblicare annualmente (entro il 30 settembre) tale elenco delle amministrazioni pubbliche sulla Gazzetta Ufficiale. Da ultimo è consultabile l’elenco pubblicato il 30 settembre 2019.

In tale elenco sono compresi, tra gli altri, le università, gli enti pubblici di ricerca e la Fondazione Istituto italiano di tecnologia (IIT).

Per le indicazioni operative si veda la circolare del 21 aprile 2020, n. 9 della Ragioneria generale dello Stato

 

In virtù della disposizione in commento, le università, le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e gli enti pubblici di ricerca non sono soggetti, per l'anno 2020 all'obbligo di assicurare il risparmio di spesa per la gestione del settore informatico di cui al citato art. 1, co. 610 della L. 160/2019. Quest'ultima disposizione non si applica nel 2020, neanche alla Fondazione Istituto italiano di tecnologia (IIT). Gli enti pubblici di ricerca sono quelli individuati dall'art. 1 del d.lgs. 218/2016[85]. La Fondazione IIT è disciplinata dall'art. 4 del D.L. 269/2003.

La Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) è stata istituita dall'art. 4 del D.L. 269/2003 "con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico del Paese e l'alta formazione tecnologica, favorendo così lo sviluppo del sistema produttivo nazionale. A tal fine la Fondazione instaura rapporti con organismi omologhi in Italia e assicura l'apporto di ricercatori italiani e stranieri operanti presso istituti esteri di eccellenza". La Fondazione è posta sotto la vigilanza del Ministero dell'università e della ricerca e del Ministero dell'economia e delle finanze. Lo statuto della Fondazione, concernente anche l'individuazione degli organi dell'Istituto, della composizione e dei compiti, è approvato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dell'economia e delle finanze. Lo statuto vigente è stato adottato D.P.R. 31 luglio 2005.

La relazione illustrativa considera detta deroga particolarmente urgente poiché le nuove esigenze determinate dalla emergenza COVID-19 hanno dimostrato l’impellente necessità che gli enti pubblici di ricerca, proprio per la natura dell’azione da essi svolta, possano godere di una minore rigidità, fermi restando gli obiettivi di risparmio per la finanza pubblica. L'estensione della deroga anche alla Fondazione IIT è motivata" in considerazione dell’attività da essa svolta proprio in occasione dell’emergenza COVID-19, che l’ha vista particolarmente impegnata nelle attività di ricerca applicata alla attuale congiuntura".


 

Articolo 238, comma 7
(Ammissione al finanziamento di soggetti inseriti in graduatorie internazionali relative a progetti di ricerca internazionali)

 

 

L’articolo 238, comma 7, consente al Ministero dell'università e della ricerca di ammettere al finanziamento, anche in deroga alle procedure previste, soggetti risultati ammissibili sulla base delle graduatorie adottate in sede internazionale per la realizzazione di progetti internazionali.

 

Gli articoli 60-63 del D.L. 83/2012 (L.134/2012) definiscono gli interventi di competenza del Ministero dell'università e della ricerca diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale nonché di ricerca industriale, estese a non preponderanti processi di sviluppo sperimentale, e delle connesse attività di formazione per la valorizzazione del capitale umano, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato in favore dei settori della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione. Per «ricerca fondamentale», «ricerca industriale» e «sviluppo sperimentale» si intendono le corrispondenti attività definite dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione di cui alla comunicazione della Commissione europea del 2006/C 323/01.

La Commissione europea è intervenuta nuovamente sulla materia con la comunicazione 2014/C 198/01. Con il regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, sono stati individuati gli aiuti di stato compatibili con i Trattati, tra cui anche quelli in materia di ricerca, sviluppo e innovazione. La disciplina contenuta nel regolamento si applica fino al 31 dicembre 2020.

 

Le tipologie di intervento indicate dall'art. 60, co. 4, sono finanziate con le risorse a valere del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST). I soggetti ammissibili (art. 60, co. 3) agli interventi sono le imprese, le università, gli enti e gli organismi di ricerca, le società composte da professori, ricercatori universitari, personale di ricerca dipendente dagli enti di ricerca, i dottorandi di ricerca e i titolari di assegni di ricerca anche congiuntamente ad uno o più degli altri soggetti, o qualsiasi altro soggetto giuridico in possesso dei requisiti minimi previsti dai bandi o da altri interventi di sostegno su progetto o programma, purché residenti ovvero con stabile organizzazione nel territorio nazionale.

 

In tale quadro, l'art. 62 del D.L. 83/2012 ha demandato a decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'università e della ricerca la definizione di tutti gli aspetti attuativi.

In attuazione è intervenuto dapprima il D.M. 19 febbraio 2013. Successivamente sono intervenuti:

§  il D.M. 593/2016 per quanto riguarda la concessione delle agevolazioni finanziarie. I soggetti ammissibili sono quelli di cui all'art. 60, co. 3, del D.L. 83/2012 sopracitati. La disciplina indicata in questo D.M. si applica:

-     alle modalità di utilizzo e gestione del FIRST con riferimento agli interventi diretti al sostegno delle attività di ricerca industriale, estese a non preponderanti processi di sviluppo sperimentale e delle connesse attività di formazione del capitale umano;

-     agli interventi di ricerca fondamentale inseriti in accordi e programmi europei e internazionali;

-     agli interventi del Programma operativo nazionale (PON) Ricerca e innovazione 2014-2020 e del Programma nazionale della ricerca (PNR) 2015-2020 ove applicabile;

§  il D.M. 594/2016 inerente disposizioni procedurali per gli interventi diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale, cui ha fatto seguito il D.M. 679/2019 (che si applica ai progetti presentati in risposta a bandi pubblicati a partire dal giorno successivo alla pubblicazione dello stesso D.M. nella Gazzetta Ufficiale, quindi dal 27 ottobre 2019). I soggetti ammissibili, in questo caso, sono le università e le istituzioni universitarie italiane, statali e non statali, comunque denominate, ivi comprese le scuole superiori ad ordinamento speciale, nonché gli enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR;

§  il  D.M. 999/2017, recante disposizioni per la concessione di finanziamenti interamente esclusi dalle norme in materia di aiuti di Stato, ai sensi della summenzionata comunicazione 2014/C 198/01 della Commissione europea. Sono soggetti ammissibili gli enti pubblici di ricerca di cui al d.lgs. 218/2016, le università statali e le istituzioni universitarie italiane statali, comunque denominate (ivi comprese le scuole superiori ad ordinamento speciale) e, ove consentito dal bando/avviso, altri organismi di ricerca.

 

La disposizione in commento detta una disciplina derogatoria rispetto ai DD.MM. nn. 593 e 594 del 2016 e n. 999 del 2017 per l'ammissione al finanziamento dei soggetti che sono risultati ammissibili in base alle graduatorie internazionali per la realizzazione di progetti internazionali di cui all'art. 18 del D.M. 593/2016, fino alla revisione dei predetti decreti di natura regolamentare di cui all'art. 62 del D.L. 83/2012.

In base al D.M. 593/2020, la vigenza del regime di aiuti di Stato alla ricerca, sviluppo ed innovazione in esso disciplinato è fissata infatti al 31 dicembre 2020, in linea con i tempi di applicazione del sopracitato regolamento (UE) n. 651/2014.

In tal modo, come riferisce la relazione illustrativa, sarà possibile anticipare la fase dell’ammissione al finanziamento in un momento antecedente alla nomina degli esperti tecnico-scientifici chiamati ad effettuare la valutazione dei progetti.

 

Gli artt. 11 e 12 del D.M. 593/2016 stabiliscono che la valutazione dei progetti è effettuata da esperti tecnico-scientifici, anche internazionali, nominati dal Ministero e individuati dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca (CNGR) nell'ambito di un apposito elenco ministeriale e dell'albo di esperti gestito dalla Commissione europea. Sui progetti valutati positivamente dagli esperti tecnico-scientifici, viene svolta una valutazione economico-finanziaria da parte di esperti individuati ai sensi della vigente normativa in materia di appalti pubblici di servizi oppure di esperti di settore nell'ambito di un apposito elenco ministeriale e dell'albo di esperti della Commissione europea. Sulla base degli esiti delle valutazioni, il Ministero adotta e comunica i motivati provvedimenti conseguenti.

 

In base all'art. 3 del D.M. 594/2016, la valutazione e selezione dei progetti di ricerca fondamentale si articola in precise fasi:

a)    definizione, da parte del CNGR, dei criteri di valutazione dei progetti;

b)   individuazione, da parte del CNGR, dei nominativi degli esperti chiamati a far parte dei Comitati di Selezione (CdS), successivamente nominati con apposito decreto ministeriale;

c)    individuazione, per ogni progetto, da parte del competente CdS, di tre esperti esterni, scelti, mediante procedura telematica in grado di garantirne l'anonimato, dall'albo di esperti scientifici del MIUR nel rispetto del criterio della competenza scientifica;

d)   individuazione, per ogni progetto, da parte del competente CdS, di un esperto cui viene affidato il compito di redigere un rapporto di valutazione (Evaluation Summary Report - ESR) provvisorio, riportante un giudizio qualitativo e un punteggio numerico, sul quale dovrà essere acquisito il consenso degli altri esperti;

e)    a seguito di consenso degli altri esperti, l'ESR provvisorio diviene automaticamente definitivo; in caso di mancato raggiungimento del consenso spetta al CdS, collegialmente, la stesura dell'ESR definitivo, tenendo conto del parere di tutti gli esperti da esso stesso incaricati;

f)    acquisiti tutti gli ESR definitivi, il CdS competente redige la graduatoria dei progetti, e analizza il budget richiesto da ogni progetto, determinandone, nel rispetto delle regole stabilite nei singoli bandi, il costo congruo ed il relativo finanziamento;

g)   con proprio decreto, nel rispetto della graduatoria stilata dal competente CdS ed entro 30 giorni dal completamento delle procedure di valutazione e selezione, il MUR ammette a finanziamento i progetti fino all'esaurimento delle risorse disponibili;

h)   nei successivi 60 giorni, il MIUR eroga i relativi contributi, nella misura e con le modalità stabilite dal decreto di ammissione a finanziamento.

 

Secondo l'art. 6 del D.M. 999/2017, la Commissione di valutazione delle proposte progettuali (CDV), nominata dal Ministero, individua per ciascuna proposta un gruppo istruttorio (GI) formato da un numero fino a tre di esperti tecnico - scientifici (ETS), di cui uno con funzioni di relatore, e un esperto economico - finanziario (EEF). Gli ETS, italiani o stranieri, sono individuati dalla Commissione e nominati dal Ministero, nell'ambito di un apposito elenco ministeriale o dell'albo di esperti gestito dalla Commissione europea, mentre l'EEF può essere individuato ai sensi della vigente normativa in materia di appalti pubblici di servizi o mediante convenzioni in corso oppure nell'ambito di un apposito elenco ministeriale o dell'albo di esperti della Commissione europea. Viene quindi redatto dal relatore il Rapporto di Valutazione provvisorio che può diventare definitivo, a seguito del quale si esprime l'EEF. La Commissione redige la graduatoria dei progetti. Con proprio decreto di concessione, nel rispetto della graduatoria stilata dalla Commissione di Valutazione, il Ministero ammette a finanziamento i progetti in ragione delle risorse disponibili.

 

In base all'art. 18 del D.M. 593/2016, le modalità di partecipazione, valutazione e selezione dei progetti internazionali sono stabilite nei bandi/avvisi europei o negli accordi bilaterali o multilaterali, che a quest'ultimi afferiscono. Nel caso in cui la valutazione e la selezione dei progetti siano effettuate direttamente in sede europea, il Ministero prende atto dei risultati delle valutazioni effettuate e delle graduatorie adottate in tale sede e dispone il relativo finanziamento dei soli soggetti eleggibili.

In tutti gli altri casi, il Ministero adotta per i progetti internazionali le procedure di cui D.M. stesso, tenendo conto della tipologia della ricerca, fondamentale, industriale o sperimentale e delle relative norme stabilite nel presente decreto.

Per i progetti internazionali, i costi ammissibili decorrono dalla data di avvio del progetto internazionale. Le intensità di aiuto previste per i progetti internazionali vengono stabilite nei bandi/avvisi internazionali e/o in appositi bandi/avvisi nazionali integrativi, nel rispetto di valori massimi distinti per soggetto (se si tratta di imprese o enti di ricerca privati, oppure università e enti pubblici di ricerca) e per tipologia di ricerca (ricerca fondamentale, industriale sviluppo sperimentale).

Le procedure operative per il finanziamento dei progetti internazionali ex art. 18 del D.M. 593/2016 sono indicate nel D.M. 15 marzo 2018.

 


 

Capo X -  Misure per l'innovazione tecnologica

Articolo 239
(Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale)

 

 

L'articolo 239 istituisce un Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale, con una dotazione di 50 milioni per il 2020.

 

È istituito - nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze - un Fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione.

Destinati gli sono 50 milioni per il 2020.

Tali risorse sono trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del consiglio dei ministri, per essere assegnate al Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, che provvede alla gestione.

Il Fondo è destinato alla copertura delle spese per interventi, acquisti e misure di sostegno a favore di:

§  una "strategia di condivisione e utilizzo del patrimonio informativo pubblico" a fini istituzionali;

§  la diffusione dell’identità digitale, del domicilio digitale e delle firme elettroniche;

§  la realizzazione ed erogazione di servizi in rete, dell'accesso ai servizi in rete tramite le piattaforme abilitanti previste da disposizioni del Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005), recate dai seguenti articoli: 5 (sistema di pagamento elettronico, attraverso un sistema pubblico di connettività che assicuri una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati), 62 (Anagrafe nazionale della popolazione residente), 64 (sistema pubblico per la gestione delle identità digitali e modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni), e 64-bis (accesso telematico ai servizi della pubblica amministrazione), nonché per i servizi e le attività di assistenza tecnico-amministrativa necessarie.

 

Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, sono individuati gli interventi cui siano destinate le risorse del Fondo, tenendo conto degli aspetti correlati alla sicurezza cibernetica.

Alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo - si è ricordato, pari a 50 milioni per il 2020 - si provvede secondo le modalità profilate dall'articolo 265 (v. infra). 

Articolo 240
(Istituzione di una direzione generale per la tutela informatica

entro il Ministero dell'interno)

 

 

L'articolo 240 istituisce entro il Ministero dell'interno una direzione generale preposta allo sviluppo della sicurezza telematica.

 

La nuova istituita direzione generale per lo sviluppo della prevenzione e tutela informatiche è collocata entro il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno (ossia il dipartimento preposto all'attuazione della politica dell'ordine e della sicurezza pubblica, al coordinamento tecnico-operativo delle forze di polizia, alla direzione e amministrazione della Polizia di Stato, alla direzione e gestione dei supporti tecnici, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 121 del 1981, la quale reca l'ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza).

A tale direzione generale sono attribuiti:

§  lo sviluppo della prevenzione e tutela informatica e cibernetica (quale struttura per la sicurezza e per la regolarità dei servizi di telecomunicazione, preposta ad assicurare i servizi di protezione informatica ed i servizi di protezione informatica delle infrastrutture critiche informatizzate di interesse nazionale individuate con decreto del Ministro dell'interno, operando mediante collegamenti telematici definiti con apposite convenzioni con i responsabili delle strutture interessate - secondo prevede l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 155 del 2005);

§  lo sviluppo delle attività attribuite al Ministero dell'interno in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica (istituito dall'articolo 1 del decreto-legge n. 133 del 2019, al fine di assicurare un livello elevato di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici delle amministrazioni pubbliche, degli enti e degli operatori pubblici e privati aventi una sede nel territorio nazionale, da cui dipenda l'esercizio di una funzione essenziale dello Stato ovvero la prestazione di un servizio essenziale per il mantenimento di attività civili, sociali o economiche fondamentali per gli interessi dello Stato e dal cui malfunzionamento, interruzione, anche parziali, ovvero utilizzo improprio, possa derivare un pregiudizio per la sicurezza nazionale);

§  l'unità di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dalla polizia postale e delle comunicazioni, specialità della Polizia di Stato - e degli altri compiti che costituiscano il completamento di supporto alle attività investigative.

Il numero di direzioni generali (ed uffici equiparati) in cui si articola il Dipartimento di pubblica sicurezza è conseguentemente incrementato di una unità.

Alla nuova direzione generale è preposto un dirigente generale della Polizia di Stato, del ruolo ordinario della carriera dei funzionari espletanti funzioni di polizia.

Rimane immodificato il numero complessivo dei posti dirigenziali generali di pubblica sicurezza (32 unità, secondo la determinazione recata dal d.P.R. n. 335 del 1982 - il quale reca l'ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia - alla Tabella A).

Con regolamento 'delegato' si provvede ad adeguare il regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale del Ministero dell'interno (è il d.P.C.m. 11 giugno 2019, n. 78).

 

Si ricorda a questo riguardo che l'articolo 4 del decreto legislativo n. 300 del 1999 prevede che l'organizzazione, la dotazione organica, l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l'individuazione dei dipartimenti, nei casi e nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto legislativo, e la definizione dei rispettivi compiti sono stabiliti con regolamenti o con decreti del ministro emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 4 bis, della legge n. 400 del 1988.

 

È posta una clausola di invarianza di oneri finanziari, entro le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il Dipartimento di pubblica sicurezza è attualmente organizzato in: Segreteria; Ufficio per l'amministrazione generale del Dipartimento; Ufficio per la pianificazione ed il coordinamento delle Forze di polizia; Ufficio centrale ispettivo; Direzione centrale per gli affari generali della Polizia di Stato; Direzione centrale della Polizia criminale; Direzione centrale Anticrimine della Polizia di Stato;  Direzione centrale della Polizia di prevenzione; Direzione centrale per la Polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato; Direzione centrale dell'immigrazione e della Polizia delle frontiere; Direzione centrale per i servizi antidroga; Direzione centrale per le risorse umane; Direzione centrale per gli istituti di istruzione; Direzione centrale per la sanità; Direzione centrale dei servizi tecnico-logistici e della gestione patrimoniale; Direzione centrale per i servizi di ragioneria; Direzione investigativa antimafia; Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale; Scuola di perfezionamento per le Forze di polizia; Scuola superiore di polizia.

 

 


 

Capo XI -  Coesione territoriale

Articolo 241
(Utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione
per il contrasto all'emergenza Covid-19)

 

 

L’articolo 241 autorizza per gli anni 2020 e 2021, a partire dal 1° febbraio 2020, l’utilizzo in via eccezionale delle risorse Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) rinvenienti dai cicli programmatori 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020 per qualsiasi tipologia di intervento connesso a fronteggiare l’emergenza sanitaria, economica e sociale conseguente alla pandemia da Covid-19.

 

 

In particolare, l’articolo dispone che, a decorrere dal 1° febbraio 2020 e per gli anni 2020 e 2021, le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), rinvenienti dai cicli programmatori 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020, possono essere in via eccezionale destinate ad ogni tipologia di intervento a carattere nazionale, regionale o locale connessa a fronteggiare l’emergenza sanitaria, economica e sociale conseguente alla pandemia da Covid-19, in coerenza con la riprogrammazione che, per le stesse finalità, le amministrazioni nazionali, regionali o locali operano nell'ambito dei Programmi operativi dei Fondi strutturali e di investimento europei (SIE) ai sensi del Regolamento (UE) 2020/460[86] del 30 marzo 2020 e del Regolamento (UE) 2020/558[87] del 23 aprile 2020.

 

Con l’espressione “risorse rinvenienti” sembrerebbe intendersi le risorse del FSC, relative ai cicli di programmazione 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020, che rientrano nelle disponibilità per effetto delle attività di verifica, con conseguente eventuale revoca e riprogrammazione delle stesse, nonché quelle di recente autorizzazione che devono ancora essere assegnate.

 

La norma, in sostanza, si propone di rendere l’ambito di intervento del Fondo per lo sviluppo e la coesione coerente con le finalità e gli ambiti di intervento dei Fondi SIE, come ridefiniti a seguito delle importanti e recenti modifiche apportate dai citati regolamenti europei, consentendo dunque la possibilità di destinare anche le risorse del Fondo sviluppo e coesione, al pari delle risorse dei Fondi SIE, a misure per a fronteggiare l’emergenza sanitaria, economica e sociale conseguente al Covid-19.

 

Il 2 aprile 2020 la Commissione europea ha lanciato l'Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus Plus (CRII+) nell'ambito della quale, oltre allo Strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza (SURE) e a misure per utilizzare le risorse del Fondo di aiuti europei agli indigenti e di sostegno nel settore della pesca e dell'acquacoltura, ha proposto una maggiore flessibilità nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei (proposta di regolamento COM(2020)138) per mobilitare tutto il sostegno finanziario a titolo dei fondi della politica di coesione al fine di affrontare gli effetti negativi gravi che la crisi sanitaria ha sulle economie e sulle società dell'UE.

Con il Regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2020, sono stati modificati i Regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013, al fine di introdurre una flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19. In particolare, è stato introdotto l’art. 25-bis al Regolamento (UE) n. 1303/2013, che consente di: offrire agli stati membri la possibilità di richiedere l'applicazione di un tasso di cofinanziamento del 100% ai programmi della politica di coesione applicabile a tutte le spese dell'anno contabile compreso fra il 1° luglio 2020 e il 30 giugno 2021; generare ulteriore flessibilità per il trasferimento di risorse tra i fondi della politica di coesione e tra le categorie di regioni; esentare gli Stati membri dall'obbligo di rispettare i requisiti di concentrazione tematica, al fine di consentire che le risorse vengano reindirizzate verso i settori più colpiti dall'attuale crisi; rendere ammissibili in via eccezionale le spese per le operazioni completate o pienamente realizzate volte a promuovere le capacità di risposta alle crisi nel contesto della pandemia di coronavirus; consentire al Fondo europeo di sviluppo regionale di fornire sostegno alle imprese in difficoltà in queste specifiche circostanze in linea con la flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato.

 

Con il Regolamento (UE) 2020/460 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 marzo 2020, che modifica alcune norme applicabili ai Fondi strutturali e di investimenti europei, sono state introdotte alcune misure specifiche per mobilitare gli investimenti nei sistemi sanitari degli Stati membri e in altri settori delle loro economie in risposta all'epidemia di COVID-19.

Il FESR potrà sostenere il finanziamento del capitale circolante delle PMI ove necessario come misura temporanea, al fine di rispondere in modo efficace alla crisi sanitaria pubblica; inoltre, al fine di rispondere all'impatto della crisi sanitaria pubblica, la priorità d'investimento del FESR volta a rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione comprenderà gli investimenti in prodotti e servizi necessari a promuovere le capacità di risposta alle crisi dei servizi sanitari, mentre il FEAMP potrà sostenere i fondi di mutualizzazione e le assicurazioni degli stock per salvaguardare il reddito dei pescatori e degli acquacoltori. Gli Stati membri disporranno, altresì, di una maggiore flessibilità per effettuare trasferimenti tra i programmi della politica di coesione.

Gli Stati membri avranno accesso a 37 miliardi di euro di fondi di coesione per rafforzare i sistemi sanitari e sostenere piccole e medie imprese, regimi di lavoro a breve termine e servizi di prossimità: circa 8 miliardi proverranno dai prefinanziamenti ricevuti dagli Stati membri ma non spesi nel 2019; anziché riversarli nel bilancio dell'UE, gli Stati membri potranno spenderli per attenuare le conseguenze della pandemia; circa 29 miliardi saranno erogati in anticipo a titolo di dotazioni dovute in una fase successiva dell'anno.

 

Al fine di accelerare e semplificare la riprogrammazione delle risorse del FSC, in attesa che - entro e non oltre il 31 luglio 2020 – siano sottoposti all’approvazione del CIPE, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, i “Piani di sviluppo e coesione” di ciascuna amministrazione definiti ai sensi dell’articolo 44 del D.L. n. 34/2019 (decreto crescita), la Cabina di regia[88] viene autorizzata a procedere all’approvazione di tali riprogrammazioni, secondo le regole e le modalità previste per il ciclo di programmazione 2014-2020[89]. Di tali riprogrammazioni viene data opposita informativa al CIPE da parte dell’Autorità politica delegata per le politiche di gestione (ossia il Ministro per il Sud e la coesione territoriale).

In sostanza, la norma in esame attribuisce alla Cabina di regia (e non al CIPE) il compito di procedere alle riprogrammazioni delle risorse del FSC da destinare anche agli interventi per fronteggiare l’emergenza sanitaria, economica e sociale conseguente alla pandemia da Covid-19, attraverso l’Autorità politica delegata per le politiche di gestione, che ne dà opportuna comunicazione al CIPE. Ciò avviene nelle more di sottoposizione all’approvazione in CIPE dei Piani di sviluppo e coesione, di cui all’articolo 44 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, come definiti dall’Agenzia per la coesione, da parte del Ministro per il Sud e la coesione territoriale.

Il termine entro cui tali Piani di sviluppo e coesione dovranno essere approvati dal CIPE viene ora fissato dall’articolo in esame entro e non oltre il 31 luglio 2020 (termine che, si rammenta, era fissato dall’articolo 44 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 entro 4 mesi dall’entrata in vigore del D.L. medesimo, vale a dire al 31 agosto2019).

 

L’articolo 44 del D.L. 34/2019 (da ultimo, modificato dall’art. 1, co. 309, della legge di bilancio 2020) prevede una riclassificazione degli attuali documenti di programmazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativi ai vari cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013, 2014-2020), effettuata dall’Agenzia per la coesione, sentite le amministrazioni interessate, finalizzata alla predisposizione di unico Piano operativo denominato «Piano sviluppo e coesione» per ciascuna Amministrazione centrale, Regione o Città metropolitana titolare di risorse del Fondo, in sostituzione degli attuali molteplici documenti programmatori, al fine di garantire un coordinamento unitario in capo a ciascuna Amministrazione, nonché una accelerazione della spesa degli interventi finanziati a valere sulle risorse del Fondo medesimo. A tal fine, l’articolo prevede che l’Agenzia per la coesione territoriale proceda alla predisposizione di un Piano sviluppo e coesione per ciascuna Amministrazione titolare di risorse, articolato per aree tematiche, in analogia agli obiettivi tematici della programmazione dei Fondo Strutturali Europei (SIE), restando il vincolo di destinazione territoriale delle risorse secondo la chiave di riparto 80% alle aree del Mezzogiorno e 20% alle aree del Centro-Nord, che dovrà essere approvato dal CIPE entro 4 mesi dall’entrata in vigore del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 (30 agosto 2019).

 

La disposizione ha, infine, una ulteriore funzione semplificatoria, in quanto consente, per le riprogrammazioni delle risorse ancora disponibili dei precedenti cicli di programmazione 2000-2006 e 2007-2013, di utilizzare le regole e le modalità di riprogrammazione previste per il ciclo 2014-2020 (e non quelle a tal fine definite differentemente da ciascun ciclo di programmazione).

 


 

Articolo 242
(Contributo dei Fondi strutturali europei al contrasto dell’emergenza Covid-19)

 

 

L’articolo 242 autorizza le Autorità di Gestione di Programmi Operativi 2014-2020, attuativi dei fondi strutturali europei, a richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE per le spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo decorrente dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2021, anche a valere sulle spese emergenziali anticipate a carico dello Stato destinate a contrastare e mitigare gli effetti sanitari, economici e sociali generati dall’epidemia Covid-19, così come previsto dal Regolamento (UE) 2020/558 del 23 aprile 2020.

 

Il comma 1 prevede che, in attuazione di quanto stabilito dal Regolamento (UE) 2020/558 del 23 aprile 2020, le Autorità di Gestione di Programmi Operativi 2014-2020 dei fondi strutturali europei possono richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE, per le spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021 destinate a contrastare e mitigare gli effetti sanitari, economici e sociali generati dall’epidemia Covid-19, anche a valere sulle spese emergenziali anticipate a carico dello Stato.

 

Il Regolamento (UE) 2020/558[90] del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020 ha modificato i Regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013, introducendo una flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19, per mobilitare tutto il sostegno finanziario a titolo dei fondi della politica di coesione al fine di affrontare gli effetti negativi gravi che la crisi sanitaria ha sulle economie e sulle società dell'UE. In particolare, è stato introdotto l’art. 25-bis al Regolamento (UE) n. 1303/2013, il quale, in deroga all'articolo 60, paragrafo 1, e all'articolo 120, paragrafo 3, primo e quarto comma del Regolamento (UE) n. 1303/2013, recante le disposizioni comuni sui fondi europei, offre agli Stati membri la possibilità di richiedere l'applicazione di un tasso di cofinanziamento del 100% alle spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo contabile dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021, per uno o più assi prioritari di un programma sostenuto dal FESR, dal FSE o dal Fondo di coesione.

Il Regolamento consente, altresì, ulteriore flessibilità per il trasferimento di risorse tra i fondi della politica di coesione e tra le categorie di regioni; di esentare gli Stati membri dall'obbligo di rispettare i requisiti di concentrazione tematica, al fine di consentire che le risorse vengano reindirizzate verso i settori più colpiti dall'attuale crisi; di rendere ammissibili in via eccezionale le spese per le operazioni completate o pienamente realizzate volte a promuovere le capacità di risposta alle crisi nel contesto della pandemia di coronavirus; di permettere al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) di fornire sostegno alle imprese in difficoltà in queste specifiche circostanze in linea con la flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato.

 

Trattandosi di spese esclusivamente a carico della UE per il periodo dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2021 (100 per cento di cofinanziamento), le risorse erogate dall’Unione europea a rimborso delle spese rendicontate per le misure emergenziali sono riassegnate alle stesse Amministrazioni che hanno proceduto alla rendicontazione, fino a concorrenza dei rispettivi importi, per essere destinate alla realizzazione di Programmi operativi complementari (POC) vigenti o da adottarsi, assicurando così la salvaguardia delle finalità proprie della politica di coesione (comma 2).

Ai Programmi operativi complementari sono altresì destinate le risorse di cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di Rotazione IGRUE[91], che si sono “liberate” per effetto dell’integrazione fino al 100% del tasso di cofinanziamento UE dei Programmi Operativi, di cui al comma 1 (comma 3).

I Programmi operativi complementari (POC), si ricorda, sono programmi finanziati con le disponibilità del Fondo di rotazione[92] resesi disponibili a seguito dell'adozione di Programmi operativi con un tasso di cofinanziamento nazionale inferiore rispetto a quanto programmato ai sensi del Reg. UE n. 1303/2013 (50% per i POR e 45% per i PON), che vengono pertanto trasferite al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore di interventi definiti, appunto, complementari rispetto alla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020. Si tratta, attualmente di 16 POC, di cui 11 nazionali a titolarità delle Amministrazioni centrali e 5 regionali.

 

Come sottolineato nella Relazione illustrativa, la riprogrammazione dei Programmi dei Fondi strutturali 2014-2020 di cui all’articolo in esame allo scopo di rendicontare e certificare le spese per l’emergenza Covid-19 utilizzando al tasso di cofinanziamento UE al 100%, è, in sostanza, finalizzata a liberare spazi e risorse e, dunque, a consentire, con le risorse rivenienti dal bilancio comunitario, la prosecuzione degli investimenti pubblici con finalità proprie della politica di coesione previsti da ciascun programma operativo, con particolare riguardo a quelli relativi alle regioni meridionali.

In sostanza, con le disposizioni in esame, le spese per il contrasto dell’emergenza Covid-19 rientrano nei Programmi Operativi dei fondi strutturali e pertanto dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021 sono rendicontate al tasso di cofinanziamento UE al 100% e, dunque, riassegnate alle stesse Amministrazioni nell’ambito dei POC. Per gli importi, ancora non spesi, relativi agli interventi con finalità proprie della politica di coesione, originariamente previsti nei Programmi Operativi nell’ambito dei Fondi Strutturali, essi vengono comunque garantiti mediante l’integrazione ovvero la costituzione di Programmi Operativi Complementari (POC), la cui copertura è assicurata con le risorse del cofinanziamento nazionale già stanziate e liberate con l’incremento del tasso di cofinanziamento UE al 100%, nonché dalle ulteriori risorse rivenienti dal bilancio comunitario.

In tal modo, i programmi dei Fondi strutturali possono contribuire alle spese per l’emergenza, originariamente non previste, mentre i Programmi Complementari consentono di salvaguardare il volume complessivo degli investimenti della politica di coesione nel rispetto della destinazione territoriale delle risorse.

 

Il comma 4 definisce una procedura contabile transitoria, che consente alle Amministrazioni, nelle more della riassegnazione delle risorse conseguenti al rimborso da parte dell’Unione europea, di proseguire negli impegni già assunti su interventi originariamente finanziati sui fondi strutturali europei sostituiti da quelli emergenziali, attraverso riprogrammazioni del Fondo Sviluppo e Coesione ovvero mediante nuove assegnazioni a valere sul FSC, da reintegrare con il meccanismo dei commi 4 e 5.

In particolare, il comma 4 prevede che, in attesa della riassegnazione delle risorse conseguenti al rimborso da parte dell’Unione europea (come definito al comma 2), le Autorità di gestione dei Programmi dei fondi strutturali europei possono assicurare gli impegni già assunti relativi agli interventi poi sostituiti da quelli emergenziali di cui al comma 1, attraverso la riprogrammazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) assegnate alle Amministrazioni di riferimento, che non soddisfino i requisiti previsti dall’articolo 44, comma 7, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (vale a dire, riferite ad interventi non dotati di progettazione esecutiva o con procedura di aggiudicazione avviata).

In merito, si ricorda che l’articolo 44 del D.L. n. 34/2019, con l’obiettivo di promuovere il coordinamento di tutti gli strumenti programmatori attualmente esistenti con cui è proceduto alla programmazione delle risorse del FSC, nell’arco dei tre cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020), prevede la predisposizione da parte dell’Agenzia per la coesione territoriale di un “Piano Sviluppo Coesione” per ciascuna Amministrazione titolare di risorse, articolato per aree tematiche, in analogia agli obiettivi tematici della programmazione dei Fondo Strutturali Europei (SIE), che dovrà essere approvato dal CIPE. In particolare il comma 7 indica le tipologie di interventi che possono rientrare nel Piano Sviluppo Coesione di competenza di ciascuna amministrazione: si tratta sostanzialmente degli interventi dotati di progettazione esecutiva o con procedura di aggiudicazione avviata, che siano individuati sulla base dei dati di monitoraggio presenti, alla data del 31 dicembre 2019, nel sistema di monitoraggio unitario.

In pratica, le disponibilità di cassa per assicurare gli impegni già assunti sono garantite dal FSC attraverso l’utilizzo di quelle risorse che non soddisfano i requisiti per essere inserite nei “Piani sviluppo coesione”, ai sensi dell’articolo 44 del D.L. n. 34 del 2019, e che pertanto vengono anticipate ai programmi operativi dei fondi strutturali.

Al fine di accelerare e semplificare le suddette riprogrammazioni, il comma 4 ribadisce qui la procedura peraltro già delineata, in via generale, al precedente articolo 241 sulle riprogrammazioni del FSC stesso, la quale prevede che - in attesa della sottoposizione dei Piani di sviluppo e coesione (definiti per ciascuna amministrazione ai sensi del citato articolo 44 del D.L. n. 34/2019) all’approvazione del CIPE, fissata entro e non oltre il 31 luglio 2020 – sia la Cabina di regia[93] a provvedere alle riprogrammazioni delle risorse FSC rinvenienti dai tre cicli programmatori 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020 (non rientranti nei requisiti dell’articolo 44, comma 7, del D.L. n. 34/2019), secondo le regole e le modalità previste per le riprogrammazioni per il ciclo di programmazione 2014-2020[94] (più snelle rispetto a quelle a suo tempo definite per i cicli di programmazione precedenti). Di tali riprogrammazioni viene fornita apposita informativa al CIPE da parte dell’Autorità politica delegata per le politiche di coesione (il Ministro per il Sud e la coesione territoriale).

Un’altra possibilità di attingere provvisoriamente alle risorse FSC è contemplata dall’ultimo periodo del comma 4, per le Amministrazioni titolari di programmi dei fondi strutturali europei 2014-2020 per le quali non fossero previste assegnazioni oggetto della verifica ai sensi dell’articolo 44 del D.L. n. 34 del 2019 (vale a dire, assegnazioni riferite ad interventi non dotati di progettazione esecutiva, o con procedura di aggiudicazione avviata, che potrebbero cioè essere utili per la riprogrammazione), ovvero nel caso in cui le risorse rinvenienti dalla riprogrammazione del FSC non dovessero risultare sufficienti. In tali casi, è possibile procedere attraverso l’assegnazione, con apposite delibere CIPE, delle necessarie risorse a valere e nei limiti delle disponibilità del FSC, nel rispetto degli attuali vincoli di destinazione territoriale: in questo caso si tratta di risorse FSC 2014-2020 ancora da assegnare.

 

Il comma 5 disciplina il reintegro delle risorse del FSC, prevedendo che le risorse anticipate contabilmente ai sensi del comma 4 vengono nuovamente trasferite al FSC 2014-2020 nel momento in cui sono rese disponibili nei Programmi Complementari le risorse erogate dall’Unione europea a rimborso delle spese rendicontate per le misure emergenziali ai sensi del comma 2.

Il comma 6 prevede che il Ministro per il Sud e la Coesione territoriale procede alla definizione di appositi accordi con le Amministrazioni titolari dei programmi dei fondi strutturali europei, anche ai fini della ricognizione delle risorse attribuite ai Programmi Operativi Complementari e propone al CIPE, ove necessario, le delibere da adottare per la definitiva ricognizione delle suddette risorse.

 

Il comma 7, infine, fissa al 31 dicembre 2025 la data di scadenza dei Programmi Operativi Complementari (POC) relativi al ciclo di programmazione comunitaria 2014/2020.

Si ricorda, al riguardo, che la delibera CIPE n. 10 del 2015 (recante la definizione dei criteri di cofinanziamento nazionale dei programmi europei per il periodo 2014-2020 e per la programmazione degli interventi complementari) prevede che le Amministrazioni titolari dei programmi assicurano la rilevazione periodica dei dati di avanzamento a livello di singola operazione, alimentando regolarmente il sistema unico di monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato (RGS)-IGRUE. La delibera stabilisce altresì che i programmi complementari dovranno comunque concludere la propria attuazione “entro la data già prevista dai Regolamenti per la conclusione dei programmi comunitari del ciclo 2014-2020”, che si ricorda, adottano la regola dell’n+3.

Il termine al 31 dicembre 2025, indicato al comma in esame si allinea, peraltro, a quello riguardante il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, indicato al punto 2.1. della delibera CIPE n. 26 del 28 febbraio 2018, che ha esteso all’anno 2025 il limite temporale dell’articolazione finanziaria delle programmazioni del FSC 2014-2020, precedentemente fissato all’anno 2023.


 

Articolo 243
(Incremento del Fondo di sostegno alle attività economiche nelle aree interne a seguito dell’emergenza Covid-19)

 

 

L’articolo 243 è volto ad incrementare di 120 milioni complessivi, nel triennio 2020-2022, il fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, nella misura di 60 milioni per il 2020 e 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

 

In particolare, l’articolo in esame aumenta la dotazione del Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, istituito dalla legge di bilancio per il 2020 ed attualmente dotato di 30 milioni per ciascuna annualità 2020-2022, anche allo scopo di consentire ai Comuni presenti nelle aree interne di far fronte alle maggiori necessità di sostegno del settore artigianale e commerciale conseguenti al manifestarsi dell’epidemia da Covid-19.

A tal fine l’articolo in esame introduce il comma 65-quinquies nell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017).

Conseguentemente, le disponibilità complessive del Fondo ammontano ora a complessivi 210 milioni, di cui 90 milioni per il 2020, e 60 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

 

Il fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne è stato istituito - nell’ambito della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne - presso il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri dall’articolo 1, comma 313, lettera d), della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), attraverso una integrazione all’articolo 1 della legge di bilancio 2018 (nuovi commi 65-ter e 65-quater della legge n. 205/2017). Le risorse del Fondo, autorizzate nella misure di 30 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2020-2022, sono ripartite tra i comuni presenti nelle aree interne con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale, che ne stabilisce termini  e modalità di accesso e rendicontazione.

Nel bilancio dello Stato le risorse del fondo sono allocate sul cap.8002/MEF.

 

Agli oneri derivanti dall’incremento delle risorse del Fondo si provvede a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2014-2020 (peraltro rifinanziate dalla legge di bilancio 2020).

 

Si ricorda che il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) - disciplinato dal D.Lgs. n. 88/2011 – reca le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale e ad incentivi e investimenti pubblici.

Per quel che concerne le risorse per il ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione aggiuntiva del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo 2014-2020 è stato poi successivamente rifinanziato per un importo pari a 5 miliardi per il 2021 e annualità seguenti dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi di euro dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019), per una dotazione complessiva del FSC per la programmazione 2014-2020 pari a 68,8 miliardi di euro.

 

 

La Strategia nazionale per le aree interne del Paese costituisce una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell’ambito dell’Accordo di Partenariato[95], e rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, che corrispondono al 60% della superficie territoriale, al 52% dei Comuni e al 22% della popolazione italiana[96].

La Strategia, che ha lo scopo di creare nuove possibilità di reddito e di assicurare agli abitanti maggiore accessibilità ai servizi essenziali, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari, è sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, sia da risorse nazionali.

Per la Strategia per le aree interne il legislatore ha stanziato, a partire dall’esercizio 2014, 481,2 milioni a valere sulle risorse del Fondo per l’attuazione delle politiche comunitarie (art. 5 della legge n. 187 del 1983, c.d. Fondo IGRUE), di cui 200 milioni autorizzati, con l’articolo 1, comma 314, della legge di bilancio 2020 per le annualità 2021-2023.

I finanziamenti statali sono stati assegnati dal CIPE con le delibere 28 gennaio 2015, n. 9, 10 agosto 2016, n. 43, 7 agosto 2017, n. 80 e 25 ottobre 2018, n. 52.

Nell’ultima Relazione annuale sulla Strategia nazionale per le aree interne, presentata al CIPE dal Ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno, di dicembre 2018, si fa riferimento a 72 Aree selezionate, che riguardano “1.077 comuni per 2.072.718 abitanti (dato al 2016) e un territorio di 51.366 kmq. Dei 1.077 comuni, il 57,6 per cento è classificato come periferico ed ultra-Periferico.”

Esse rappresentano il 13,4% di tutti i Comuni italiani e il 26% dei Comuni classificati come Aree Interne; il 3,4% della popolazione nazionale e il 15,5% della popolazione residente nei Comuni classificati come Aree Interne. Si tratta di Aree che distano in media circa 50 minuti dal polo più vicino, distanza che raggiunge, in alcuni casi, anche i 60 minuti. Alla distanza fisica dai poli di offerta dei servizi essenziali si somma un sottodimensionamento della “connessione digitale”.

Al 31 dicembre 2018, risultano approvate le Strategie definitive in 34 aree, per un totale di investimenti di 565,8 milioni, con il 62% di investimenti in favore di progetti di sviluppo e il 38% di investimenti per il miglioramento de i servizi alla persona (mobilità, istruzione e trasporti).


 

Articolo 244
(Credito di imposta per le attività di ricerca e sviluppo
nelle aree del Mezzogiorno)

 

 

L’articolo 244 introduce una maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo destinato alle imprese operanti nelle regioni del Mezzogiorno, anche al fine di agevolare l’attività di ricerca in ambito Covid-19.

 

In particolare, l’articolo 244 incrementa la misura del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo - introdotto con riferimento a tutto il territorio nazionale dall’articolo 1, commi da 198 a 209, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019) – in favore delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, al fine di incentivare l’avanzamento tecnologico dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo, ricomprendendovi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di Covid-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni.

La misura del credito d’imposta è aumentata, per le imprese operanti nelle regioni del Mezzogiorno, nella seguente misura:

§  dal 12% al 25 per cento per le grandi imprese, che occupano almeno 250 persone, il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro;

§  dal 12 al 35 per cento per le medie imprese che occupano almeno 50 persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni di euro;

§  dal 12 al 45 per cento per le piccole imprese che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro[97].

 

 

La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 198) ha introdotto un credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative a supporto della competitività delle imprese, alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206. Questa nuova disciplina opera per il periodo di imposta successivo al 31 dicembre 2019 e si sostituisce, si rammenta, a quella del credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3 del D.L. n. 145/2015, il cui periodo di operatività è stato anticipatamente cessato all’anno 2019.

Possono accedere al credito d'imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, che effettuano investimenti nelle attività di ricerca e sviluppo, indicate quali attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico (co. 200); attività di innovazione tecnologica finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati (co. 201); attività innovative, intendendo come tali le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese dei settori tessile e moda, calzaturiero, occhialeria, orafo, mobile e arredo e della ceramica per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari (co. 202).

Il credito può essere fruito nella seguente misura:

§  12 per cento per le attività di ricerca e sviluppo, nel limite massimo di 3 milioni;

§  6 per cento per le attività di innovazione tecnologica nonché per le attività di design e ideazione estetica, nel limite massimo di 1,5 milioni;

§  10 per cento per le attività di innovazione tecnologica destinate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0, nel limite massimo di 1,5 milioni.

I costi ammissibili possono rientrare in una o più delle seguenti categorie:

§  spese del personale (ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati nei progetti);

§  strumentazioni e attrezzature;

§  costi relativi a immobili e terreni;

§  costi per la ricerca contrattuale, conoscenze e brevetti acquisiti o ottenuti in licenza, nonché costi per i servizi di consulenza e servizi equivalenti;

§  spese generali supplementari e altri costi di esercizio (materiali e forniture).

 

Il comma 2 precisa che la maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta prevista dal comma 1 si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e in particolare dall’articolo 25 del medesimo regolamento in materia di “Aiuti ai progetti di ricerca e sviluppo”.

 

Il comma 3 quantifica gli oneri connessi alla maggiorazione del credito d’imposta in 48,5 milioni per ciascun degli anni 2021, 2022, 2023, a cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020.

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), si rammenta, reca le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale e ad incentivi e investimenti pubblici. Relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo è stato successivamente rifinanziato nell’importo di 5 miliardi per il 2021 e annualità seguenti dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi di euro per le annualità dal 2019 al 2023 dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019), per una dotazione complessiva del FSC per la programmazione 2014-2020 pari a 68,8 miliardi di euro.


 

Articolo 245
(Misura di sostegno al fabbisogno di circolante dei beneficiari di “Resto al Sud” per far fronte agli effetti dell’emergenza sanitaria)

 

L’articolo 245 prevede la concessione di un contributo a fondo perduto in favore dei soggetti beneficiari della misura agevolativa “Resto al Sud”, a copertura del fabbisogno di circolante, nella misura di 15.000 euro per le attività di lavoro autonomo e libero-professionali esercitate in forma individuale e di 10.000 euro per ciascun socio dell’impresa beneficiaria, per far fronte a crisi di liquidità correlate agli effetti socio-economici dell’emergenza Covid-19.

 

Il comma 1 prevede la concessione di un contributo a fondo perduto in favore dei soggetti fruitori della misura agevolativa “Resto al Sud” al fine di salvaguardare la continuità aziendale e i livelli occupazionali delle attività finanziate dalla suddetta misura incentivante e di far fronte a crisi di liquidità correlate agli effetti socio-economici dell’emergenza Covid-19, ed evitare pertanto che sia vanificato l’investimento pubblico già effettuato.

Il contributo è dunque concesso ai soggetti fruitori dell’incentivo a copertura del loro fabbisogno di circolante, nei limiti delle risorse disponibili indicate al successivo comma 4 del presente articolo.

Il contributo è determinato nella misura di:

§   15.000 euro per le attività di lavoro autonomo e libero-professionali esercitate in forma individuale;

§  10.000 euro per ciascun socio dell’impresa beneficiaria fino ad un importo massimo di 40.000 euro[98].

 

La norma precisa inoltre che il contributo è determinato ai sensi e nei limiti del Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione[99].

 

Il comma 2 definisce i criteri di ammissibilità al contributo a fondo perduto, stabilendo che i liberi professionisti, le ditte individuali e le società, ivi incluse le cooperative, beneficiari delle agevolazioni “Resto al Sud” devono:

a)   aver completato il programma di spesa finanziato dalla stessa misura agevolativa;

b)   essere in possesso dei requisiti attestanti il corretto utilizzo delle agevolazioni e non trovarsi in una delle dieci condizioni che determinano la revoca totale o parziale delle agevolazioni (previste dall’art. 13, co. 1, del D.M. n. 174 del 2017);

c)   avere adempiuto, al momento della domanda, agli oneri di restituzione delle rate del finanziamento bancario pari al 65 per cento del finanziamento complessivo (che viene rimborsato entro otto anni dall'erogazione del finanziamento, di cui i primi due anni di pre-ammortamento, ai sensi dell’art.7, co. 3, lett. b) e co. 4 del D.M. 174/2017).

 

Il comma 3 stabilisce che il contributo a fondo perduto sia erogato in un’unica soluzione dal soggetto gestore (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - INVITALIA) a seguito dello svolgimento delle verifiche previste dal comma 2 e contestualmente all’erogazione della quota a saldo prevista dall’articolo 11, comma 5, del D.M. n. 174/2017, ovvero, qualora sia già stata completata l’erogazione delle risorse, entro 60 giorni dalla presentazione della relativa richiesta.

 

Per quanto riguarda le risorse, il comma 4 precisa che i contributi a fondo perduto sono concessi a valere sulle risorse ancora disponibili assegnate dal CIPE alla misura “Resto al Sud”, con le delibere n. 74 del 7 agosto 2017 e n. 102 del 22 dicembre 2017, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, senza recare pertanto nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Riguardo alle risorse, si ricorda che il comma 16 dell’articolo 1 del D.L. n. 91/2017 ha assegnato alla misura “Resto al Sud” un importo complessivo fino a 1.250 milioni per il periodo 2017-2025 a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) – ciclo di programmazione 2014-2020, demandando al CIPE la ripartizione in annualità e gli importi da assegnare distintamente al contributo a fondo perduto, al contributo in conto interessi e al finanziamento della sezione specializzata del Fondo centrale di garanzia PMI.

Una prima assegnazione di 715 milioni è stata disposta dal CIPE con la delibera n. 74 del 7 agosto 2017, ai quali si sono aggiunti 535 milioni con la delibera n. 102 del 22 dicembre 2017, di cui 275 milioni sono destinati alla Sezione speciale del Fondo di garanzia PMI “Resto al Sud” e 975 milioni al finanziamento della misura in senso proprio.

La programmazione annuale delle risorse assegnate con le due delibere è pari a 36 milioni per il 2017, 280 milioni per il 2018, 462 milioni per il 2019, 308,5 milioni per il 2020, 92 milioni per il 2021, 22,5 milioni per il 2022, 18 milioni per il 2023, 14 milioni per il 2024 e 17 milioni per il 2025.

Alla data del 14 aprile 2020 risultano approvate 5.224 domande, a cui si aggiungono 12.559 domande presentate e in corso di valutazione e 15.044 in compilazione sulla piattaforma informatica (Fonte: sito web Invitalia).

Al riguardo la Relazione tecnica sottolinea che “considerato che le imprese che risulteranno complessivamente ammesse alle agevolazioni di “Resto al Sud” entro la fine dell’anno 2020 sono stimabili in un numero pari a circa 7.500, e tenuto conto dell’attuale trend di ripartizione tra attività individuali e società con due o più soci (fino a un massimo di quattro), il tiraggio finanziario in oggetto è stimabile in circa 140/150 milioni (la misura “Resto al Sud” ha ad oggi attivato investimenti per 352 milioni, a fronte di agevolazioni per 166 milioni)”.

 

 

La misura denominata «Resto al Sud» è stata attivata dall'art. 1 del D.L. 91/2017, come da ultimo modificato dalla legge di bilancio per il 2020 (art. 1, comma 320, L. n. 160/2019), al fine di promuovere la costituzione di nuove imprese da parte di giovani imprenditori nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Recentemente la misura è stata estesa anche ai comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017 (nuovo comma 1-bis inserito nell’articolo 1 del D.L. n. 91/2017 dal D.L. n. 123/2019).

La misura è rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 e i 45 anni, che:

§  non risultino già titolari di attività di impresa in esercizio o beneficiari, nell'ultimo triennio, di ulteriori misure a livello nazionale a favore dell'autoimprenditorialità e che

§  siano residenti, al momento della presentazione della domanda, nelle regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza entro sessanta giorni dalla comunicazione del positivo esito dell'istruttoria, o entro centoventi giorni se residenti all'estero, e che mantengano nelle stesse regioni la residenza per tutta la durata del finanziamento.

L’istanza di accesso alla misura, corredata da tutta la documentazione sul progetto imprenditoriale, può essere presentata attraverso una piattaforma dedicata sul sito istituzionale dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - INVITALIA, soggetto gestore della misura[100].

I soggetti presentatori delle istanze devono avere la forma giuridica dell’impresa individuale o della società, ivi incluse le società cooperative[101].

Per le attività libero-professionali è richiesto esclusivamente che i soggetti istanti non risultino, nei dodici mesi precedenti la presentazione della domanda di agevolazione, titolari di partita IVA per l'esercizio di un'attività analoga a quella proposta.

I beneficiari devono mantenere la residenza nelle regioni interessate dalla misura per tutta la durata del finanziamento e le imprese, le società e le attività libero-professionali devono avere, per tutta la durata del finanziamento, sede legale e operativa in una delle regioni in questione.

Sono finanziate le attività imprenditoriali relative a produzione di beni nei settori dell'artigianato, dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, compresi i servizi turistici. Sono escluse dal finanziamento le attività del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa. I finanziamenti non possono essere utilizzati per spese relative alla progettazione, alle consulenze e all'erogazione degli emolumenti ai dipendenti delle imprese individuali e delle società, nonché agli organi di gestione e di controllo delle società stesse.

Ciascun richiedente riceve un finanziamento fino a 50 mila euro. Nel caso di istanza presentata da più soggetti costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, ivi incluse le società cooperative, l'importo massimo erogabile è pari a 50 mila euro per socio, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200 mila euro, ai sensi e nei limiti della disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore de minimis. Il finanziamento consiste:

§  per il 35 per cento in erogazioni a fondo perduto;

§  per il 65 per cento in un prestito a tasso zero da rimborsare, complessivamente, in otto anni, di cui i primi due di preammortamento.

La quota del prestito a tasso zero beneficia sia di un contributo in conto interessi, per tutta la durata del prestito, corrisposto agli istituti di credito da INVITALIA, sia di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito, prestata da una Sezione speciale del Fondo di garanzia PMI alla quale è a tal fine trasferita una quota parte delle risorse stanziate per la misura in esame.

Alla misura è stata data attuazione con il decreto del Ministro per la coesione territoriale 9 novembre 2017, n. 174 (poi modificato dal decreto del Ministro per il Sud 5 agosto 2019, n. 134) e con la convenzione INVITALIA-ABI, sottoscritta nel dicembre 2019 ai sensi dell’art. 1, co. 14 del D.L. n. 91 del 2017.


 

Articolo 246
(Sostegno al Terzo settore nelle Regioni del Mezzogiorno)

 

 

L’articolo 246 prevede la concessione di contributi nell’importo di 120 milioni di euro complessivi negli anni 2020-2021, in favore degli enti del terzo settore nelle Regioni del Mezzogiorno, con la finalità di rafforzare l’azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

 

In particolare, il comma 1 autorizza contributi volti al sostegno degli enti del terzo settore nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, nell’importo di 100 milioni per l’anno 2020, di cui 20 milioni riservati ad interventi per il contrasto alla povertà educativa, e di 20 milioni per l’anno 2021, con la finalità di rafforzare l’azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

La concessione dei contributi è a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020[102].

 

Il contributo è concesso in forma di sovvenzione diretta per il finanziamento dei costi ammissibili e a seguito di selezione pubblica nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento.

Esso può inoltre essere cumulato con il sostegno proveniente da altre fonti per gli stessi costi ammissibili (comma 2).

Al riguardo la relazione illustrativa specifica che l’Agenzia per la Coesione territoriale provvederà ad indire uno o più avvisi pubblici finalizzati all’assegnazione del contributo a fondo perduto agli enti del Terzo settore operanti nelle aree di attività di interesse generale richiamate nel successivo comma 3, nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento.

 

Il comma 3 dispone che il contributo a fondo perduto è destinato agli enti che svolgono almeno una delle attività di interesse generale previste dall’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo settore), di cui alle indicate lettere a), c), d), e), f), i), l), m), p), q), r), s), t), u), v), w) e z), che sono analiticamente riportate nel box che segue.

 

Si rammenta che il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante il Codice del Terzo settore, è stato emanato in attuazione dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106 (poi integrato e corretto dalle disposizioni del D.Lgs 3 agosto 2018, n. 105). Il Codice ha provveduto a disciplinare una materia precedentemente oggetto di numerose disposizioni legislative.

L’articolo 5 del Codice - richiamato dal comma 3 in esame - individua le attività di interesse generale che gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale.

Le attività richiamate dal comma in esame riguardano:

a) interventi e servizi sociali ai sensi dell’art. 1, co. 1 e 2, della legge n. 328 del 2000, e interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge n. 104 del 1992 e alla legge n. 112 del 2016;

c) prestazioni socio-sanitarie, di cui al DPCM 14 febbraio 2001;

d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge n. 53 del 2003, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;

e) interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell'ambiente e all'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell'attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, nonché alla tutela degli animali e prevenzione del randagismo, ai sensi della legge n. 281 del 1991;

f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004;

i) organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo;

l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della povertà educativa;

m) servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da enti del Terzo settore;

p) servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone di cui all’art. 2, co. 4, del decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale;

q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture del 22 aprile 2008, nonché ogni altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;

r) accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;

s) agricoltura sociale, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 141 del 2015;

t) organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;

u) beneficenza, sostegno a distanza, cessione gratuita di alimenti o prodotti di cui alla legge n. 166 del 2016, o erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attività di interesse generale a norma del presente articolo;

v) promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata;

w) promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, nonché dei diritti dei consumatori e degli utenti delle attività di interesse generale di cui al presente articolo, promozione delle pari opportunità e delle iniziative di aiuto reciproco, incluse le banche dei tempi di cui all’articolo 27 della legge n. 53 del 2000, e i gruppi di acquisto solidale di cui all’art. 1, co. 266, della legge n. 244 del 2007;

z) riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.

 

L’art. 72 del Codice destina le risorse del Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo settore, istituito dall’art. 9 della legge n. 106/2016, a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale indicate all'articolo 5, costituenti oggetto di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni del Terzo settore, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

Si ricorda che l’articolo 67 del decreto-legge in esame incrementa di 100 milioni di euro per l’anno 2020 la seconda sezione del suddetto Fondo al fine di sostenere le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le fondazioni del Terzo settore Terzo nelle attività volte a fronteggiare le emergenze sociali e assistenziali determinate dall’epidemia Covid-19.

 

Le finalità degli interventi da finanziare, le categorie di enti a cui sono rivolti, i requisiti di accesso al contributo, nonché i costi ammissibili e le percentuali di copertura tramite il contributo, saranno definiti dall’Agenzia per la coesione territoriale, individuata quale soggetto attuatore della misura (comma 4).

 

Infine, il comma 5 da facoltà alle Regioni del Mezzogiorno interessate dalla misura in esame di concedere ulteriori contributi per le finalità di cui al comma 1 attraverso le risorse dei propri Programmi Operativi FERS e FSE, in attuazione delle modifiche introdotte ai regolamenti comunitari di disciplina dei Fondi strutturali e di investimento europei dal Regolamento 2020/558[103] del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2020, volte a offrire flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta alla pandemia di Covid-19.

 

Con l’approvazione del Regolamento (UE) 2020/558, del 23 aprile 2020, si rammenta, è stata introdotta una flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19, volta a:

§  offrire agli Stati membri, in via eccezionale e temporanea, la possibilità di richiedere l'applicazione di un tasso di cofinanziamento del 100% ai programmi della politica di coesione applicabile a tutte le spese dell'anno contabile compreso fra il 1° luglio 2020 e il 30 giugno 2021;

§  generare ulteriore flessibilità per il trasferimento di risorse tra i fondi della politica di coesione e tra le categorie di regioni;

§  esentare gli Stati membri dall'obbligo di rispettare i requisiti di concentrazione tematica, al fine di consentire che le risorse vengano reindirizzate verso i settori più colpiti dall'attuale crisi;

§  rendere ammissibili in via eccezionale le spese per le operazioni completate o pienamente realizzate volte a promuovere le capacità di risposta alle crisi nel contesto della pandemia di coronavirus;

§  consentire al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) di fornire sostegno alle imprese in difficoltà in queste specifiche circostanze in linea con la flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato.

 


 

Capo XII -  Accelerazioni concorsi

Sezione I - Decentramento e digitalizzazione delle procedure

Articoli 247-249
(Misure per la accelerazione dei concorsi mediante il
decentramento e la digitalizzazione delle procedure)

 

 

Gli articoli 247, 248 e 249 prevedono la semplificazione e svolgimento in modalità decentrata e telematica delle procedure concorsuali (artt. 247 e 248) e disposizioni per la conclusione delle procedure di reclutamento della Commissione Ripam per il personale delle pubbliche amministrazioni (art. 249).

 

In dettaglio, la disposizione di cui all’articolo 247, al comma 1, prevede, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2020, che le procedure concorsuali per reclutamento del personale non dirigenziale possono essere svolte presso sedi decentrate e anche attraverso l’utilizzo di tecnologia digitale, in base alle seguenti regole:

Sedi di svolgimento delle prove concorsuali

Il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri individua le sedi di svolgimento delle prove concorsuali anche sulla base della provenienza geografica dei candidati, utilizzando idonei locali di plessi scolastici di ogni ordine e grado, di sedi universitarie e di ogni altra struttura pubblica o privata, anche avvalendosi del coordinamento dei prefetti territorialmente competenti (comma 2).

L’individuazione delle strutture disponibili avviene tenendo conto delle esigenze di economicità delle procedure concorsuali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente delle amministrazioni destinatarie delle predette procedure concorsuali a carico delle quali sono posti gli oneri derivanti dall’utilizzo delle strutture.

Svolgimento delle prove concorsuali

La prova orale può essere svolta in videoconferenza, attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e digitali, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità della stessa, l'identificazione dei partecipanti, nonché la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità (comma 3).

Per l’applicazione software dedicata allo svolgimento delle prove concorsuali e le connesse procedure, ivi compreso lo scioglimento dell’anonimato anche con modalità digitali, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche per il tramite di Formez PA, può avvalersi di CINECA Consorzio Interuniversitario (comma 6).

Domanda di partecipazione ai concorsi

La domanda di partecipazione ai concorsi, è presentata entro quindici giorni dalla pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale, esclusivamente in via telematica, attraverso apposita piattaforma digitale già operativa o predisposta anche avvalendosi di aziende pubbliche, private, o di professionisti specializzati in selezione di personale, anche tramite il riuso di soluzioni o applicativi esistenti.

Per la partecipazione al concorso il candidato deve essere in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) a lui intestato e registrarsi nella piattaforma attraverso il Sistema pubblico di identità digitale (SPID). Ogni comunicazione concernente il concorso, compreso il calendario delle relative prove e del loro esito, è effettuata attraverso la predetta piattaforma. Data e luogo di svolgimento delle prove sono resi disponibili sulla piattaforma digitale con accesso da remoto attraverso l’identificazione del candidato, almeno dieci giorni prima della data stabilita per lo svolgimento delle stesse (commi 4 e 5).

Commissione esaminatrice

La commissione esaminatrice comunica i risultati delle prove ai candidati all’esito di ogni sessione di concorso. La commissione esaminatrice e le sottocommissioni possono svolgere i propri lavori in modalità telematica, garantendo comunque la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni.

Nelle more dell’adozione del decreto di cui all’articolo 3, comma 15, della legge 19 giugno 2019, n. 56[104], il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, individua i componenti delle commissioni esaminatrici sulla base di manifestazioni di interesse pervenute a seguito di apposito avviso pubblico[105]. A tal fine e per le procedure concorsuali di cui all’articolo in esame, i termini di cui al comma 10, dell’articolo 53, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, relativi all’autorizzazione a rivestire l’incarico di commissario nelle procedure concorsuali di cui al presente articolo, sono rideterminati, rispettivamente, in dieci e quindici giorni.

Si dispone, infine, la modifica dell’articolo 3, comma 13, della legge 19 giugno 2019, n. 56, che disciplina i compensi da corrispondere al presidente, ai membri e al segretario delle commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici per l'accesso a un pubblico impiego indetti dalle amministrazioni dello Stato, nella parte in cui prevede che tali compensi “sono dovuti ai componenti delle commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici per l'accesso a un pubblico impiego nominate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Alle procedure concorsuali di cui al presente articolo non si applica la riserva di posti, comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso, che le amministrazioni possono destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, di cui all’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165(commi 7, 9, 10 e 11).

Requisiti di accesso

Il requisito di accesso alle qualifiche e ai profili professionali, reclutati secondo le modalità di cui al presente articolo, è individuato esclusivamente in base all’ordinamento professionale già definito dal contratto collettivo nazionale di lavoro, anche in deroga agli ordinamenti professionali delle singole pubbliche amministrazioni (comma 8).

Mobilità del personale

Per le procedure di cui al presente articolo, si prevede la riduzione dei termini previsti dai commi 2 e 4 dell’articolo 34-bis del D.Lgs 165/2001, rispettivamente da 15 a 7 giorni e da 45 a 15 giorni: tali termini decorrono dalla comunicazione che le amministrazioni pubbliche sono tenute ad effettuare, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e alle strutture regionali e provinciali competenti che gestiscono il personale in disponibilità iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro.

Il comma 2 dell’articolo 34-bis prevede, appunto, che entro 15 giorni (7 giorni secondo la novella) da tale comunicazione la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali provvede ad assegnare secondo l'anzianità di iscrizione nel relativo elenco il personale collocato in disponibilità.

Ai sensi del comma 3 dell’art. 34-bis, le amministrazioni, decorsi quarantacinque giorni (15 giorni per effetto della novella) dalla ricezione della predetta comunicazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica, possono procedere all'avvio della procedura concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta l'assegnazione di personale ai sensi del comma 2 (comma 12).

 

L’articolo 248 dispone che per le procedure concorsuali per il personale non dirigenziale, di cui all’articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 e all’articolo 35, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[106], già bandite alla data di entrata in vigore del presente decreto e per quelle nelle quali, alla medesima data, sia stata effettuata anche una sola delle prove concorsuali previste, la Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM) può modificare, su richiesta delle amministrazioni destinatarie delle procedure concorsuali, le modalità di svolgimento delle prove previste dai relativi bandi di concorso, dandone tempestiva comunicazione ai partecipanti alle procedure[107](comma 1).

La Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM), istituita con Decreto interministeriale del 25 luglio 1994, è composta dai rappresentanti del Ministro dell’Economia e delle finanze, del Ministro della Funzione Pubblica e del Ministro dell'Interno e ha le seguenti competenze (come definite nel   DM 16 maggio 2018):

-     approvazione del bando di concorso per il reclutamento di personale a tempo indeterminato;

-     indizione dei bandi di concorsi;

-     nomina delle commissioni esaminatrici;

-     validazione della graduatoria finale di merito della procedura concorsuale trasmessa dalla Commissione esaminatrice;

-     assegnazione dei vincitori e degli idonei della procedura concorsuale alle amministrazioni pubbliche interessate;

-     adozione degli ulteriori eventuali atti connessi alla procedura concorsuale, fatte comunque salve le competenze delle Commissioni esaminatrici.

 

Si rinvia, infine, alle disposizioni dell’articolo 247, comma 7,  per quanto concerne le commissioni esaminatrici e le sottocomissioni e, quanto alle modalità di svolgimento delle prove concorsuali, si autorizza Formez PA a risolvere i contratti stipulati per l’organizzazione delle procedure concorsuali indette dalla Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM) che, alla data del presente decreto, non hanno avuto un principio di esecuzione, fermo restando l’indennizzo limitato alle spese sostenute dall’operatore economico sino alla data della risoluzione, con oneri a carico delle amministrazioni interessate alle procedure concorsuali a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente. Il pagamento dell’indennizzo al ricorrere dei presupposti di cui sopra non costituisce ipotesi di danno erariale (commi 2, 3 e 4).

 

L’articolo 249, infine, dispone che, a decorrere dalla data di entrata  in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre  2020 i principi e i criteri direttivi concernenti lo svolgimento delle prove concorsuali in modalità decentrata e attraverso l’utilizzo di tecnologia digitale di cui alle lettere a) e b), del comma 1, dell’articolo 248, nonché le modalità di svolgimento delle attività delle commissioni esaminatrici di cui al comma 7 dell’articolo 247, e quelle di presentazione della domanda di partecipazione di cui ai commi 4 e 5 del medesimo articolo 247, possono essere applicati dalle singole amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Per il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare e per il Corpo Nazionale dei vigili del fuoco si applicano le disposizioni degli articoli 259 e 260, alle cui schede si rinvia.

 

 


 

Sezione II - Disposizioni per la velocizzazione dei concorsi e per la conclusione delle procedure sospese

Articolo 250, commi 1-4
(VIII corso-concorso per il reclutamento di dirigenti nelle amministrazioni statali e degli enti pubblici non economici)

 

 

L’articolo 250, ai commi da 1 a 4, prevede l’indizione entro il 30 giugno 2020 da parte della SNA dell’VIII corso-concorso selettivo ai fini del reclutamento di dirigenti nelle amministrazioni statali e negli pubblici non economici e ne stabilisce speciali modalità di svolgimento, che includono: la possibilità di presentare la domanda di partecipazione al corso-concorso con  modalità telematiche; lo svolgimento con modalità telematiche e in sedi decentrate di due prove scritte; la possibilità di svolgere la prova orale in videoconferenza, che accerta anche il possesso delle conoscenze linguistiche; l’articolazione in sottocommissioni della commissione di concorso.

Sono ammessi alla frequenza del corso-concorso i candidati vincitori del concorso entro il limite dei posti disponibili maggiorato del 50 per cento. Coloro che hanno superato il corso-concorso oltre i posti già autorizzati, sono iscritti secondo l’ordine di graduatoria finale, in un elenco al quale le amministrazioni attingono, a decorrere dal 1° gennaio 2021.

 

Sullo svolgimento dei concorsi per i dirigenti delle pubbliche amministrazioni è già intervenuto il c.d. decreto cura Italia (art. 74, co. 7-bis, D.L. 18/2020), che, da un lato, ha dettato alcune disposizioni per consentire entro il 31 maggio 2020 la conclusione del VII corso-concorso per il reclutamento di dirigenti, bandito dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), nonché la conseguente assegnazione degli allievi alle amministrazioni. Dall’altro, tale decreto ha demandato ad un regolamento da adottare entro il 31 luglio 2020, l’aggiornamento, in via sperimentale, della disciplina vigente in materia di reclutamento e accesso alla qualifica dirigenziale e agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, allo scopo di corrispondere comunque all'esigenza del ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, semplificare le modalità di svolgimento delle procedure concorsuali e ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego.

 

Le disposizioni in esame intervengono nuovamente sulla materia, disponendo che la SNA provveda a bandire l’VIII corso-concorso per dirigenti entro il 30 giugno 2020, secondo la disciplina contestualmente prevista, parzialmente derogatoria rispetto alle modalità ordinarie stabilite in via generale dalla normativa vigente, di rango regolamentare (comma 1).

Le norme generali di riferimento in materia di reclutamento nelle PA si rinvengono, principalmente negli articoli 28, 28-bis e 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, che detta norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzioni nei pubblici impieghi, nonché nel D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272 e nel D.P.R. 16 aprile 2013, n. 70, che dettano disposizioni per l'accesso alla dirigenza. In particolare, il regolamento prevede che per una percentuale non inferiore al 50% dei posti da ricoprire, l’accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla SNA (art. 7 DPR 272/2004).

 

In proposito si richiama che sulla Gazzetta Ufficiale del 5 maggio 2020, n. 114, è stato pubblicato il DM 31 marzo 2020, con il quale, in attuazione dell’art. 3, co. 2, del DPR 70 del 2013, la Scuola nazionale dell'amministrazione è autorizzata ad indire l’VIII corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale per un totale di duecentodieci posti nella qualifica di dirigente di seconda fascia nei ruoli amministrativi delle amministrazioni pubbliche di seguito indicate:

 

 

Amministrazione

Posti disponibili

Consiglio di Stato

3

Presidenza del Consiglio dei ministri

18

Ministero dell'interno

21

Ministero della giustizia - Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità

3

Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria

3

Ministero della giustizia - Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi

12

Ministero della difesa

13

Ministero dell'economia e delle finanze

15

Ministero dello sviluppo economico

17

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

10

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

12

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

3

Ministero dell'istruzione Ministero dell'università e della ricerca

18

Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo

20

Ministero della salute

2

Agenzia delle dogane e dei monopoli

10

Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ITA-ICE)

6

Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA

2

Agenzia per l'Italia Digitale (AGID)  

1

Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC)

6

Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)

9

Ispettorato nazionale del lavoro (INL)

5

Istituto nazionale di statistica (ISTAT)

1

 

 

Totale dei posti da bandire

210

 

Si ricorda, infatti, che ai sensi dell’art. 3, co. 2, del DPR 16 aprile 2013, n. 70, entro il 31 ottobre di ogni anno, sulla base del Piano triennale previsionale di reclutamento di dirigenti e funzionari nelle amministrazioni dello Stato anche a ordinamento autonomo e negli enti pubblici non economici, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti il numero dei posti e i profili professionali da destinare al reclutamento di dirigenti e funzionari tramite corso-concorso selettivo bandito dalla Scuola nazionale dell'amministrazione e il numero dei posti e i relativi profili professionali destinati al reclutamento da parte delle singole amministrazioni.

 

In relazione alla disciplina dell’VIII corso-concorso, il comma 1, in particolare, stabilisce la possibilità di presentare la domanda di partecipazione al corso-concorso anche con le modalità telematiche disciplinate ai commi 4 e 5, dell’articolo 247 del decreto in commento (su cui, si v. supra).

 

In sintesi le norme richiamate prevedono che la domanda di partecipazione è presentata entro quindici giorni dalla pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale, in via telematica, attraverso apposita piattaforma digitale già operativa o predisposta anche avvalendosi di aziende pubbliche, private, o di professionisti specializzati in selezione di personale, anche tramite il riuso di soluzioni o applicativi esistenti. Per la partecipazione al concorso il candidato deve essere in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) a lui intestato e registrarsi nella piattaforma attraverso il Sistema pubblico di identità digitale (SPID). Ogni comunicazione concernente il concorso è effettuata attraverso la piattaforma.

 

Ulteriori novità riguardano lo svolgimento delle prove concorsuali, che consistono in due prove scritte ed una prova orale, nel corso della quale “saranno accertate anche le conoscenze linguistiche”. 

Attualmente gli esami per l’ammissione al corso-concorso di formazione dirigenziale consistono in tre prove scritte, di cui una sulla conoscenza della lingua straniera, ed in una prova orale (art. 9, D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272).  La riduzione da tre a due delle prove scritte sembrerebbe da mettere in relazione con la specifica previsione dell’accertamento delle competenze linguistiche solo nell’esame orale. Al riguardo, si valuti l’opportunità di chiarire la generica espressione “conoscenze linguistiche”.

 

Si dispone inoltre che le due prove scritte siano svolte con modalità telematiche e che possano essere effettuate anche nella medesima data e nelle sedi decentrate di cui all’articolo 247, comma 2.

 

Si ricorda, in proposito, che le sedi decentrate sono individuate dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri anche sulla base della provenienza geografica dei candidati, utilizzando idonei locali di plessi scolastici di ogni ordine e grado, di sedi universitarie e di ogni altra struttura pubblica o privata, anche avvalendosi del coordinamento dei prefetti territorialmente competenti. Gli oneri derivanti dall’utilizzo delle strutture sono posti a carico delle amministrazioni destinatarie delle predette procedure concorsuali.

 

Per l’esame orale, la novità principale è rappresentata dalla possibilità di svolgimento in videoconferenza secondo le modalità già individuate ai sensi di cui all’articolo 247, comma 3, ossia attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e digitali, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità della stessa, l'identificazione dei partecipanti, nonché la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità.

 

 Anche per il corso-concorso di formazione dirigenziale si prevede che la commissione di concorso sia articolata in sottocommissioni, applicando le previsioni del comma 7 dell’articolo 247 del decreto in esame, in base al quale commissione esaminatrice e sottocommissioni possono svolgere i propri lavori in modalità telematica, garantendo la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni.

 

La disposizione in commento prevede, al comma 2, che il corso di formazione abbia una durata di dieci mesi e si articoli in due moduli, distinti in:

§  quattro mesi di formazione generale presso la Scuola nazionale dell’Amministrazione, anche attraverso l’utilizzo della didattica a distanza;

§  sei mesi di formazione specialistica e lavoro presso le amministrazioni di destinazione.

Si precisa che i programmi del corso forniscono ai partecipanti una formazione complementare rispetto al titolo posseduto all’accesso alla Scuola.

La riduzione e rimodulazione, limitata all’VIII corso-concorso, del corso di formazione, prevista dalla disposizione in commento, costituisce una deroga alla disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente (DPR 272/2004), che prevede un periodo di formazione di dodici mesi comprensivo di una fase di formazione generale, della durata di otto mesi, svolta dalla SNA e una fase di formazione specialistica, della durata di quattro mesi (art. 12).

 

Il comma 3 rinvia, per quanto non diversamente disposto dalle norme in commento, all’applicazione della disciplina normativa ordinaria in materia di procedure concorsuali per il reclutamento dei dirigenti, di cui al decreto del presidente della Repubblica 24 settembre 2004, n. 272 ed al decreto del Presidente del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 70, in quanto compatibili.

 

Alla luce di quanto previsto dalle norme in commento, sembrerebbero pertanto applicabili, tra le altre, le disposizioni relative ai requisiti per l'ammissione al corso-concorso (art. 7, DPR 70 del 2013), in base alle quali possono esservi ammessi:

§  i soggetti muniti di laurea specialistica o magistrale oppure del diploma di laurea conseguito secondo gli ordinamenti didattici previgenti al D.M. 509/1999, nonché di dottorato di ricerca, o diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con il D.P.C.M. 80/2018, o master di secondo livello conseguito presso università italiane o straniere dopo la laurea magistrale;

§  i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea specialistica o magistrale, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea.

 

Sono ammessi alla frequenza del corso-concorso i candidati vincitori del concorso entro il limite dei posti di dirigente disponibili maggiorato del 50 per cento (comma 4). La disposizione deroga la previsione dell’art. 10, co. 1, del D.P.R. 272 del 2004 che ammette al corso-concorso di formazione dirigenziale i candidati utilmente inseriti nella graduatoria del concorso di ammissione entro il limite del numero dei posti disponibili, maggiorato del 20 per cento.

 

In relazione alla graduatoria finale, si dispone, infine, che coloro che hanno superato il corso-concorso e sono collocati in graduatoria oltre i posti già autorizzati, sono iscritti secondo l’ordine di graduatoria finale, in un elenco, istituito presso il Dipartimento della funzione pubblica, al quale le amministrazioni, a decorrere dal 1° gennaio 2021, attingono, fino ad esaurimento, per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti.

Ferma restando l’assunzione dei vincitori dei concorsi già banditi alla data di entrata in vigore del decreto in esame, le amministrazioni possono procedere a bandire nuovi concorsi solo previo completo assorbimento degli iscritti al predetto elenco.

 


 

Articolo 250, comma 5
(Procedure concorsuali negli enti pubblici di ricerca e
conferimento di assegni di ricerca)

 

 

L’articolo 250, comma 5, prevede che le procedure di reclutamento già bandite dagli enti pubblici di ricerca e le procedure per il conferimento di assegni di ricerca – che possono riguardare sia gli enti pubblici di ricerca che altri soggetti – possono essere concluse, sulla base di nuove determinazioni, rese pubbliche con le stesse modalità previste per i bandi, con la valutazione dei candidati e lo svolgimento di prove orali in videoconferenza.

 

A tal fine, più nello specifico, si richiamano le modalità di cui all’art. 247, co. 3, del decreto-legge in commento, che, in combinato disposto con il co. 1, prevede che, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2020, le prove orali delle procedure concorsuali per il reclutamento di personale non dirigenziale da parte della Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM) possono essere svolte in videoconferenza, attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e digitali, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità delle stesse, l'identificazione dei partecipanti, nonché la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità.

 

Con specifico riguardo ai termini temporali, il comma in esame stabilisce che la disposizione richiamata si applica alle procedure di reclutamento già bandite dagli enti pubblici di ricerca alla data di entrata in vigore del decreto-legge, mentre non reca indicazioni per quanto concerne le procedure per il conferimento di assegni di ricerca ai sensi dell’art. 22 della L. 240/2010.

 

Si valuti, dunque, l’opportunità di un chiarimento.

 

In base al d.lgs. 218/2016, gli enti pubblici di ricerca sono 20, di cui 14 vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca (MUR) e 6 enti da altri Ministeri.

Gli enti vigilati dal MUR sono: Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; Agenzia spaziale italiana (ASI); Consiglio nazionale delle ricerche (CNR); Istituto italiano di studi germanici; Istituto nazionale di astrofisica (INAF); Istituto nazionale di alta matematica “Francesco Severi” (INDAM); Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN); Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV); Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS); Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM); Museo storico della fisica e Centro studi e ricerche “Enrico Fermi”; Stazione zoologica “Anton Dohrn”; Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI); Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE).

Gli enti vigilati da altri Ministeri sono: Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA, vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali); Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile (ENEA, vigilata dal Ministero dello sviluppo economico); Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP, già Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori-ISFOL, vigilato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali); Istituto nazionale di statistica (ISTAT, vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri); Istituto superiore di sanità (ISS, vigilato dal Ministero della salute); Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA, vigilato dal Ministero dell’ambiente).

 

In base all’art. 22 della L. 240/2010, gli assegni di ricerca possono essere conferiti, nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, oltre che da parte degli enti pubblici di ricerca, anche da parte delle università e delle istituzioni il cui diploma di perfezionamento scientifico è stato riconosciuto equipollente al titolo di dottore di ricerca.

Più nel dettaglio, si veda la scheda relativa all’art. 236, co. 6.


 

Articolo 251
(Modalità straordinarie di svolgimento dei concorsi pubblici
presso il Ministero della salute)

 

 

L'articolo 251, comma 1, integra la disciplina sulle modalità di reclutamento, da parte del Ministero della salute, di un contingente di personale a tempo determinato, relativo a 40 unità di dirigenti sanitari medici, 18 unità di dirigenti sanitari veterinari e 29 unità di personale non dirigenziale con il profilo professionale di tecnico della prevenzione.

Il comma 2 concerne la conclusione delle prove di concorsi già avviati, ivi individuati, per il reclutamento di 40 dirigenti sanitari medici, 12 dirigenti sanitari veterinari e 91 funzionari tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro.

Il comma 3 concerne l’assunzione da parte del Ministero della salute, mediante concorso pubblico, di sette ingegneri biomedici, nell’ambito di un contingente di 80 unità già previsto a legislazione vigente.

Il comma 4 riguarda il reclutamento di dirigenti sanitari (cinque medici e un chimico) da parte del Ministero della salute, mediante concorsi pubblici per titoli ed esame orale, nell'ambito di un reclutamento straordinario già previsto a legislazione vigente. L’assunzione e la conseguente immissione in ruolo sono condizionate al superamento di un esame teorico-pratico, con una prova scritta e una prova orale, sulle materie individuate dai relativi bandi di concorso.

 

Più in dettaglio, il comma 1 modifica l'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 18 del 2020 (convertito dalla L. n. 27 del 2020).

La disposizione novellata, nel testo finora vigente, consente al Ministero della salute di assumere con contratto di lavoro a tempo determinato, di durata non superiore a tre anni, 40 unità di dirigenti sanitari medici, 18 unità di dirigenti sanitari veterinari e 29 unità di personale non dirigenziale con il profilo professionale di tecnico della prevenzione, utilizzando graduatorie proprie o approvate da altre amministrazioni per concorsi pubblici (anche relativi ad assunzioni a tempo indeterminato). Tali unità di personale sono destinate agli uffici periferici.

La previsione è intesa esplicitamente a soddisfare la necessità di potenziare le attività di vigilanza, di controllo igienico-sanitario e di profilassi svolte presso i principali porti e aeroporti, necessità derivante anche dalla diffusione del virus COVID-19.

Riguardo al summenzionato personale non dirigenziale, esso viene inquadrato nella Terza area[108], posizione economica F1, del comparto funzioni centrali.

La novella di cui al comma 1 in esame prevede:

§  l'ulteriore modalità di assunzione mediante concorsi per titoli ed esame orale, da svolgersi anche in modalità telematica e decentrata;

§  che l'assunzione sia condizionata, al termine del periodo di prova, alla valutazione con esito positivo di un esame teorico-pratico, scritto od orale, sulle materie individuate dai relativi bandi di concorso. A tale valutazione sono soggetti anche coloro che lo abbiano già superato in medesima qualifica e profilo professionale presso altra amministrazione pubblica.

 

Il comma 2 autorizza la conclusione di alcune prove di concorsi già avviati, utilizzando anche le modalità di cui all'articolo 249 (alla cui scheda si rinvia), con la riapertura dei termini per la presentazione delle domande. Si tratta di procedure già avviate ai sensi di talune disposizioni della legge di bilancio per il 2019. Sono quindi elencati i riferimenti alle Gazzette ufficiali recanti i bandi dei concorsi in oggetto:

§  concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di quaranta posti di dirigente sanitario medico ex dirigente delle professionalità sanitarie, disciplina di igiene, epidemiologia e sanità pubblica, a tempo pieno ed indeterminato, per le esigenze degli uffici centrali e periferici. (GU n.77 del 27-09-2019);

§  concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di dodici posti di dirigente sanitario veterinario ex dirigente delle professionalità sanitarie, disciplina di sanità animale, a tempo pieno ed indeterminato, per le esigenze degli uffici centrali e periferici. (GU n.77 del 27-09-2019);

§  concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di novantuno posti di tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, a tempo indeterminato, da inquadrare nella terza area - fascia retributiva F1 e da destinare agli uffici periferici del Ministero dislocati sul territorio nazionale. (GU n.10 del 04-02-2020 e sito del Ministero della salute, sezione Concorsi).

 

Il testo della norma fa riferimento ai concorsi "avviati ai sensi dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145" (legge di bilancio per il 2019). La disposizione si riferisce all'art.  1, commi da 355 a 359, della citata legge, richiamati nelle premesse ai bandi di concorso.

Si valuti l'opportunità di inserire il riferimento ai citati commi da 355 a 359 nel testo della disposizione in oggetto.

 

Il comma 355, art. 1, della legge di bilancio per il 2019, autorizza il Ministero della salute, in deroga alle vigenti facoltà assunzionali e senza il previo espletamento delle procedure di mobilità di cui all’articolo 30 del D.Lgs. n. 165/2001[109], ad assumere a tempo indeterminato, mediante concorso pubblico per titoli ed esami, per il triennio 2019-2021, un contingente di personale di 80 unità appartenenti all’Area III e di 28 unità appartenenti all’Area II – con posizione economica F1 -, in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado. Si tratta di personale rientrante nel ruolo amministrativo. Le assunzioni vengono autorizzate allo scopo di potenziare l’attuazione delle politiche di salute e di assicurare una efficiente gestione delle risorse pubbliche ad essa destinate, anche per far fronte alle accresciute attività degli uffici centrali e periferici del Ministero incluse quelle derivanti dalle nuove procedure comunitarie in materia di controlli.

 

Nell'ambito del contingente di 80 unità appartenenti all’Area III, il comma 3, per le medesime finalità di cui al comma 1, autorizza il Ministero della salute ad assumere 7 ingegneri biomedici, con posizione economica F1. Tale assunzione avviene mediante concorso pubblico espletato anche con le modalità di cui all’articolo 247 (alla cui scheda si rinvia).

 

Il comma 4 consente al Ministero della salute di reclutare il personale di cui all’articolo 1, comma 5-ter, del decreto legge n. 162 del 2019 ("proroga termini"), limitatamente ai dirigenti da imputare all’aliquota dei dirigenti sanitari, mediante concorsi pubblici per titoli ed esame orale, anche utilizzando le modalità di cui all’articolo 249, alla cui scheda si rinvia. Tale comma 5-ter prevede il reclutamento straordinario a tempo indeterminato, attraverso appositi concorsi pubblici, banditi dal Ministero della salute stesso, di personale dirigenziale (13 unità) e non dirigenziale (50 unità). Il reclutamento è autorizzato in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, senza il previo espletamento delle procedure di mobilità ed in deroga all'obbligo di adozione del piano dei fabbisogni di cui agli articoli 6 e 6-ter del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

La norma in esame fa specifico riferimento - tra i 13 dirigenti di livello non generale - a cinque medici e un chimico, compresi tra le figure da imputare alla aliquota dei dirigenti sanitari ai sensi del citato art.1, comma 5-ter, del decreto-legge n. 162 del 2019.

L’assunzione e l'immissione in ruolo sono condizionate al superamento di un esame teorico-pratico, consistente in una prova scritta e una prova orale, sulle materie individuate dai relativi bandi di concorso, al termine del periodo di prova. Tale disposizione si applica anche a coloro che lo abbiano già superato in medesima qualifica e profilo professionale presso altra amministrazione pubblica.

Le procedure concorsuali previste dal presente comma 4 sono consentite in deroga alle disposizioni di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 ("Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale"), 24 settembre 2004, n. 272 ("Regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente") e 9 maggio 1994, n. 487 ("Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi").

 


 

Articolo 252
(Misure urgenti per lo svolgimento di concorsi
per il personale del Ministero della giustizia).

 

 

L'articolo 252 prevede le modalità di avviamento delle procedure, già autorizzate, per il reclutamento di personale non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria.

 

In particolare, il comma 1, prevede che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame, il Ministero della giustizia possa avviare le procedure per il reclutamento di:

§  400 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell’amministrazione giudiziaria, con la qualifica di direttore - Area III/F3, di cui all’articolo 7 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019 (comma 1, lettera a);

§  150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1, destinate a coprire le carenze di organico degli uffici giudiziari dei Distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia, Bologna (comma 1, lettera b), presso i quali dovranno prestare servizio per un periodo non inferiore a cinque anni (comma 4);

§  2.700 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell’Amministrazione giudiziaria, con la qualifica di cancelliere esperto - Area II/F3 (comma 5).

 

Le 150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1 sono residue rispetto a quelle previste dagli articoli 3-bis, comma 1, lettera b), e 3-ter, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, del 20 ottobre 2016 (riguardanti, rispettivamente, 200 posti per funzionario giudiziario, area funzionale III, fascia retributiva F1, da coprire mediante scorrimento dalle graduatorie in corso di validità alla data di entrata in vigore della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e 100 posti per funzionario giudiziario, area funzionale III, fascia retributiva F1, da coprire mediante scorrimento dalle graduatorie in corso di validità alla data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 2017, n. 205) e le procedure per il loro reclutamento possono derogare alle modalità di assunzione previste dal medesimo decreto.

 

Tutti i concorsi sopraindicati sono per titoli ed esame orale, da tenersi su base distrettuale, e si svolgono secondo le modalità previste dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 e dall’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Entrambe le norme richiamate disciplinano le modalità di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni. Il regolamento contenuto nel d.P.R. 487/1994 reca le norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi. In particolare, l'art. 1 disciplina le modalità di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, che possono avvenire per concorso pubblico aperto a tutti, mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento o mediante chiamata numerica degli iscritti nelle apposite liste costituite dagli appartenenti alle categorie protette. Il concorso, che può essere per esami, per titoli, per titoli ed esami, per corso-concorso o per selezione mediante lo svolgimento di prove volte all'accertamento della professionalità richiesta, deve svolgersi in modo che siano garantiti i principi di imparzialità, economicità e celerità di espletamento della procedura.

L'art. 35 del d.lgs. 165/2001, oltre a ribadire le modalità di accesso già indicate nel d.P.R. 487/1994 e a dettare ulteriori principi cui devono conformarsi le procedure di reclutamento del personale (tra i quali il rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori, l'adeguata pubblicità della selezione, l'adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti per la valutazione dei candidati, il decentramento delle procedure di reclutamento, la composizione delle commissioni esaminatrici con esperti di comprovata esperienza nelle materie del concorso) introduce la programmazione delle procedure di reclutamento, stabilendo che ciascuna amministrazione o ente debba formulare un piano triennale dei fabbisogni di personale.

 

Per i concorsi di cui al comma 1, lettere a) e b), è richiesto il possesso della laurea in giurisprudenza o equivalente nonché il possesso di uno tra gli ulteriori titoli indicati al comma 2 ovvero:

a)   aver svolto almeno cinque anni di servizio nell’amministrazione giudiziaria, nella qualifica di funzionario giudiziario, senza demerito;

b)   aver svolto, per almeno cinque anni, le funzioni di magistrato onorario senza essere incorso in sanzioni disciplinari;

c)   essere stato iscritto all’albo professionale degli avvocati, per almeno cinque anni consecutivi, senza essere incorso in sanzioni disciplinari;

d)   aver svolto, per almeno cinque anni scolastici interi, attività di docente di materie giuridiche nella classe di concorso A-46 Scienze giuridico-economiche (ex 19/A) presso scuole secondarie di II grado (nel computo sono compresi anche i periodi di docenza svolti come supplenza annuale);

e)   essere da almeno due anni ricercatore in materie giuridiche, ai sensi dell’articolo 24, comma 3, lett. b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240[110];

f)    aver prestato servizio per almeno cinque anni nelle forze di polizia ad ordinamento civile o militare, nel ruolo degli ispettori, o nei ruoli superiori;

g)   avere conseguito il titolo di dottore di ricerca in materie giuridiche e avere svolto attività lavorativa per almeno 6 mesi presso una pubblica amministrazione in posizione funzionale per l'accesso alla quale è richiesto il possesso del diploma di laurea.

 

Il comma 3 stabilisce che il bando di concorso sia adottato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, e fornisce alcune indicazioni circa il contenuto del bando stesso, relativamente ai punteggi attribuiti ai titoli di cui alle lettere da a) a f) del comma 2, allo svolgimento dell'esame e alla composizione della commissione esaminatrice.

Si osserva che il testo del comma 3 contiene il riferimento ai punteggi per titoli di cui alle lettere da a) a f) del comma 2), mentre manca il riferimento alla lettera g). Andrebbe valutata l’opportunità di integrare il testo comprendendo altresì la suddetta lettera g).

 

Si prevede in particolare che:

§  i punteggi relativi ai titoli sono cumulabili;

§  i criteri di attribuzione dei punteggi per titoli sono: 1) anzianità di servizio o di iscrizione maturata entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame; 2) votazione relativa al titolo di studio richiesto per l’accesso; 3) eventuali ulteriori titoli accademici universitari o post universitari in possesso del candidato.

Per la parte riguardante l'esame, è previsto lo svolgimento di un esame orale, anche in modalità videoconferenza, secondo le modalità stabilite dall'art. 248, comma 1 (v. supra), presso ciascun distretto giudiziario; la composizione della commissione esaminatrice, che può essere articolata su base distrettuale, è invece demandata al bando.

 

I vincitori del concorso per 150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1, di cui al comma 1, lett. b), come già sopra ricordato, devono permanere presso l'ufficio giudiziario, situato nei Distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia, Bologna, a cui saranno destinati per un periodo non inferiore a cinque anni, come previsto dall'articolo 35, comma 5-bis, del d.lgs. 1965/2001 (comma 4).

Per il concorso di cui al comma 5 è richiesto il possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso all'area funzionale II, fascia retributiva F3, nonché il possesso di uno tra i seguenti titoli indicati al comma 6:

a)   aver svolto almeno tre anni di servizio nell’amministrazione giudiziaria, senza demerito;

b)   aver svolto, per almeno un anno, le funzioni di magistrato onorario senza essere incorso in sanzioni disciplinari;

c)   essere stato iscritto all’albo professionale degli avvocati, per almeno due anni consecutivi, senza essere incorso in sanzioni disciplinari;

d)   aver svolto, per almeno cinque anni scolastici interi, attività di docente di materie giuridiche nella classe di concorso A-46 Scienze giuridico-economiche (ex 19/A) presso scuole secondarie di II grado (nel computo sono compresi anche i periodi di docenza svolti come supplenza annuale);

e)   aver prestato servizio per almeno cinque anni nelle forze di polizia ad ordinamento civile o militare, nel ruolo degli ispettori, o nei ruoli superiori.

 

Analogamente a quanto previsto dal comma 3, il comma 7 stabilisce che il bando di concorso sia adottato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, e fornisce alcune indicazioni circa il contenuto del bando stesso, relativamente ai punteggi attribuiti ai titoli, allo svolgimento dell'esame e alla composizione della commissione esaminatrice.

Anche per la procedura concorsuale di cui al comma 5, sono previsti:

§  la cumulabilità dei punteggi per i titoli di cui alle lettere da a) a e) del comma 6, per i quali si tiene conto dell'anzianità di servizio o di iscrizione maturata entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, che ecceda il periodo minimo indicato, e della votazione relativa al titolo di studio richiesto per l’accesso e ad eventuali ulteriori titoli accademici universitari o post universitari in possesso del candidato;

§  lo svolgimento di un esame orale, anche in modalità videoconferenza ai sensi dell'art. 248, comma 1 (v. supra), presso ciascun distretto giudiziario;

§  l'eventuale articolazione delle commissioni esaminatrici su base distrettuale.

 

Il comma 8 dispone circa l'assunzione del personale reclutato di cui al comma 1, lettera a), e al comma 5. Per tali concorsi l'art. 7 del d.P.C.M. 20 giugno 2019 ha concesso esclusivamente l'autorizzazione a bandire, pertanto l'assunzione potrà avvenire in base ai posti disponibili a legislazione vigente e nel rispetto della procedura ordinaria di cui all'art. 35, comma 4, del d.lgs. 165/2001 (che prevede l'adozione del piano triennale dei fabbisogni di personale tramite decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze).

 

Infine il comma 9 prevede, per tutte le procedure selettive di cui all'articolo in commento, che l’Amministrazione giudiziaria possa attribuire un punteggio aggiuntivo a favore:

§  di soggetti che hanno svolto con esito positivo il tirocinio presso gli uffici giudiziari ai sensi dell'art. 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69;

§  di coloro che hanno maturato i titoli di preferenza di cui all’articolo 50, commi 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90.

 

Il tirocinio di cui all'art. 73 del d.l. 69/2013 consiste in un periodo di formazione teorico-pratica della durata complessiva di diciotto mesi, da svolgersi presso gli uffici della magistratura ordinaria o presso quelli della magistratura amministrativa, ed è riservato a laureati in giurisprudenza in possesso dei requisiti di onorabilità e di età inferiore ai 30 anni che abbiano conseguito una media di 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110. Costituiscono titoli di preferenza nei concorsi indetti dalla pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 50 del d.l. 90/2014, lo svolgimento, con esito positivo, di un periodo di perfezionamento presso l’ufficio per il processo (comma 1-quater) o il completamento, con esito positivo, del tirocinio formativo di cui all’articolo 37, comma 11, del d.l. 98/2011, pur in assenza di un ulteriore periodo di perfezionamento nell’ufficio per il processo (comma 1-quinquies).


 

Articolo 253
(Misure urgenti in tema di concorso per magistrato ordinario)

 

 

L’articolo 253 consente fino al 31 luglio, con possibilità di proroga, alla commissione esaminatrice per il concorso per magistrato ordinario di effettuare le operazioni di correzione degli elaborati scritti con modalità telematica.

 

Il comma 1 dell'articolo 253 – nel rispetto delle prescrizioni sanitarie relative all’emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo – consente fino al 31 luglio 2020, alla commissione esaminatrice per il concorso per magistrato ordinario di effettuare le operazioni di correzione degli elaborati scritti con modalità telematica, anche in deroga a quanto previsto dagli articoli 12 e 13 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, ma garantendo comunque la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni, secondo i criteri e le modalità di cui al comma 7, dell’articolo 247 (si veda la relativa scheda di lettura).

 

Gli articoli 12 e 13 del R.D. n. 1860 del 1025 disciplinano la procedura di correzione delle prove scritte del concorso.

La commissione esaminatrice, dopo lo svolgimento della prova scritta, inizia, entro cinque giorni, la correzione degli elaborati. Il segretario della commissione, dopo aver verificata l’integrità? delle singole buste, all’atto dell’apertura di queste, appone immediatamente sulle tre buste contenenti gli elaborati il numero già? segnato sulla busta grande. Lo stesso numero sarà poi trascritto, appena aperte le buste contenenti gli elaborati, sia in testa al foglio o ai fogli relativi, sia sulle bustine contenenti il cartoncino di identificazione. La commissione legge nella medesima seduta gli elaborati di ciascun candidato e, dopo aver ultimato la lettura dei tre elaborati, assegna contemporaneamente a ciascuno di essi il relativo punteggio. Nel caso che la commissione sia divisa in sottocommissioni, queste nella medesima seduta procedono all’esame dei tre elaborati di ciascun candidato e, ultimata la lettura degli elaborati, si riuniscono per la comunicazione delle rispettive valutazioni. Subito dopo ogni sottocommissione assegna ai lavori da essa esaminati il punteggio secondo le norme sopra indicate. La commissione - qualora abbia fondate ragioni di ritenere che qualche scritto sia, in tutto o in parte, copiato da altro lavoro ovvero da qualche autore - annulla l’esame del candidato, al quale appartiene lo scritto. Annulla parimenti l’esame dei concorrenti che comunque si siano fatti riconoscere. Delibera definitivamente sulla idoneita? o non idoneita? di un candidato, quando la deliberazione della sottocommissione sia stata presa a maggioranza ed il commissario dissenziente richieda la deliberazione plenaria. Finita la lettura e deliberato il giudizio, il segretario annota immediatamente, a piede di ciascun lavoro, in tutte le lettere, il voto assegnato. L’annotazione e? sottoscritta dal presidente della commissione o della sottocommissione e dal segretario. Terminata la correzione di tutti gli elaborati scritti, la commissione, in seduta plenaria, procede all’apertura delle buste contenenti i nomi dei concorrenti. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti (cioè? 6 decimi) in ciascuna delle materie della prova scritta. Ogni deliberazione presa in qualsiasi tempo per modificare i risultati delle votazioni della prova scritta e? nulla. Il risultato completo della prova scritta viene reso di pubblica ragione mediante foglio da affiggersi nei locali del Ministero. Per prassi ormai consolidata, i nominativi dei candidati ammessi alla prova orale sono noti anche prima di procedere all’affissione (che avviene al termine dell’apertura di tutte le buste). Cio? e? possibile in quanto si procede, dapprima, all’apertura delle buste dei candidati che hanno riportato la idoneità? nelle tre materie e, poi, all’apertura delle restanti buste.

 

La disposizione, è opportuno rilevare, è destinata a trovare applicazione con riguardo al concorso per 330 posti da magistrato ordinario bandito con il decreto ministeriale del 10 ottobre 2018. Le prove scritte del concorso si sono svolte nel mese di giugno 2019. Al 2 marzo 2020 risultavano corretti gli elaborati di 2.710 candidati (su 3.091), 258 dei quali idonei. Successivamente, in data 12 marzo, nel rispetto delle misure di contenimento emanate dal Governo per fronteggiare l’epidemia Covid 19, il Presidente della Commissione esaminatrice ha disposto la sospensione delle correzioni degli elaborati. Di poi, in applicazione dell'art. 87, quinto comma del decreto legge n. 18/2020 (conv. L. n. 27 del 2020), il Presidente della Commissione ha disposto che i lavori di correzione degli elaborati restassero sospesi fino al 15 maggio (per sessanta giorni a decorrere dal 17.3.2020). Sulla scorta della nota 20.4.2020 n. 13673 del Capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia in risposta alla nota 16.4.2020 del Presidente della Commissione esaminatrice,  al 21 aprile, l'organizzazione logistico-amministrativa della ripresa dei lavori di correzione degli elaborati non risultava ancora compatibile con le rigorose misure di contenimento COVID 19.

È opportuno ricordare che con il decreto ministeriale del 29 ottobre 2019 è stato bandito un ulteriore concorso per 310 posti da magistrato ordinario. Le prove di tale concorso non si sono ancora svolte. Il diario delle prove scritte dopo due rinvii sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale concorsi ed esami del 24 luglio 2020.

 

Il comma 2 dell’articolo prevede che il termine del 31 luglio possa essere prorogato con provvedimento motivato del presidente della commissione, ove necessario per la tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo.

 

La disposizione, al comma 3, prevede che le modalità telematiche si applichino anche allo svolgimento delle riunioni riservate dei componenti della commissione.

Ai sensi del comma 4, fino al 30 settembre 2020, il presidente della commissione esaminatrice, con provvedimento motivato, può autorizzare lo svolgimento delle prove orali del concorso per magistrato ordinario mediante videoconferenza (modalità indicata dal comma 3 dell'articolo 247 del decreto legge), garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità delle stesse prove, l’identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità.

 

Si segnala che con riguardo al concorso notarile e all'esame di abilitazione alla professione forense, l'articolo 254 del decreto-legge, pur consentendo la possibilità di svolgere mediante videoconferenza le prove orali, prevede comunque l'obbligatoria presenza presso la sede della prova di esame, del presidente della commissione o di un componente da questi delegato, del segretario della seduta e soprattutto del candidato da esaminare.

 

Il comma 5 dell’articolo precisa che il mancato rispetto delle cadenze e dei termini di cui all’articolo 6, commi 1, 2 e 7, del decreto legislativo n. 160 del 2006 con riguardo ai lavori della commissione esaminatrice, dovuto alla necessità di rispettare le norme e le prescrizioni sanitarie relative all’emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo non è valutabile ai fini dell’applicazione del comma 8 dello stesso articolo 6.

 

L’articolo 6 del decreto legislativo n. 160 del 2006 reca una specifica disciplina dei lavori della commissione esaminatrice. Tale disposizione prevede che la commissione esaminatrice, durante la valutazione degli elaborati scritti e durante le prove orali, articola i propri lavori in modo da formare la graduatoria entro il termine di nove mesi a decorrere dal primo giorno successivo a quello di espletamento dell'ultima prova scritta (comma 1) e che l'intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l'inizio del tirocinio dei magistrati ordinari entro dodici mesi dalla data di conclusione delle prove scritte del relativo concorso (comma 2). Sempre l’articolo 6 stabilisce che: a) i lavori della commissione sono articolati in ragione di un numero minimo di 10 sedute alla settimana, delle quali 5 antimeridiane e 5 pomeridiane, salvo assoluta impossibilita? della commissione stessa (comma 3); b) per ciascun mese le commissioni esaminano complessivamente gli elaborati di almeno 600 candidati (comma 7). Generalmente: si formano 2 sottocommissioni (ciascuna composta da 9 membri); all’interno di ciascuna sottocommissione, operano 3 collegi (ciascuno composto da 3 membri); ciascuna sottocommissione valuta al giorno gli elaborati di 11-12 candidati, lavorando dal lunedì? al venerdì?. Il mancato rispetto delle cadenze di cui sopra può costituire motivo per la revoca della nomina del presidente da parte del C.S.M. (comma 8).


 

Articolo 254
(Misure urgenti in tema di concorso notarile ed esame di abilitazione all’esercizio della professione forense)

 

 

L’articolo 254 consente l'applicazione delle modalità di collegamento a distanza anche con riguardo alle procedure di correzione delle prove scritte e l'espletamento di quelle orali rispettivamente del concorso notarile bandito con decreto dirigenziale del 16 novembre 2018 e dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense bandito con decreto del Ministro della giustizia dell'11 giugno 2019.

 

In particolare la disposizione (comma 1) consente con riguardo al concorso per esame a 300 posti per notaio bandito con decreto dirigenziale 16 novembre 2018 e all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato bandito con decreto del Ministro della giustizia 11 giugno 2019, la possibilità di correzione degli elaborati scritti con modalità di collegamento a distanza, ai sensi dell’articolo 247, comma 7 (vedi relativa scheda di lettura).

 

Per quanto riguarda il concorso notarile, bandito con decreto dirigenziale del 16 novembre 2018, le prove scritte si sono svolte nell’aprile 2019. Alla data del 29 febbraio 2020 sono state esaminate le prove di 860 candidati (su 1585), dei quali 572 sono risultati idonei. 

Relativamente all’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense, bandito con il decreto del Ministro della giustizia dell’11 giugno 2019, le prove scritte si sono svolte nelle giornate del 10-12 dicembre 2019. Si ricorda inoltre che l’articolo 5 del decreto-legge n. 22 del 2020, in corso di conversione (AS 1774)[111] ha sospeso fino all’8 giugno (60 gg a decorrere dal 9 aprile 2020, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 22) lo svolgimento delle procedure concorsuali previste dagli ordinamenti delle professioni regolamentate sottoposte alla vigilanza del Ministero della giustizia e degli esami di abilitazione per l’accesso alle medesime professioni, ivi inclusa, quindi, quella forense[112].

 

Ai sensi del comma 2 il presidente della commissione notarile (nominata a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 166) e il presidente della commissione centrale su richiesta motivata dei presidenti delle sottocommissioni del distretto di Corte d’appello (nominate a norma dell’articolo 22 del regio decreto 27 novembre 1933 n. 1578) possono autorizzare la correzione da remoto degli elaborati scritti, purché siano mantenuti i medesimi criteri di correzione già adottati dalle commissioni d’esame. In tali casi il presidente della commissione notarile e i presidenti delle sottocommissioni per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato (questi ultimi in conformità ai criteri organizzativi uniformi stabiliti dalla commissione centrale):

§  fissano il calendario delle sedute,

§  stabiliscono le modalità telematiche con le quali effettuare il collegamento a distanza e

§  dettano le disposizioni organizzative volte a garantire la trasparenza, la collegialità, la correttezza e la riservatezza delle sedute, nonché a rispettare le prescrizioni sanitarie relative all’emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei commissari e del personale amministrativo.

 

L'articolo 5 del decreto legislativo n. 166 del 2006 disciplina la composizione della Commissione esaminatrice per il concorso notarile. La commissione esaminatrice (la stessa per esame scritto ed esame orale) è composta da:

a)    un magistrato di cassazione, con funzioni direttive superiori, che la presiede;

b)   un magistrato idoneo alla nomina in cassazione, con funzioni di vice presidente;

c)    sette magistrati con qualifica di magistrato di appello;

d)   sei professori universitari, ordinari o associati, che insegnino materie giuridiche; 

e)    nove notai che abbiano almeno dieci anni di anzianità nella professione.

 

L’articolo 22 del regio decreto 27 novembre 1933 n. 1578 prevede che entro trenta giorni dalla pubblicazione del bando di esame devono essere, sempre con decreto del Ministro della giustizia, nominati la commissione centrale, con sede presso  il Ministero della giustizia (comma 3) e, presso ogni sede di Corte di appello, una sottocommissione avente composizione (per le composizioni della commissione e sottocommissione vedi infra) identica alla commissione centrale (comma 4). Nel caso in cui il numero dei candidati che hanno presentato la domanda di ammissione superi le trecento unità presso ciascuna Corte di appello, con decreto del Ministro della giustizia da emanare prima dell’espletamento delle prove scritte, si prevede che vengano nominate ulteriori sottocommissioni, costituite ciascuna da un numero di componenti pari a quello della sottocommissione nominata ai sensi del comma 4 e da un segretario aggiunto (comma 7).

 

Lo stesso articolo 254– al comma 3 – stabilisce che il presidente della commissione nominata per il concorso notarile e il presidente della commissione centrale per l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, su richiesta motivata dei presidenti delle sottocommissioni del distretto di Corte d’appello, possono autorizzare, per gli esami orali delle procedure di cui al comma 1 programmati sino al 30 settembre 2020, lo svolgimento mediante videoconferenza (ex art. 247, comma 3 del decreto legge), ferma restando la presenza, presso la sede della prova di esame, del presidente della commissione notarile o di altro componente da questi delegato, del presidente della sottocommissione per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato, nonché del segretario della seduta e del candidato da esaminare. Devono essere comunque rispettate le prescrizioni sanitarie relative all’emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo.

 

Nel caso in cui l'esame orale sia espletato attraverso modalità telematiche spetta al Presidente impartire, ove necessario, disposizioni volte a disciplinare l’accesso del pubblico all’aula di esame (comma 4).

 

Si valuti, anche alla luce di quanto specificato nella relazione illustrativa, l'opportunità di specificare che si tratta di un accesso "telematico".

 

Il comma 5 prevede che la disciplina dettata dai commi 3 e 4 trovi applicazione anche con riguardo alle prove orali dell’esame per l’iscrizione all’albo speciale per il patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione e alle altre giurisdizioni superiori bandito con decreto dirigenziale 10 aprile 2019.

 

Per essere ammessi alle sessioni d’esame gli aspiranti candidati devono dimostrare di possedere questi requisiti:

§  essere attualmente iscritti nell’albo degli avvocati

§  avere esercitato la professione per almeno cinque anni dinanzi ai Tribunali e alle Corti di appello, o per almeno un anno qualora già iscritti all’albo degli avvocati al momento dell’entrata in vigore della legge 24 febbraio 1997, n. 27;

§  aver compiuto lodevole e proficua pratica di almeno cinque anni presso lo studio di un avvocato che eserciti abitualmente il patrocinio davanti alla Corte di cassazione.

I candidati che, alla data di entrata in vigore della legge 24 febbraio 1997, n. 27, erano iscritti all’albo degli avvocati da almeno un anno devono aver compiuto lodevole e proficua pratica di un anno, decorrente dalla iscrizione a detto albo, presso lo studio di un avvocato che presti abitualmente il suo patrocinio dinanzi la Corte di cassazione. Inoltre, gli aspiranti candidati devono trovarsi nelle condizioni richieste prima della scadenza del termine stabilito per la presentazione delle domande di ammissione all’esame.

Si ricorda che il superamento dell’esame è uno dei requisiti ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 247 del 2012 per l’iscrizione all'Albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.

 

Con decreto dirigenziale 10 aprile 2019 è stata indetta una sessione di esame per l’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di Cassazione ed alle altre giurisdizioni superiori. Con decreto 18 luglio 2019 è stata nominata la relativa Commissione d’esame. Le prove scritte dell’esame per l’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione e alle altre giurisdizioni superiori, per l’anno 2019, si sono svolte nel novembre 2019.

 

 

Il comma 6 reca infine una modifica all'articolo 47 (che disciplina la composizione delle Commissioni di esame), della legge n. 247 del 2012, volta a consentire anche ai professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche in pensione di far parte (sia come componenti effettivi che come supplenti) delle Commissioni di esame.

 

L'articolo 47, comma 1, della legge n. 247 del 2012, disciplina la composizione della commissione di esame (vedi supra). Essa deve essere composta da cinque membri effettivi e cinque supplenti, dei quali:

§  tre effettivi e tre supplenti sono avvocati designati dal CNF tra gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, uno dei quali la presiede;

§  un effettivo e un supplente sono di regola prioritariamente magistrati in pensione, e solo in seconda istanza magistrati in servizio;

§  un effettivo e un supplente sono professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche.

 

Come ha precisato la giurisprudenza (si veda Consiglio di Stato Adunanza Plenaria Ordinanza 12-14 dicembre 2018, n. 18) con l'articolo 47 è venuto meno il principio c.d. di fungibilità dei componenti delle commissioni giudicatrici degli esami di abilitazione all'esercizio delle professioni forensi in precedenza applicabile ex art. 22, comma 5° del R.D.L. n. 1578/1933. Ne consegue che nelle Commissioni, sia centrale che nelle sottocommissioni, deve essere assicurata la necessaria presenza di componenti appartenenti a tutte e tre le diverse categorie (classe forense, mondo accademico e magistratura).

 


 

Articolo 255
(Misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti)

 

 

L’articolo 255 autorizza il Ministero della giustizia ad assumere un contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale, in aggiunta alla facoltà di assunzioni ordinarie e straordinarie previste a legislazione vigente, con la specifica finalità di dare attuazione a un programma di misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti, nonché per assicurare l’avvio della digitalizzazione del processo penale.

 

Il comma 1 autorizza il Ministero della giustizia ad assumere un contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1, nel biennio 2020-2021, anche in sovrannumero rispetto all’attuale dotazione organica e alle assunzioni già programmate, con decorrenza non anteriore al 1° settembre 2020 e con contratto di lavoro a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi.

Finalità della disposizione è dare attuazione a un programma di misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti, nonché assicurare l’avvio della digitalizzazione del processo penale.

L’assunzione del personale di cui sopra è autorizzata ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e in deroga ai limiti di spesa di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

 

Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche", all'articolo 36, comma 2, prevede che le amministrazioni pubbliche possano stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, nonché avvalersi delle forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell'impresa, esclusivamente nei limiti e con le modalità in cui se ne preveda l'applicazione nelle amministrazioni pubbliche. Le amministrazioni pubbliche possono stipulare i contratti di cui sopra soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale. I contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato sono disciplinati dagli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, fatta salva la disciplina ulteriore eventualmente prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro (i rinvii operati dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ai contratti collettivi devono intendersi riferiti, per quanto riguarda le amministrazioni pubbliche, ai contratti collettivi nazionali stipulati dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN). Il decreto precisa che non è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro per l'esercizio di funzioni direttive e dirigenziali. Per prevenire fenomeni di precariato, le amministrazioni pubbliche possono sottoscrivere contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato.

L'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica" dispone il contenimento delle spese in materia di impiego pubblico. Stabilisce al riguardo che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Tali disposizioni costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali sono tenuti ad adeguarsi le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Sono in ogni caso escluse dalle limitazioni previste le spese sostenute per le assunzioni a tempo determinato ai sensi dell'articolo 110, comma 1, del testo unico sugli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

Il comma 2 stabilisce che le assunzioni di cui al comma 1 si svolgano secondo le procedure previste dalla legge 28 febbraio 1987, n. 56 "Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro", e successive modificazioni (ossia mediante il ricorso ai centri per l’impiego). In alternativa, si procederà mediante colloquio di idoneità e valutazione dei titoli, nel rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza.

Fra i titoli valutabili ai sensi del presente comma sono compresi quelli di cui all’articolo 50, commi 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, nonché l’esperienza maturata dai soggetti ulteriormente selezionati ai fini dello svolgimento delle attività di tirocinio e collaborazione presso gli uffici giudiziari, come attestato dai capi degli uffici medesimi.

 

Il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, all'articolo 50, comma 1-quater, stabilisce che, nei concorsi indetti dalla pubblica amministrazione, il completamento del periodo di perfezionamento presso l'ufficio per il processo costituisce titolo di preferenza a parità di merito, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni.

L'articolo 50, comma 1-quinquies, prevede che i soggetti che abbiano completato il tirocinio formativo, di cui all'articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, e che non abbiano fatto parte dell'ufficio per il processo, nei concorsi indetti dalla pubblica amministrazione, abbiano comunque titolo di preferenza a parità di merito, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento di cui sopra.

 

Ai fini dell'attuazione del presente articolo, il comma 3 autorizza le seguenti spese:

§  euro 12.508.014 per l’anno 2020

§  euro 37.524.040 per l’anno 2021

§  euro 25.016.027 per l’anno 2022

 

A tali spese si dovrà provvedere:

 

a)   quanto a euro 12.508.014 per l’anno 2020 e a euro 7.877.769 per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione « Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico per euro 1.700.000 per l’anno 2020, l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze per euro 2.500.000 per l’anno 2020, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia per euro 5.500.000 per l’anno 2020 e per euro 7.877.769 per l’anno 2021, l’accantonamento relativo al Ministero della difesa per euro 1.700.000 per l’anno 2020 e l’accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per euro 1.108.014 per l’anno 2020;

La missione "Fondi da ripartire" raccoglie alcuni fondi di riserva e speciali, che non hanno, in sede di predisposizione della legge di bilancio di previsione, una collocazione specifica, ma la cui attribuzione è demandata ad atti e provvedimenti successivi adottati in corso di gestione.

 

b)   quanto a euro 15.000.000 per l’anno 2021, a euro 18.000.000 per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282 recante disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

L’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282 dispone che, al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, è istituito un apposito "Fondo per interventi strutturali di politica economica".

 

c)   quanto a euro 14.646.271 per l’anno 2021 e a euro 7.016.027 per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

La legge 23 dicembre 2014, n. 190 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge di stabilità 2015) ha previsto, all'articolo 1, comma 200, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, l'istituzione di un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestino nel corso della gestione, con una dotazione di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Il Fondo è ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

 


 

Articolo 256
(Misure straordinarie per la definizione
dell’arretrato penale presso le Corti di appello)

 

 

L’articolo 256 è volto a incrementare di 500 unità il numero dei giudici ausiliari di Corte d’appello, ed a prevedere che gli stessi possano essere destinati anche allo smaltimento dell’arretrato penale.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 69 del 2013 (agli artt. 62-72) ha introdotto e disciplinato la figura del giudice ausiliario di Corte d'appello, giudice onorario chiamato a concorrere allo smaltimento dell'arretrato civile secondo le priorità individuate dai presidenti delle Corti stesse.

Originariamente, il decreto-legge prevedeva la nomina fino a un numero massimo di 400 giudici ausiliari, che la legge di bilancio 2018 ha ridotto a 350 unità.

Ogni giudice ausiliario è chiamato a definire, nel collegio di corte d'appello in cui è relatore, almeno 90 procedimenti all'anno (per un totale di 36.000 procedimenti definiti all'anno), con una remunerazione di 200 euro a provvedimento e un tetto massimo annuo di 20.000 euro.

L’art. 63 del decreto-legge individua le categorie professionali che possono fare domanda di nomina a giudice ausiliario. Si tratta dei magistrati a riposo (ordinari, contabili e amministrativi), dei professori universitari in materie giuridiche di prima o seconda fascia, anche a tempo determinato o a riposo (da non oltre 3 anni), dei ricercatori universitari in materie giuridiche, degli avvocati (cui l'art. 65 attribuisce preferenza a fini della nomina) e dei notai (per entrambe le ultime due categorie, anche se a riposo). Il procedimento prevede – per l'adozione del decreto di nomina da parte del ministro - una deliberazione del CSM su proposta del Consiglio giudiziario competente per territorio (in composizione allargata ai componenti laici) acquisito il parere - nel caso di domanda da parte di notai - del competente consiglio notarile.

I giudici ausiliari hanno una pianta organica ad esaurimento; una volta nominati sono assegnati alle singole sezioni dal presidente della Corte d'appello e di ogni collegio giudicante non può fare parte più di un giudice ausiliario. Il decreto-legge stabilisce in 10 anni il termine massimo di permanenza nell'ufficio di giudice ausiliario. La nomina ha infatti durata di cinque anni e può essere prorogata per un pari periodo con decreto del ministro della giustizia (l'incarico cessa comunque al compimento dei 78 anni d'età).

Il decreto-legge è stato attuato con il D.M. Giustizia 5 maggio 2014. In base ai dati CSM, sono attualmente coperti 333 posti di giudice ausiliario di Corte d’appello.

L’articolo 256 interviene sulla disciplina dei giudici ausiliari di Corte d’appello, con particolare riferimento alle disposizioni degli articoli 62 e 63 del decreto-legge n. 69 del 2013, introducendo con il comma 1 le seguenti novità:

§  destinazione dei giudici ausiliari non solo alla definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in materia di lavoro e previdenza, ma anche dei procedimenti penali;

§  attribuzione ai presidenti delle Corte d’appello del compito di individuare le priorità alle quali destinare i giudici ausiliari all’interno dell’ufficio, anche in attuazione dell’art. 132-bis, comma 2, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura, che demanda al presidente il compito di adottare misure organizzative per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali è prevista la trattazione prioritaria;

§  aumento da 350 a 850 del numero massimo dei giudici ausiliari di Corte d’appello.

 

Il comma 2 demanda a un decreto del Ministro della giustizia, sentiti CSM e consigli degli ordini distrettuali, la determinazione della pianta organica a esaurimento dei giudici ausiliari, con l'indicazione dei posti disponibili presso ciascuna Corte di appello, e delle modalità e dei termini di presentazione delle domande.

 

Si ricorda che in base all’art. 65 del decreto-legge n. 69 del 2013, espressamente richiamato dal comma 2, il decreto ministeriale dovrà esplicitare anche i criteri di priorità nella nomina, riconoscendo preferenza agli avvocati iscritti all'albo nonché, a parità di titoli, a coloro che hanno minore età anagrafica con almeno 5 anni di iscrizione all'Albo. Della pubblicazione del decreto dovrà essere dato avviso sul sito internet del Ministero della giustizia.

In base al citato art. 65, inoltre, la pianta organica, che sostituirà quella già approvata con il D.M. Giustizia 5 maggio 2014, dovrà essere redatta tenendo conto delle pendenze e delle scoperture di organico in ciascuna Corte, cui potrà essere assegnato un numero di posti complessivamente non superiore al numero di 40 per ciascuna Corte.

 

Si valuti l’opportunità di intervenire sull’art. 65, comma 1, del decreto-legge n. 69 del 2013 al fine di innalzare il numero massimo di giudici ausiliari assegnabili a ciascuna Corte d’appello, attualmente fissato a 40 unità, a fronte di un contingente complessivo di 350 giudici, coordinando tale previsione con l’aumento della pianta organica dei giudici ausiliari di 500 unità.

 

Il decreto dovrà essere adottato entro 2 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in commento, e dunque entro il 20 luglio 2020.

 

I commi 3 e 4 dell’art. 256 recano la copertura finanziaria dell’incremento dei giudici ausiliari, autorizzando la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024 e prevedendo che a tale spesa di faccia fronte con la corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.


 

Articolo 257
(Procedure concorsuali relative al personale della Corte dei conti)

 

 

L’articolo 257 autorizza lo svolgimento in modalità decentrata e attraverso l’utilizzo di tecnologia digitale alle procedure concorsuali in corso relative al personale della Corte dei conti.

 

La disposizione autorizza - fino al 31 dicembre 2020 - l'applicazione alle procedure concorsuali relative al personale della Corte dei conti, indette anche congiuntamente ad altre amministrazioni, dei principi e criteri direttivi concernenti lo svolgimento delle prove concorsuali in modalità decentrata e attraverso l’utilizzo di tecnologia digitale.

Il Presidente della Corte dei conti determina, con proprio decreto, le modalità tecniche per l'applicazione.


 

Articolo 258
(Semplificazione di procedure assunzionali e formative

del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 258 concerne il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. In particolare:

§  autorizza l'assunzione eccezionale di 25 medici a tempo determinato, per la durata di sette mesi a decorrere dal 1° giugno 2020;

§  abbrevia il periodo di prova dei vincitori del concorso a vice direttore indetto con decreto del Capo del dipartimento dei vigili del fuoco del 27 dicembre 2017, sopprimendo il tirocinio trimestrale tecnico-operativo (nonché il previo giudizio di idoneità per frequentarlo).

 

 

L'articolo contiene due distinti ordini di previsioni, relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Per un primo riguardo - oggetto del comma 1 - si autorizza l'assunzione eccezionale di 25 medici a tempo determinato, per la durata di sette mesi a decorrere dal 1° giugno 2020.

Il rapporto lavorativo che si instaura è definito dalla disposizione come "rapporto di servizio" - con esecuzione immediata rispetto alla decorrenza prevista, e per la durata di sette mesi - non già come rapporto di impiego (come la disposizione esplicitamente esclude).

I medici - assegnati alle sedi di servizio individuate dall'Amministrazione - fruiscono del trattamento giuridico ed economico previsto per i vice direttori sanitari appartenenti ai ruoli direttivi sanitari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (cfr. l'articolo 178 del decreto legislativo n. 217 del 2005, come integrato dal decreto legislativo n. 127 del 2018).

Quanto alla selezione dei 25 medici, si autorizza il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno - previe intese con il Ministero della Difesa - ad avvalersi del personale medico selezionato e non assunto, nell'ambito delle procedure di arruolamento temporaneo di medici militari, secondo l'ordine predisposto dal Ministero della Difesa e previo assenso degli interessati. Qui richiamate sono le procedure delineate dall'articolo 7 del decreto-legge n. 18 del 2020 circa l'arruolamento temporaneo di medici (e infermieri) militari.

Le attività professionali sanitarie svolte da questi medici costituiscono titolo nelle procedure concorsuali per l'assunzione di personale nella qualifica di vice direttore sanitario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Per copertura degli oneri conseguenti al comma 1, il comma 3 - che li determina in 706.625 euro nel 2020 - prevede si attinga mediante riduzione di autorizzazione di spesa destinata alla operatività del Servizio nazionale di protezione civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (quale recata dall’articolo 7, comma 4-bis, del decreto-legge n. 39 del 2009.

 

L'articolo 7 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha disposto circa un arruolamento temporaneo di medici e infermieri militari, al fine di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19.

Si tratta di un arruolamento eccezionale, per l'anno 2020, a domanda, di militari dell'Esercito italiano in servizio temporaneo, con una ferma eccezionale della durata di un anno.

Per quanto riguarda i medici, sono 120 ufficiali medici, con il grado di tenente. È personale non fornito di rapporto d'impiego, che presta servizio attivo per la durata della ferma (con trattamento giuridico ed economico equivalente ai pari grado in servizio permanente).

Essi sono arruolati, previo giudizio della competente commissione d'avanzamento, a condizione abbiano alcuni requisiti (cittadinanza italiana; età non superiore a quarantacinque anni; assenza di inidoneità permanente al servizio militare; non dimissione d'autorità da precedenti ferme nelle Forze armate; assenza di condanne o imputazioni per delitti non colposi).

Secondo il codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010) il Servizio sanitario militare (cfr. suoi artt. 181-213), tra le sue funzioni, concorre all'assistenza e al soccorso della collettività nazionale (ed internazionale) nei casi di pubbliche calamità.

 

Il comma 2 abbrevia il periodo di prova, per i vincitori del concorso pubblico a vice direttore (si intende, il concorso indetto con decreto del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del 27 dicembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie speciale Concorsi ed esami, n. 5 del 16 gennaio 2018).

Il periodo di prova, secondo la disposizione vigente (contenuta nell'articolo 144 del decreto legislativo n. 217 del 2005, l'atto che reca l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco), si articola in: un corso di formazione residenziale teorico-pratica presso l'Istituto superiore antincendi, al termine del quale si sostiene un esame e consegue un giudizio di idoneità allo svolgimento del tirocinio; nel successivo tirocinio tecnico-operativo presso i comandi dei vigili del fuoco, di tre mesi, al termine del quale si consegua il giudizio di idoneità ai servizi di istituto.

Ebbene, la disposizione del decreto-legge in esame pone una deroga, al fine di contrarre i tempi di copertura dei posti vacanti in organico.

Essa sopprime - per i soggetti sopra ricordati, dunque limitatamente ai vincitori del concorso a vice direttore indetto con decreto del Capo del dipartimento dei vigili del fuoco del 27 dicembre 2017 - il tirocinio trimestrale tecnico-operativo.

Secondo la scansione derogatoria, si prevede così che la fase della formazione teorico-pratica - unica rimasta, del periodo di prova - conduca ad un esame, il cui esito positivo direttamente immetta alla idoneità ai servizi di istituto.

Il giudizio di idoneità permane espresso dal Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, su proposta del direttore centrale per la formazione del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.

 

La disposizione incide sul corso di formazione per 41 vice-direttori in prova, in corso di svolgimento presso l'Istituto superiore antincendi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

Si ricorda che disposizioni relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, incidenti sulla durata dei corsi di formazione, si rinvengono altresì nell'articolo 260 infra.

 

 


 

Articolo 259
(Misure per la funzionalità delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in materia
di procedure concorsuali)

 

 

L’articolo 259 interviene su procedure concorsuali - in atto o da indire - delle Forze armate e di polizia nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per il tempo dell'emergenza e del contenimento dell'epidemia da Covid-19 - fino al termine ultimo del 31 dicembre 2021.

Dispone in particolare circa talune modalità di semplificazione dello svolgimento dei concorsi - nonché la mancata partecipazione di candidati per motivi connessi alle limitazioni di movimento imposte dal contenimento dell'epidemia.

Prevede che possano essere effettuate entro il 31 dicembre 2021 alcune assunzioni, puntualmente indicate.

Una disposizione infine concerne la mancata fruizione - per motivi indifferibili connessi alla situazione creatasi con l'epidemia da Covid-19 - della licenza ordinaria, del congedo ordinario o delle ferie, da parte del personale di quelle amministrazioni.

 

L'articolo disciplina alcuni profili relativi allo svolgimento di procedure concorsuali - per l'accesso ai ruoli delle Forze armate, le Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco - onde commisurarle alle peculiari condizioni dettate dall'emergenza da Covid-19.

Specifica il comma 1 che sono interessati sia i concorsi già indetti sia i concorsi da indire, per la durata dello stato di emergenza (dichiarato dal Consiglio di ministri il 31 gennaio 2020) e fino al permanere di misure restrittive o di contenimento.

È comunque posto un termine ultimo della novella disciplina qui tratteggiata: il 31 dicembre 2021.

 

Il comma 2 delinea un ambito di rideterminazione procedurale concorsuale, da effettuarsi con provvedimento omologo a quello di indizione del concorso, "anche in deroga alle disposizioni di settore dei rispettivi ordinamenti".

Tale ambito è dato dalla semplificazione delle modalità di svolgimento, altresì con possibilità di svolgimento delle prove con modalità decentrate e telematiche di videoconferenza.

Per quanto concerne lo svolgimento dei concorsi, la disposizione menziona la loro "semplificazione", includendo la composizione della commissione esaminatrice.

Rimangono fermi il profilo comparativo delle prove e lo svolgimento di almeno una prova scritta e di una prova orale, ove previste dai bandi o dai rispettivi ordinamenti (intendendosi per prova scritta anche la prova con quesiti a risposta multipla).

Così come resta fermo il più generale riguardo delle modalità di accesso e delle aliquote percentuali (ove previste) di ripartizione dei posti a concorso.

Parrebbe suscettibile di approfondimento la 'latitudine' derogatoria del provvedimento omologo a quello di indizione del concorso, ove incidente su profili che fossero già disciplinati con disposizioni di atto primario.

Aggiunge il comma 3 che i medesimi provvedimenti siano efficaci dalla data di pubblicazione sui siti istituzionali delle singole amministrazioni. Per i concorsi già banditi, è però necessaria la previa pubblicazione di apposito avviso nella Gazzetta ufficiale per i concorsi.

 

Il comma 4 concerne i candidati che si trovino nell'impossibilità a partecipare a una fase delle procedure concorsuali per l'accesso ai ruoli e alle qualifiche delle Amministrazioni sopra dette, a seguito delle misure di contenimento del Covid-19.

Ebbene, su loro istanza questi candidati sono rinviati sostenere le prove nell'ambito del primo concorso successivo alla cessazione di tali misure.

In tal caso, le eventuali risultanze di prove valutative già sostenute entro l'originario concorso sono "prese in considerazione" secondo le disposizioni e i criteri del bando relativo al concorso cui i candidati siano rinviati.

Se idonei, i candidati sono avviati alla frequenza del relativo corso di formazione, ove previsto, qualora siano utilmente collocati nella graduatoria finale di merito di tale ultimo concorso.

Per quanto concerne la decorrenza giuridica ed economica, essa è, per i candidati rinviati ad altro successivo concorso, la medesima degli altri vincitori di quest'ultimo.

 

Il comma 5 prevede che le procedure concorsuali per l'accesso alle qualifiche e ai ruoli del personale delle Amministrazioni qui interessate possano svolgersi, in deroga alla sospensione disposta dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (peraltro, poiché quella sospensione era di sessanta giorni - cfr. l'art. 87, comma 5 del decreto-legge n. 18 citato - la deroga può ritenersi inutiliter data, considerata la decorrenza del presente decreto legge).

Lo svolgimento delle procedure concorsuali deve avvenire nel rispetto di prescrizioni tecniche idonee a garantire la tutela della salute dei candidati, da determinarsi con decreto del Ministro della salute (su proposta del Ministro dell'interno, del Ministro della difesa, del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione).

 

Il comma 6 concerne il "personale delle amministrazioni" delle Forze armate, Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per uno specifico riguardo, la mancata fruizione della licenza ordinaria, del congedo ordinario o delle ferie comunque spettanti, per indifferibili esigenze di servizio connesse con l'emergenza epidemiologica.

In tal caso, si prevede la facoltà di fruire dei giorni di licenza, congedo o ferie residui, entro i dodici mesi successivi ai termini previsti a ordinamento vigente.

Invero si direbbe disposizione non attinente alla materia concorsuale oggetto del presente articolo del decreto-legge.

 

Infine il comma 7 prevede che possano essere effettuate entro il 31 dicembre 2021 le assunzioni di personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco previste, per l'anno 2020, dalle seguenti disposizioni:

§  articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, in relazione alle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno 2019: sono le assunzioni per turn over (dunque nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente, e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell'anno precedente);

§  articolo 1, comma 287, lettera c), della legge n. 205 del 2017: ossia 2.112 unità per l'anno 2020 (entro un più ampio contingente di 7.394 unità su base quinquennale), di cui 550 nella Polizia di Stato, 618 nell'Arma dei carabinieri, 325 nel Corpo della guardia di finanza, 236 nel Corpo di polizia penitenziaria e 383 nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

§  articolo 1, comma 381, lettera b), della legge n. 145 del 2018: ossia 1.320 unità per l'anno 2020 (entro un più ampio contingente di 6.150 unità su base quinquennale), di cui 389 nella Polizia di Stato, 427 nell'Arma dei carabinieri, 227 nel Corpo della guardia di finanza, 277 nel Corpo di polizia penitenziaria;

§  articolo 19, comma 3, del decreto-legge n. 162 del 2019: ossia 50 unità destinate al potenziamento del Comando carabinieri per la tutela ambientale, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, a decorrere dal 1°(gradi) ottobre 2020 (delle quali 25 unità destinate all'incremento del contingente per la tutela dell'ambiente, di cui all'articolo 828 del decreto legislativo n. 66 del 2010, Codice dell'ordinamento militare).


 

Articolo 260
(Misure per la funzionalità delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in
materia di corsi di formazione)

 

 

L’articolo 260 autorizza la rimodulazione, l'anticipata conclusione, la temporanea sospensione o il rinvio dei corsi di formazione per il personale delle Forze armate, le Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Una specifica previsione riceve la riduzione della durata dei corsi di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato.

 

L'articolo disciplina alcuni profili relativi allo svolgimento di corsi di formazione per il personale delle Forze armate, le Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco - onde commisurarli alle peculiari condizioni dettate dall'emergenza da Covid-19.

Specifica il comma 1 siffatte previsioni valgono per la durata dello stato di emergenza (dichiarato dal Consiglio di ministri il 31 gennaio 2020) e fino al permanere di misure restrittive o di contenimento, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.

 

     Ad essere interessati - specifica il comma 2 - sono i corsi di formazione svolti presso ogni tipo di istituto di istruzione, scuola o centro di addestramento.

Per tali corsi, quelle amministrazioni possono disporre:

§  la rimodulazione del corso, al fine di definire le modalità di svolgimento della didattica e degli esami, comprese le procedure di formazione delle relative graduatorie, senza inficiare la validità dei percorsi formativi, "anche in deroga alle disposizioni di settore dei rispettivi ordinamenti" (e in caso di corsi a carattere universitario, previa intesa con gli atenei);

§  la temporanea sospensione del corso ovvero il rinvio, qualora sia prevista una data per il suo inizio.

Siffatte determinazioni sono da assumere con decreto direttoriale o dirigenziale generale, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti - e previa intesa con gli atenei interessati, in caso di corsi a carattere universitario.

Come già rilevato a proposito del comma 2 dell'articolo 259, anche per quest'altro comma parrebbe suscettibile di approfondimento la portata derogatoria di tali determinazioni.

 

Il comma 3 prevede altresì la possibilità di una conclusione anticipata dei corsi di formazione (se a carattere universitario, previa intesa con gli atenei interessati).

Essa interviene allorché lo svolgimento del corso fino ad allora effettuato abbia comunque raggiunto gli obiettivi formativi prescritti dai rispettivi ordinamenti. In tal caso, resta ferma la validità dei corsi e delle prove già sostenute ai fini della formazione delle graduatorie di merito.

Per il personale coinvolto nella anticipata conclusione del corso di formazione, è corrispondentemente aumentata la permanenza per l'accesso alla qualifica o al grado superiore, qualora essa sia prevista decorrere dalla data di conclusione del corso di formazione.

La conclusione anticipata, è disposta con decreto del Ministro competente o con decreto dirigenziale generale.

 

Nell'ipotesi non già di conclusione anticipata bensì di sospensione dei corsi (prevista dal comma 2), il comma 4 prevede siano mantenuti i gradi e le qualifiche possedute dai frequentatori nonché la condizione giuridica degli allievi, con il relativo trattamento giuridico ed economico fino alla ripresa dei corsi.

I frequentatori e gli allievi sono destinati, compatibilmente con il rispettivo stato giuridico, a funzioni ausiliarie del personale già in servizio presso gli uffici, reparti o istituti di interinale assegnazione da individuare a cura di ciascuna Amministrazione - ovvero gli uffici, reparti o istituti di istruzione di provenienza, se i discenti già appartengano ai ruoli dell'Amministrazione.

Per i frequentatori e gli allievi che indi concludano positivamente il corso, il tempo di applicazione del regime di sospensione è considerato valido ai fini della permanenza richiesta per l'accesso alla qualifica o al grado superiore.

 

     Per quanto concerne le assenze dai corsi di formazione - anche se antecedenti l'entrata in vigore del presente decreto, purché riconducibili a motivi comunque connessi alla vicenda epidemiologica in atto - il comma 5 dispone che esse non concorrano al raggiungimento del limite di assenze il cui superamento comporti il rinvio, l'ammissione al recupero dell'anno o la dimissione dai medesimi corsi.

 

     In caso di rinvio o sospensione dei corsi, non se ne tiene conto ai fini del transito interno tra ruoli, il quale dunque ha la giuridica decorrenza - fermi restando i requisiti richiesti per l'iscrizione in ruolo, altri rispetto alla frequenza di un corso - che avrebbe avuto se la sospensione o il rinvio non vi fossero stati. Così prevede il comma 6.

 

Il comma 7 autorizza - per gli anni 2020, 2021 e 2022 - la riduzione della durata dei corsi di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato.

Siffatta diminuzione della durata dei corsi di formazione è disposta con decreto, rispettivamente, del Capo della Polizia-Direttore generale della pubblica sicurezza e del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.

Per gli allievi agenti della Polizia di Stato: rimane fermo il primo semestre finalizzato, previa attribuzione del giudizio di idoneità, alla nomina ad agente in prova. Di contro può essere ridotto nella durata il secondo semestre finalizzato al completamento del periodo di formazione presso gli istituti di istruzione e all'applicazione pratica presso reparti o uffici della Polizia di Stato.

La deroga così autorizzata investe, dell'articolo 6-bis del d.P.R. n. 335 del 1982 ("Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia"), altresì il comma 4 (oltre al comma 1 là dove questo prevede l'articolazione in due semestri), il quale prevede che durante la prima fase del secondo semestre gli agenti in prova permangano presso gli istituti di istruzione per attendere alle attività previste dal piano di studio, ed solo al termine di tale fase, completate e superate tutte le prove d'esame ed ottenuta la conferma del giudizio di idoneità, prestino giuramento e siano assegnati agli uffici dell'amministrazione della pubblica sicurezza, ove svolgono un periodo di applicazione pratica.

Per gli allievi agenti di Polizia, la riduzione della durata del corso di formazione è corredata dalla riduzione del numero massimo di assenze consentite, proporzionalmente alla misura della riduzione di durata.


 

Articolo 261
(Procedure assunzionali per il Dipartimento della protezione civile)

 

 

L’articolo 261 autorizza la Presidenza del Consiglio dei ministri, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali, ad indire procedure di reclutamento per le esigenze del Dipartimento della protezione civile e ad assumere a tempo indeterminato, tramite concorso pubblico ovvero utilizzo di graduatorie vigenti di concorsi pubblici, trenta unità di personale di qualifica non dirigenziale e specializzazione di tipo tecnico.

 

La disposizione in esame interviene per autorizzare l’assunzione di trenta unità di personale in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali con la finalità di assicurare la piena operatività del Servizio nazionale di protezione civile per fronteggiare le crescenti richieste d'intervento in tutti i contesti di propria competenza, nonché con riferimento alle complesse iniziative in atto per la gestione dell’emergenza sanitaria Covid-19.

L’assunzione è autorizzata tramite lo svolgimento di concorso pubblico ovvero mediante utilizzo di graduatorie vigenti di concorsi pubblici.

Il personale in questione è inquadrato nella categoria A, fascia retributiva F1, del ruolo speciale della protezione civile per l'espletamento delle specifiche funzioni di coordinamento in materia di protezione civile. Ai sensi dell’articolo 9-ter del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 sono infatti presenti nell'àmbito della Presidenza del Consiglio i ruoli speciali tecnico-amministrativi del personale dirigenziale e del personale non dirigenziale della Protezione civile.

 

Ai relativi oneri finanziari, pari ad euro 1.166.608 per l’anno 2020 e a euro 1.999.899 a decorrere dall'anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il pubblico impiego (di cui all'articolo 1, comma 365, lettera b), della legge di bilancio 2017, n. 232 del 2016).


 

Articolo 262
(Assunzioni di personale del Ministero
dell’economia e delle finanze)

 

 

L’articolo 262 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad avviare le procedure di reclutamento di 56 unità di personale non dirigenziale, in relazione alle specifiche esigenze connesse alla Presidenza italiana del G20 e allo sviluppo, sperimentazione e messa a regime dei sistemi informativi e delle nuove funzionalità strumentali all'attuazione della riforma del bilancio dello Stato.

 

Il comma 1 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze, in considerazione delle specifiche e straordinarie esigenze di interesse pubblico connesse allo svolgimento delle  attività connesse alla Presidenza italiana del G20[113], ai negoziati europei e internazionali, nonché allo sviluppo, sperimentazione e messa a regime dei sistemi informativi e delle nuove funzionalità strumentali all'attuazione della riforma del bilancio dello Stato, entro il 31 dicembre 2020 avvia le procedure di reclutamento di 56 unità di personale non dirigenziale da inquadrare nel profilo di Area terza (F3), già  autorizzate dall’articolo 19, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2019, n. 41, e dall’articolo 1, comma 1130, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

 

L’articolo 19, comma 1, del decreto-legge n.22 del 2019 ha già autorizzato il MEF, per le attività connesse all'assunzione da parte dell'Italia della presidenza del G20 nel 2021, nonché per potenziare le attività a supporto dei negoziati europei e internazionali sui dossier economico-finanziari e nel rispetto della dotazione organica, per il triennio 2019-2021 - in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali - a bandire apposite procedure concorsuali e ad assumere a tempo indeterminato fino a 30 unità di personale di alta professionalità da inquadrare nel profilo di area terza (F3). La norma prevede che le procedure concorsuali sono svolte mediante concorsi pubblici unici (per esami o per titoli ed esami, in relazione a figure professionali omogenee) organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica per il tramite della Commissione interministeriale per l’attuazione del Progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM).

A tali procedure concorsuali si applicano modalità semplificate (da definire con Decreto del Ministro per la pubblica amministrazione), in deroga alla disciplina in materia di modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi (ex D.P.R. 487/1994), di accesso alla qualifica di dirigente (ex D.P.R. 272/2004) e di reclutamento e formazione dei dipendenti pubblici e delle Scuole pubbliche di formazione (ex D.P.R. 70/2013), e vengono effettuate senza il previo svolgimento delle procedure previste in materia di mobilità volontaria (art. 1, comma 360 legge di bilancio 2019).

Agli oneri assunzionali (pari ad euro 1.310.000 annui a decorrere dall'anno 2020) si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il Pubblico impiego, istituito dalla legge n. 232/2016.

Tali assunzioni possono avvenire, inoltre, in deroga alla normativa vigente (di cui articolo 1, commi 298 e 344, della legge n.145/2018, legge di bilancio per il 2019) che prevede che le assunzioni siano individuate con apposito decreto del Ministro per la P. A. di concerto con il MEF, nonchè l’obbligo per le amministrazioni beneficiarie delle risorse del Fondo per il pubblico impiego di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica e alla Ragioneria generale dello Stato i dati relativi al personale da assumere ed i relativi oneri.

 

In precedenza, l’articolo 1, comma 1130, della legge n.205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018) aveva autorizzato il MEF  all’assunzione di personale a tempo determinato (per finalità di implementazione, sperimentazione e messa a regime dei sistemi informativi, nonché per le funzionalità strumentali all’attuazione della riforma del bilancio) con durata massima di 2 anni non rinnovabili. Tale personale è reclutato con selezioni pubbliche od utilizzo di graduatorie di concorsi pubblici già esistenti, nel limite massimo di 500.000 euro annui, a valere sulle disponibilità di parte corrente dell’autorizzazione di spesa relativa alla realizzazione, gestione e adeguamento delle strutture e degli applicativi informatici per la tenuta delle scritture contabili indispensabili per il completamento della riforma del bilancio dello Stato (di cui all’articolo 1, comma 188, della L. 190/2014).

 

Le procedure di reclutamento si svolgono mediante concorsi per titoli ed esame orale per l’accesso ai quali è richiesto il possesso, oltre che del titolo di studio previsto per il profilo professionale di inquadramento e la conoscenza della lingua inglese, anche di almeno uno dei seguenti requisiti pertinenti ai profili professionali richiesti:

a)   dottorato di ricerca in materie giuridiche o economiche, in diritto europeo e internazionale, o in materia di contabilità e bilancio;

b)   master di secondo livello in materie giuridiche ed economiche concernenti il diritto europeo e internazionale, nonché in materie inerenti la contabilità e il bilancio anche ai fini dello sviluppo e la sperimentazione dei relativi sistemi informativi.

 

Il comma 2 prevede che i bandi di selezione devono stabilire:

a)  i titoli da valutare e i punteggi attribuiti;

b)  lo svolgimento di un esame orale del candidato, anche finalizzato ad accertare la conoscenza della lingua inglese, nonché dell'eventuale altra lingua straniera tra quelle ufficiali dell'Unione europea a scelta del candidato[114], svolto nelle sedi e secondo le modalità che saranno indicate dall’Amministrazione, anche mediante l’utilizzo di strumenti informatici e digitali nel rispetto dei principi inerenti allo svolgimento in modalità decentrata e telematica delle procedure concorsuali recate dall’articolo 249 del presente decreto, garantendo l'identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità.

c) le modalità di composizione delle commissioni esaminatrici.

 

 


 

Sezione III - Disposizioni in materia di lavoro agile e per il personale delle pubbliche amministrazioni

Articolo 263
(Disposizioni in materia di flessibilità del lavoro pubblico
e di lavoro agile)

 

 

L’articolo 263 è finalizzato ad adeguare le misure di limitazione delle presenze del personale delle pubbliche amministrazioni sul luogo di lavoro alle esigenze della progressiva completa riapertura di tutti gli uffici pubblici e a quelle dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali

 

In particolare, al fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, fino al 31 dicembre 2020, adeguano le misure di cui all’art. 87, comma 1, lettera a), del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che limitano la presenza del personale in servizio,  organizzando il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro: a tal fine, ne rivedono l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza. Ulteriori modalità organizzative possono essere individuate con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione (comma 1).

Le suddette amministrazioni si adeguano alle vigenti prescrizioni in materia di tutela della salute adottate dalle competenti autorità: in particolare, la presenza dei lavoratori negli uffici all’estero di pubbliche amministrazioni è consentita nei limiti previsti dalle disposizioni emanate dalle autorità sanitarie locali, fermo restando l'obbligo di mantenere il distanziamento sociale e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali (commi 2 e 4).Esse, inoltre, assicurano adeguate forme di aggiornamento professionale alla dirigenza. L’attuazione delle misure di cui al presente articolo è valutata ai fini della performance (comma 3).

 


 

Capo XIII -  Misure urgenti di semplificazione per il periodo di emergenza Covid-19

Articolo 264
(Semplificazione dei procedimenti amministrativi in relazione all’emergenza COVID-19)

 

 

L’articolo 264, introduce alcune disposizioni tese ad accelerare e semplificare i procedimenti amministrativi, in particolare quelli aventi ad oggetto l’erogazione di benefici economici, avviati in relazione all’emergenza COVID-19.

Alcune misure hanno un’efficacia limitata al 31 dicembre 2020 (comma 1) e riguardano: l’ampliamento della possibilità per cittadini ed imprese di utilizzare le dichiarazioni sostitutive per comprovare tutti i requisiti oggettivi e soggettivi richiesti a corredo delle istanze, anche in deroga alla legislazione vigente in materia (lett. a)); la limitazione dei poteri di autotutela delle PA attraverso l’annullamento d’ufficio, la revoca e i poteri inibitori in caso di SCIA (lett. b) e c) e d)); l’obbligo di adottare entro trenta giorni il provvedimento conclusivo del procedimento nei casi di formazione del silenzio endoprocedimentale tra amministrazioni (lett. e)); semplificazioni per gli interventi, anche edilizi, necessari ad assicurare l’ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all’emergenza sanitaria (lett. f)).

Un secondo gruppo di disposizioni modifica alcune norme del Testo unico di documentazione amministrativa (d.P.R n. 445 del 2000), prevedendo un incremento dei controlli ex post sulle dichiarazioni sostitutive ed un inasprimento delle sanzioni in caso di dichiarazioni mendaci (comma 2, lett. a)). Con ulteriori novelle al Codice dell’amministrazione digitale (d. lgs. n. 82 del 2005) si interviene in materia di fruibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni e di gestione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (comma 2, lett. b) e c)).

Si dispone infine che nell’ambito di verifiche, ispezioni e controlli sulle attività dei privati, la pubblica amministrazione “non può richiedere la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di altra pubblica amministrazione”. È nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso delle PA (comma 2, lettera d)).

 

Le disposizioni introdotte dal comma 1 dell’articolo in esame hanno efficacia, per esplicita previsione normativa, dalla data di entrata in vigore del decreto in commento (19 maggio 2020) e fino al 31 dicembre 2020: si tratta di misure volte a semplificare i procedimenti avviati in relazione all’emergenza COVID-19 a sostegno di cittadini e imprese.

 

Autocertificazioni

La lettera a) del comma 1 dell’articolo in esame dispone che nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l’erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e sospensioni, da parte di pubbliche amministrazioni, in relazione all’emergenza COVID-19, le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445 sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento.

L’ampliamento della possibilità di utilizzare le dichiarazioni sostitutive (c.d. autocertificazioni) da parte dei privati nell’ambito dei procedimenti ampliativi della sfera giuridica è disposta, in chiave di semplificazione e di accelerazione dei tempi procedimentali, anche in deroga ai limiti previsti dai citati articoli 46 e 47 o dalla normativa di settore, che delimitano il ricorso alle dichiarazioni sostitutive a determinati requisiti soggettivi ed oggettivi.

 

La dichiarazione sostitutiva di certificazione è un documento sottoscritto dall'interessato senza nessuna particolare formalità e presentato in sostituzione dei certificati: tali dichiarazioni possono riferirsi solo agli stati, qualità personali e fatti tassativamente elencati nell'articolo 46 del D.P.R. 445/2000. La dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà è il documento, sottoscritto dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, a sua diretta conoscenza e non ricompresi nell'elencazione dell'articolo 46: in questo caso l'atto deve essere sottoscritto con firma autenticata (articolo 47 del Testo unico).

L’elenco degli stati, dei fatti e delle qualità personali attestabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione viene indicato specificamente dall’art. 46 del Testo unico. Si può attestare con dichiarazione sostitutiva di certificazione:

a) data e il luogo di nascita;

b) residenza;

c) cittadinanza;

d) godimento dei diritti civili e politici;

e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;

f) stato di famiglia;

g) esistenza in vita;

h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell'ascendente o discendente;

i) iscrizione in albi, in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;

l) appartenenza a ordini professionali;

m) titolo di studio, esami sostenuti;

n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica;

o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;

p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto;

q) possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell'archivio dell'anagrafe tributaria;

r) stato di disoccupazione;

s) qualità di pensionato e categoria di pensione;

t) qualità di studente;

u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;

v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;

z) tutte le situazioni relative all'adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio;

aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l'applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa;

bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;

bb-bis) di non essere l'ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;

cc) qualità di vivenza a carico;

dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell'interessato contenuti nei registri dello stato civile;

ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.

 

La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà si differenzia da quella sopra descritta per il fatto che con il ricorso ad essa l’interessato non sostituisce una certificazione, ma un atto di notorietà, che appartiene alla categoria delle verbalizzazioni. Ai sensi dell’art. 47 del testo unico, con la dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà possono essere attestati:

§  stati, fatti e qualità personali a diretta conoscenza dell’interessato;

§  stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui si abbia diretta conoscenza, con dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante. Tale principio risponde ad esigenze di certezza del diritto e di rispetto della privacy;

§  fatti, qualità personali e stati a conoscenza del diretto interessato, non compresi nell’elenco dei dati autocertificabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione;

§  lo smarrimento di documenti di riconoscimento o attestanti stati e qualità personali dell’interessato, ai fini del rilascio dei duplicati di documenti, nei casi in cui la legge non preveda la denuncia all’autorità giudiziaria.

 

La disposizione conferma il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, escludendo pertanto che la deroga possa essere ammessa in relazione a quanto previsto dalla normativa richiamata.

 

Procedimenti di autotutela: annullamento d’ufficio e revoca

La lettera b) riduce a tre mesi il termine entro il quale le pubbliche amministrazioni possono procedere all’annullamento d’ufficio dei provvedimenti illegittimi, in deroga alla previsione dell’art. 21-nonies, co. 1, della legge generale sul procedimento amministrativo (L. n. 241 del 1990).

La disposizione riguarda esclusivamente i provvedimenti amministrativi illegittimi “adottati in relazione all’emergenza Covid-19” e fino al 31 dicembre 2020.

 

L’annullamento d’ufficio rimuove il provvedimento di primo grado. Secondo la giurisprudenza consolidata, recepita nella legge 241/1990, i presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d'ufficio, che ha effetti ex tunc, sono l'illegittimità originaria del provvedimento, ex art. 21-octies della legge 241/1990, l'interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione, diverso dal mero ripristino della legalità e l'assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari. L'esercizio del potere di autotutela è espressione di discrezionalità che non esime l'amministrazione dal dare conto, sia pure in modo sintetico, della sussistenza dei menzionati presupposti.

 

Ai sensi dell’art. 21-nonies, co. 1, della L. 241 del 1990 l’annullamento d’ufficio va adottato «entro un termine ragionevole». Tale termine non deve essere comunque superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione del provvedimento di primo grado per i casi di annullamento d’ufficio dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, anche ove si tratti di provvedimenti formatisi a seguito di silenzio-assenso.

La disposizione in esame stabilisce invece un termine di tre mesi per l’annullamento d’ufficio. Il termine decorre dall’adozione del provvedimento espresso ovvero dalla formazione del silenzio assenso.

 

In relazione alla formulazione del testo, la disposizione in esame fa riferimento ai “provvedimenti amministrativi illegittimi ai sensi dell’articolo 21-octies della L. 241 del 1990”, mentre l’articolo 21-novies della L. 241 del 1990 dispone che l’annullamento in via di autotutela è esercitabile solo nei casi ‘classici’ di provvedimento illegittimo per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza, ai sensi dell’articolo 21-octies, comma 1, della legge 241/1990, escludendo al contempo esplicitamente la possibilità di procedere ad annullamento di ufficio nei casi di cui all’articolo 21-octies, comma 2, della legge 241/1990, ossia dei provvedimenti che presentino vizi cd. formali o relativi alla mancata comunicazione di avvio del procedimento (tale modifica è stata introdotta dall’art. 25, co. 1, lett. b-quater, D.L. 133/2014).

In secondo luogo, la disposizione in esame richiama, ai fini dell’annullamento d’ufficio, la “sussistenza delle ragioni di interesse pubblico”, mentre l’articolo 21-novies della L. 241 del 1990 dispone che il provvedimento può essere annullato d'ufficio, non solo in presenza di ragioni di interesse pubblico, ma altresì “tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati”.

 

Tale disciplina, oggetto di ripetuti interventi normativi, è posta a garanzia della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento legittimo di coloro ai quali il provvedimento di primo grado da eliminare abbia recato vantaggio. Ne risulta che per l'annullamento in autotutela degli atti illegittimi, oltre che sussistere un interesse pubblico ulteriore rispetto al ripristino della legalità, è richiesto che l’amministrazione operi un bilanciamento fra gli interessi coinvolti.

 

Al fine di evitare incertezze in sede di applicazione, si valuti l’opportunità di chiarire se la lettera b) individua un’ipotesi autonoma di annullamento d’ufficio ovvero se prevede un rinvio a tutti i presupposti per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela delle PA ex art. 21-novies, L. 241/1990, fatta eccezione per i ridotti limiti temporali all’esercizio del potere.

 

La disposizione infine fa salva (come previsto in via generale dall’art. 21-nonies, co. 2-bis, L. 241 del 1990) l’annullabilità d’ufficio anche dopo il termine di tre mesi qualora i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato. In tal caso, è comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di documentazione amministrativa, adottato con D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

 

Si ricorda che, tra le sanzioni previste dal capo VI, si prevede, qualora dai controlli a campione eseguiti dalle amministrazioni procedenti, emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera (art. 75, D.P.R. 445/2000).

 

La lettera c) prevede un termine di tre mesi entro il quale la PA può intervenire, con poteri inibitori, repressivi e conformativi, sulle attività in relazione all’emergenza Covid-19 avviate sulla base di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), ai sensi degli articoli 19 ss. Della L. 241 del 1990.

 

La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) è una misura di liberalizzazione dell’attività del privato, in quanto sostituisce al potere autorizzatorio della pubblica amministrazione, finalizzato all’emanazione di un atto di consenso all’esercizio dell’attività, il diritto del privato di svolgere un’attività avviandone l’esercizio previa segnalazione. Resta in capo all’amministrazione un potere di controllo, privo di discrezionalità, della corrispondenza di quanto dichiarato dal privato con i presupposti e i requisiti previsti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale.

In base alla disciplina stabilita dall’articolo 19, L. n. 241 del 1990, come più volte modificato[115], la SCIA sostituisce ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi (comma 1). Il campo di applicazione dell’istituto incontra alcune eccezioni nel caso in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per una serie di atti rilasciati dalle amministrazioni preposte ad interessi particolarmente sensibili[116], e per gli atti amministrativi imposti dalla normativa europea. Ai fini della segnalazione, è prevista sul segnalante tutta una serie di obblighi e responsabilità relativi all’accertamento della sussistenza dei presupposti e requisiti[117].

L’interessato può iniziare l’attività oggetto della segnalazione dalla data di presentazione della segnalazione all’amministrazione competente (comma 2).

Al soggetto interessato, dunque, si riconosce la possibilità di dare immediato inizio all’attività, fermo restando l’esercizio dei poteri di controllo e inibitori da parte della pubblica amministrazione, ricorrendone gli estremi.

In particolare, il comma 3 dell'art. 19 della L. 241 del 1990 attribuisce alla PA un triplice ordine di poteri (inibitori, repressivi e conformativi)[118], esercitabili entro il termine ordinario di sessanta giorni dalla presentazione della SCIA; mentre il successivo comma 4 prevede che, decorso tale termine, quei poteri sono ancora esercitabili "in presenza delle condizioni" previste dall'art. 21-novies della stessa L. n. 241 del 1990 (annullamento in autotutela degli atti illegittimi): si ritiene che in virtù di questo rinvio tali poteri sono esercitabili entro i successivi diciotto mesi.

 

Una volta decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di inibitoria, l’amministrazione può comunque vietare la prosecuzione dell’attività, rimuovendone gli effetti, ovvero chiedere al privato di conformarsi alla normativa vigente (comma 4). La possibilità di agire in tal senso è tuttavia condizionata dalla ricorrenza dei presupposti per l’annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della legge.

Il comma 6-bis dell'art. 19 applica questa disciplina anche alla SCIA edilizia, riducendo il termine di cui al comma 3 da sessanta a trenta giorni e prevedendo, inoltre, che, "restano ... ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali".

 

La disposizione in esame riduce a tre mesi, nei casi richiamati in premessa, il termine per l’adozione dei provvedimenti previsti dal comma 4 dell’art. 19 della legge 241 del 1990. Viene specificato che il termine decorre dalla scadenza del termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 3 del medesimo articolo 19.

 

La successiva lettera d) limita la possibilità per le PA di esercitare il potere di revoca in autotutela solo per eccezionali ragioni di interesse pubblico sopravvenuto.

La disposizione, oltre ad avere efficacia temporale limitata (come le altre disposizioni del comma 1, si applica fino al 31 dicembre 2020), riguarda solo i procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l’erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e sospensioni, da parte di pubbliche amministrazioni, in relazione all’emergenza COVID-19 (di cui alla lettera a) del medesimo comma 1).

 

L’art. 21-quinquies, L. n. 241/1990 definisce le condizioni di esercizio del potere di revoca del provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, da parte dell'amministrazione che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.

In particolare, si può ricorrere alla revoca:

§  per sopravvenuti motivi di pubblico interesse:

§  nel caso di mutamento della situazione di fatto solo ove tale mutamento fosse "non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento";

§  per nuova valutazione dell'interesse pubblico originario: questa ipotesi è esclusa per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Ove la revoca di un atto amministrativo incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico (comma 1-bis).

Il potere di revoca non è soggetto a revoca.

 

La lettera e) stabilisce che nei casi in cui la normativa generale prevede meccanismi di silenzio-assenso endoprocedimentale, il responsabile del procedimento è tenuto ad adottare il provvedimento conclusivo del procedimento entro trenta giorni dal formarsi del silenzio. Le ipotesi richiamate dalla norma riguardano:

 

1)   i casi in cui, ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 2, L. 241 del 1990, trova applicazione la disciplina del silenzio assenso tra amministrazioni

La legge 241 del 1990 disciplina il meccanismo di silenzio assenso anche nei rapporti tra amministrazioni pubbliche, nei casi in cui per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi da parte di una pubblica amministrazione sia prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati, di competenza di altre amministrazioni pubbliche ovvero di gestori di beni o servizi pubblici, le amministrazioni o i gestori competenti sono tenuti a comunicare le rispettive decisioni entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, decorso il quale senza che sia stato comunicato l'atto di assenso, concerto o nulla osta, lo stesso si intende acquisito (art. 17-bis, L. 241/1990, introdotto dall'art. 3, L. 124/2015).

 

2)   i casi di conferenza di servizi semplificata ai sensi dell’art. 14-bis, commi 4 e 5 della L. 241 del 1990;

 

In proposito, si ricorda che in caso di conferenza semplificata (in modalità "asincrona", ossia senza riunione, mediante la semplice trasmissione per via telematica, tra le amministrazioni partecipanti, delle comunicazioni, delle istanze con le relative documentazioni e delle determinazioni) è stabilito un termine perentorio, comunque non superiore a 45 giorni (90 per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute), entro il quale le amministrazioni coinvolte sono tenute a rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della Conferenza. Inoltre, la mancata comunicazione delle determinazioni da parte delle amministrazioni coinvolte entro il termine perentorio, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti indicati, equivalgono ad assenso senza condizioni, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'UE richiedono l'adozione dei provvedimenti espressi (art. 14-bis, co. 4).

Scaduto il termine per la comunicazione delle determinazioni, l'amministrazione procedente, entro 5 giorni lavorativi, adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza. La determinazione di conclusione è positiva nel caso siano pervenuti atti di assenso non condizionati, o qualora le condizioni indicate possono essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza: in tali ipotesi, la determinazione sostituisce ad ogni effetto tutti gli atti di assenso di competenza delle amministrazioni coinvolte. La determinazione di conclusione della conferenza sarà negativa in presenza di atti di dissenso non ritenuti superabili ed, in tal caso, avrà l'effetto di rigetto della domanda (art. 14-bis, co. 5).

3)   i casi di conferenza di servizi simultanea, ai sensi dell’art. 14-ter, comma 7 della L. n. 241 del 1990;

 

Nei casi in cui è stata indetta una conferenza simultanea (ossia in modalità sincrona, con riunione in presenza delle diverse amministrazioni coinvolte) i lavori della conferenza si concludono non oltre 45 giorni decorrenti dalla data della prima riunione (90 giorni nel caso in cui siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o della tutela della salute). Entro il termine predetto, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. Anche in questo caso, sono introdotti meccanismi di silenzio assenso: infatti, si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso la propria posizione ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza (art. 14-ter, co. 7).

In proposito, la relazione illustrativa sottolinea che la previsione di cui alla lettera d), intende sottolineare la doverosità di andare avanti per adottare il provvedimento conclusivo, in quanto “nella prassi accade di frequente che la formazione del silenzio non “sblocchi” il procedimento ma si attenda ugualmente l’assunzione di un atto da parte dell’amministrazione coinvolta”.

Interventi per garantire la sicurezza

La lettera f) stabilisce, in via generale, che gli interventi, anche edilizi, necessari ad assicurare l’ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19 sono comunque ammessi, nel rispetto delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di tutela dal rischio idrogeologico e di tutela dei beni culturali.

 

Nella relazione illustrativa annessa al provvedimento in esame si sottolinea che l’intervento della lettera f) “liberalizza (sottraendoli a ogni forma autorizzativa, anche agile) gli interventi che si renderanno necessari nella fase della ripartenza successiva al lockdown, in forza di provvedimenti dell’amministrazione statale, regionale o comunale, per contenere la diffusione del virus. Questa misura consentirà a cittadini e imprese di non trovarsi nella situazione di dovere affrontare ulteriori spese e ritardi per l’avvio o la ripresa dell’attività culturali e del paesaggio”.

Per approfondire le misure di sicurezza emanate per l’emergenza COVID-19 si rinvia al seguente link.

 

La lettera f) definisce, nello specifico, detti interventi, come opere contingenti e temporanee, destinate ad essere rimosse con la fine dello stato di emergenza, e stabilisce che si proceda, attraverso una comunicazione all’amministrazione comunale di avvio dei lavori, asseverata da un tecnico abilitato (CILA, art. 6-bis del TUE - D.P.R 380/2001).

La CILA in questione deve, inoltre, essere corredata da una dichiarazione del soggetto interessato (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà - art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445), attestante che si tratta di opere necessarie all’ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19.

Si specifica inoltre che tali interventi devono essere diversi da quelli disciplinati dall’articolo 6 del Testo unico dell’edilizia (attività di edilizia libera), in quanto quest’ultimi non sono soggetti ad alcuna comunicazione amministrativa.

Attualmente, il TUE prevede cinque regimi amministrativi degli interventi edilizi: l’attività edilizia libera, il permesso di costruire, la segnalazione certificata di inizio attività (Scia), la segnalazione certificata di inizio attività in alternativa al permesso di costruire e la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila).

 

Per quanto sopra previsto, a tutti gli interventi edilizi, che qui sono definiti come opere contingenti e temporanee, in relazione alla dichiarazione dello stato di emergenza COVID-19, si applica la CILA (art. 6-bis TUE), escludendo, in sostanza, l’applicazione delle procedure relative al permesso di costruire e alla SCIA (articoli 10 e 22 del TUE).

In sintesi, la CILA, come la SCIA, è di fatto una comunicazione/segnalazione che il soggetto avente titolo (proprietario o altro soggetto) presenta all’amministrazione comunale, corredata da asseverazione di un tecnico; tuttavia, la CILA, non è sottoposta a un controllo sistematico ex post, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta dall’amministrazione, in quanto relativa a ristrutturazioni cd. “leggere”.

 

Tuttavia, la lettera f), specifica che per i detti interventi è obbligatorio, se ravvisata la necessità, ottenere i titoli abilitativi previsti per i beni culturali, di cui alla parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), rimanendo, comunque, nelle facoltà dell'interessato di chiedere il rilascio degli altri prescritti permessi, autorizzazioni o atti di assenso.

Si ricorda che l’art. 21 del D.Lgs. 42/2004 subordina ad autorizzazione del Ministero per i beni culturali, principalmente, i seguenti interventi: la rimozione o la demolizione, anche con successiva ricostituzione, dei beni culturali; lo spostamento, anche temporaneo, dei beni culturali mobili, lo smembramento di collezioni, serie e raccolte e lo scarto dei documenti degli archivi pubblici e degli archivi privati. Fuori dei casi di cui sopra, l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente (art. 21, comma 4). Qualora gli interventi autorizzati ai sensi dell'art. 21  necessitino anche di titolo abilitativo in materia edilizia, è possibile il ricorso ad una comunicazione di inizio attività, nei casi previsti dalla legge. A tal fine l'interessato, all'atto della denuncia, trasmette al comune l'autorizzazione conseguita, corredata dal relativo progetto (art. 23).

 

La lettera f) dispone, inoltre, la possibilità del mantenimento delle opere edilizie realizzate, che devono essere conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente.

La domanda va presentata entro il 31 dicembre 2020 al comune competente, che si pronuncia con un provvedimento di assenso espresso, da adottare entro sessanta giorni dalla domanda.

È previsto l’accertamento della suddetta conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente e l’esonero dal contributo di costruzione eventualmente previsto.

Le autorizzazioni e gli atti di assenso prescritti sono acquisiti attraverso l’indizione di una conferenza di servizi semplificata (articoli 14 e seguenti della L. n. 241/1990).

L’autorizzazione paesaggistica è rilasciata, ove ne sussistano i presupposti, ai sensi dell’art. 167 del Codice dei beni culturali.

 

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede, all’art. 146, comma 4, il divieto di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi di trasformazione degli immobili o delle aree sottoposti a vincolo paesaggistico.

Il citato divieto investe anche la certificazione di assenza di danno ambientale in quanto tale atto si configura, sotto il profilo sostanziale, come atto equipollente all’autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

Pertanto, non possono essere più rilasciate autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria, né certificazioni di assenza di danno ambientale, intese come atti conclusivi del procedimento sanzionatorio, ma, per le opere realizzate in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica, dovranno essere irrogate le sanzioni amministrative previste dall’art. 167 del Codice.

In generale (art. 167, comma 1) è stabilito l’obbligo della rimessione in pristino per “opere” eseguite in assenza/difformità da autorizzazione paesaggistica.

È altresì previsto (art. 167, comma 4) che possa essere accertata la compatibilità paesaggistica esclusivamente nei seguenti casi:

§  per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

§  per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;

§  per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

Controlli e sanzioni in materia di dichiarazioni sostitutive (comma 2, lett. a)

Il comma 2 dell’articolo in commento reca alcune disposizioni volte, come esplicitamente richiamato, ad assicurare piena attuazione ai principi di cui all’articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (in materia di autocertificazione) e al Testo unico in materia di documentazione amministrativa adottato con DPR 28 dicembre 2000, n. 445 (si cfr. in particolare, art. 43), che non consentono alle pubbliche amministrazioni di richiedere la produzione di documenti e informazioni già in loro possesso (c.d. decertificazione).

 

In merito, si ricorda che a seguito delle modifiche apportate dall’art. 15, comma 1, della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012) all’art. 43 del d.P.R. n. 445 del 2000[119], le singole amministrazioni non possono richiedere atti o certificati concernenti fatti, stati e qualità personali che risultino attestati in documenti già in loro possesso o che esse stesse siano tenute a certificare. Piuttosto, le pubbliche amministrazioni procedenti possono fare ricorso esclusivamente all’accertamento d’ufficio o alle dichiarazioni sostitutive.

Al fine di rendere effettiva questa disposizione e di semplificare realmente i rapporti con la PA, è previsto che le certificazioni rilasciate dalla Pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti siano valide e utilizzabili solo nel rapporto tra privati. Al contrario, in base all’art. 40 D.P.R. n. 445/2000, nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle autocertificazioni.

Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa “costituisce espressione del fondamentale canone costituzionale del buon andamento a cui deve ispirarsi l'azione amministrativa, il principio generale secondo cui le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi non possono richiedere ai privati atti o certificati relativi a stati, qualità personali e fatti attestati in documenti già in possesso della stessa o di altra Amministrazione” (Consiglio di Stato, V sez., sentenza n. 3231 de 2013).

Ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 241 del 1990 in materia di autocertificazione, i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare.

 

In relazione agli obiettivi annunciati, la lettera a) del comma 2 introduce tre modifiche ad alcune disposizioni del Testo unico della documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. n. 445 del 2000, tese a rafforzare il sistema dei controlli sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà, nonché ad inasprire il regime delle sanzioni previste in caso di dichiarazioni mendaci. In particolare:

 

1)   in relazione al regime dei controlli, si modifica il comma 1 dell’articolo 71, stabilendo che le PA procedenti, che sono tenute ad effettuare idonei controlli, sulla veridicità delle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47, effettuano i controlli anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del beneficio, e nei casi di ragionevole dubbio, anche successivamente all’erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni.

 

Restano confermate le previsioni di cui all’art. 71, co. 2 e 3, in base alle quali i controlli riguardanti dichiarazioni sostitutive di certificazione sono effettuati dall'amministrazione procedente consultando direttamente gli archivi dell'amministrazione certificante ovvero richiedendo alla medesima, anche attraverso strumenti informatici o telematici, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi. Nel caso in cui le dichiarazioni presentino delle irregolarità o delle omissioni rilevabili d'ufficio, non costituenti falsità, ne viene data notizia all'interessato, che è tenuto alla regolarizzazione o al completamento della dichiarazione; in mancanza il procedimento non ha seguito.

 

2)   per quanto concerne le sanzioni, viene aggiunta una disposizione all’articolo 75 del Testo unico, che attualmente dispone la decadenza dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera, fermi restando gli eventuali profili penali. Con la novella introdotta dal decreto-legge in esame (che aggiunge il comma 1-bis all’art. 75) si dispone che la dichiarazione mendace comporta anche la revoca degli eventuali benefici già erogati nonché il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni decorrenti da quando l’amministrazione ha adottato l’atto di decadenza. La disposizione precisa che restano comunque fermi gli interventi, anche economici, in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di particolare disagio.

 

La norma dell’art. 75 si inserisce in un contesto in cui alla dichiarazione sullo status o sul possesso di determinati requisiti è attribuita funzione probatoria, da cui il dovere del dichiarante di affermare il vero. Ne consegue che la dichiarazione “non veritiera” nell’ambito della disciplina dettata dalla l. n. 445 del 2000, preclude al dichiarante il raggiungimento dello scopo cui era indirizzata la dichiarazione o comporta la decadenza dall’utilitas conseguita per effetto del mendacio. In tale contesto normativo, in cui la “dichiarazione falsa o non veritiera” opera come fatto, perde rilevanza l’elemento soggettivo ovvero il dolo o la colpa del dichiarante. La novella rafforza le sanzioni ammnistrative per le dichiarazioni mendaci.

 

3)   una terza modifica concerne l’articolo 76, comma 1, che punisce ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal testo unico medesimo. Con la novella introdotta, si prevede l’aumento da un terzo alla metà della pena ordinariamente prevista dal codice penale.

 

La disposizione del codice penale che viene in rilievo è l’articolo 483 (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) che punisce con la reclusione fino a due anni chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a 3 mesi.

Con l’aumento di pena previsto all’art. 76 del TU, le dichiarazioni mendaci potranno essere punite con la reclusione fino a 3 anni.

Condivisione e fruibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni (comma 2, lett. b), c) e d))

La lettera b) del comma 2 introduce alcune modifiche testuali all’articolo 50 del Codice dell’amministrazione digitale, adottato con D.Lgs. n. 82 del 2005, relativo alla disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni.

Una prima modifica riguarda l’articolo 50, comma 2, del CAD, ai sensi del quale in linea generale e fatte salve alcune eccezioni espressamente indicate, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, ogni dato trattato da una pubblica amministrazione è reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l'utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest'ultima, salvo per la prestazione di elaborazioni aggiuntive.

Nell’ambito di tale disposizione è fatto salvo quando disposto dall’art. 43, co. 4 del DPR 445/2000, che obbliga le amministrazioni certificanti a consentire, senza oneri, alle amministrazioni procedenti la consultazione per via telematica dei loro archivi informatici al fine di agevolare l'acquisizione d'ufficio di informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi, elenchi o pubblici registri.

In seguito alla novella, viene ora richiamato anche l’articolo 71 sui controlli in materia di autocertificazioni, modificato ai sensi del comma 2, lett. a)).

 

Si ricorda che ai sensi del comma 1 dell’art. 50 CAD, i dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico.

Si prevede inoltre che le pubbliche amministrazioni nell'ambito delle proprie funzioni istituzionali procedano all'analisi dei propri dati anche in combinazione con altre amministrazioni (o gestori di servizi pubblici per profili di pubblico interesse o società a controllo pubblico), secondo le linee guida dell'AgID (art. 50, comma 2-bis).

Il trasferimento di un dato da un sistema informativo a un altro non modifica la titolarità del dato.

Una seconda modifica aggiunge al citato articolo 50 del CAD, il nuovo comma 2-ter, il quale prevede la predisposizione di accordi quadro attraverso i quali le pubbliche amministrazioni certificanti detentrici dei dati ne assicurano la fruizione da parte delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici.

Attraverso tali accordi dovranno essere definite anche le modalità attraverso le quali le PA detentrici dei dati assicurano conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi, ove ne venga fatta richiesta da parte dei soggetti privati che vi consentono, ai sensi dell’articolo 2 del DPR n. 445/2000 e con le modalità di cui all’articolo 71, comma 4 del medesimo DPR 445, che disciplina le modalità di controllo delle dichiarazioni sostitutive presentate ai privati che vi consentono.

 

Ai sensi del citato art. 2, il D.P.R. n. 445 ha le finalità di disciplinare la formazione, il rilascio, la tenuta e la conservazione, la gestione, la trasmissione di atti e documenti da parte di organi della Pubblica Amministrazione; disciplina, altresì, la  produzione  di  atti  e documenti  agli  organi  della  Pubblica  Amministrazione  nonché ai gestori  di  pubblici  servizi  nei rapporti tra loro e in quelli con l’utenza,  e  ai  privati  che  vi consentono.

In base all’articolo 71, comma 4 del DPR 445, si dispone già oggi che l'amministrazione competente per il rilascio della relativa certificazione, previa definizione di appositi accordi, è tenuta a fornire, su richiesta del soggetto privato corredata dal consenso del dichiarante, conferma scritta, anche attraverso l'uso di strumenti informatici o telematici, della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi.

Il successivo comma 3 prescrive l’obbligo per le amministrazioni di predisporre gli accordi quadro di cui al nuovo articolo 50, comma 2-ter, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame.

 

La lettera c) apporta alcune modifiche all’articolo 50-ter del CAD, introdotto dal D.Lgs. n 217 del 13 dicembre 2017 e che istituzionalizza il progetto di Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), già introdotto nel Piano triennale per l’informatica 2017-2019.

La disposizione richiamata disciplina la promozione della progettazione, dello sviluppo e della sperimentazione di una Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), finalizzata a favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo detenuto dalle amministrazioni pubbliche, per finalità istituzionali, nonché alla condivisione dei dati tra i soggetti che hanno diritto ad accedervi ai fini della semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese, in conformità alla disciplina vigente.

 

Una prima modifica apportata dalla disposizione in esame riguarda la soppressione del riferimento alla “lettera a)”, ovunque ricorra, dal testo dell’art. 50-ter. Tale modifica ha l’effetto di estendere l’operatività della Piattaforma digitale ai dati detenuti non solo dalle PA di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165 del 2001 (richiamate ai sensi dell’art. 2, co. 1 lett. a) del CAD), ma anche ai gestori di servizi pubblici, ivi comprese le società quotate, in relazione ai servizi di pubblico interesse (art. 2, co. 1 lett. b)), nonché alle società a controllo pubblico, come definite nel decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, escluse le società quotate (art. 2, co. 1 lett. c)).

 

Resta invece ferma l’esclusione dal campo di applicazione della Piattaforma per i dati detenuti dalle autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.

 

Ulteriori modifiche sono dirette a sostituire il riferimento al Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale con la Presidenza del Consiglio dei ministri ai commi 2 e 3 dell’art. 50-ter, nella parte in cui individua il soggetto deputato a gestire la Piattaforma.

Con un’ulteriore novella, al comma 2, non si parla più di “sperimentazione” della Piattaforma, bensì di “gestione”.

 

Nella versione previgente, infatti, il comma 2 affidava, in sede di prima applicazione, la sperimentazione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati è al Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale non oltre il 15 settembre 2019.

Ai sensi del successivo comma 3, ai fini dello svolgimento delle funzioni di cui al comma 2, il Commissario straordinario (ora la Presidenza del Consiglio) provvede, nel rispetto dei limiti, delle condizioni e delle modalità stabilite dal Garante per la protezione dei dati personali e dal DPCM di attuazione previsto dal successivo comma 4, ad acquisire i dati detenuti dalle PA, organizzarli e conservarli, nel rispetto delle norme tecniche e delle metodologie idonee a garantire la condivisione dei dati tra le pubbliche amministrazioni stabilite da AgID nelle Linee guida. I soggetti che detengono i dati identificati nel decreto di cui al comma 4, hanno l'obbligo di riscontrare la richiesta del Commissario (ora la Presidenza del Consiglio), rendendo disponibili i dati richiesti senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Tali modifiche fanno seguito all’articolo 8 del D.L. 14 dicembre 2018, n.  135, che ha trasferito al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni del Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale dal 1° gennaio 2020.

 

Si ricorda che il Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale ha operato fino alla fine del 2019. Le sue funzioni sono state trasferite al Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio. In particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2020 sono state trasferite al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni del Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale (D.L. 135/2018, c.d. decreto semplificazioni, art. 8). Si tratta delle funzioni di coordinamento operativo dei soggetti pubblici, anche in forma societaria operanti nel settore delle tecnologie dell'informatica e della comunicazione e rilevanti per l'attuazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, con i connessi poteri di impulso e di coordinamento nei confronti delle pubbliche amministrazioni cui competono tali adempimenti, ivi inclusa l'Agenzia per l'Italia digitale, nonché il potere sostitutivo in caso di inadempienze gestionali o amministrative. A seguito dell'approvazione del DL 135/2018, il Governo ha proceduto alla istituzione del Dipartimento per la trasformazione digitale, quale struttura di supporto al Presidente del Consiglio per la promozione ed il coordinamento delle azioni del Governo finalizzate alla definizione di una strategia unitaria in materia di trasformazione digitale e di modernizzazione del Paese attraverso le tecnologie digitali. Esso dà attuazione alle direttive del Presidente in materia e assicura il coordinamento e l'esecuzione dei programmi di trasformazione digitale (DPCM 19 giugno 2019).

 

La lettera d) dispone, a sua volta, che nell’ambito delle verifiche, delle ispezioni e dei controlli comunque denominati sulle attività dei privati, la pubblica amministrazione “non può richiedere la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di altra pubblica amministrazione”.

Si aggiunge inoltre che è nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso dell’amministrazione procedente o di altra amministrazione.

Tale disposizione sembrerebbe trovare applicazione con riferimento all’intero settore dei controlli pubblici (comunque denominati) sull'attività dei privati, nel quale rientrano i controlli che mirano a verificare l'osservanza, da parte di cittadini e imprese del rispetto di obblighi generali (fiscali, antiriciclaggio, ambientali, di sicurezza sul lavoro, di polizia, ecc.), ovvero i controlli conseguenti ad una precedente attività amministrativa ampliativa ovvero a una disciplina negoziale (autorizzazioni, sovvenzioni, concessioni, contratti), ovvero i controlli delle amministrazioni o di altre autorità pubbliche in funzione di vigilanza e regolazione di settore (nei mercati finanziari e in altri mercati regolati).

Tali tipologie di controllo, ivi incluse le relative norme sanzionatorie, trovano disciplina nelle diverse normative settoriali che, di volta in volta, prevedono obblighi per cittadini e imprese, poteri delle amministrazioni e poteri di regolazione e vigilanza.

 

Relativamente alle previsioni della lettera d), si valuti l’opportunità di precisare il perimetro di applicazione della disposizione, sia in relazione alla tipologia dei controlli ai quali si fa riferimento, sia in relazione all’ambito di applicazione, che viene esteso alla produzione non solo di atti e documenti, ma altresì di informazioni già in possesso delle pubbliche amministrazioni.

 

Il comma 4 prevede che tutte le disposizioni dell’articolo in commento attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione e prevalgono su ogni diversa disciplina regionale.

 

In proposito, si ricorda come la Corte costituzionale ha più volte ricordato (di recente si veda la sentenza n. 9 del 2019) come la riconducibilità delle norme statali vertenti sul procedimento amministrativo (nel caso di specie la disciplina della conferenza dei servizi quale standard strutturale e qualitativo delle prestazioni) ai livelli essenziali delle prestazioni di cui alla lettera m) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione non implichi l’automatica illegittimità delle norme regionali che differiscano da esse tenuto conto della possibilità, per la disciplina regionale, di discostarsi della norme statali per prevedere ulteriori livelli di tutela o, in ogni caso, per definire previsioni che costituiscano uno sviluppo coerente con il livello di tutela offerto dalle norme statali.


 

Articolo 265
(Disposizioni finanziarie finali)

 

 

L’articolo 265 provvede, al comma 1, a precisare gli effetti finanziari del decreto, che vengono indicati coerenti con l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento approvata il 29 aprile 2020 dalla Camera dei Deputati e il 30 aprile 2020 dal Senato della Repubblica con le Risoluzioni di approvazione, a maggioranza assoluta, della Relazione al Parlamento presentata ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012.

Si sostituisce, di conseguenza, l'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2020, che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, con l'allegato al presente decreto-legge (comma 1).

L’articolo dispone, inoltre, l'innalzamento, nello Stato di previsione del MEF dell'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, per l'anno 2020, da 83.000 a 148.330 milioni di euro (comma 2) e la rideterminazione degli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del maggiore ricorso all’indebitamento (comma 3).

I commi 4-6 prevedono l’incremento delle risorse di una serie di fondi: fondo sanitario nazionale, quale concorso al finanziamento delle misure introdotte al titolo I del provvedimento (comma 4); Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (comma 5); Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente (comma 6).

Il comma 7 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri del provvedimento.

I commi 8 e 9 disciplinano il monitoraggio delle risorse destinate alle misure previste dal decreto-legge in esame.

Il comma 10 dispone il trasferimento tempestivo dal bilancio dello Stato all’INPS delle risorse relative alle misure la cui attuazione compete all’INPS.

I commi 11 e 12 riguardano la contabilizzazione delle risorse erogate all’Italia dall’Unione Europea o dalle sue Istituzioni per prestiti e contributi finalizzate ad affrontare la crisi per l’emergenza sanitaria connessa alla Covid-19 e le relative conseguenze sul sistema economico.

Il comma 13 interviene su alcune disposizioni della legge di bilancio per il 2020, disponendo l’eliminazione dell’accantonamento indisponibile di 1 miliardo di euro nel 2020 degli stanziamenti di bilancio, costituito per assicurare il conseguimento degli obiettivi programmatici di bilancio per il 2020, posto che la revisione degli obiettivi programmatici di finanza, per effetto dell’applicazione della c.d. general escape clause, consente ora di rendere nuovamente disponibili le dotazioni di bilancio accantonate.

Il comma 14 provvede a sostituire l’elenco 1, allegato al comma 609 della legge di bilancio 2020, con un nuovo elenco recante gli accantonamenti per il solo anno 2022 costituiti al fine di garantire i risparmi di spesa che dovrebbero derivare dall’attuazione di alcune norme pensionistiche.

Il comma 15 dispone la disapplicazione nell’anno 2020 della disposizione che consente la revoca degli stanziamenti, anche pluriennali, attribuiti alle Amministrazioni a valere sul Fondo investimenti Amministrazioni Centrali e non utilizzati entro 18 mesi dalla loro assegnazione, a salvaguardia degli investimenti.

Per garantire l'immediata attuazione delle disposizioni, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a ricorrere ad anticipazioni di tesoreria.

 

Il comma 1 specifica, in primo luogo, che gli effetti finanziari del decreto sono coerenti con l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento approvata il 29 aprile 2020 dalla Camera dei Deputati e il 30 aprile 2020 dal Senato della Repubblica con le Risoluzioni di approvazione, a maggioranza assoluta, della Relazione al Parlamento presentata ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012.

 

Si ricorda che unitamente al DEF 2020 il Governo ha trasmesso al Parlamento la Relazione che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine (OMT) per la finanza pubblica, ai fini dell'autorizzazione parlamentare allo scostamento di bilancio necessario al finanziamento degli ulteriori interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, adottati dal Governo attraverso il decreto-legge n.34/2020 in esame.

La Relazione è adottata ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, il quale prevede che scostamenti temporanei del saldo strutturale dall'obiettivo programmatico di medio termine (OMT) siano consentiti in caso di eventi eccezionali, sentita la Commissione europea e previa autorizzazione approvata dalle Camere, a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, indicando nel contempo il piano di rientro rispetto all'obiettivo di medio termine

La relazione allegata al DEF segue quella trasmessa dal Governo il 5 marzo 2020 (con la relativa integrazione dell'11 marzo 2020), che a seguito della approvazione parlamentare ha autorizzato uno scostamento di bilancio di 25 miliardi per il 2020, utilizzati a copertura delle misure introdotte con il decreto-legge n.18/2020, cd. "Cura Italia" (v. oltre).

La nuova Relazione, allegata al DEF, interviene dopo la decisione del 20 marzo della Commissione Europea, che ha attenuato i vincoli del Patto di stabilità e crescita (PSC), garantendo la piena applicazione della flessibilità prevista dal Patto e consentendo una temporanea deviazione dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo.

Con la nuova Relazione il Governo richiede al Parlamento l'autorizzazione al ricorso all'indebitamento per l'anno 2020 di 55 miliardi di euro, 24,85 miliardi di euro nel 2021, 32,75 miliardi di euro nel 2022, 33,05 miliardi nel 2023, 33,15 miliardi di euro nel 2024, 33,25 miliardi di euro dal 2025 al 2031 e 29,2 miliardi dal 2032.

In considerazione della natura degli interventi programmati, l'effetto sul fabbisogno delle amministrazioni pubbliche previsto è di 65 miliardi di euro nel 2020, 25 miliardi nel 2021 e pari all'indebitamento netto in ciascuno degli anni successivi.

Sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, in termini di competenza e in termini di cassa, gli effetti del nuovo decreto ammontano a 155 miliardi nel 2020, 25 miliardi nel 2021 e risultano pari a quelli indicati in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in ciascuno degli anni successivi.

Il nuovo livello di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è quindi fissato al 10,4 per cento del PIL nel 2020 e al 5,7 per cento nel 2021.

Quanto al livello del debito pubblico, lo stesso è previsto attestarsi al 155,7 per cento del PIL nel 2020 e al 152,7 per cento del PIL nel 2021.

 

Il comma 1 evidenzia, poi, che il decreto in esame utilizza anche una quota pari a 3.340 milioni di euro del margine disponibile, in termini di fabbisogno, risultante a seguito dell’attuazione del decreto-legge n.18 del 2020 (cd. Decreto Cura Italia) rispetto al ricorso all’indebitamento autorizzato l’11 marzo 2020 con le Risoluzioni di approvazione della Relazione al Parlamento, e della relativa Integrazione, anch’esse presentate ai sensi dell’articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012.

 

La Relazione presentata al Parlamento il 5 marzo 2020, come integrata dalla Relazione trasmessa l'11 marzo, anche esse adottate ai sensi dell’articolo 6 della legge n.243 del 2012, illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine (OMT) per la finanza pubblica, in relazione agli interventi che il Governo ha successivamente assunto con il decreto-legge n.18 del 2020 (cd. Decreto Cura Italia) per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Come previsto dalla legge, la trasmissione al Parlamento della Relazione è stata preceduta dalla comunicazione alla Commissione UE, avvenuta con lettera del 5 marzo 2020. Il pacchetto previsto dalla Relazione del 5 marzo valeva circa 6,3 miliardi di euro sul deficit della pubblica amministrazione. Per effetto di tale spesa aggiuntiva il deficit previsionale per il 2020, già fissato al 2,2 per cento nel con la Nadef 2019, sarebbe aumentato al 2,5 per cento. Successivamente alla Relazione trasmessa al Parlamento il 5 marzo, il Governo, alla luce dell'evoluzione dell'emergenza epidemiologica dei giorni successivi e delle ulteriori stringenti misure d'urgenza nel frattempo adottate, ha trasmesso l'11 marzo al Parlamento una Relazione integrativa, evidenziando la necessità di rafforzare ulteriormente il sostegno al sistema sanitario, ai cittadini e alle imprese, nonché di precostituire le condizioni per avere la disponibilità di risorse aggiuntive volte ad assicurare il finanziamento di eventuali ulteriori iniziative che si rendesse necessario adottare. La nuova Relazione aggiorna la richiesta di autorizzazione all'indebitamento, con un incremento di 13,75 miliardi (circa 0,8 per cento del Pil) da utilizzare nel corso del 2020, rispetto ai circa 6,35 miliardi indicati nel testo inziale. L'obiettivo programmatico di indebitamento netto potrà quindi complessivamente aumentare fino a 20 miliardi, pari all'1,1 per cento di Pil. Per quanto concerne il saldo netto da finanziare, la Relazione del 5 marzo prevedeva incrementi degli stanziamenti per 7,5 miliardi, che portavano il livello del saldo ad aumentare fino a 87 miliardi di euro nel 2020 in termini di competenza e a 136,5 miliardi di euro in termini di cassa. La Relazione integrativa dell'11 marzo porta l'incremento degli stanziamenti da 7,5 a 25 miliardi per il 2020. Pertanto, al previsto incremento fino a 20 miliardi dell'indebitamento netto, dovrebbe corrispondere un aumento fino a 25 miliardi del saldo del bilancio dello Stato.

Lo scostamento di bilancio è stato autorizzato l’11 marzo 2020 con le Risoluzioni di approvazione, a maggioranza assoluta di entrambe le Camere, della Relazione al Parlamento del 5 marzo, e della relativa Integrazione dell’11 marzo.

Per un approfondimento si rinvia all’apposito dossier.

 

Il comma 1, infine, sostituisce l’allegato 1 all’articolo 1, della legge n. 160 del 2019 (Legge di bilancio per il 2020) - come già modificato dall’articolo 126, comma 1, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 - al fine di fissare (mediante rinvio all'allegato 1 al decreto-legge), per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, i nuovi livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e cassa, in coerenza con i nuovi obiettivi fissati dal Documento di economia e finanza (DEF) 2020 e dalle relazioni governative con cui sono stati autorizzati gli scostamenti di bilancio.

 

Nuovo allegato 1 alla legge n.160/2019 (legge di bilancio per il 2020)

(importi in milioni di euro
 – tra parentesi i valori dell’allegato 1 della legge di bilancio 2020)

RISULTATI DIFFERENZIALI

- COMPETENZA -

Descrizione risultato differenziale

2020

2021

2022

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

-259.830
(-104.500)

-82.950
(-56.500)

-72.400
(-37.500)

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

494.670
(339.340)

337.816
(311.366)

336.250
(301.350)


- CASSA -

Descrizione risultato differenziale

2020

2021

2022

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

-309.330
(-154.000)

-135.950
(-109.500)

-122.400
(-87.500)

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

544.170
(388.840)

390.816
(364.366)

386.250
(351.350)

(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

 

Si ricorda che in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), l’articolo 1 della legge di bilancio determina (mediante rinvio ad apposito allegato), i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento. I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

A seguito delle misure adottate con il D.L. n. 18/2020, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario per l’anno 2020 sono stati rideterminati rispetto a quanto originariamente previsto dalla legge di bilancio 2020, per tener conto degli effetti finanziari del decreto-legge, nell’importo di 25 miliardi per il 2020.

La rideterminazione ha riguardato il solo anno 2020, negli importi seguenti:

 

Tabella 1 – Livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato di cui alla legge di bilancio 2020, come modificati dal D.L. n. 18/2020

(importi in milioni di euro)

 

 

2020

2021

2022

Legge di bilancio 2020

Livello massimo del saldo netto da finanziare

Competenza

-79.500

-56.500

-37.500

Cassa

-129.000

-109.500

-87.500

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario

Competenza

314.340

311.366

301.350

Cassa

363.840

364.366

351.350

D.L. 17 marzo 2020, n. 18

Livello massimo del saldo netto da finanziare

Competenza

-104.500

-56.500

-37.500

Cassa

-154.000

-109.500

-87.500

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario

Competenza

339.340

311.366

301.350

Cassa

388.840

364.366

351.350

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dall'articolo 1 della legge di bilancio coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.

 

Il comma 2 aumenta di 65.330 milioni di euro l'importo massimo di emissione di titoli pubblici per l’anno 2020, rispetto al livello stabilito dalla legge di bilancio per il 2020 nello Stato di previsione del MEF, come da ultimo modificato dall’articolo 126, comma 3, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, innalzandolo da 83.000 a 148.330 milioni di euro.

 

Si ricorda che, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 21, comma 11-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009), la legge di bilancio per il 2020 stabilisce il livello massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, in un importo pari a 58.000 milioni di euro per l’anno 2020 (articolo 3, comma 2, L. n. 160/2019).

Il D.L. n. 18/2020 (c.d. cura Italia), all’articolo 126, comma 2, ha innalzato l'importo massimo di emissione di titoli pubblici per l'anno 2020, da 58.000 a 83.000 milioni di euro, in relazione all’autorizzazione all'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 25 miliardi di euro per l'anno 2020, per tener conto degli effetti del decreto, importo che ha inoltre concorso alla rideterminazione in aumento del limite massimo di emissione di titoli di Stato e del livello massimo del ricorso al mercato stabiliti dall'articolo 1 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019).

 

Il comma 3 ridetermina altresì gli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso all’indebitamento di cui al comma 1 primo periodo, nel limite massimo di 119 milioni di euro nel 2020, 1.130 milioni di euro per l’anno 2021, 1.884 milioni di euro nel 2022, 2.625 milioni nel 2023, 3.461 milioni di euro nel 2024, 4.351 milioni di euro dal 2025, 5.057 milioni di euro nel 2026, 5.288 milioni di euro per l’anno 2027, 5.450 milioni di euro nel 2028, 5.619 milioni nel 2029, 5.814 milioni di euro nel 2030 e 5.994 milioni di euro annui a decorrere dal 2031.

Ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, i suddetti importi aumentano a 326 milioni di euro nel 2020, 1.413 milioni per l’anno 2021, 2.136 milioni per l’anno 2022, 2.925 milioni per l’anno 2023, 3.832 milioni per l’anno 2024, 4.747 milioni per l’anno 2025, 5.345 milioni per l’anno 2026, 5.569 milioni per l’anno 2027, 5.815 milioni per l’anno 2028, 6.003 milioni per l’anno 2029, 6.193 milioni per l’anno 2030 e 6.387 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2031.

 

Il comma 4 dispone un incremento, quale concorso al finanziamento degli interventi di cui al titolo I del decreto-legge in esame, del Fondo sanitario nazionale di 500 milioni per l'anno 2021, di 1.500 milioni per il 2022, di 1.000 milioni dal 2023 al 2031.

 

Il comma 5 incrementa di 800 milioni di euro per l'anno 2020 e di 90 milioni a decorrere dall’anno 2021 il Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione.

Il fondo, istituito dall'art. 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (l. n. 190 del 2014), è iscritto sul capitolo n. 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella legge di bilancio il Fondo presenta una dotazione pari a circa 20,2 milioni di euro nel 2020, 66,2 milioni nel 2021, 121,9 milioni nel 2022.

 

Il comma 6 incrementa di 200 milioni di euro per il 2021 il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali di 200 milioni di euro per l’anno 2021.

Il Fondo, previsto dall’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, è allocato sul cap. 7593 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Tale capitolo, nel bilancio 2020, reca uno stanziamento, in termini di sola cassa, pari a 186 milioni per il 2020, 463 milioni per il 2021, 514 milioni per il 2022.

 

Il comma 7 reca la norma di copertura finanziaria delle misure recate dal provvedimento in esame (di cui agli articoli 1, 2, 5, 14, 15, 19, 20, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 36, 38, 40, 42, 43, 44, 48, 49, 52, 65, 67, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 78, 82, 84, 85, 92, 94, 98, 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 111, 112, 115, 119, 120, 123, 124, 125, 129, 130, 133, 136, 137, 143, 145, 147, 152, 153, 157, 175, 176, 177, 178, 179, 180, 181, 182, 183, 184, 186, 187, 188, 189, 190, 195, 196, 197, 198, 199, 200, 201, 202, 204, 209, 210, 211, 214, 219, 222, 223, 225, 227, 230, 231, 232, 233, 235, 236, 238, 239, nonché ai commi 3, 4, 5 e 6 del presente articolo) nei seguenti termini:

a)   quanto a 364,22 milioni di euro per l’anno 2020, a 1.019,8 milioni per l’anno 2021, a 1.138,4 milioni per l’anno 2022, a 273,53 milioni per l’anno 2023, a 138,83 milioni per l’anno 2024, a 129,97 milioni per l’anno 2025, a 125,47 milioni per l’anno 2026, a 1.080,72 milioni per l’anno 2027, a 329,32 milioni per l’anno 2028, a 325,07 milioni per l’anno 2029, a 301,06 milioni per l’anno 2030, a 105,52 milioni per l’anno 2031 e a 99,82 milioni di euro per l’anno 2032 - che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 1.005,57 milioni per l’anno 2020, a 1.445,17 milioni per l’anno 2021 e a 60,62 milioni a decorrere dall’anno 2033 - mediante e corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dagli articoli 1, 2, 5, 19, 20, 22, 23, 48, 95, 103, 115, 119, 129, 133, 136, 137, 141, 157, 176, 211, 219, 235, 238, 255 e 258 del provvedimento medesimo;

b)   quanto a 3 miliardi di euro per l’anno 2021, mediante corrisponde riduzione della dotazione del fondo di cui all’articolo 1, comma 290, legge 27 dicembre 2019, n. 160.

Si tratta del Fondo, costituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione di 3 miliardi di euro per gli anni 2021 e 2022, finalizzato all'attribuzione di rimborsi in denaro a favore di soggetti che fanno uso di strumenti di pagamento elettronici;

c)   per la restante parte, mediante il ricorso all’indebitamento di cui al comma 1.

 

Ai fini della formulazione del comma, si rileva che il comma 7 non reca la quantificazione complessiva degli oneri derivanti dalle norme indicate cui provvede a fornire copertura finanziaria, come richiesto dall’art. 17 della legge n. 196/2009 di contabilità e finanza pubblica.

Si rammenta tuttavia, al riguardo, che in base a quanto esposto nella Relazione il Governo presentata contemporaneamente al DEF 2020 – con la quale si richiede al Parlamento l'autorizzazione al ricorso all'indebitamento per l'anno 2020 di 55 miliardi di euro, 24,85 miliardi di euro nel 2021, 32,75 miliardi di euro nel 2022, 33,05 miliardi nel 2023, 33,15 miliardi di euro nel 2024, 33,25 miliardi di euro dal 2025 al 2031 e 29,2 miliardi dal 2032 – gli effetti sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato del decreto-legge in esame, in termini di competenza e in termini di cassa, ammontano a 155 miliardi nel 2020, 25 miliardi nel 2021 e risultano pari a quelli indicati in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in ciascuno degli anni successivi.

Tali importi sono quelli riportati nell’Allegato 3 della Relazione tecnica, recante gli effetti finanziari delle norme del decreto, che indica un impatto finanziario complessivo dell’articolato sul saldo netto da finanziare, al netto degli interessi, in 154,6 miliardi per il 2020, 25 miliardi per il 2021 e 32,5 miliardi per il 2022.

 

I commi 8 e 9 disciplinano il monitoraggio delle risorse destinate alle misure previste dal decreto-legge in esame.

In particolare, il comma 8 dispone che le risorse destinate a ciascuna delle misure previste dal presente decreto sono soggette ad un monitoraggio da parte del Ministero dell’economia e delle finanze. Sulla base degli esiti del monitoraggio, il Ministro dell’economia, al fine di ottimizzare l’allocazione delle risorse disponibili, è autorizzato ad apportare con propri decreti, sentito il Ministro competente, le occorrenti variazioni di bilancio, provvedendo a rimodulare le predette risorse tra le misure previste dal decreto, ad invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica.

Il comma 9 prevede che, all'esito del monitoraggio di cui al comma precedente, eventuali risorse non utilizzate al 15 dicembre 2020 sono versate dai soggetti responsabili entro il 20 dicembre 2020 ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

 

Si segnala che il comma 8 non specifica le modalità del monitoraggio delle risorse da parte del Ministero dell’economia e delle finanze.

La disposizione, inoltre, rinvia, all’esito del monitoraggio, a decreti del Ministro dell’economia la possibilità di procedere a rimodulazione tra gli stanziamenti di spesa relativi alle misure introdotte dal provvedimento in esame, sentito il Ministro competente.

In merito, si ricorda che la possibilità di effettuare variazioni di stanziamenti di bilancio nel corso della gestione, con decreti del Ministro competente o del Ministro dell’economia, è contemplata dalla legge di contabilità, che ha introdotto tale flessibilità con l'obiettivo, da un lato, di dare alle amministrazioni la possibilità di modulare le risorse assegnate secondo le necessità connesse al raggiungimento degli obiettivi di spesa e, dall’altro, di assicurare una maggiore tempestività nell'erogazione delle risorse e velocizzare i pagamenti, in linea con i tempi previsti dalle norme vigenti. Questa flessibilità di tipo gestionale – disciplinata dai commi da 4 a 4-sexies dell'articolo 33 della legge n. 196/2009 – è tuttavia limitata soltanto tra le dotazioni finanziarie interne a ciascun programma, con esclusione dei fattori legislativi. Di queste variazioni ne viene data comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti.

In via sperimentale, per gli anni 2019-2021, per semplificare e accelerare le procedure di assegnazione di fondi nel corso della gestione, è stato peraltro previsto che tali variazioni di bilancio vengano disposte con decreti del Ragioniere generale dello Stato, anziché con decreto ministeriale (articolo 4-quater del D.L. n. 32/2019).

La rimodulazione delle dotazioni finanziarie di spesa relative ai fattori legislativi è consentita invece alle amministrazioni soltanto in sede di disegno di legge di bilancio, all’interno di ciascuno stato di previsione, ai sensi dell’articolo 23, comma 3, della legge di contabilità, per poter modulare le risorse loro assegnate secondo le necessità connesse al raggiungimento degli obiettivi di spesa, anche in relazione al cronoprogramma di spesa. Anche in sede di disegno di legge di assestamento possano essere proposte variazioni compensative tra le dotazioni finanziarie previste a legislazione vigente, anche tra unità di voto diverse, limitatamente all’anno in corso (art. 33, comma 3, della legge di contabilità).

Il Ministro dell’economa è, inoltre, autorizzato ogni anno con la legge di bilancio (per il 2020, si veda l’articolo 18 della L. 160/2019) a poter effettuare variazioni compensative di bilancio, anche tra diversi stati di previsione, con propri decreti, sentiti i Ministri competenti, con riferimento a specifiche misure. In alcuni casi è prevista la comunicazione dei suddetti decreti di variazioni alle Commissioni parlamentari competenti.

 

Il comma 10 dispone che le risorse destinate all'attuazione da parte dell'INPS delle misure di cui al presente decreto sono tempestivamente trasferite dal bilancio dello Stato all'Istituto medesimo.

 

I commi 11 e 12 riguardano la contabilizzazione delle risorse erogate all’Italia dall’Unione Europea o dalle sue Istituzioni per prestiti e contributi finalizzate ad affrontare la crisi per l’emergenza sanitaria connessa alla Covid-19 e le relative conseguenze sul sistema economico.

In particolare, se ne prevede il versamento sul conto corrente di Tesoreria n. 23211 intestato a «Ministero del Tesoro - Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti CEE», precisando che:

a)   qualora siano destinate a garantire la provvista di liquidità a fronte delle misure autorizzate dai provvedimenti urgenti adottati dal Governo nel corso del 2020, in relazione alla situazione emergenziale in atto, sono versate dal Ministero dell’economia e delle finanze all’entrata del bilancio dello Stato sull’apposito capitolo relativo all’accensione di prestiti;

b)   qualora siano destinate a finanziare interventi connessi alla situazione emergenziale in atto che prevedano contributi a fondo perduto, sono versate dal Ministero dell’Economia e delle finanze all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad apposito fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, da ripartire con uno o più D.P.C.M., su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati.

 

Il comma 13 interviene su alcune disposizioni della legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019), disponendo:

a)   la soppressione dei commi 624 e 625 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2020, che dispongono l’accantonamento indisponibile di risorse in bilancio per 1 miliardo di euro nel 2020 in termini di competenza e di cassa, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi programmatici di bilancio per il 2020.

La revisione degli obiettivi programmatici di finanza pubblica disposti con il DEF, imputabile agli effetti non prevedibili dell’epidemia Covid-19, per effetto dell’applicazione della c.d. general escape clause per l’anno in corso - che consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine – consente di rendere nuovamente disponibili le dotazioni di bilancio accantonate.

Si rammenta che i citati commi 624 e 625 hanno disposto, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi programmatici di bilancio per il 2020, un accantonamento di risorse nel bilancio dello Stato, rese indisponibili per la gestione, per 1 miliardo di euro nel 2020, in termini di competenza e di cassa, secondo quanto indicato nell’apposito elenco allegato (elenco n.2). L’accantonamento ha riguardato unicamente lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze e, in particolare, il Programma 1.4 “Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d’imposta” per 250 milioni e il Programma 23.2 2 “Fondi di riserva e speciali” per 750 milioni. Le norme prevedevano che, una volta verificato l’andamento tendenziale dei conti pubblici con il Documento di economia e finanza 2020, in relazione al raggiungimento degli obiettivi programmatici per l’esercizio 2020, gli accantonamenti potevano essere resi disponibili, in tutto o in parte, con delibera del Consiglio dei ministri, su proposta dell’economia e delle finanze, in sede di presentazione del disegno di legge di assestamento di bilancio.

b)   in coerenza con l’eliminazione dell’accantonamento disposto sopra, la lettera b) reca alcune modifiche al comma 609 della legge di bilancio 2020, al fine di eliminare al suo interno i riferimenti relativi all’accantonamento predetto per l’anno 2020 nonché alle connesse procedure per l’eventuale disaccantonamento a seguito dei monitoraggi. Ciò in quanto, si rammenta, l’accantonamento di cui ai commi 624 e 625 era posto a garanzia anche della riduzione delle dotazioni di bilancio connesse alle minori stime di spesa per l’attuazione delle norme sulla cd. Quota 100.

Si ricorda che il citato comma 609 ha operato, in base ad una revisione delle stime, una riduzione delle risorse iscritte in bilancio ai fini dell'attuazione di alcune norme pensionistiche prevedendo un accantonamento, per un importo equivalente, di alcune dotazioni di bilancio dello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (di cui all'elenco 1 allegato alla legge), al fine di assicurare - di fronte alla suddetta riduzione – il miglioramento dei saldi di finanza pubblica rispetto alle previsioni tendenziali derivante dalla revisione delle stime di spesa per l’attuazione delle norme sulla cd. Quota 100.

Le modifiche apportate al comma 609 sono volte, in particolare, a:

§  riferire al solo anno 2022 l’accantonamento delle dotazioni del bilancio dello Stato, finalizzato ad assicurare il conseguimento del corrispondente miglioramento dei saldi di finanza pubblica rispetto alle previsioni tendenziali delle norme pensionistiche, eliminando l’accantonamento di risorse previsto per il 2021, per il corrispondente miglioramento dei saldi per tale anno;

§  eliminare le date entro cui avrebbe dovuto essere data comunicazione della rendicontazione degli oneri sostenuti, sulla cui base era prevista, con delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e finanze, la progressiva conferma ovvero liberazione degli accantonamenti.

 

Conseguentemente, si provvede altresì a sostituire l’elenco 1 allegato al comma 609, con un nuovo elenco recante gli accantonamenti per il solo anno 2022 (comma 14).

 

Il comma 15 dispone la disapplicazione nell’anno 2020 delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 98, secondo periodo, della legge 30 dicembre 2018, n 145 (legge di bilancio per il 2019), a salvaguardia degli investimenti posti in essere dalle Amministrazioni a valere sulle risorse del Fondo per il rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e lo sviluppo del Paese.

La disapplicazione riguarda la disposizione che prevede, nell’ambito dei D.P.C.M. di riparto del Fondo - istituito dal comma 95 della medesima legge con una dotazione complessiva di circa 43,6 miliardi di euro per gli anni dal 2019 al 2033 – la possibilità di disporre l’eventuale revoca degli stanziamenti, anche pluriennali, attribuiti alle Amministrazioni e non utilizzati entro 18 mesi dalla loro assegnazione, e la loro diversa destinazione nell’ambito delle finalità previste dalla Fondo.

La Relazione tecnica imputa la necessità della norma alle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020, nella considerazione che lo stato emergenziale in atto può influire sulla capacità delle amministrazioni interessate a porre in essere le necessarie operazioni volte all’impiego dei fondi già assegnati per gli anni 2019 e 2020 nei termini previsti dalla richiamata normativa.

 

Il comma 16, infine, rende possibile l'immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto, nelle more dell'emissione dei titoli di cui al comma 1, autorizzando il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a ricorrere ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione, con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa, è effettuata entro la conclusione dell'esercizio 2020.


 

Articolo 266
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 266 dispone in ordine alla entrata in vigore del decreto-legge in esame, stabilita il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, ossia il 20 maggio 2020.

Inoltre, dispone la sua presentazione alle Camere per la conversione in legge, ai sensi dell’articolo 77, 2° comma, Cost.

 

 



[1]     Il comma 8-bis (indicato dal D.Lgs. n. 111 del 2017, ma non dalla norma in esame) consente l’utilizzo in compensazione del minor debito o del maggior credito derivante dalla dichiarazione integrativa a favore.

[2]     "Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi".

[3]     L. Conti, E. Gennari, F. Quintiliani, R. Rassu e E. Sceresini, "L’imposta di soggiorno nei Comuni italiani", Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), Numero 453 – ottobre 2018.

[4]     Effettuate da JFC e riportate da organi di stampa (v. Sole 24 Ore del 26 dicembre 2019).

[5]     "Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale".

[6]     " Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali".

[7]     La relazione tecnica all’A.S. 1766 faceva presente che il Fondo di parte corrente è destinato agli operatori dei settori, mentre il Fondo di parte capitale è destinato a sostenere gli investimenti finalizzati al rilancio degli stessi settori.

[8]     Per la copertura dei relativi oneri, si veda il Dossier n. 284/4 Volume II del 22 aprile 2020.

[9]    Si tratta di Teatro Comunale di Bologna, Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Massimo di Palermo, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro Regio di Torino,  Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, Teatro La Fenice di Venezia, Arena di Verona, Fondazione teatro lirico di Cagliari, Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari.

[10]   Da ultimo, le percentuali a valere sul FUS – valide per il periodo 2018-2020 – per la Fondazione Teatro alla Scala di Milano e l’Accademia di Santa Cecilia (rispettivamente, pari a 16,1% e 6,6%) sono state fissate con DD 13 aprile 2018.

[11]   Secondo il Collegio, infatti, l’Amministrazione, nell’attuare la previsione legislativa, aveva posto in essere una vera e propria “ristrutturazione” del sistema del finanziamento dello spettacolo.

      La medesima sentenza aveva, altresì, annullato anche i successivi atti che avevano portato all’assegnazione dei contributi relativi all’annualità 2015, in favore delle attività teatrali di prosa, ritenendo l’illegittimità anche sostanziale dell’intero sistema di valutazione stabilito dall’art. 5 del DM 1 luglio 2014.

[12]   Da ultimo, il riparto del Fondo tra le diverse tipologie di contributo previste dalla L. 220/2016 è stato disposto, per il 2020, con DM 187 del 22 aprile 2020 (il cui testo sarà disponibile dopo la registrazione della Corte dei conti).

[13]   Rispondendo, il 24 ottobre 2018, nella VII Commissione della Camera, all’interrogazione a risposta immediata 5-00798, il rappresentante del Governo aveva fatto presente che altri due decreti interministeriali, relativi al credito di imposta per le industrie tecniche e di post-produzione (D.I. 359 del 4 agosto 2017) e alle imprese di produzione di videogiochi (D.I. 360 del 4 agosto 2017) erano in attesa dell’autorizzazione della Commissione europea.

[14]   Al riguardo, si ricorda che la relazione tecnica all’A.S. 2287 della XVII legislatura (da cui poi la L. 220/2016) precisava che sarebbero rimasti allocati nello stato di previsione del MEF – pur a seguito dell’istituzione nello stato di previsione del MIBACT del Fondo per il cinema e l’audiovisivo – gli stanziamenti relativi al finanziamento dei crediti d’imposta previsti dalla previgente normativa (capp. 7765 e 3872).

[15]   Per il 2019, anno nel quale Matera è stata designata Capitale europea della cultura, non è stato previsto il conferimento del titolo italiano.

[16]   Qui il sito dedicato alle capitali italiane della cultura.

[17]   Per “diritti connessi” al diritto d’autore si intendono i diritti riconosciuti non direttamente all’autore, ma ad altri soggetti comunque collegati o affini (indicati nel Titolo II della L. 633/1941). I diritti connessi più importanti sono quelli spettanti agli artisti interpreti ed esecutori, ai produttori di dischi fonografici o supporti analoghi, ai produttori di opere cinematografiche o audiovisive, alle emittenti radiofoniche e televisive.

[18]   Al decreto è allegata la relazione del collegio dei revisori dell’ente datata 17 settembre 2008, che dà conto delle criticità.

[19]   Il Governo, in sede di risposta nell’Assemblea della Camera, il 19 maggio 2010, all’interrogazione a risposta immediata n. 3-01070, aveva evidenziato che “il profondo stato di crisi in cui versava l’Istituto era dovuto non solo al mancato svolgimento della funzione di accertamento e ripartizione dei diritti fra i legittimi titolari, ma anche alla scarsa funzionalità delle procedure di ripartizione delle somme acquisite dall’Istituto”. In argomento, si veda anche la risposta del Governo nell’Assemblea della Camera, il 14 gennaio 2010, all’interpellanza urgente n. 2-00524.

[20]   Si tratta di: Avv. Giovanni Galoppi, con funzioni di impulso e di coordinamento della struttura, Prof. Enrico Laghi e Avv. Giuseppe Tepedino.

[21]   Il nuovo IMAIE determina l'ammontare dei compensi spettanti agli artisti, interpreti ed esecutori, conformemente allo statuto ed ai regolamenti attuativi dello stesso (qui lo statuto approvato dall’assemblea dei delegati il 4 luglio 2019. Qui i link ai regolamenti operativi).

      Al nuovo IMAIE è stato trasferito, dalla data di costituzione, il personale di IMAIE in liquidazione.

Nel sito del nuovo IMAIE è pubblicato, per 1.095 giorni consecutivi, l'elenco degli aventi diritto, distintamente per ciascun trimestre, con la indicazione, per ciascun avente diritto, del periodo cui si riferisce il compenso e del produttore di fonogrammi che ha versato lo stesso.

[22]   Per completezza, si ricorda che l'attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore è stata liberalizzata con l’art. 39, co. 2, del D.L. 1/2012 (L. 27/2012), intervenuto allo scopo di favorire la creazione di nuove imprese nel settore della tutela dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori, mediante lo sviluppo del pluralismo competitivo e consentendo una maggiore economicità di gestione, nonché l’effettiva partecipazione e il controllo da parte dei titolari dei diritti.

[23]   Con riferimento ai punti vendita non esclusivi, con Risoluzione n. 537007 del 7 febbraio 2018 la competente Direzione generale del Ministero dello sviluppo economico ha fatto presente che l’utilizzo della congiunzione “o” all’art. 2, co. 1, lett. b), del d.lgs. 170/2001 (intervenuta con il D.L. 50/2017, a fronte dell’”ovvero” precedentemente previsto), stante il contesto al quale la definizione dei punti di vendita non esclusivi è riferibile, appare finalizzata a garantire ai soggetti titolari di tali punti vendita la possibilità di optare per la vendita di una sola delle due tipologie di prodotti editoriali, ossia i quotidiani e i periodici, e ciò senza conseguenze sulla eventuale opzione di venderli entrambi.

[24]   Al Fondo affluiscono:

- le risorse statali destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica;

- le risorse statali destinate all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale;

- le somme derivanti dal gettito annuo di un contributo di solidarietà, pari allo 0,1% del reddito complessivo dei: concessionari della raccolta pubblicitaria sulla stampa quotidiana e periodica, sui mezzi di comunicazione radiotelevisivi e digitali; società operanti nel settore dell'informazione e della comunicazione che svolgono raccolta pubblicitaria diretta; altri soggetti che esercitano l'attività di intermediazione nel mercato della pubblicità attraverso la ricerca e l'acquisto, per conto terzi, di spazi sui mezzi di informazione e di comunicazione, con riferimento a tutti i tipi di piattaforme trasmissive, compresa la rete internet.

Inoltre, la L. di bilancio 2019 (L. 145/2018: art. 1, co. 90) ha stabilizzato la previsione – già vigente per il 2017 e il 2018 – secondo cui la metà delle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone RAI (c.d. extra gettito) è riversata all’Erario, per essere destinata, fino ad un importo massimo di € 125 mln annui, al finanziamento del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione.

Da ultimo, l’art. 1, co. 389-392, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato il Fondo di € 20 mln annui dal 2020 ai fini della concessione di contributi a favore delle scuole statali e paritarie e di alcune categorie di studenti, per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste scientifiche e di settore. L’importo complessivo dei contributi, nel limite indicato, è fissato annualmente dal DPCM che stabilisce la destinazione delle risorse del Fondo ai diversi interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[25]  Per il 2017 è intervenuto il DPCM 12 ottobre 2017, per il 2018 è intervenuto il DPCM 17 aprile 2018, per il 2019 è intervenuto il DPCM 6 maggio 2019. Da ultimo, l’art. 3-bis del D.L. 59/2019 (L. 81/2019), nel prevedere che alla copertura degli oneri derivanti dagli incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici e sulle emittenti radiofoniche e televisive locali, si provvede, a regime, mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, nel limite complessivo stabilito ogni anno con il DPCM che ripartisce le risorse fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, ha disposto che tale DPCM deve essere emanato entro il 31 marzo di ogni anno. Il DPCM relativo al 2020 non risulterebbe, tuttavia, intervenuto.

[26]   Per il 2017 è intervenuto il DPCM 27 novembre 2017, che ha ripartito € 114.429.960; per il 2018 è intervenuto il DPCM 18 ottobre 2018, che ha ripartito € 112.589.609; per il 2019 è intervenuto il DPCM 29 ottobre 2019, che ha ripartito € 143.316.7127,50.

[27]   L’art. 2, co. 1, lett. b), del d.lgs. 70/2017 dispone che tale categoria di imprese editrici può beneficiare dei contributi limitatamente ad un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della L. 198/2016.

[28]   La prima rata non è corrisposta se inferiore a € 2.500.

[29]   La richiamata norma generale fa riferimento anche al concerto con altri Ministeri competenti (non sussistenti nel caso dell'INPGI).

[30]   Non sono specificati le procedure di individuazione dei programmi oggetto di accantonamento e di indisponibilità (nonché di determinazione dei relativi importi) né i termini e le modalità per l'eventuale ripristino delle risorse (per l'ipotesi in cui le norme regolamentari non vengano adottate nel relativo anno di riferimento).

[31]   I datori di lavoro sono tenuti ad inviare all'INPS tutti i dati necessari per il pagamento diretto dell'integrazione salariale, secondo la disciplina prevista, in particolare, dal comma 6 dell’articolo 22. Trascorso inutilmente il termine posto per tale invio, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

[32]   Si ricorda che l’articolo 17 della L. 84/1994 citato disciplina la fornitura del lavoro portuale temporaneo per le imprese operanti nell’ambito delle operazioni e servizi portuali, nonché di concessione delle banchine per effettuare tali attività. Le Autorità di sistema portuale (o, laddove non istituite, le autorità marittime) autorizzano l'erogazione delle suddette prestazioni da parte di un’impresa, la cui attività deve essere esclusivamente rivolta alla fornitura di lavoro temporaneo per l'esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali, da individuare secondo una procedura accessibile ad imprese italiane e comunitarie. Le suddette autorità possono sospendere l'efficacia dell’autorizzazione concessa o, nei casi più gravi, revocarle allorquando accertino la violazione degli obblighi nascenti dall'esercizio dell'attività autorizzata.

[33]   Secondo le modalità di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, previste dai capi 1 e 2 in materia di sanzioni amministrative.

[34]   Di cui all’articolo 37 della l. n.88/1989, che istituisce, appunto, presso l'INPS la Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali.

[35]   Ai sensi dell'articolo 2 del D.M. 18 marzo 1996 (Norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio degli impianti sportivi) per "impianto sportivo" si intende come l'insieme di uno o più spazi di attività sportiva dello stesso tipo o di tipo diverso, che hanno in comune i relativi spazi e servizi accessori, preposto allo svolgimento di manifestazioni sportive. L'impianto sportivo comprende: a) lo spazio o gli spazi di attività sportiva; b) la zona spettatori; c) eventuali spazi e servizi accessori; d) eventuali spazi e servizi di supporto. Si veda altresì quanto previsto dal Regolamento del CONI 6 maggio 2008, (delibera n. 149).

[36]   Il D.P.C.M. 17 maggio 2020, attuativo sia del decreto-legge n. 19 del 2020 sia del decreto-legge n. 33 del 2020 ed efficace fino al 14 giugno 2020, ha stabilito, per quanto qui di interesse:

-        la ripresa dell'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere svolte presso palestre, piscine, centri e circoli sportivi, pubblici e privati, ovvero presso altre strutture, nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, a decorrere dal 25 maggio 2020, ferme restando decisioni diverse delle Regioni. A tali fini, sono emanate linee guida a cura dell'Ufficio per lo Sport (articolo 1, comma 1, lettera f));

-        la ripresa dell'attività sportiva o motoria all'aperto, anche presso aree attrezzate e parchi pubblici (articolo 1, comma 1, lettera d));

-       la sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati (articolo 1, comma 1, lettera e)), fatte salve disposizioni specifiche per l'allenamento degli atleti.

[37]   La tabella viene aggiornata al 30 giugno, al 30 settembre e al 31 dicembre di ogni anno. La situazione al 31 dicembre viene pubblicata all’inizio del mese di maggio dell’anno successivo, tenuto conto dei tempi tecnici necessari alla chiusura contabile annuale del FUG ed all’approvazione del Rendiconto annuale della gestione del Fondo (art. 6, comma 5, del DM n. 127/2009).

[38]   La tabella viene aggiornata al 30 giugno, al 30 settembre e al 31 dicembre di ogni anno. La situazione al 31 dicembre viene pubblicata all’inizio del mese di maggio dell’anno successivo, tenuto conto dei tempi tecnici necessari alla chiusura contabile annuale del FUG ed all’approvazione del Rendiconto annuale della gestione del Fondo (art. 6, comma 5, del DM n. 127/2009).

[39]   Si vedano al riguardo il paragrafo 4.2 della Nota 44/Ue (paragrafo 4.2), la Nota 44/3 (paragrafo 4.3.1) e la Nota 44/7 (paragrafo 4.3) a cura del Servizio studi del Senato.

[40]   Relativamente al credito all'esportazione, il 27 marzo scorso la Commissione europea ha adottato modifiche alla Comunicazione sull'assicurazione del credito all'esportazione a breve termine, decidendo di considerare fino al 31 dicembre 2020 tutti i paesi elencati nell'allegato (tutti gli Stati membri più 8 paesi dell'OCSE) come temporaneamente non assicurabili sul mercato. Ciò consentirà quindi agli assicuratori statali di tutti i paesi di intervenire e di fornire un'assicurazione per il rischio di credito all'esportazione (si veda al riguardo anche il paragrafo 4.2.2 della Nota UE n. 44_2 a cura del Servizio Studi del Senato).

 [41]  Per maggiori dettagli si veda il Dossier n. 232, vol I, a cura del Servizio Studi del Senato.

 [42]  Per maggior dettagli si veda il Dossier n. 232, vol II, a cura del Servizio Studi del Senato.

[43]   Si vedano, per maggiori dettagli, il regolamento (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013 della Commissione, del 18 dicembre 201 , relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» e il regolamento (UE) n. 717/2014 relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell'acquacoltura.

[44]   Con tale locuzione si fa riferimento ai lavoratori dipendenti, pubblici o privati - con esclusione di quelli iscritti a forme pensionistiche obbligatorie gestite da soggetti di diritto privato -, nonché agli altri lavoratori, diversi da quelli subordinati, iscritti alle relative gestioni pensionistiche dell'INPS. Si precisa che il riferimento all'assicurazione generale obbligatoria contenuto nel testo comprende anche le gestioni speciali INPS relative ai lavoratori autonomi.

[45]   In virtù della rideterminazione del numero dei membri operata dall'art. 12, comma 1, lettera a), del D.L. 91/2014.

[46]   Ogni soggetto può partecipare alla procedura straordinaria in un’unica regione sia per il sostegno, sia per una classe di concorso.

[47]   In base all’art. 17, co. 1 e 2, del d.lgs. 59/2017 – come modificato dalla L. 145/2018 – ai soggetti iscritti nelle GAE è destinato, annualmente, il 50% dei posti vacanti e disponibili.
Per il restante 50%, si procede mediante scorrimento delle graduatorie di merito dei seguenti concorsi:

- concorsi ordinari banditi nel 2016 ai sensi dell’art. 1, co. 114, della L. 107/2015;

- concorso (straordinario) riservato ai docenti abilitati bandito nel 2018 ai sensi del co. 3 dello stesso art. 17, alle quali, al netto dei posti coperti con le graduatorie dei concorsi ordinari banditi nel 2016, è destinato il 100% dei posti per gli a.s. 2018/2019 e 2019/2020, l'80% per gli a.s. 2020/2021 e 2021/2022, il 60% per gli a.s. 2022/2023 e 2023/2024, il 40% per gli a.s. 2024/2025 e 2025/2026, il 30% per gli a.s. 2026/2027 e 2027/2028 e il 20% per i bienni successivi, sino a integrale scorrimento di ciascuna graduatoria di merito regionale;

- futuri concorsi ordinari, ai quali sono destinati i posti non coperti con le graduatorie dei concorsi banditi nel 2016 e nel 2018.

All'avvenuto esaurimento delle GAE per ciascuna provincia, i posti destinati alle medesime sono coperti con le suddette graduatorie di merito.

[48]   Qui l’allegato A: prospetto ripartizione posti. Qui l’allegato B: prospetto aggregazioni territoriali. Qui l’allegato C: programmi prova scritta. Qui l’allegato D: tabella dei titoli valutabili.

[49]   Con DPCM 31 marzo 2020 il Ministero dell'istruzione è stato autorizzato ad avviare le procedure concorsuali per esami e titoli per il reclutamento di 25.000 posti di personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado, per gli a.s. 2020/2021 e 2021/2022.

[50]   Ciascun candidato può concorrere in una sola regione e per una sola classe di concorso, distintamente per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, nonché per le distinte e relative procedure sul sostegno.

[51]   Qui l’allegato 1: prospetto ripartizione posti. Qui l’allegato 2: prospetto aggregazioni territoriali.

[52]   La tabella E della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha, poi, disposto un rifinanziamento per € 50 mln nel 2017, € 150 mln nel 2018 ed € 1.500 mln annui dal 2019.

      Successivamente, la L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), operando un rifinanziamento direttamente nella sez. II, ha appostato sul cap. 7106 € 220 mln per ciascuno degli anni del triennio 2018-2020.

[53]   La programmazione nazionale per il triennio 2015-2017 è stata predisposta con DM 29 maggio 2015, n. 322 ed è stata aggiornata, per il 2016, con DM 14 ottobre 2016, n. 790 e, per il 2017, con DM 13 marzo 2018, n. 216.

[54]   La programmazione nazionale per il triennio 2018-2020 è stata predisposta con DM 12 settembre 2018, n. 615 e rettificata, per le regioni Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Toscana, Valle d'Aosta e Veneto – a seguito, fra l’altro, di errori riscontrati nella denominazione degli enti o dei progetti o in virtù di ricorsi amministrativi o giurisdizionali proposti dagli enti locali e accolti dalle rispettive regioni – con DM 10 dicembre 2018, n. 849. L’aggiornamento per l’annualità 2019 è stato adottato con DM 681 del 30 luglio 2019.

[55]   L’art. 4, co. 177-bis, della L. 350/2003 prevede, in particolare, che, in sede di attuazione di disposizioni legislative che autorizzano contributi pluriennali, il relativo utilizzo, anche mediante attualizzazione, è disposto con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli previsti dalla legislazione vigente. In caso si riscontrino effetti finanziari non previsti a legislazione vigente gli stessi possono essere compensati a valere sulle disponibilità del Fondo per la compensazione degli effetti conseguenti all'attualizzazione dei contributi pluriennali.

[56]   Tale termine non si applica in caso di pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini.

[57]   Le risorse sono state allocate sul cap. 7105 dello stato di previsione dell’allora MIUR. Al riguardo, si ricorda che, a seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

      Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

[58]   L’OPCM n. 3274 del 20 marzo 2003 ha previsto la classificazione del territorio nazionale in 4 zone a pericolosità sismica decrescente: zona 1 (la zona più pericolosa, in cui possono verificarsi fortissimi terremoti); zona 2 (in cui possono verificarsi forti terremoti); zona 3 (in cui possono verificarsi forti terremoti ma rari) e zona 4 (la zona meno pericolosa, in cui i terremoti sono rari). Nel sito del Dipartimento della Protezione civile è disponibile l'elenco dei provvedimenti di classificazione adottati a livello regionale.

      Inoltre, ha introdotto l'obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso.

[59]   L’art. 20-bis del D.L. 8/2017 (L. 45/2017) ha destinato alle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici situati nelle zone sismiche 1 e 2, nonché alla progettazione dei relativi eventuali interventi di adeguamento antisismico, le risorse non utilizzate di cui all’art. 1, co. 161, della L. 107/2015, disponendo che almeno il 20% delle stesse doveva essere riservato alle quattro regioni interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.

      Ha, inoltre, stabilito – a seguito delle modifiche apportate, da ultimo, dall'art. 6, co. 5-novies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) – che, entro il 31 dicembre 2021, ogni immobile adibito ad uso scolastico situato nelle zone sismiche 1 e 2 deve essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica, con priorità per quelli situati nei comuni compresi negli allegati del D.L. 189/2016, relativo alle regioni interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.

[60]  A seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

[61]   Più ampiamente, si veda dossier n. 284/4, vol. II, del 22 aprile 2020.

[62]   Le funzioni amministrative e legislative statali in materia di Università degli studi di Trento sono state delegate alla provincia autonoma di Trento dall’art. 2, co. 122, della L. 191/2009. I contenuti della delega sono stati specificati con il d.lgs. 142/2011.

[63]   Il contributo può essere differenziato per i diversi corsi di laurea e di laurea magistrale.

[64]   L’art. 9 del d.lgs. 68/2012 ha disposto che, ai fini della graduazione dell'importo dei contributi, le università statali e le istituzioni AFAM valutano la condizione economica degli iscritti e possono tenere conto dei differenziali di costo di formazione riconducibili alle diverse aree disciplinari.

      Ha, altresì, previsto l'esonero totale dal pagamento per gli studenti in possesso dei requisiti per l'accesso alle borse di studio, gli studenti disabili con un'invalidità pari almeno al 66%, gli studenti stranieri beneficiari di borsa di studio erogata dal Governo italiano nell'ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo e degli accordi intergovernativi culturali e scientifici, gli studenti costretti a interrompere gli studi a causa di infermità gravi e prolungate (per il periodo di infermità), gli studenti che intendono ricongiungere la carriera dopo un periodo di interruzione.

      Le università statali e le istituzioni AFAM – nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio – possono disporre autonomamente ulteriori esoneri (totali o parziali) dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari, tenuto conto della condizione economica degli studenti, in favore di studenti diversamente abili con invalidità inferiore al 66%, studenti che concludono gli studi entro i termini previsti dai rispettivi ordinamenti con regolarità nell'acquisizione dei crediti previsti dal piano di studi, studenti che svolgono una documentata attività lavorativa.

      Ha, infine, previsto che le università non statali legalmente riconosciute devono riservare una quota del contributo statale di cui alla L. 243/1991 per l'esonero totale in favore degli studenti in possesso dei requisiti di accesso alla borsa di studio e degli studenti disabili con invalidità superiore al 66%, nonché per eventuali ulteriori esoneri autonomamente stabiliti. Al tal fine, con il riparto dei contributi di cui alla L. 243/1991 sono definiti specifici incentivi che tengono conto dell'impegno nelle politiche per il diritto allo studio.

[65]   Ad esempio, nel caso di uno studente con ISEE pari a € 14.000, il contributo non può superare € 70; nel caso di uno studente con ISEE pari a € 30.000, il contributo non può superare € 1.190.

[66]   Ad esempio, nel caso di uno studente con ISEE pari a € 14.000, il contributo non può superare € 200; nel caso di uno studente con ISEE pari a € 30.000, il contributo non può superare € 1.785.

[67]   L’art. 12 del D.L. 91/2017 (L. 123/2017) ha stabilito che per costo standard per studente delle università statali si intende il costo di riferimento attribuito al singolo studente iscritto entro la durata normale del corso di studio, determinato tenuto conto della tipologia di corso, delle dimensioni dell'ateneo e dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università.

Ha definito, altresì, i criteri sulla base dei quali è determinato (ed eventualmente aggiornato) il modello di calcolo del costo standard per studente, che, in particolare, attengono ai costi del personale docente, dei docenti a contratto, del personale tecnico-amministrativo, nonché ai costi di funzionamento e gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio, prevedendo anche alcuni meccanismi perequativi, al fine di tenere conto dei differenti contesti economici e territoriali in cui l’università si trova ad operare.

Il modello di calcolo è determinato con decreto del Ministro (ora, a seguito del D.L. 1/2020-L. 12/2020) dell’università e della ricerca, che stabilisce anche la quota del FFO da ripartire tra gli atenei in base al criterio del costo standard per studente.

Per il triennio 2018-2020 è intervenuto il DM 8 agosto 2018, n. 585. In particolare, il DM ha stabilito che la percentuale di FFO, al netto degli interventi con vincolo di destinazione, da ripartire sulla base del costo standard è del 22% per il 2018, del 24% per il 2019 e del 26% per il 2020.

Qui la tabella di determinazione del costo standard per singolo ateneo relativa al 2018.

Qui la tabella di determinazione del costo standard per singolo ateneo relativa al 2019.

[68]   In particolare: servizi abitativi e di ristorazione, attività a tempo parziale, trasporti, assistenza sanitaria, accesso alla cultura, servizi di orientamento e tutorato, servizi per la mobilità internazionale, materiale didattico, nonché, per gli studenti meritevoli, anche se privi di mezzi, in possesso di determinati requisiti, borse di studio.

[69]   La misura minima della tassa regionale è fissata, rispettivamente per le diverse fasce, in € 120, € 140 e € 160. Le regioni e le province autonome possono stabilire l'importo della tassa fino ad un massimo di € 200 (da aggiornare annualmente, in base al tasso di inflazione programmato). Qualora non vi provvedano, la stessa è fissata in € 140.

[70]   L'impegno delle regioni in termini maggiori è valutato attraverso l'assegnazione di specifici incentivi nel riparto del Fondo integrativo statale e del Fondo per il finanziamento ordinario alle università statali che hanno sede nel relativo territorio.

[71]  A seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

[72]   Il bando per l'ammissione deve indicare i criteri di accesso e di valutazione dei titoli, nonché le eventuali prove scritte, inclusi test riconosciuti a livello internazionale, o prove orali previste.

[73]   In particolare, i regolamenti prevedono la possibilità di attribuire gli assegni mediante le seguenti procedure:

a) pubblicazione di un unico bando relativo alle aree scientifiche di interesse del soggetto che intende conferire gli assegni, seguito dalla presentazione, da parte dei candidati, dei progetti di ricerca, corredati dei titoli e delle pubblicazioni, valutati da parte di un'unica commissione, che può avvalersi di esperti revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni al soggetto medesimo e che formula, sulla base dei punteggi attribuiti, una graduatoria per ciascuna delle aree interessate;

b) pubblicazione di bandi relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti, secondo procedure stabilite dal soggetto che intende conferire gli assegni.

[74]   La titolarità dell'assegno non è compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca con borsa o specializzazione medica, in Italia o all'estero, e comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.

[75]  A seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

[76]   La relazione tecnica precisava che le riscossioni ed i pagamenti per la ricerca, oggetto di esclusione, si riferiscono esclusivamente alle riscossioni ed ai pagamenti direttamente imputabili all’attività progettuale degli atenei.

[77]   Riguardo alla disciplina dell'Osservatorio, cfr. l'articolo 43 del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, e l'articolo 1, comma 470, della L. 27 dicembre 2019, n. 160. In merito alla composizione dello stesso organo, cfr. infra.

[78]   In base alla normativa applicata per tale composizione (normativa di cui ai commi 3 e 4 del citato articolo 43 del D.Lgs. n. 368), l'Osservatorio nazionale è costituito - oltre che dal presidente, nominato d'intesa fra il Ministro della salute ed il Ministro dell'università e della ricerca - da:

      a) tre rappresentanti del Ministero dell'università e della ricerca;

      b) tre rappresentanti del Ministero della salute;

      c) tre presidi della facoltà di medicina e chirurgia, designati dalla Conferenza permanente dei rettori;

      d) tre rappresentanti delle regioni, designati dalla Conferenza permanente dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano;

      e) tre rappresentanti dei medici in formazione specialistica. Una norma transitoria - finora applicata - prevede che, fino alla data dell'elezione dei rappresentanti (con modalità definite con decreto del Ministro dell'università e della ricerca) da parte degli studenti iscritti alle scuole di specializzazione, facciano parte dell'Osservatorio tre medici in formazione specialistica (uno per ciascuna delle tre aree funzionali cui afferiscono le scuole di specializzazione) nominati, su designazione delle associazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative, dal Ministro della salute, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca.

      Si ricorda che il citato articolo 1, comma 470, della L. n. 160 ha previsto un'integrazione della relativa composizione, per garantire una rappresentanza degli specializzandi dei profili professionali sanitari diversi da quello di medico, in aggiunta alla rappresentanza eletta dei medici in formazione specialistica. 

[79]   Si ricorda che quest’ultimo principio è posto anche da un'altra norma di rango legislativo (articolo 2, comma 433, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni).

[80]   Articolo 2, comma 1, secondo periodo, del regolamento di cui al D.M. 10 agosto 2017, n. 130.

[81]   A.C. 2325.

[82]   Analogo intervento, in deroga alle facoltà assunzionali, è stato previsto dall’art. 1, co. 401, della L. 145/2018. Analoghi interventi, ma senza deroga alle facoltà assunzionali, sono stati previsti dall’art. 1, co. 400, della stessa L. 145/2018 (in attuazione dei co. 400 e 401 è intervenuto il DM 8 marzo 2019, n. 204, che ha previsto 1.511 contratti), dall’art. 1, co. 633, della L. 205/2017 (in attuazione, è intervenuto il DM 28 febbraio 2018, n. 168, che ha previsto 1.305 contratti) e dall’art. 1, co. 247, 248 e 250 della L. 208/2015 (in attuazione, è intervenuto il DM 18 febbraio 2016, n. 78, che ha previsto 861 contratti).

[83]   Analoghi interventi sono stati previsti dall’art. 1, co. 249-250, della L. 208/2015 (in attuazione, è intervenuto il DM 26 febbraio 2016, n. 105, che ha previsto 215 assunzioni di ricercatori) e dall’art. 1, co. 633, della L. 205/2017 (in attuazione, è intervenuto il DM 28 febbraio 2018, n. 163, che ha previsto 307 assunzioni di ricercatori e tecnologi).

[84]  A seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

[85] Essi sono: a) Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; b) Agenzia Spaziale Italiana - ASI; c) Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR; d) Istituto Italiano di Studi Germanici; e) Istituto Nazionale di Astrofisica - INAF; f) Istituto Nazionale di Alta Matematica "Francesco Severi" - INDAM; g) Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - INFN; h) Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV; i) Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS; l) Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica - INRIM; m) Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche "Enrico Fermi"; n) Stazione Zoologica "Anton Dohrn"; o) Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione - INVALSI; p) Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa - INDIRE; q) Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria - CREA; r) Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'energia e lo Sviluppo Sostenibile - ENEA; s) Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori - ISFOL (a decorrere dal 1° dicembre 2016 denominato Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche - INAPP); t) Istituto Nazionale di Statistica - ISTAT; u) Istituto Superiore di Sanità - ISS; v) Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA.

[86]   Regolamento (UE) 2020/460 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 marzo 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 508/2014 per quanto riguarda misure specifiche volte a mobilitare gli investimenti nei sistemi sanitari degli Stati membri e in altri settori delle loro economie in risposta all'epidemia di COVID-19 (Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus).

[87]   Regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19.

[88]   Prevista dall’articolo 1, comma 703, lettera c), della legge n. 190 del 2014, la Cabina di regia è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dal DPCM 25 febbraio 2016 ed è presieduta dall’Autorità politica per la coesione (in questa compagine governativa, si tratta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale).

[89]   La disposizione ha una funzione semplificatoria, in quanto consente, per le riprogrammazioni delle risorse ancora disponibili dei precedenti cicli di programmazione 2000-2006 e 2007-2013, di utilizzare le regole e le modalità di riprogrammazione previste per il ciclo 2014-2020 (e non quelle a tal fine definite differentemente da ciascun ciclo di programmazione).

[90]   Regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19.

[91]   Ai fini della politica di coesione, oltre alle risorse comunitarie vanno considerate, per il principio della addizionalità, le risorse provenienti dal cofinanziamento nazionale, posto a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (c.d. Fondo IGRUE). Per i Programmi operativi gestiti dalle Amministrazioni centrali dello Stato (PON), la quota di cofinanziamento è posta interamente a carico del Fondo di rotazione nella misura del 100%; per i Programmi a titolarità delle regioni (POR) la quota di cofinanziamento nazionale è invece fissata nella misura massima del 70% degli importi previsti nei piani finanziari dei singoli Programmi. La restante quota del 30% è a carico dei bilanci delle regioni e delle province autonome, nonché degli eventuali altri organismi pubblici partecipanti ai programmi (cofinanziamento di fonte regionale).

[92]   Il “Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie” (c.d. Fondo IGRUE) è stato previsto dall’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183; le sue risorse sono destinate al cofinanziamento nazionale degli interventi comunitari nelle aree obiettivo dei fondi strutturali.

[93]   Prevista dall’articolo 1, comma 703, lettera c) della legge n. 190 del 2014, la Cabina di regia è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dal DPCM 25 febbraio 2016.

[94]   Le modalità di riprogrammazione delle risorse sono state definite al punto 2, lettera g) della delibera CIPE 10 agosto 2016.

[95]   L’Accordo di Partenariato 2014-2020 per l'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei è stato adottato il 29 ottobre alla Commissione europea.

[96]   Cfr. La Relazione annuale sulla strategia nazionale per le aree interne, di dicembre 2018.

[97]   Imprese cosi definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003.

[98]   L’articolo 6, lettera d), del regolamento attuativo della misura “Resto al Sud” (D.M. 9 novembre 2017, n. 174), considera tra le spese ammissibili alle agevolazioni le spese relative al capitale circolante inerente allo svolgimento dell'attività d'impresa nella misura massima del venti per cento del programma di spesa; si tratta delle spese per materie prime, materiali di consumo, semilavorati e prodotti finiti, utenze e canoni di locazione per immobili, eventuali canoni di leasing, acquisizione di garanzie assicurative funzionali all'attività finanziata.

[99]   Regolamento (UE) N. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis». L’art. 3, co. 2 stabilisce che l’importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro a un’impresa unica non può superare 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari.

[100] INVITALIA S.p.A. è il soggetto gestore della misura. per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri- Dipartimento per le politiche di coesione, amministrazione titolare della misura stessa, secondo modalità stabilite da un’apposita convenzione.

[101] In quest’ultimo caso i benefici della misura “resto al Sud” sono cumulabili, nei limiti delle risorse disponibili, anche con le agevolazioni della cd. “Legge Marcora” (art. 17 L. n. 49/1985) fermo il rispetto dei limiti agli aiuti di Stato cd. de minimis di cui al Reg. (UE) n. 1407/2013 e Reg. (UE) n. 717/2014 (200.000 euro) (comma 8-bis).

[102] Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), si rammenta, reca le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale e ad incentivi e investimenti pubblici. Relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo è stato successivamente rifinanziato nell’importo di 5 miliardi per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi di euro per le annualità dal 2019 al 2023 dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019), per una dotazione complessiva del FSC 2014-2020 pari a 68,8 miliardi di euro.

[103] Regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19.

[104] Che istituisce, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Albo nazionale dei componenti delle commissioni esaminatrici di concorso, articolato in sottosezioni su base regionale e per aree o settori tematici omogenei. L'iscrizione all'Albo ha durata di tre anni ed è rinnovabile per una sola volta. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti le cause di incompatibilità e di inconferibilità dell'incarico nonché le modalità di gestione e di aggiornamento dell'Albo e sono individuate le sottosezioni in cui è articolato l'Albo medesimo. Fino all'adozione del decreto di cui al terzo periodo, le commissioni esaminatrici continuano ad essere costituite secondo le disposizioni vigenti in materia alla data di entrata in vigore della presente legge.

[105] Ciò anche in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, a mente del quale “Le commissioni esaminatrici dei concorsi per esami o per titoli ed esami possono essere suddivise in sottocommissioni, qualora i candidati che abbiano sostenuto le prove scritte superino le 1.000 unità, con l'integrazione di un numero di componenti, unico restando il presidente, pari a quello delle commissioni originarie e di un segretario aggiunto. A ciascuna delle sottocommissioni non può essere assegnato un numero inferiore a 500”.

[106] In base ai quali il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le amministrazioni pubbliche si svolge mediante concorsi pubblici unici, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento. I concorsi unici sono organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche avvalendosi della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni, di cui al decreto interministeriale 25 luglio 1994, previa ricognizione del fabbisogno presso le amministrazioni interessate, nel rispetto dei vincoli finanziari in materia di assunzioni a tempo indeterminato. Il Dipartimento della funzione pubblica, nella ricognizione del fabbisogno, verifica le vacanze riguardanti le sedi delle amministrazioni ricadenti nella medesima regione. Ove tali vacanze risultino riferite ad una singola regione, il concorso unico si svolge in ambito regionale, ferme restando le norme generali di partecipazione ai concorsi pubblici. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel rispetto del regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dalla normativa vigente, possono assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso predisposte presso il Dipartimento della funzione pubblica, fino al loro esaurimento, provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni.

[107] Le modifiche delle modalità di svolgimento può attenere, esclusivamente, all’utilizzo di strumenti informatici e digitali per lo svolgimento delle prove scritte e preselettive, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità della stessa, l'identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità e lo svolgimento delle prove anche presso sedi decentrate, secondo le modalità dell’art. 247.

[108] Secondo la nozione del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto Ministeri per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007 (nozione non modificata dal contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni centrali per il triennio 2016-2018), appartengono "a questa area funzionale i lavoratori che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico".

[109] Il citato articolo 30 del D.Lgs. 165/2001 prevede che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell'amministrazione di appartenenza.

[110] Si tratta di ricercatori con contratti a tempo determinato di durata triennale riservati a coloro che hanno già usufruito dei contratti triennali, prorogabili una sola volta per due anni, previsti dalla lett. a) del medesimo comma 3, ovvero che hanno conseguito l'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia o che per almeno tre anni, anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca, di borse post-dottorato o di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.

[111] Si veda amplius il Dossier n. 238.

[112] E’ appena il caso di ricordare che sempre con riguardo alla professione forense il comma 3 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 22 del 2020 ha previsto puntuali previsioni in materia di tirocinio stabilendo che il semestre di tirocinio professionale, all’interno del quale ricade il periodo di sospensione delle udienze dovuto all’emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del COVID-19, deve considerarsi svolto positivamente anche nel caso in cui il praticante non abbia assistito ad almeno venti udienze per semestre, con esclusione di quelle di mero rinvio.

[113] Si ricorda che per l’assunzione da parte dell'Italia della presidenza del G20 nel 2021 la legge n.145/2018 (legge di bilancio per il 2019), all’articolo 1, comma 586, ha recato l'autorizzazione di spesa per il finanziamento delle attività connesse all’assunzione della presidenza del G20 nel 2021, nonché alla istituzione delle relative strutture di supporto. In dettaglio, il comma 586 ha autorizzato una spesa di 2 milioni di euro per il 2019, di 10 milioni di euro per il 2020, di 26 milioni di euro per il 2021 e di 1 milione di euro per il 2022 per il finanziamento delle attività di carattere logistico-organizzativo diverse dagli interventi infrastrutturali e dall’approntamento del dispositivo di sicurezza. Per lo svolgimento di tali attività è prevista l’istituzione di una “Delegazione per la presidenza italiana del G20” da concludersi entro il 31 dicembre 2022, nonché l’istituzione, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di un gruppo di lavoro per l’elaborazione dei contenuti del programma di tale presidenza in ambito economico-finanziario; del gruppo può fare parte anche personale non appartenente alla pubblica amministrazione. Nell’ambito dell’autorizzazione di spesa sopra richiamata, la Delegazione ed il MEF possono stipulare contratti di consulenza, di lavoro a tempo determinato o di lavoro flessibile.

[114] La conoscenza della lingua straniera deve essere a un grado non inferiore al livello di competenza B2 di cui al "Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (CEFR)".

[115] L’articolo 19 della legge n. 241 del 1990 è stato oggetto nel corso degli anni di frequenti modifiche e riscritture: l’impianto attuale si deve all’articolo 49, comma 4-bis del decreto-legge n. 78/2010 che, sostituendo integralmente l’articolo, ha previsto la trasformazione della dichiarazione di inizio attività (DIA) in segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). La nuova disciplina è stata oggetto – nel successivo quinquennio – di ulteriori modifiche ad opera di 10 atti normativi, gli ultimi dei quali sono stati la legge n. 124 del 2015, che ha modificato i commi 3 e 4 (articolo 6, comma 1, lettera a)) e il d.lgs. n. 126/2016, che ha modificato i commi 2 e 3 (articolo 3, comma 1).

[116] Difesa nazionale, pubblica sicurezza, immigrazione, asilo, cittadinanza, amministrazione della giustizia, amministrazione delle finanze (ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco).

[117] Infatti, la segnalazione deve essere corredata sia con le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali, ma anche con le attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati corredate dagli elaborati tecnici, o con le dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese. Tali attestazioni e asseverazioni sono funzionali alle verifiche di competenza dell'amministrazione, che a tal fine si avvale anche degli elaborati tecnici necessari a corredo della segnalazione. Le autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni sostituiscono anche l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, stabiliti dalla normativa vigente, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive. La disposizione tuttavia precisa che sono sempre salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.

[118] Infatti, l’amministrazione entro 60 giorni dalla segnalazione (30 per la SCIA edilizia), ove accerti la carenza di requisiti o presupposti per l’esercizio dell’attività, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa (comma 3). Qualora vi sia la possibilità di regolarizzazione, l’amministrazione competente invita il privato a conformare l’attività intrapresa alla normativa vigente, mediante un atto motivato, con il quale sono prescritte le misure necessarie ed il termine per provvedere alla regolarizzazione dell’attività non può essere inferiore a 30 giorni. Decorso il termine senza che le misure siano state adottate, l’attività s’intende vietata. L’amministrazione può disporre anche la sospensione dell’attività, ma solo in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell'interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale.

[119] D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.